Teilhard de Chardin
Incontro con Teilhard de Chardin attraverso varie testimonianze« Messaggio #125 | Messaggio #127 » |
Teilhard de Chardin e l’evoluzione scientifica.
Sul Messaggero Veneto del 5 settembre 2008 ho avuto l’opportunità di leggere l’articolo dal titolo: “L’Umanità, Darwin e il Neocreazionismo” a firma di Telmo Pievani.
Comprendendo la sua preoccupazione di una ricerca che resti di natura prettamente scientifica, il che io condivido laddove si parli di attività di ricerca, mi corre l’obbligo, però, di fare le seguenti puntualizzazioni:
Ciò che oggi chiamiamo “evoluzionismo” in generale, fa leva sulla fenomenologia correlata alla biosfera, alias mondo del vivente, e ciò a quanto già prima di Darwin veniva analizzato - vedesi Lamarck - per poter dare un significato interpretativo dell’apparizione della vita sulla terra.
Dopo Darwin si è quindi continuato alla luce delle sue precisazioni, per cui la fenomenologia umana è scientificamente studiata nell’ambito dell’antroposfera avendo però di mira la ricerca - e quindi la comprova della sua verità - di ulteriori anelli oggi mancanti e che servirebbero per attestare come indiscutibile una avvenuta evoluzione.
Conseguentemente anche la fenomenologia umana viene attentamente studiata nell’ambito dell’antroposfera e si stanno continuamente cercando ulteriori anelli mancanti dell’evoluzione.
Questo fatto è in sè positivo, ed è giusto che lo scienziato prosegua nella sua ricerca in modo “laico”, come sostiene l’articolista. Questo circoscritto campo conoscitivo, questo “a prescindere”, sopra ora precisati, però, ai fini di una conoscenza totalizzante, devono essere sì ammessi durante l’attività pratica di conoscenza scientifica, ma non deve essere impedito poi un loro rientro quando si vogliano trarre delle conclusioni sul senso della vita.
Questo per giungere poi agli schemi significativi sul senso dell’esistenza che logicamente sorgono sul terreno della ricerca ma superando quest’ultimo in uno sfocio “altro” per qualità e funzione.
Ecco, quindi, che io mi sento evoluzionista, ma nella linea indicata da Teilhard de Chardin il quale non intendeva essere, nell’approccio, né filosofo né teologo, ma un osservatore del “fenomeno”, un “fisico” nel senso dei greci.
Però, con i suoi scritti, ha indicato importanti orientamenti, conseguenti alle sue conclusioni fenomeniche, che finiscono con il dare un significato costruttivo e valutativo del fenomeno evoluzione. Questo, pertanto, non è, come si conclude dalle sue considerazioni dovuto ad una mano che ha acceso un pensiero, bensì ad un pensiero che ha mosso una mano.
A questo proposito è illuminante la sua teoria della complessità coscienza a cui giunge in base al suo metodo di analisi. Essa inizia, infatti, con gli elementi che costituiscono un corpo fisico inorganico, e poi allorché giunge al vivente, effettuando un cambiamento di variabile, - non potendo più constatare gli elementi fenomenici, fisici, dell’oggetto analizzato, imbocca come guida, per fedeltà sempre a un’analisi fenomenica, la considerazione nel vivente della formazione dei sistemi nervosi, via via sempre più complessi, e la cui più alta complessità si realizza nel fenomeno umano.
Pertanto la sua teoria della complessità-coscienza, ci porta a constatare, sempre sulla falsariga della sua visione del mondo, il fatto che l’evoluzione, dal BigBang sino ai nostri giorni, è strettamente correlata al fenomeno della complessità di ogni forma di vita:
dalla cosmosfera disorganizzata emerge la biosfera che pullula di centri dinamici organizzati tendenti all’autonomia.
Gli animali più evoluti possiedono un cervello sempre più complesso e, riprendendo in considerazione il cervello dell’uomo cui sopra ho accennato, la neurofisiologia rileva tre strati che l’evoluzionismo dimostra in stretta correlazione ed interazione tra di essi.
La corteccia cerebrale, la quale è emergente e più complessa, avvolge le altre due masse cerebrali ed è quella più significativa per lo sviluppo della coscienza - nel senso di una consapevolezza crescente della specie umana a differenza delle altre specie viventi, non umane, che sono fissate ormai in forme inamovibili e quindi in una dimensione statica -.
Anche la società rispecchia questa tridimensionalità. Partendo dalle società più primitive fino al giorno d’oggi, infatti, notiamo che è rispettata la famosa legge della complessità-coscienza, per cui l’umanità si sta sempre più coscientizzando, non nel senso morale ma di aumento di autoconsapevolezza, anche attraverso gli errori. E lo sviluppo tecnologico, nota molto moderna, costituisce un’evidente esternazione di un’avvenuta, e tuttora in divenire, prosecuzione dello sviluppo del sistema nervoso, quasi un prolungamento del corpo umano. L’ominizzazione evoluzionistica “teilhardiana” compie un salto di qualità verso l’umanizzazione. E con coerenza.
Tanto più che l’uomo odierno si sta chiedendo con insistenza per poter rivivere una condizione di salute psico-fisica, quale sia lo scopo della sua esistenza.
Ed una risposta a ciò la darebbe Teilhard de Chardin proprio con le sue precisazioni evoluzionistiche centrate e discendenti su un processo cosciente che conduce gradualmente verso una maggiore autocoscienza - legge di complessità coscienza -, ridando un’armonica conclusione al faticoso farsi della cosmogenesi, perchè, in prospettiva, vede un possibile ricongiungimento tra scienza e fede. In convergenza con quanto sto affermando, sono significative le seguenti parole di Teodosius Dobzanski nel suo scientifico libro “L’evoluzione della specie umana, ed. Einaudi, 1965, 2°ed.”.
L’autore vede che Teilhard nulla toglie al suo lavoro argomentativamente circoscritto di, giustamente, “asettico ricercatore”; infatti, in chiusura del suo studio scientifico egli scrive:
“Teilhard de Chardin vedeva che l’evoluzione della materia, della vita e dell’uomo sono integrali di un unico processo di sviluppo cosmico, di un’unica storia coerente di tutto l’universo.
I suoi grandiosi concetti non sono dimostrabili per mezzo di fatti scientificamente stabiliti: trascendono l’insieme della nostra conoscenza; basta che la conoscenza non li contraddica. Pertanto l’idea evoluzionista di Teilhard de Chardin giunge come un raggio di speranza: essa risponde alle esigenze del nostro tempo, poiché “l’uomo non è il centro dell’Universo come ingenuamente si credeva nel passato, ma è qualche cosa di molto più bello: è la freccia ascendente della grande sintesi biologica, è l’ultimo, il più acuto, il più complesso, il più raffinato degli strati successivi della vita”.
Pier Angelo Piai
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" La verità non è asltro che las coerenza totale dell'Universo in rapporto ad ogni suo punto. Perchè dovremmo mai avere in sospetto o sottovalutare tale coerenza, per il solo fatto che siamo noi stessi gli osservatori? Si continua ad opporre una certa illusione antropocentrica a una certa realtà obiettiva. E' una distinzione illusoria. La verità dell'Uomo è la verità dell'Universo per l'Uomo, cioè sempliceemente, la Verità "
"...Si potrebbe dire che oggi, come ai tempi di Galileo, ciò che più occorre per percepire la Convergenza dell'Universo, non è tanto la scoperta di fatti nuovi (ne siamo accerchiati, da restarne accecati) quanto un modo nuovo di guardare e accettare i fatti.
Un nuovo modo di vedere, connesso con un nuovo modo di agire: ecco ciò di cui abbiamo bisogno... Dobbiamo prendere posizione e metterci all'opera, presto-subito " (La Convergence de l'Univers,23 luglio 1951)
" ...Sento, come chiunque altro, quanto sia grave per l'Umanità il momento che stiamo attraversando... E tuttavia un istinto, che si è sviluppato al contatto con il grande Passato della Vita, mi dice che la salvezza per noi è nella direzione stessa del pericolo che ci spaventa tanto... Come viaggiatori presi nel flusso di una corrente, vorremmo tornare indietro. Manovra impossibile e fatale. La nostra salvezza è più in là, oltre le rapide. Nessun ripiegamento. Ma una mano sicura al timone, e una buona bussola..." ( Esquisse d'un Universe personnel, 4 maggio 1936)
Di colui che pronuncerà queste parole nell'Aeropago, ci si burlerà come d'un sognatore e lo si condannerà. "Il senso comune lo vede, e la scienza lo verifica: nulla si muove", dirà un primo Saggio. "La filosofia lo decide: nulla può muoversi", dirà un secondo Saggio. "La religione lo proibisce: nulla si muova", dirà un terzo Saggio. Trascurando questo triplice verdetto, "colui che ha visto" lascerà la piazza pubblica, e tornerà nel seno della Natura ferma e profonda. Là, immergendo lo sguardo nell'immensa ramificazione che lo sorregge e i cui rami si perdono molto lontano al di sotto di lui, in mezzo all'oscuro Passato, egli colmerà ancora una volta la sua anima della contemplazione e del sentimento d'un moto unanime e ostinato, inscritto nella successione degli strati morti e nella distribuzione attuale di tutti i viventi. -Volgendo allora lo sguardo al di sopra di lui, verso gli spazi preparati per le nuove creazioni, egli si consacreà corpo e ed anima, con fede rinsaldata, a un Progresso che trascina e spazza via persino coloro che non ne vogliono sapere. E, con tutto il suo essre fremente di ardonre religioso, lascerà salire alle proprie labbra, verso il Cristo già risorto ma ancora imprevedibilmente grande, questa invocazione, sommo omaggio di fede e d'adorazione: "Deo ignoto" [Al Dio ignoto] (L'avenir de l'homme, note sur le Progrès, 10 agosto 1920, Le Seuil, pp. 35-37)
" Adesso che, attraverso tutte le vie dell'esperienza, l'Universo comincia a crescere fantasticamente ai nostri occhi è ceramente giunta l'ora per il Cristianesimo di destarsi ad una consapevolezza precisa di ciò che il dogma dell'Universalità di Cristo, trasposto in quelle nuove dimensioni, suscita di speranze pur sollevando al tempo stesso certe difficoltà.
Speranze, certo, poichè, se il Mondo diventa così formidabilemte vasto e potente, vuol dire che il Cristo è ancor ben più grande di quanto noi pensassimo.
Ma le difficoltà, poichè, alla fin fine, come concepire che il Cristo s'"immensifichi" secondo le esigenze del nostro nuovo Spazio-Tempo senza simultaneamente, perdere la sua personalità adorabile e, in qualche modo, volatilizzarsi?
Ed è qui che risplende la stupenda e liberatrice armonia tra una religione di tipo cristico e un'Evoluzione di tipo convergente (Le Cristique, 1955)
" Nel Cuore della Materia.
Un Cuore del Mondo,
Il Cuore d' un Dio"
(da Le Coeur de laMatiere, 30 ottobre 1950)