Teilhard de Chardin

Il mio amico Teilhard


COSI I TESTIMONI RICORDANO LE FORTUNATE SCOPERTE E LE SEGRETE SOFFERENZE DI TEILHARD DE CHARDIN(segue dal post  165 del 5 febbraio 2009) Queste sono una parte delle testimonianze che Massimo Olmi ha pubblicato sull’articolo citato nel post 165. In un post successivo pubblicheremo il rersto delle testimonianze in modo da concludere la pub blicazione dell’articolo dell’Europeo. CLAUDE CUENOT(biografo ufficiale di Padre Teilhard de Chardin. Autore di molte opere fondamentali sull’opera e sul pensiero di Teilhard de Chardin) “Durante i miei incontri con padre Teilhard de Chardin alla redazione della rivista Etudes presi una serie di appunti di cui alcuni mi paiono particolarmente interessanti per i lettori italiani.Il 3 aprile 1950 gli chiesi che cosa pensasse del problema della immortalità dell’anima e gli sottolineai l’interesse che avrebbe avuto un opuscolo su questo tema.  Teilhard mi rispose:” Da quando scrissi “Comment je crois” la mia posizione non è mutata”.  Gli chiesi di essere più preciso, aggiungendo che,  quanto a me, ritenevo che le esposizioni tradizionali del problema fossero puramente mitiche. “ I miti”, rispose Teilhard, “sono un veicolo necessario. Un filosofo deve essere volto verso l’avvenire, girar le spalle al passato: peraltro i miti sono una indicazione,  abbozzano la posizione dei problemi, tradiscono strutture  fondamentali dell’uomo.  Certuni pensatori credono che l’ego non sopravviva alla morte , che restino soltanto le opere. le emanazioni dell’uomo, sino al giorno in cui si arriverà  all’ultima generazione umana.  E’ un atteggiamento che rispetto ma che mi pare insufficiente  Esso si scontra a mio parere in due difficoltà.  Nell’uomo la vita si riflette su se stessa.  La certezza della di sparizione totale dell’ego paralizzerebbe l’azione nella maggior parte degli uomini e questa riflessione della vita su se stessa porterebbe alla distruzione del mondo provocando un disgusto della vita.  La morte si presenta come un muro:  se non c’è una porta , gli uomini si rifiuteranno di agire.  D’altra parte mi sembra essenziale sottolineare l’irreversibilità dell’evoluzione.  L’io umano appare: la sua scomparsa avrebbe una regressione.  La costituzione del pleroma (organismo soprannaturale formato dalla totalizzazione degli eletti) mediante cui l’universo si concluderà e   arriverà alla sua più alta forma di organizzazione e di complessità, presuppone il mantenimento di tutti gli io umani, gravitanti intorno al Cristo totale”Gli chiesi allora come concepisse  la  morte. Mi rispose:” La morte non ha lo stesso senso a livello  animale e a livello umano.  A livello animale, essa permette il rinnovamento delle generazioni, essa sgombra l’universo pur permettendo la moltiplicazione degli individui.  Non si è sottolineato abbastanza, , a parer mio,  la fecondità della morte. A livello umano,  essa conserva  questo significato ma ne assume anche un altro, più profondo.  Noi constatiamo in ognuno di noi un centro privilegiato,  il corpo,  e una coscienza che è in principio coestensiva all’universo (che si estende cioè su tutto l’universo) o quanto meno tende a questo limite. Il supporto dell’io è il corpo, il supporto della coscienza è il cervello.  Corpo, coscienza:ecco l’ellipse nella quale si muove l’io.   La morte è un cambiamento di orbita.  L’io  è attirato dalla persona suprema, quella del Cristo totale che diventa ormai il suo supporto.   Dopo la morte gli  io  avranno come supporto il Cristo totale che lavora senza posa alla costituzione del pleroma.  Personalmente, accetto il vecchio tema dei poeti che fanno della morte una  metamorfosi.   Il mondo è come un arazzo, la spola passa sia al di sopra,  ed è la vita,  sia di sotto, ed è la morte, l’altra faccia del Mondo”.Un’altra volta, il 7 luglio del 1954 (ricordo nello studio di Teilhard un piccolo apparecchio radio che trasmetteva canzoni e qualche romanzo inglese della collezione “Penguin”)  Teilhard si riferi ad una frase che su di lui aveva detto il protestante Georges Gusdorf:”  è proprio un peccato che la posizione anticonformista di Teilhard de Chardin in una Chiesa totalitaria come la cattolica lo condanni alla clandestinità”.  Teilhard mi disse:”C’è qualche cosa nella Chiesa cattolica che è illegittimo, indebito, ma si deve pur pagare l’appartenenza a un philum, cioè ad una linea di pensiero vivente dove vi è un processo di co-spiritualizzazione.  Il controllo nella Chiesa è troppo spinto.  L’idea della ricerca, della scoperta non si è ancora fatta strada nella Chiesa di Dio, a seguito di una falsa idea della rivelazione concepita come circolo chiuso.  Vi è stato, è vero, del progresso nella critica storica.  Io sogno un’epoca in cui negli organismi superiori della Chiesa vi sarà non solamente un Sant’Offizio per criticare ma anche un comitato per studiare le idee nuove.  In due o tre generazioni sarà forse cosa  fatta   Si potrebbe fare una magnifica chiacchierata sulle parole di San Giovanni: “in ispirito e verità”.  La nozione di spirito è troppo considerata come separata dalla materia, essa non illumina quello che è  tecnico,  quello che è perfezione della materia.  La  verità è ancora considerata come chiusura, non come convergenza.  Il cattolicesimo è l’asse  principale, ma non ha raggiunto il termine del suo asse.  Vi sono delle linee oblique che lo arricchiscono.  Se il cattolicesimo non avesse una sua durezza dottrinale, i protestantesimi sarebbero del tutto scomparsi.  Essi si appoggiano sull’asse e transigono molto di più con l’umano;  sono separati ma funzionano in un tutto.  E’ il vero ecumenismo e rendono enormi servizi.  La critica biblica è opera loro”. GABRIEL MARCEL(filosofo, maestro dell’esistenzialismo cristiano) Quando lo conobbi, rimasi vittima del suo fascino.  Eravamo in un salotto aristocratico e mi sentivo terribilmente a disagio nell’udire le domande banali che alcune signore ponevano a padre Teilhard.  Ma egli non ne era infastidito: sempre gentile, sempre sorridente, rispondeva a tutto, dava davvero l’impressione di chi ha a che fare con un interlocutore intelligente.Più tardi, ho avuto  alcuni scambi di idee con Teilhard de Chardin: e devo dire, magari dando un dispiacere ai difensori di Teilhard , che l’uomo non era, nella difesa del suo punto di vista, privo di una certa veemenza: non era insomma proprio  tutto latte e miele.Cominciammo a non andare d’accordo, sul piano delle idee, mai su quello dei rapporti personali, in occasione di un nuovo incontro presso Marcel  Morè, che aveva  lanciato una rivista molto interessante dal titolo “Dieu libre”.Parlammo del problema del male, un problema che ho sempre sentito profondamente.  Teilhard de Chardin tendeva a riassorbirlo nella evoluzione del mondo, come se fosse qualcosa che oggi c’è e domani non ci sarà più.Ma in tal caso, obiettai,  della Redenzione <cristiana che ne facciamo?  Un’altra volta (era, credo, il 1948) il discorso cadde sulle democrazie popolari, sui regimi comunisti.  Teilhard de Chardin era convinto che quei regimi in definitiva andassero nel senso della storia.  Io protestai vivamente: le epurazioni e le deportazioni?  E i morti che avevano provocato?, dissi:Teilhard fece un gesto come per dire: che cosa è un milione di morti nella stor4ia dell’umanità?  Era un’ulteriore prova dell’effetto, come dire?  anestetico che il numero,la quantità aveva su Teilhard de Chardin.  Ora queste considerazioni numeriche, glielo dissi e continuo a ripeterlo, sono del tutto estranee al cristianesimo.Un altro giorno parlavamo della seconda venuta di  Cristo, della parusia.  Teilhard sosteneva la possibilità di pensare che quando la tecnica si sarà perfezionata al massimo , allora arriverà la  parusia. .  Di nuovo, insorsi: ricordai come le Scritture affermino che Cristo riverrà “come un ladro” nel mondo; la sua seconda venuta non sarà dunque semplicemente  la conseguenza della realizzazione ottimale di determinate condizioni tecniche.  Ma Teilhard de Chardin accoppiava a questo ottimismo tecnocratico una profonda e vivissima fede religiosa: il rischio è che i suoi discepoli accettino l’ottimismo senza avere  la fede.  SOLANGE LEMAITRE(nella sua casa si sono svolti molti incontri fra Teilhard de Chardin e altri studiosi) Conobbi Teilhard de Chardin al suo ritorno dalla Cina: doveva essere il 1948. L’occasione: una piccola conferenza su non ricordo quale argomento scientifico.  Lo rividi poi presso la Duchessa di la Rochefoucauld, quindi al Congresso universale dei credenti, dove Teilhard venne insieme con un altro gesuita, padre d’Ouince.  Fu un’amicizia immediata cui sono rimasta fedele sino alla morte di padre Teilhard..  Egli è stato un intimo della mia casa: molte volte fu mio ospite a cena.  Anzi, il primo infarto lo colse<all’indomani proprio di una visita nella mia casa in rue de Grennelle;  padre Teilhard aveva mangiato pochissimo ed era rimasto sino alle undici di sera a parlarmi del tema dell’Ascensione, un tema che non avevo mai sentito trattare con altrettanto fervore.  Che cosa mi disse, non oso ripeterlo, per paura di alterare il suo pensiero : E’ un ricor4do troppo sacro perché possa rischiare di essere oscurato dall’infedeltà di una parola.  Si, quel giorno padre Teilhard per poco non partì per il grande viaggio.  Ma la sua Pasqua sarebbe stata un’altra, quella del 1955.Due le caratteristiche di Teilhard de Chardin che vorrei sottolineare:  Egli era innanzitutto un risvegliatore di coscienze  e di talenti:  Era capace di trovare qualcosa di buono in chiunque, di rianimare in chiunque l’entusiasmo per la vita.  Con un’occhiata rapida, ma penetrante, era capace di discernere subito la parte di bene del prossimo.  Anche da un interlocutore mediocre egli sapeva trarre qualche bagliore di luce..  L’altra caratteristica eccola: non sapeva che cosa fosse il rancore.  Un pomeriggio venne a farmi visita.  Gli chiesi come andasse.  “Bene”, mi rispose, “ma ho un piccolo guaio. Roma mi ha richiamato all’ordine”. “Perchè?”. “Un mio amico ha trasmesso un mio Articolo mutilato dal quale essi hanno dedotto conclusioni allarmanti...”Io  stavo per protestare nei confronti di quest’”amico”, ma padre Teilhard volle subito scusarlo:”Non lo ha fatto certamente apposta”, disse.Gli ordini di Roma, l’esilio, li accolse sempre con perfetta obbedienza e sottomissione.  A chi un giorno si stupiva che egli avesse scelto la Compagnia di Gesù, rispose con fermezza: “ La disciplina ella Compagnia di Gesù mi è stato estremamente utile”.  Come ha detto l’abate Breuil, il grande paleontologo suo amico,  “Teilhard volle restare gesuita ed i gesuiti lo hanno accettato e conservato così come lo avevano trovato”