Teilhard de Chardin

Una poesia di Montale


A un gesuita modernoAbbiamo trovato sul Web questa breve poesia di Eugenio Montale dedicata al gesuita francese Pierre Teilhard de Chardin. Dal  breve scritto di Montale appare quanto sia lontano il pensiero ristretto del poeta italiano dal tipo di pensiero universale di padre Teilhard e ci; dimostra anche che Montale non aveva letto nulla di approfondito espresso dal pensiero scientifico, religioso, mistico di Padfre teilhard.  Vi proponiano questa breve poesia per farvi capire meglio che un pensiero, da qualunque parte provenga, pu; essere giudicato e criticato soltanto dopo averlo letto e mai per sentito dire.Ci dispiace che Montale non abbia seguito il percorso di Mario Luzi.  Montale risertva al linguaggio teilhardiano lo stesso dileggio applicato al linguaggio antropomorfico su Dio. Un dileggio che Montale  riserva al linguaggio pur cosi raffinato e “moderno” della teologia evoluzionistica di Teilhard de Chardin, che è preso di mira nella poesia A un gesuita moderno:Paleontologo e prete, ad abundantiamuomo di mondo, se vuoi farci credereche un sentore di noi si stacchi dalla crostadi quaggiù, meno crosta che paniccia,per allogarsi poi nella noosferache avvolge le altre sfere o è in condominioe sta nel tempo (!),ti dirò che la pelle mi si aggricciaquando ti ascolto. Il tempo non concludeperché non è neppure incominciato.E’ neonato anche Dio. A noi di farlovivere o farne senza; a noi di uccidereil tempo perché in lui non è possibilel’esistenza.Il sarcasmo di Montale sulla teologia del «gesuita moderno» ha il grande significato di una lezione sulla radicale inadeguatezza del linguaggio umano circa Dio. Dio è il totalmente Altro. Ciò che Montale nega non è una negazione di Dio; è semplicemente la critica di un linguaggio religioso che attribuisce a Dio i tratti propri dell’uomo o, comunque, presume di comprenderlo con le proprie categorie. Ma in Montale non c’è solo questa affermazione della radicale insufficienza del linguaggio umano su Dio. C’è anche il rifiuto della rivelazione di Dio in Gesù Cristo, nel cui volto il cristiano scorge il volto stesso di Dio. Montale esprime una grande esigenza religiosa, sollecita una radicale purificazione dell’esperienza religiosa e tuttavia non si apre umilmente alla rivelazione che Dio ha fatto di se stesso. Egli non riesce a «vedere» in Gesù di Nazaret il «Signore».