Teilhard de Chardin
Incontro con Teilhard de Chardin attraverso varie testimonianze« Messaggio #77 | Messaggio #79 » |
(Rodolfo Arata, " Ciò che diviene non può nascere che dalla fedeltà a ciò che è " – Continua dal precedente messaggio)
Tutto ciò è men che nulla dinanzi alla predilezione attestatagli dal Maestro che con l’incarnazione, la morte e la resurrezione aveva compendiato il destino dell’uomo e del creato trasferito dal Teilhard nel tempo del favoloso scientismo: Moriva come se fosse uno sconosciuto, ma tale non era se a Parigi veniva atteso al congresso di paleontologia (vedi messaggio precedente n.d.r.) e se un po’ ovunque era sollecitato a lasciare il suo esilio e a riprendere il contrastato cammino: Non era uno sconosciuto se forse il più grande storico del mondo, Arnold Toynbee (vedi la citazione riportata in un precedente messaggio n.d.r.) che recentemente ha lasciato la scena terrestre senza i dovuti onori della “cultura ufficiale” si affrettava a scrivere: “Teilhard sarebbe già un gigante dell’intelligenza se si fosse limitato alla paleontologia soltanto, ma di fatto è anche un poeta e un cristiano, e ciò fa di lui un gigante della spiritualità dell’intelligenza. Egli spezza le barriere che separano i mandarini accademici, perché possiede un intelletto che vede al di là delle dicotomie del pensiero”.
Dal canto suo Etienne Borne su “Le Monde” celebrava nello scomparso il genio “ del pensiero positivo e dell’impazienza profetica che aveva fatto di lui una indivisibile grandezza.” Lo stesso Ferdinando Ormea a proposito di quella tomba sperduta ricorderà incisivamente che “ nella sua vita di religioso non aveva avuto altra ambizione che quella di essere gettato nelle fondamenta di ciò che può crescere…” Ed ecco il discorso portarci alle origini di colui che doveva tentare l’immane conciliazione fra l’universo della scienza e l’universo della coscienza e della fede. Lo scenario natale è fra i più suggestivi dell’Alvernia, al centro della Francia, ed il castello in cui vive sorgeva fra due entità che dovevano costituire la tematica dominante della sua vita: da un lato il fuoco pietrificato di un vulcano spento; dall’altro l’amore effuso e irradiato dal cristianesimo; la madre pronipote di Voltaire , il padre imparentato a Pascal come ad indicare una provenienza sistematica e recante i germi di sviluppi futuri
Teilhard ancora adolescente insegue nella lirica dell’Iliade le gesta di Vulcano che caduto nell’isola Lemno diventa artefice, nell’Olimpo, con i fantasiosi mantici, dello scettro di Giove e dello scudo di Achille, mentre la mamma gli istilla la fede religiosa e il culto del Sacro Cuore. Quando gli si aprono le porte del seminario gesuita la duplice vocazione, religiosa e scientifica, vibra nel profondo del suo animo e lo accompagnerà nella propria vita: Lungo le missioni del geologo e del misto, dell’antropologo e del poeta, del cantore dello spirito e dello scopritore della materia consacrata dalla redenzione. Non ha tregua il suo passo, non ha pausa la sua ricerca in terre lontane dove dà la misura di un’impronta originale di una capacità edificatoria, di una fede inconcussa.
Maritain tesseva la propria tela su questo assioma:”la storia del mondo avanza nel medesimo tempo tanto sulla linea del male quanto sulla linea del bene”. Teilhard aveva scritto: “ un vento di rivolta passa sui nostri spiriti: Ma, nato dalle medesime crescite della coscienza, un altro soffio si diffonde nella massa umana: quello che ci attira tutti, per una sorta di vivente affinità, verso la E Holderlin incalza: “ dove imperversa il pericolo, la anche cresce ciò che si salva”.
La scienza e la tecnologia affrettano i collegamenti e rendono piccolo il mondo ma lo spirito deve contrassegnarli nel processo di unificazione e di liberazione perché se< così non fosse gli elementi innovatori potrebbero trasformarsi in strumenti struttivi e micidiali. L’avventura cosmica comincia da questo punto e Teilhard ne precorre gli eventi, ne indica gli spazi, ne esalta la tensione ideale sfuggendo alle insidie del panteismo e agli errori dell’eresia. Anzi più si accrescono le tentazioni della dissidenza e maggiore è la reiterata dichiarazione di fedeltà alla Chiesa ed alla propria congregazione: “ ciò che diviene – affermava – non può che nascere dalla fedeltà a ciò che è “ e soggiungeva : “se per disgrazia la mia fede diminuisce, la luce si spegne, tutto si fa oscuro, si decompone”.
Quale grande ammaestramento per i frondisti di ogni stagione, ma al tempo stesso quale monito per gli ostinati e numerosi immobilisti. Il saggio sul progresso di Newmann aveva ispirato a Teilhard il viaggio interplanetario, precedendo con il pensiero cristiano le velocità supersoniche dei missili ed attuali itinerari delle navi spaziali. Non per questo egli pretendeva di enunciare soluzioni assolute: poneva dei temi ed esortava i filosofi e i teologi a discuterli e non ripudiarli pregiudizialmente. Tendeva insomma a dar vita ad una gnosi capace di includere in una sintesi di saggezza tradizione e l’avvenire della cristianità
Non dire, caro amico, che sia passata invano l’esperienza cristiana di tanti scienziati e segnatamente di Teilhard: l’imponente fioritura della pubblicistica mondiale, le tesi di laurea delle vani leve negli atenei internazionali attestano il contrario, e pur non legittimando feticismi o tesi fantastiche, alimentano non lievi e fugaci speranze. Bisogna saper leggere, al di sopra delle mode clamorose e sovente molto sommarie, la cronaca della vita quotidiana dove talora si fa evidente quel senso evolutivo di ascesa verso l’assoluto in animi liberi. Virgilio Lilli sul letto del congedo prorompe in una locuzione degna del suo talento di uomo e di scrittore: “…mi viene incontro una luce grande e violenta che mi fa piangere…vado verso questa luce: attratto – irresistibilmente da questo fiammeggiante mistero. Lo conoscerò. Entrerò nella dimensione in cui i sensi non sono cinque, ma l’infinito”. E un eminente Pastore, il cardinale Pietro Palazzini, in quella voce ha colto l’accento di una profonda aspirazione alla cristianità: la vita ha dato il tempo per cercare Dio, la morte l’ora di trovarlo, l’eternità fuori dal tempo l’ora di possederlo senza fine.
Rodolfo Arata
in L’Osservatore Romano 11 marzo 1976, pag. 3
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" La verità non è asltro che las coerenza totale dell'Universo in rapporto ad ogni suo punto. Perchè dovremmo mai avere in sospetto o sottovalutare tale coerenza, per il solo fatto che siamo noi stessi gli osservatori? Si continua ad opporre una certa illusione antropocentrica a una certa realtà obiettiva. E' una distinzione illusoria. La verità dell'Uomo è la verità dell'Universo per l'Uomo, cioè sempliceemente, la Verità "
"...Si potrebbe dire che oggi, come ai tempi di Galileo, ciò che più occorre per percepire la Convergenza dell'Universo, non è tanto la scoperta di fatti nuovi (ne siamo accerchiati, da restarne accecati) quanto un modo nuovo di guardare e accettare i fatti.
Un nuovo modo di vedere, connesso con un nuovo modo di agire: ecco ciò di cui abbiamo bisogno... Dobbiamo prendere posizione e metterci all'opera, presto-subito " (La Convergence de l'Univers,23 luglio 1951)
" ...Sento, come chiunque altro, quanto sia grave per l'Umanità il momento che stiamo attraversando... E tuttavia un istinto, che si è sviluppato al contatto con il grande Passato della Vita, mi dice che la salvezza per noi è nella direzione stessa del pericolo che ci spaventa tanto... Come viaggiatori presi nel flusso di una corrente, vorremmo tornare indietro. Manovra impossibile e fatale. La nostra salvezza è più in là, oltre le rapide. Nessun ripiegamento. Ma una mano sicura al timone, e una buona bussola..." ( Esquisse d'un Universe personnel, 4 maggio 1936)
Di colui che pronuncerà queste parole nell'Aeropago, ci si burlerà come d'un sognatore e lo si condannerà. "Il senso comune lo vede, e la scienza lo verifica: nulla si muove", dirà un primo Saggio. "La filosofia lo decide: nulla può muoversi", dirà un secondo Saggio. "La religione lo proibisce: nulla si muova", dirà un terzo Saggio. Trascurando questo triplice verdetto, "colui che ha visto" lascerà la piazza pubblica, e tornerà nel seno della Natura ferma e profonda. Là, immergendo lo sguardo nell'immensa ramificazione che lo sorregge e i cui rami si perdono molto lontano al di sotto di lui, in mezzo all'oscuro Passato, egli colmerà ancora una volta la sua anima della contemplazione e del sentimento d'un moto unanime e ostinato, inscritto nella successione degli strati morti e nella distribuzione attuale di tutti i viventi. -Volgendo allora lo sguardo al di sopra di lui, verso gli spazi preparati per le nuove creazioni, egli si consacreà corpo e ed anima, con fede rinsaldata, a un Progresso che trascina e spazza via persino coloro che non ne vogliono sapere. E, con tutto il suo essre fremente di ardonre religioso, lascerà salire alle proprie labbra, verso il Cristo già risorto ma ancora imprevedibilmente grande, questa invocazione, sommo omaggio di fede e d'adorazione: "Deo ignoto" [Al Dio ignoto] (L'avenir de l'homme, note sur le Progrès, 10 agosto 1920, Le Seuil, pp. 35-37)
" Adesso che, attraverso tutte le vie dell'esperienza, l'Universo comincia a crescere fantasticamente ai nostri occhi è ceramente giunta l'ora per il Cristianesimo di destarsi ad una consapevolezza precisa di ciò che il dogma dell'Universalità di Cristo, trasposto in quelle nuove dimensioni, suscita di speranze pur sollevando al tempo stesso certe difficoltà.
Speranze, certo, poichè, se il Mondo diventa così formidabilemte vasto e potente, vuol dire che il Cristo è ancor ben più grande di quanto noi pensassimo.
Ma le difficoltà, poichè, alla fin fine, come concepire che il Cristo s'"immensifichi" secondo le esigenze del nostro nuovo Spazio-Tempo senza simultaneamente, perdere la sua personalità adorabile e, in qualche modo, volatilizzarsi?
Ed è qui che risplende la stupenda e liberatrice armonia tra una religione di tipo cristico e un'Evoluzione di tipo convergente (Le Cristique, 1955)
" Nel Cuore della Materia.
Un Cuore del Mondo,
Il Cuore d' un Dio"
(da Le Coeur de laMatiere, 30 ottobre 1950)