Teilhard de Chardin

Ricordo di Pierre Teilhard de Chardin


 Il  ricordo di un grande della fede cristiana. Pierre Teilhard de Chardin s.j.Mi sarei grandemente sorpreso se qualcuno, soprattutto in campo cattolico, si fosse ricordato che il 10 aprile 1955 moriva a New York, lontano dalla sua patria e dalla sua famiglia, volutamente e caparbiamente mandato in esilio da "Santa Madre Chiesa" e da quei quattro ecclesiastici tanto verstiti di rosso quanto di ignoranza e di odio verso tutto quello che poteva apparire "progressista", Padre Teilhard de Chardin.D'altra parte ce lo dovevamo aspettare dopo che al convegno alla Gregoriana su Darwin e l'evoluzionismo la relazione sul pensiero teologico di Teilhard era stata annullata "per indisposizione" del relatore. O forse il motivo più plausibile era quello di non dare fastidio alla corrente creazionbista e dell'ID che si è materializzata alla corte di questo papa.Ma tant'è:  Teilhard vive e continua ad operare nei cuori e nell'anima di tanti giovani che lo hanno riscoperto come guida spirituale alla stregua di San Paolo, di san Giovanni e di  San Francesco. Per ricordarlo ci permettiamo di pubblicare una breve nota e un pensiero di Teilhard pubblicato sul sito Giorno per giornoGiovanni FoisOggi, anche se piuttosto in sordina, facciamo anche memoria di Pierre Teilhard de Chardin, gesuita, scienziato e mistico.
Pierre Teilhard de Chardin nacque il 1° maggio 1881 al Castello di Sarcenat (Auvergne), nei pressi di Clermont-Ferrand, da Emmanuel Teilhard de Chardin e Berthe-Adèle de Dompierre d'Hornoy. Nel 1899 entrò nel noviziato dei Gesuiti a Aix-en-Provence e due anni più tardi pronunciò i suoi voti religiosi. Affascinato dall’universo scientifico, assieme agli studi di teologia , continuò ad aggiornarsi sulle nuove scoperte della fisica. Dopo che fu ordinato prete, ad Hasting nel 1911, lavorando a Parigi presso il laboratorio del paleontologo Marcelin Boule, si propose di creare nuove sintesi tra le frontiere della scienza e le visioni religiose. Scriverà a questo proposito qualche anno dopo: “Ho coscienza di avere, sempre e in tutte le cose, cercato di raggiungere un qualche Assoluto. Credo che, per un'altra meta, non avrei avuto il coraggio di agire. Scienza (cioè tutte le forme dell'attività umana) e Religione sono state sempre ai miei occhi una medesima cosa, l'una e l'altra essendo per me la ricerca di uno stesso Oggetto”. Dopo la prima guerra mondiale, laureatosi in scienze naturali, venne inviato in Cina, dove per due anni partecipò a spedizioni e scoperte paleontologiche. Rientrato nel 1925 a Parigi, scrisse sulla necessità di rileggere il dogma del peccato originale, alla luce delle nuove scoperte della paleontologia. Ottenne di essere rispedito in Cina, dove resterà 20 anni. Fu un periodo ricco di esperienze scientifiche, ma anche di momenti di profonda meditazione spirituale, in cui il contatto con scienziati e tecnici non credenti, ma di alto profilo morale, indusse Teilhard a far suo questo atteggiamento: “In ogni persona, anche non credente, non distruggere niente, ma far salire, far crescere. Tutto ciò che cresce va verso il Cristo”. Tornato dalla Cina a Parigi, nel 1947 fu colpito da infarto. Al peso della fatica fisica si aggiunse certamente lo stress psicologico per il sospetto con cui le autorità ecclesiastiche guardavano alla sua produzione. Tuttavia Teilhard sembrò non drammatizzare. La sua posizione restava la stessa manifestata anni prima: “È lo stesso per me che non mi si permetta di pubblicare. Ciò che io vedo è smisuratamente più grande di tutte le inerzie e di tutti gli ostacoli” e concludeva: “Profondamente attaccato all’obbedienza, preferisco sacrificare tutto piuttosto che danneggiare l’integrità del Cristo”. Lasciata nuovamente Parigi, nel 1951 si stabilì a New York, dove stese i suoi ultimi grandi saggi. Il 10 aprile 1955, domenica di Pasqua, dopo aver assistito alla solenne funzione nella Cattedrale di San Patrizio, Teilhard si recò ad un concerto e, più tardi, in casa di amici per prendere un té. Colpito nuovamente da un infarto devastante, spirò poco dopo. Un anno prima aveva espresso questo desiderio: Vorrei morire nel giorno di Pasqua. Fu accontentato.È tutto. Noi ci si congeda qui, lasciandovi a un brano di Pierre Teilhard de Chardin, tratto dalla sua “La Messa sul mondo” (Queriniana), che è per oggi il nostroPENSIERO DEL GIORNOSe il tuo regno, o Signore, fosse di questo Mondo, per possederti sarebbe sufficiente affidarci alle potenze che ci fanno soffrire e morire perché ci sviluppano in modo palpabile, noi o ciò che ci è più caro di noi. Ma, poiché il Termine verso il quale si muove la Terra si trova oltre non soltanto ogni cosa individuale bensì l’insieme delle cose, - poiché l’impresa del Mondo consiste non già nel generare in sé una qualche Realtà suprema, bensì nel compiersi per unione con un Ente preesistente, ne risulta che, per accedere al Centro ardente dell’Universo, non basta che l’Uomo viva sempre di più per se stesso, nemmeno che sacrifichi la sua vita per una causa terrestre, per quanto nobile sia. Il Mondo non può finalmente giungere a Te, o Signore, che mediante una sorta d’inversione, di capovolgimento, di ex-centrazione, in cui s’inabissa per un tempo non solo la riuscita individuale ma la stessa apparenza di un qualsiasi vantaggio umano. Affinché il mio essere sia per sempre annesso al Tuo, deve morire in me non solo la monade ma il Mondo: debbo cioè superare la fase straziante di una diminuzione che nulla di tangibile potrà mai compensare. Ecco perché, raccogliendo nel calice l’amarezza di tutte le separazioni, di tutte le limitazioni, di tutti i decadimenti sterili, Tu ce lo porgi: “Bevetelo tutti”. Come potrei rifiutare questo calice, o Signore, adesso che, con il pane che mi hai fatto gustare, è penetrata sin nel midollo del mio essere la passione inestinguibile di raggiungerTi, oltre la Vita, attraverso la morte? Poco fa, la Consacrazione del Mondo sarebbe rimasta incompiuta se Tu non avessi animato con predilezione per i credenti le forze che uccidono dopo quelle che vivificano. La mia Comunione sarebbe ora incompleta (semplicemente non sarebbe cristiana), se, assieme agli accrescimenti che questo nuovo giorno mi porta, io non accettassi, a nome mio ed a nome del Mondo, come la più diretta partecipazione al tuo Essere, il processo, occulto o manifesto, d’indebolimento, d’invecchiamento e di morte che mina senza posa l’Universo, per la sua salvezza o per la sua condanna. O Signore, io mi abbandono perdutamente alle temibili azioni dissolventi per cui, oggi (voglio ciecamente crederlo), la tua divina Presenza si sostituirà alla mia ristretta personalità. Su colui che avrà amato appassionatamente Gesù nascosto nelle forze che fanno morir la Terra, la Terra, venendo meno, chiuderà le sue gigantesche braccia; e, con essa, egli si risveglierà nel seno di Dio. (Pierre Teilhard de Chardin, La Messa sul mondo).