Teilhard de Chardin

UN' IMPORTANTE TESTO DI DON CARLO MOLARI


(segue terza parte)FUTURO DEL COSMO  FUTURO DELL'UOMO4.5.         La fine negativa della storia: l'infernoPer Teilhard de Chardin la grande opzione offerta all'uomo è ambivalente perché è possibile anche rifiutare il processo verso il più essere, cadere nell'involuzione entropica e finire cenere dell'universo: "i due sensi opposti in una via unica" (cf La grande option, 1939).  "La noosfera pervenuta al suo punto di unificazione si scinderà in due zone, rispettivamente attirate verso i due poli antagonisti di adorazione" (cf Phénomène Humain).  L'umanità infatti, invece di adorare Dio potrebbe "piegare i suoi ginocchi davanti all'immagine e farne il proprio idolo.  In questo senso l'ascesa costituirà una crisi ultima, una scelta ultima e totale, una decisione definita carica di tutto il peso della storia anteriore.  Esiste la possibilità quindi che alla fine una parte dell'umanità non ritrovi la vita, perché avrà rifiutato l'ultimo invito dell'amore" (cf P. Smulders).5. IL PUNTO OMEGAIl punto omega nella costruzione di Teilhard de Chardin non è sempre presentato in modo uniforme.  Teilhard sembra distinguere un Omega fenomenologico o dell'esperienza e un Omega trascendente o della fede che tendono a fondersi (cf Le Dieu de l'évolution, 1953).  Dal punto di vista storico il punto omega è il compimento della noogenesi, come il suo liminare interno; visto al confine esterno omega è Cristo risorto, come l'ultraumano già realizzato, e infine, come principio evolutore o forza attrattiva, è Dio.  In generale "il cosmico punto omega di sintesi totale" è "il centro organico dell'evoluzione", "sorgente trascendentale di attrazione universale", "focolare supremo di centrazione personalizzante e di consolidazione" (cf La place de l'Homme dans l'Univers, 1942). 5.1. L'Omega come compimentoL'aspetto inferiore del mistero di Omega è il compimento dei processo di cosmogenesi, è lo stato del reale nella sua forma definitiva.  Esso non può essere immaginato, ma le dinamiche in corso nella creazione e nella storia umana consentono di designarlo come una "formidabile ipercellula" o anche il "cervello dei cervelli", "intreccio di tutte le intelligenze presenti sulla terra" (cf La place de l'Homme dans l'Univers, 1942).  Cuenot lo descrive: "Centro definito dalla concentrazione ultima della Noosfera su se stessa.  Punto di convergenza naturale dell'umanità e quindi del cosmo intero".  Omega in questo senso è solo virtuale e futuro perché non è ancora realizzato.  Esso apparirà come iperpersonale. L'omega sarà un fenomeno di ex-centrazione, come la morte, e avrà quindi un carattere di catastrofe.  Mentre nelle fasi precedenti l'evoluzione procede per concentrazione, il mondo e l'umanità giunti alla soglia critica della concentrazione subiranno un radicale trasferimento del centro di gravità, saranno assunti da un centro superiore a tutto.  Non tenderanno più a possedersi in modo maggiore nella propria interiorità, ma a perdersi per essere posseduti da un Altro.  Per quanto riguarda l'umanità, essa attingerà l'unione perfetta di tutte le sue componenti proprio nel momento in cui accetta di dissolversi per perdersi in Dio.  Per Teilhard è a questo punto critico, punto di annichilamento, "che ci conduce lo sforzo per prolungare in noi e attorno a noi il processo di convergenza universale" (cf La grande option, 1939).5.2. L'Omega: Cristo risorto Come compimento della storia umana e del processo della creazione l'Omega ha già una realizzazione ed è il Cristo risorto.  La noogenesi sfocia nella cristogenesi. "La scienza ci ha insegnato che, nella direzione nella quale le cose diventano complesse nella unità, deve esserci un centro supremo di Convergenza o di Consistenza, nel quale tutto si annoda e per mezzo del quale tutto si regge... Gesù Cristo, per la sua morale più fondamentale e i suoi attributi più sicuri, viene a riempire questo posto vuoto, segnato dall'attesa di tutta la natura" (cf Science et Christ, 1921).  Così "in ultima analisi il compimento ultraumano dell'evoluzione intravisto dal neoumanesimo coincide concretamente con il coronamento della incarnazione atteso da tutti i cristiani" (cf Le coeur du problème, 1949).  In questo senso l'Omega è un punto della storia passata, ma con la forza trascendente di attrarre il cosmo al suo vertice futuro: l'ultraumano.5.3. L'Omega è Dio Cristo è Omega in quanto risvolto storico e creato di Dio, che è l'Omega trascendente.  Il movimento evolutivo esige una sorgente trascendente di attrazione universale, altrimenti l'Omega sarebbe completamente immanente alla creazione e in divenire esso stesso, mentre ne è la ragione intima.  "Il grande Stabile non è al di sotto di noi, nell'infraelemnentare, ma  al di sopra, nell'ultrasintetico" (cf Phénomène Humain, 1957).  Teilhard de Chardin è preoccupato di far confluire l'assoluto dall'alto, della scolastica, con l'assoluto dal futuro, dei marxisti.  Credo si possa presentare la prospettiva di Teilhard con le parole con cui Paul Davies ha riassunto il pensiero di Fred Hoyle: "Hoyle crede che l'organizzazione dei cosmo sia controllata da una 'superintelligenza' che ne guida l'evoluzione attraverso processi quantici... Il suo è un Dio teleologico (pressappoco come quello di Aristotele e di Teilhard de Chardin) che guida il mondo verso uno stato finale infinitamente lontano nel futuro, ed egli è convinto che questa superintelligenza, agendo a livello quantico, possa innestare nel cervello umano idee o pensieri preconfezionati provenienti dal futuro. Secondo lui è questa l'origine della ispirazione matematica e musicale" (P.  Davies, La mente di Dio, Mondadori, Milano 1993).6.          RIFLESSIONI CRITICHELa teologia sta ora cercando di adeguare l'ambito della tradizione al nuovo paradigma evolutivo.  Solo con il Vaticano II, per merito soprattutto della Gaudium et spes, si è avviato il processo di recezione attiva dei modello dinamico.  Ma non sono mancate e non mancano difficoltà e resistenze.  Ne analizzo solo alcune rivolte specificamente a Teilhard de Chardin. 6.1. Metodo indebitoGli escatologisti sottolineano "l'equivoco d'aver trasportato uno schema di evoluzione biologica nel campo della storia... (che)... non è retta da leggi biologiche, ma è frutto d'un gioco di libertà".  Ed osservano inoltre che anche von Balthasar è di questo parere.  In realtà questa difficoltà non tiene conto dell'analogia su cui Teilhard gioca continuamente e della riserva iniziale sulla impossibilità di descrivere il futuro.  La ragione di questa critica e della divergenza tra le due prospettive sta nella concezione dell'agire divino.  Se con Teilhard si concepisce l'azione divina come alimento continuo e progressivamente più ricco della realtà storica e si ammette che ogni tappa raggiunta permette l'accoglienza di una nuova modalità della perfezione divina, non si ha più difficoltà a concepire la storia come un trascendimento continuo delle situazioni precedenti, secondo precise leggi di crescita che non sono più biologiche, ma che diventano psichiche e spirituali, e quindi suppongono anche possibili rifiuti e involuzioni.  Secondo Teilhard, infatti, più l'evoluzione procede, più la realtà diventa complessa e l'interiorità si articola in forme inedite di coscienza e di libertà.  6.2. Monismo panteista Molti critici sottolineano l'esplicita affermazione di Teilhard di essere tendenzialmente panteista fin dall'infanzia.  L'omega è il  vertice interno del reale: come può trascenderlo?  Philippe de la Trinité, ad esempio, crede di scoprire in Teilhard de Chardin una confusione tra la presenza d'immensità, la presenza d'incarnazione e la presenza d'inabitazione.  E conclude alcune riflessioni sul monito del Santo Ufficio (1962) con queste affermazioni perentorie: "Il teilhardismo è in fondo una trasposizione, una deformazione dei cristianesimo, trasformato in evoluzionismo di tipo naturalista, monista e panteista" (cf Rome et Teilhard de Chardin, 1964).  Ma, a parte la terminologia scolastica, Teilhard de Chardin ha sempre sostenuto la trascendenza di Dio.  Anche Tipler interpreta Teilhard nel senso di un Dio che si sviluppa con il mondo che crea: "il creato e il creatore sono la stessa identità, vista però da differenti prospettive temporali e descritta in modi differenti". 6.3. Antropologia ambigua L'antropologia di Teilhard de Chardin è giudicata da alcuni molto ambigua.  Per quanto riguarda il futuro dell'uomo, l'unica cosa certa di cui possiamo parlare restando nel piano della fenomenologia è la morte.  Secondo alcuni, Teilhard ha "minimizzato nella sua visione del mondo l'idea della morte e l'ha ricondotta a considerazioni puramente biologiche".  La sua riflessione "di una serenità biologica e cosmica" sarebbe indegna di un cristiano (cf L. Cognet).  Ma secondo de Lubac, Teilhard de Chardin ripropone la dottrina di Paolo circa la vittoria di Cristo sulla morte.  Significativo che proprio la formula di Paolo sulla morte, come ultimo nemico da vincere, sia citata nell'ultima pagina dei diario di Teilhard de Chardin, il 7 aprile 1955. 6.4. Cristologia fantasiosaIl Cristo universale come è presentato da Teilhard de Chardin può piacere agli indù o ai buddisti, ma a giudizio di alcuni critici, questo Cristo "universale, cosmico, evolutore e Omega, non è più per nulla né evangelico, né paolino" (cf Philippe de la Trinité).  Questo è forse l'aspetto più ambiguo di tutta la costruzione di Teilhard.  Egli presume di interpretare S. Paolo e di presentare una sintesi cristologica in sintonia con la cultura segnata dalla svolta evoluzionista. 6.5.         Salvezza in chiave individualista Un difetto che viene rilevato da teologi cattolici come Metz è la carenza della prospettiva politica nella riflessione soteriologica e quindi nella sua escatologia.  Metz parla del "movimento di libertà che è insito nella storia della redenzione, senza del quale ogni storia della libertà ripiomba al livello di storia naturale e in questa tende a immobilizzarsi: storia finale della redenzione come apoteosi della natura" (cf J.B. Metz, La fede nella storia e nella società, Queriniana, Brescia 1978).  Il mondo 'umano' deve essere trasformato per divenire il regno di Dio ed essere in grado di accogliere il dono supremo.  Per questo "la salvezza a cui si riferisce nella speranza la fede cristiana, non è una salvezza privata", "la salvezza annunciata, non già in un senso naturale e cosmologico, bensì sociopolitico, è costantemente in relazione al mondo come elemento critico e liberante di questo mondo sociale e del suo processo storico" (cf Metz, Sulla teologia del mondo, Queriniana, Brescia 1969).  Il continuo processo che si svolge tra il messaggio escatologico di Gesù e la realtà politica e sociale, mette in luce continuamente il divario esistente tra ogni stato storicamente raggiunto, ogni progetto formulato, ogni utopia infrastorica.  Per la 'riserva escatologica' che la fede consente ed esige la chiesa è in grado di proclamare la provvisorietà di ogni progetto umano.  Dove provvisorietà non significa indifferenza, perché il riserbo escatologico porta "non già ad un rapporto negatore ma critico e dialettica nei confronti del presente storico" (ibid.). La relazione dialettica tra processo sociale e processo salvifico escatologico è illustrata da Metz con una bella formula di W. Beniamin: "Se indichiamo con un vettore il fine a cui tende la dynamis del profano e con un altro vettore la direzione della intensità messianica, allora possiamo dire sì che la ricerca di felicità dell'umanità libera promana da quella direzione messianica, ma come una forza nel suo cammino cerca di spingere in direzione opposta un'altra forza, così anche l'ordine profano del profano tenta di assorbire il futuro dei regno messianico.  Il profano non è quindi una categoria del regno ma una categoria, ed una delle più azzeccate, della sua prossimità immediata".  La domanda forse che resta inevasa è se il profano sia una categoria dell'avvicinarsi silenzioso del regno o sia l'unica categoria possibile per descriverlo e di cui la fede rappresenta la lettura.7.  CONCLUSIONEAl di là dei limiti e dei difetti, dovuti anche al mancato dialogo con i teologi, impedito da forza maggiore, l'opera di Teilhard de Chardin rimane un riferimento obbligato per le attuali riflessioni sul futuro del cosmo e dell'uomo.(fine)Don CARLO MOLARI In: Rassegna di teologia 36 (1995), 479-491