Teilhard de Chardin
Incontro con Teilhard de Chardin attraverso varie testimonianze« UNA LUCE PER IL DOMANI... | Una breve nota di Mons. ... » |
COSI I TESTIMONI RICORDANO LE FORTUNATE SCOPERTE E LE SEGRETE SOFFERENZE DI TEILHARD DE CHARDIN
(segue dal post 165 del 5 febbraio 2009)
Questo post riproduce altre testimonianze che Massimo Olmi ha pubblicato sull’articolo citato nel post 165.
CLAUDE TRESMONTANT
(Autore dell’Introduction à le pensèe de Teilhard de Chardin. Ha intrattenuto con Teilhard una fitta corrispondenza a partire dal 1950)
Nella fortuna che il pensiero di Teilhard de Chardin sta attualmente incontrando in tutto il mondo c’è indubbiamente una parte di snobismo. Resta il fatto che oggi le opere di Teilhard sono tradotte in molte lingue, hanno prodotto non pochi ritorni o conversioni al cattolicesimo, hanno permesso a non pochi cristiani dell’Europa centrale e orientale, di Jugoslavia, di Polonia, di Ungheria di difendere brillantemente le loro posizioni nei confronti dei marxisti. L’originalità di Teilhard de Chardin è consistita in questo: nell’essersi sforzato di elaborare una Weltanschauung, di delineare una visione del mondo, di intravedere quello che è il senso del mondo, basandosi puramente sulla scienza, senza alcun presupposto filosofico. Ora tutto questo è molto importante in un’epoca come la nostra, nella quale da più parti ci si chiede se il mondo abbia davvero un senso. Se vogliamo, il pensiero di Teilhard de Chardin è l’inverso del pensiero di Jean Paul Sartre, pensiero a basi puramente letterarie e non scientifiche. Oggi, in generale, coloro che fanno professione di filosofia non si interessano alla natura , eredi di Cartesio e di Kant. Teilhard de Chgardin si sforzò invece di ritrovare la filosofia della natura: intonò l’inno del creato rifacendosi alla filosofia tradizionale di un Alberto, di un Bonaventura, di un Tommaso. Certa spiritualità, certa filosofia moderna sono viziate da manicheismo: rivelano un disprezzo per il mondo. Teilhard de Chardin amava invece il mondo, come creazione e riflesso di Dio, anche qui riallacciandosi a quello che è la tradizione dei Padri della Chiesa. Citiamo un nome celebre: Karl Barth, il teologo protestante svizzero., Barth nonj crede possibile arrivare alla conoscenza di Dio attraverso la conoscenza del mondo. Teilhard ci credeva.
Il guaio è che, ad un certo punto, Teilhard ha lasaciato il campo scientifico nche era il suo per avventurarsi in regioni, come dire?, di frontiera, là dove entravano in gioco la filosofia la teologia. Ora, a mio avviso, Teilhard non aveva avuto una preparazione tecnica metafisica e teologica sufficiente: quando perciò egli affronta problemi di quella natura, non è del tutto convincente. Penso al problema del male, al problema del passaggio dal creato al soprannaturale, al problema del peccato originale.
E qui arriviamo al famoso articolo dell’Osservatore Romano. A mio avviso il Santo Uffizio non ha inteso criticare quella che è la visione del mondo, la cosmologia di Teilhard de Chardin (cioè la sua opera principale), bensì il modo in cui egli ha affrontato quei problemi, al limite della metafisica e della teologia. Non dimentichiamo che il Sant’Uffizio aveva conoscenza di alcuni testi non ancora noti al grande pubblico. L’entusiasmo di alcuni discepoli di Teilhard è più pericoloso delle critiche che gli muovono gli avversari. Teilhard non rappresenta insomma una nuova teologia, egli deve essere completato.
Un’ultima osservazione. Teilhard considerava il mondo molto dall’alto, non riusciva a interessarsi ai problemi morali propriamente detti, ai problemi come la fame del mondo, le deportazioni, la miseria: i marxisti non a torto gli rimproveravano di applicare a problemi di ordine politico e morale schemi di carattere biologico. Le torture ai nazionalisti algerini, i bambini male alloggiati della periferia di Parigi , l’ingiustizia sociale: ecco problemi che toccavano sino ad un certo punto Teilhard de Chardin.
PAUL CHAUCHARD
(Docente di neurofisiologia e autore di molte opere sul pensiero di Teilhard)
Incontrai Teilhard de Chardin alle riunioni dell’Ecole dei hautes elude, dove egli disponeva di un laboratorio, nonché alle riunioni degli scienziati cattolici: sulla base delle mie ricerche personali, sono arrivato a condividere le sue idee. Teilhard non era un dottrinario, era uno scienziato credente e mistico, testimone vivente dell’unità della scienza e della fede. Per lui la ricerca scientifica era al servizio dell’umanesimo, doveva cioè far comprendere all’uomo quale fosse il suo posto nell’universo, il significato dei suoi sforzi. La visione del credente conferiva pieno senso a quella dello scienziato, spiegava tutto il significato della storia in difficile marcia verso la libertà, verso l’amore. Certo, Teilhard era un ottimista quando scorgeva le magnifiche possibilità insite nella sua visione del mondo; ed era tuttavia cosciente della tragica condizione dell’uomo, che tanto pena a scoprire il bene e a restargli fedele. Lui, che tanto sofferse la solitudine morale e l’incomprensione, era un magnifico professore di felicità, di gioia di vivere. Trasparente, luminoso, induceva i materialisti in tentazione, la tentazione di credere. Teilhard non cercava di convincere, mostrava piuttosto la verità, rendeva presente il Cristo di cui viveva. Nonostante le differenze di personalità, Teilhard, profeta scientifico e cristiano di un amore capace di sopprimere le false barriere senza peccati di confusione, mi sembra molto vicino al Papa dell’amore, a Giovanni XXIII.
(segue al prossimo post)
Da: Massimo Olmi, Il mio amico Teilhard, L’Europeo n. 36 dell’8 settembre 1963 pubblicato nel post n.165 del 5 febbraio 2009
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" La verità non è asltro che las coerenza totale dell'Universo in rapporto ad ogni suo punto. Perchè dovremmo mai avere in sospetto o sottovalutare tale coerenza, per il solo fatto che siamo noi stessi gli osservatori? Si continua ad opporre una certa illusione antropocentrica a una certa realtà obiettiva. E' una distinzione illusoria. La verità dell'Uomo è la verità dell'Universo per l'Uomo, cioè sempliceemente, la Verità "
"...Si potrebbe dire che oggi, come ai tempi di Galileo, ciò che più occorre per percepire la Convergenza dell'Universo, non è tanto la scoperta di fatti nuovi (ne siamo accerchiati, da restarne accecati) quanto un modo nuovo di guardare e accettare i fatti.
Un nuovo modo di vedere, connesso con un nuovo modo di agire: ecco ciò di cui abbiamo bisogno... Dobbiamo prendere posizione e metterci all'opera, presto-subito " (La Convergence de l'Univers,23 luglio 1951)
" ...Sento, come chiunque altro, quanto sia grave per l'Umanità il momento che stiamo attraversando... E tuttavia un istinto, che si è sviluppato al contatto con il grande Passato della Vita, mi dice che la salvezza per noi è nella direzione stessa del pericolo che ci spaventa tanto... Come viaggiatori presi nel flusso di una corrente, vorremmo tornare indietro. Manovra impossibile e fatale. La nostra salvezza è più in là, oltre le rapide. Nessun ripiegamento. Ma una mano sicura al timone, e una buona bussola..." ( Esquisse d'un Universe personnel, 4 maggio 1936)
Di colui che pronuncerà queste parole nell'Aeropago, ci si burlerà come d'un sognatore e lo si condannerà. "Il senso comune lo vede, e la scienza lo verifica: nulla si muove", dirà un primo Saggio. "La filosofia lo decide: nulla può muoversi", dirà un secondo Saggio. "La religione lo proibisce: nulla si muova", dirà un terzo Saggio. Trascurando questo triplice verdetto, "colui che ha visto" lascerà la piazza pubblica, e tornerà nel seno della Natura ferma e profonda. Là, immergendo lo sguardo nell'immensa ramificazione che lo sorregge e i cui rami si perdono molto lontano al di sotto di lui, in mezzo all'oscuro Passato, egli colmerà ancora una volta la sua anima della contemplazione e del sentimento d'un moto unanime e ostinato, inscritto nella successione degli strati morti e nella distribuzione attuale di tutti i viventi. -Volgendo allora lo sguardo al di sopra di lui, verso gli spazi preparati per le nuove creazioni, egli si consacreà corpo e ed anima, con fede rinsaldata, a un Progresso che trascina e spazza via persino coloro che non ne vogliono sapere. E, con tutto il suo essre fremente di ardonre religioso, lascerà salire alle proprie labbra, verso il Cristo già risorto ma ancora imprevedibilmente grande, questa invocazione, sommo omaggio di fede e d'adorazione: "Deo ignoto" [Al Dio ignoto] (L'avenir de l'homme, note sur le Progrès, 10 agosto 1920, Le Seuil, pp. 35-37)
" Adesso che, attraverso tutte le vie dell'esperienza, l'Universo comincia a crescere fantasticamente ai nostri occhi è ceramente giunta l'ora per il Cristianesimo di destarsi ad una consapevolezza precisa di ciò che il dogma dell'Universalità di Cristo, trasposto in quelle nuove dimensioni, suscita di speranze pur sollevando al tempo stesso certe difficoltà.
Speranze, certo, poichè, se il Mondo diventa così formidabilemte vasto e potente, vuol dire che il Cristo è ancor ben più grande di quanto noi pensassimo.
Ma le difficoltà, poichè, alla fin fine, come concepire che il Cristo s'"immensifichi" secondo le esigenze del nostro nuovo Spazio-Tempo senza simultaneamente, perdere la sua personalità adorabile e, in qualche modo, volatilizzarsi?
Ed è qui che risplende la stupenda e liberatrice armonia tra una religione di tipo cristico e un'Evoluzione di tipo convergente (Le Cristique, 1955)
" Nel Cuore della Materia.
Un Cuore del Mondo,
Il Cuore d' un Dio"
(da Le Coeur de laMatiere, 30 ottobre 1950)