Teilhard de Chardin

Anno Mondiale dell'Astronomia


 In questi ultimi giorni la Chiesa ha lasciato da parte Darwin e si è lanciata nella discussione, affatto teologica perché non conviene, sulla presenza di altri mondi abitati o di alieni come li chiama il responsabile della Specola Vaticana.Ormai i teologi parlano e straparlano citando gli alieni come nostri fratelli. Fino a quando non toccheranno con mano che questi discorsi coinvolgeranno necessariamente la Cristologia e tanti altri dogmi . Allora li vedremo fare marcia indietro con la scusa che la “ tradizione” non si può cambiare perché è “parola di Dio”.Qui vi proponiano un breve studio di Fabio Mantovani, leggermente modificato per esigenze di blog invitandovi, se siete interessati ad andarlo a leggere nel sito www.biosferanoosfera.it  dove potrete anche ammirare una bella serie di foto di stelle e di galassie.  TEILHARD E L’IPOTESI DI ALTRI MONDI ABITATIIn occasione dell’Anno Internazionale dell’Astronomia proclamato dall’ONU (2009) Fabio MantovaniQuando ancora si riteneva, sino ai primi decenni del 1900, che la sola Via Lattea fosse tutto l’universo, Teilhard de Chardin così rifletteva in una lettera del 24 febbraio 1918: «È curioso che io sia stato vivamente preoccupato per due giorni soltanto dalla difficoltà di conciliare la mia dottrina del Cristo cosmico con la Pluralità dei Mondi. Dato che il Cosmo è certamente indivisibile, e che il Cristianesimo non è più piccolo del Cosmo, bisogna ammettere una certa manifestazione ‘polimorfa’ del Cristo cosmico su diversi mondi, secondo l’attitudine di questi mondi ad essere integrati nell’Universo celeste. Il Cristo umano non sarebbe allora che un aspetto del Cristo cosmico. Altrimenti il Cristo (se sostenesse soltanto la Terra) sarebbe più piccolo del Mondo».1 La preoccupazione di Teilhard era riferita alla probabilità che degli esseri autocoscienti abitassero su altri pianeti dell’universo allora noto, la Via Lattea appunto. Di lì a poco questa probabilità è andata continuamente crescendo a dismisura. Infatti, nel gennaio 1925 l’astronomo Edwin Hubble annunciò di aver scoperto che la nebulosa M31 era in realtà un’altra galassia, la Galassia Andromeda, che si trova alla distanza di 2,36 milioni di anni luce. Oggigiorno si conosce la distribuzione di molti ammassi di galassie, raggruppati a loro volta in giganteschi superammassi, cioè ammassi di ammassi di galassie. In pratica, la nostra osservazione attraversa lo spessore della Via Lattea, raggiunge le galassie e attraverso queste è talvolta possibile osservare altre galassie,  come la  Galassia NGC 4921, che dista da noi 320 milioni di anni luce e fa parte di un ammasso di oltre 100 galassie. Alcune di queste si possono notare, appunto, attraverso la NGC 4921. Teilhard de Chardin, come già accennato, si è reso conto molto presto dei problemi che la teologia avrebbe dovuto affrontare, a cominciare dall’abbandono di una rappresentazione “mediterranea” del Cristo. È per di più straordinario che queste sue prime riflessioni siano state fatte allorquando era nelle trincee più insanguinate della 1^ guerra mondiale: nel 1916, fa dipendere dall’Incarnazione sia l’inserimento di Cristo nell’Universo (cfr. La vita cosmica, Cap. IV) sia la trasfigurazione della Materia (cfr. Il Cristo nella Materia); nel 1917, allude a Cristo come Omega, “Attrattore” dell’evoluzione convergente (cfr. L’unione creatrice, punto 2); nel 1917, proclama che Cristo è il centro della Creazione e il Termine di tutte le cose che convergono verso di Lui (cfr. L’elemento universale, punto 2/b); nel 1918, esprime il desiderio di annunciare il Cristo nell’Universo (cfr. Il sacerdote).Nel 1920, come si era proposto, scrive la Nota sul Cristo-Universale: «…Questo Cristo-Universale è quello che ci presentano i Vangeli e più precisamente San Paolo e San Giovanni. É quello del quale hanno vissuto i grandi mistici. Non sempre è quello di cui la Teologia si è occupata di più. …Di fronte all’immensità concreta che si svela così alla nostra generazione, gli uni (non credenti) abbandonano Cristo a priori perché sovente si presenta di Lui una Figura notevolmente assai più piccola del Mondo. Gli altri (molti tra i credenti) meglio istruiti, si sentono comunque interiormente alle prese con una lotta mortale. Chi sarà il più grande al loro cospetto, e dunque degno di essere adorato? Cristo o l’Universo? Quest’ultimo cresce smisuratamente senza posa.Bisogna assolutamente che l’Altro sia posto ufficialmente, esplicitamente, al di sopra di ogni misura.…Un Cristo ridotto, quale ci è stato presentato a scuola, esplode sotto questo continuo afflusso di essere che la Scienza fa sorgere; in compenso si scopre e si impone il grande Cristo della Tradizione e della Mistica. Ed è verso quest’ultimo che bisogna andare.…Perché Cristo sia veramente universale, bisogna che la Redenzione, e dunque la Caduta, siestenda a tutto l’Universo. Il peccato originale assume di conseguenza una natura cosmica,che la Tradizione gli ha sempre riconosciuto, ma che, in seguito alle nuove dimensioni riscontrate all’Universo, ci obbliga a correggere profondamente la rappresentazione storica e la modalità di trasmissione (troppo puramente giuridica) che generalmente gli attribuiamo».2Va sottolineato che l’idea di Cristo-Universale (insieme a quella di Cristo-Omega) domina tutto il pensiero di Teilhard de Chardin, particolarmente in: Il mio universo, al punto 2 (1924), Cristologia ed Evoluzione, II (1933), Come io credo, al punto 3 (1934), Alcune riflessioni sulla conversione del mondo, al punto 4 (1936), La Parola attesa, cap. IV (1940), Cristianesimo ed evoluzione, paragrafo B (1945), Il Cuore della Materia, punto 2 (1950).Nel 1953 traccia schematicamente in che maniera la teologia dovrebbe affrontare il problema posto dall’eventuale esistenza di altre “umanità”, 3 a partire da una certa rappresentazione del Peccato originale (come già aveva intuito nello scritto del 1920, poco sopra). Riportiamo le parti essenziali del suo ragionamento: «…dato ciò che ora sappiamo circa il numero dei ‘mondi’ e della loro evoluzione interna, l’idea d’un solo pianeta ominizzato in seno all’Universo è già diventata infatti per noi (anche se in genere non lo avvertiamo) quasi altrettanto impensabile di quella d’un Uomo apparso senza relazioni genetiche con il resto degli animali della Terra. In media (e come minimo) un’Umanità per galassia; cioè, in tutto, milioni d’Umanità sparse attraverso i cieli ...Di fronte a questa prodigiosa molteplicità di focolai siderali di ‘vita immortale’, come reagirà la Teologia per rispondere all’attesa ed alle ansiose speranze di tutti coloro che vogliono continuare ad adorare Dio ‘in ispirito ed in verità’? ... Non può certo continuare più a lungo a presentare, come sola dogmaticamente sicura, una tesi (quella dell’unicità dell’Umanità nell’Universo) diventata ormai improbabile per la nostra conoscenza sperimentale.Ma allora? ……Per il teologo che deve affrontare il problema della probabilità scientificamente crescente di una pluralità di ‘centri di pensiero’ sparsi nel Mondo, due possibilità di fuga facili (seppure illusorie!) si presentano subito. E sono tanto più allettanti per lui in quanto sono vie che egli ha già sperimentato in passato.O decidere che, sola tra tutti i pianeti abitati, la Terra ha conosciuto il Peccato Originale ed ha avuto bisogno di essere ‘redenta’.Oppure, nell’ipotesi d’un Peccato Originale universale, immaginare che l’Incarnazione si è realizzata solo sulla Terra, e che le altre ‘Umanità’ ne sono state comunque, con qualche mezzo, debitamente ‘informate’ (!?). Oppure, infine, scommettendo sulla probabilità, molto seria, che, tra la Terra ed altri astri pensanti, nessun collegamento non si realizzerà mai, in modo sperimentale diretto , sostenere contro ogni probabilità che solo la Terra è abitata nell’Universo: radicarsi, cioè, nell’affermazione testarda che ‘il problema non esiste’.Non è necessario saperla lunga per vedere e sentire che, allo stato attuale delle nostre conoscenze riguardo alle dimensioni dell’Universo ed alla natura della Vita:a) La prima di queste soluzioni è scientificamente ‘assurda’, in quanto implica che la Morte (indicatore teologico della presenza del Peccato Originale) potrebbe non esistere in certi punti dell’Universo, - nonostante che quei punti (lo sappiamo in modo appropriato) siano sottoposti alle stesse leggi fisico-chimiche che regnano sulla Terra).4b) La seconda è ‘ridicola’, specie quando si pensa all’enorme numero di astri da ‘informare’ miracolosamente?), ed alle enormi distanze che li separano nello Spazio e nel Tempo.c) E, per finire, la terza è ‘umiliante’, - per il fatto che, ancora una volta, la Chiesa darebbe l’impressione di salvare il dogma rifugiandosi nell’Inverificabile.Per uscire dalla difficoltà in cui si trova, oggi, la nostra Fede, in seguito all’ingrandimento, improvviso per la nostra esperienza, delle dimensioni ‘spirituali’ dell’Universo, - per uscirne, ripeto, con dignità e profitto, bisogna assolutamente trovare non già delle scappatoie ma un’altra cosa.Ma che cosa? ..Egli afferma che devono essere accettate queste due concezioni:a) se in qualsiasi luogo dell’Universo sono in atto delle evoluzioni biologiche, queste (come sulla Terra) sono di tipo convergente, seguono cioè la “legge di complessità-coscienza” (dei processi unitivi di crescente coscientizzazione, sino alla formazione di “Noosfere” altamente sviluppate);b) in forza della Sua Resurrezione, Cristo deve essere Universalizzato. Bisogna ritenere, cioè, che il Cristo Universale operi in tutta la Creazione. (segue nel prossimo post)