Teilhard de Chardin

Ricordo di Teilhard de Chardin


Caro Direttore, a giorni, il l0 di aprile, ricorreranno i cinquant’anni dalla morte di Pierre Teilhard de Chardin, morte avvenuta a New York il giorno di Pasqua. Specie chi ha una certa età si ricorda certamente di questa eminente figura di scienziato-teologo: le sue opere apparvero in Italia alla fine degli Anni Sessanta, oltre dieci anni dopo la sua scomparsa. Crearono movimento, fermento, contestazione, riserve, cautele. Era l’epoca immediatamente successiva alla conclusione del Concilio Ecumenico Vaticano II : ricchissima di aperture e di speranze, ma anche di sospetti e di paure. Recepire non “un” ragionamento, ma “il” ragionamento del gesuita Pierre non era del resto semplice: il concetto di evoluzione era forse ancora troppo ostico per il Magistero (come lo fu per secoli, in altro tempo e con diverse proporzioni, il concetto di eliocentrismo, nel “caso-Galilei”). Era difficile concentrare l’attenzione sulla direzione di marcia verso cui l’evoluzione portava per Teilhard: la convergenza dell’Umanità in Cristo-Omega. Ancora oggi, secondo il parere dei suoi più accreditati studiosi, il “caso- Teilhard” non è stato completamente spiegato e risolto. Eppure, concentrandosi, per esempio, sul Teilhard sacerdote e sulla sua ricerca teologica, può risultare meno difficile “situare” il senso del fenomeno evolutivo da lui indagato. Giovanni Paolo II ha fornito il proprio autorevole apporto in tal senso: nel discorso del 22 ottobre 1996 alla Pontificia Accademia delle Scienze disse che “…nuove conoscenze conducono a riconoscere nelle teoria dell’evoluzione più che un’ipotesi”. Due anni dopo, tra parentesi, lo stesso Pontefice emanò l’enciclica “Fides et Ratio” sui rapporti tra fede e ragione. Di questa eterna problematica fu anticipatrice la soluzione dì Padre Pierre che sublimò nel concetto di “verità” l’indispensabile apporto e della fede e della ragione. Dal suo originalissimo angolo di visuale, Teilhard osserva la dinamica complessa della materia: essa si organizza e si muove come se fosse provvista al proprio interno di una forza “psichica”. L’unico limite superiore alla complessità (categoria che rappresenta una sua straordinaria intuizione) è l'Assoluto, concepito come Trinità, verso cui marcia, per successive complessificazioni, l’umanità. Per chiarimenti successivi, si perviene ad una visione cosmica di cui resterà, alla fine, il meraviglioso abbraccio tra la ragione umana e l’Incarnazione di Cristo. Oggi diciamo, ricorrendo la Pasqua, di Cristo Risorto. Ci resta molto umile lavoro da fare nei confronti di Padre Pierre: culturale, scientifico, teologico ed anche di approfondimento spirituale. A quest’ultimo proposito, traggo da “La vita cosmica” (Il Saggiatote, Milano 1971) il seguente suo pensiero: “Immersione nel mondo per Gesù, emersione dal mondo in Gesù: tutte le gradazioni della santità sono incluse nei ritmi infiniti di questa doppia respirazione, grazie alla quale l’anima, volta per volta, si arricchisce con il possesso delle Cose e successivamente le sublima in Dio”.L’attuale ricorrenza e l’attuale papato possono portarci, nell’infaticabile ricerca della verità-tutta--intera, a nuove conquiste e, forse, a nuove, più avanzate sintonie con questo sacerdote che -come disse p. Pedro Arrupe, allora a capo della Compagnia di Gesù- fu “fedele ed obbediente”.Renato Omacinidal sito www.gvonline.it4 maggio 2005