Teilhard de Chardin
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Teilhard: la creazione è coestensiva a tutto l'Universo
Secondo N.M.Wildiers, uno dei più autorevoli divulgatori del suo pensiero, l'esperienza di Teilhard è "interamente dominata dalla tensione dialettica tra quello che egli chiama il senso cosmico e il senso cristico. Per senso cosmico egli intende l'affinità” ...che ci lega psicologicamente al tutto che ci circonda..” Senso cristico significa per lui l'inclinazione del cristiano a vedere nel Cristo il centro e il fine di tutte le cose". (Introduzione al pensiero di Teilhard de Chardin. Milamo 1964).
Il mondo in evoluzione.
Il fatto tuttavia che rende significativa la sintesi di Teilhard in ordine alla nuova evangelizzazione è lo sforzo che egli ha compiuto di pensare l'esperienza della fede nell'orizzonte dell'ordine evolutivo della realtà. Egli riconosceva che "fino al XIX secolo inoltrato, in complesso, l'uomo poteva ancora pensare (senza reagire a ciò che tale affermazione aveva di fisicamente contraddittorio), che solo il vivente, nasceva, cresceva, moriva, aveva un'età, nell'ambito di una materia sempre identica a se stessa. Ma sottolineava con forza che nel secolo XX si è realizzato il passaggio dal Cosmo alla cosmogenesi", così che "l'evoluzione guida ormai la totalità della nostra esperienza.
"Dai più piccoli e più instabili elementi nucleari fino ai viventi più elevati, non esiste nulla, noi ora lo vediamo, nulla è scientificamente pensabile nella natura che in funzione di un unico processo coniugao di 'corpuscolizzazione' e di 'comples-sificazione', nel corso del quale si delineano le fasi di una graduale e irreversibile interiorizzazione (coscientizzazione) di quella che noi chiamiamo (senza sapere che cosa sia) Materia".
Questa prospettiva corrisponde sostanzialmente a quella che il Concilio Vaticano II nel 1965 ha descritto come il passaggio "da una concezione piuttosto statica dell'ordine a una concezione più dinamica ed evolutiva", prevedendo che questa crisi epocale avrebbe suscitato "un formidabile complesso di nuovi problemi" ed avrebbe richieso analisi e sintesi nuove" (GS n. 5).
L'atto creativo di Dio.
Teilhard distingue due aspetti della forza in gioco nell'evoluzione:
- l'energia radiale o psichica e
- l'energia tangenziale o fisica.
Quest'ultima designa la forza che lega le cose nel processo cosmico e si esprime nei fenomeni fisici e chimici risultanti dai rapporti tra gli elementi dello stesso ordine e soggetti alle leggi della termodinamica. Essa può essere misurata dalle scienze della natura e costituisce il dominio della statistica e dell'entropia.
L'energia radiale invece, unifica gli elementi collegandoli ad un centro interiore, perciò fonda l'unità delle cose, il loro interno e si esprime nella diversa qualità dei fenomeni, fino alla perfezione della coscienza umana. Essa viene definita da T.: l'energia "che attira ogni elemento in avanti nel senso della evoluzione, nella direzione di uno stato sempre più complesso e centrato" Essa, ancora invisibile negli esseri non viventi, in forma percettibile ai nostri occhi appare nello sviluppo della coscienza". Teilhard osserva che "meno un elemento è centrato (cioè più la sua energia radiale è debole), più la sua energia tangenziale si manifesta in effetti meccanici rilevanti".
In ogni caso questa prospettiva è connessa al modo con cui Teilhard concepisce
l'atto creativo come unificazione dell'infinitamente disperso.
Egli afferma: "Al limite inferiore delle cose, al di sotto di ogni possibile osservazione noi scopriamo una pluralità immensa, la diversità completa, corri-spondente alla disunione totale. Per la verità, questa molteplicità assoluta sarebbe il nulla e non è mai esistita. Ma è la direzione da cui esce per noi il Mondo: all'origine dei tempi, il mondo si scopre a noi come come emergente dal Molteplice, impregnato e grondante di Molteplice". "Tutto avviene come se l'Uno si formasse attraverso unificazioni successive del Molteplice, e come se fosse tanto più perfetto in quanto centralizza sotto di sé un più vasto molteplice".
Occorre evitare di pensare in modo positivo il molteplice iniziale. Esso infatti "non è che potenzialità e passsività pura".
In questa luce
l'atto creativo appare come la 'faticosa' azione con cui dal nulla della dispersione iniziale Dio conduce la creazione alle forme elevate di complessità spirituale fino ad un traguardo finale che non ci è dato di conoscere, se non in parziali anticipazioni. La forma creatrice resta 'trascendente' rispetto a tutte le situazioni create e non può essere mai rilevata come tale. Potremmo dire, con una metafora, che creare è condurre all'unità, nella successione del tempo, i molti frammenti che esplodono quando il nulla è investito dall'azione divina. Dio, creando, unifica, e ad ogni passso dell'unificazione aumenta la complessita e crescono gli ambiti per l'esercizio della coscienza. La creazione è come l'atto di un amante che "fa scaturire le cose dal nulla attirandole a sé".
Questo principio, che negli scritti di Teilhard appare dal 1937 in avanti, ha una grande importanza per evitare una visione panteistica dell'universo e per sviluppare una retta concezione della persona e del suo divenire.
La creazione, inoltre, in questa prospettiva, ha il suo punto assiale non nell'inizio, ma nel compimento, per cui l'azione creatrice accompagna e sostiene tutto il processo evolutivo per condurlo alla fine. "La creazione, infatti, non è una intrusione periodica della Causa prima: è un atto coestensivo a tutta la durata dell'niverso. "L'atto creatore non si inserisce nella catena delle cause. Esso si pone sull'universo preso in tutta la sua estensione e in tutta la sua durata".
In tal modo Teilhard recupera la prospettiva di S.Tommaso d'Aquino. Egli infatti pone come idea centrale della creazione, non tanto l'inizio temporale, quanto la condizione di dipendenza totale. "E' evidente, inoltre, che anche nella metafisica tomista creare è unificare" (Smulders).
Don Carlo MOLARI, Rocca 7 marzo 2002 pag. 56-57
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" La verità non è asltro che las coerenza totale dell'Universo in rapporto ad ogni suo punto. Perchè dovremmo mai avere in sospetto o sottovalutare tale coerenza, per il solo fatto che siamo noi stessi gli osservatori? Si continua ad opporre una certa illusione antropocentrica a una certa realtà obiettiva. E' una distinzione illusoria. La verità dell'Uomo è la verità dell'Universo per l'Uomo, cioè sempliceemente, la Verità "
"...Si potrebbe dire che oggi, come ai tempi di Galileo, ciò che più occorre per percepire la Convergenza dell'Universo, non è tanto la scoperta di fatti nuovi (ne siamo accerchiati, da restarne accecati) quanto un modo nuovo di guardare e accettare i fatti.
Un nuovo modo di vedere, connesso con un nuovo modo di agire: ecco ciò di cui abbiamo bisogno... Dobbiamo prendere posizione e metterci all'opera, presto-subito " (La Convergence de l'Univers,23 luglio 1951)
" ...Sento, come chiunque altro, quanto sia grave per l'Umanità il momento che stiamo attraversando... E tuttavia un istinto, che si è sviluppato al contatto con il grande Passato della Vita, mi dice che la salvezza per noi è nella direzione stessa del pericolo che ci spaventa tanto... Come viaggiatori presi nel flusso di una corrente, vorremmo tornare indietro. Manovra impossibile e fatale. La nostra salvezza è più in là, oltre le rapide. Nessun ripiegamento. Ma una mano sicura al timone, e una buona bussola..." ( Esquisse d'un Universe personnel, 4 maggio 1936)
Di colui che pronuncerà queste parole nell'Aeropago, ci si burlerà come d'un sognatore e lo si condannerà. "Il senso comune lo vede, e la scienza lo verifica: nulla si muove", dirà un primo Saggio. "La filosofia lo decide: nulla può muoversi", dirà un secondo Saggio. "La religione lo proibisce: nulla si muova", dirà un terzo Saggio. Trascurando questo triplice verdetto, "colui che ha visto" lascerà la piazza pubblica, e tornerà nel seno della Natura ferma e profonda. Là, immergendo lo sguardo nell'immensa ramificazione che lo sorregge e i cui rami si perdono molto lontano al di sotto di lui, in mezzo all'oscuro Passato, egli colmerà ancora una volta la sua anima della contemplazione e del sentimento d'un moto unanime e ostinato, inscritto nella successione degli strati morti e nella distribuzione attuale di tutti i viventi. -Volgendo allora lo sguardo al di sopra di lui, verso gli spazi preparati per le nuove creazioni, egli si consacreà corpo e ed anima, con fede rinsaldata, a un Progresso che trascina e spazza via persino coloro che non ne vogliono sapere. E, con tutto il suo essre fremente di ardonre religioso, lascerà salire alle proprie labbra, verso il Cristo già risorto ma ancora imprevedibilmente grande, questa invocazione, sommo omaggio di fede e d'adorazione: "Deo ignoto" [Al Dio ignoto] (L'avenir de l'homme, note sur le Progrès, 10 agosto 1920, Le Seuil, pp. 35-37)
" Adesso che, attraverso tutte le vie dell'esperienza, l'Universo comincia a crescere fantasticamente ai nostri occhi è ceramente giunta l'ora per il Cristianesimo di destarsi ad una consapevolezza precisa di ciò che il dogma dell'Universalità di Cristo, trasposto in quelle nuove dimensioni, suscita di speranze pur sollevando al tempo stesso certe difficoltà.
Speranze, certo, poichè, se il Mondo diventa così formidabilemte vasto e potente, vuol dire che il Cristo è ancor ben più grande di quanto noi pensassimo.
Ma le difficoltà, poichè, alla fin fine, come concepire che il Cristo s'"immensifichi" secondo le esigenze del nostro nuovo Spazio-Tempo senza simultaneamente, perdere la sua personalità adorabile e, in qualche modo, volatilizzarsi?
Ed è qui che risplende la stupenda e liberatrice armonia tra una religione di tipo cristico e un'Evoluzione di tipo convergente (Le Cristique, 1955)
" Nel Cuore della Materia.
Un Cuore del Mondo,
Il Cuore d' un Dio"
(da Le Coeur de laMatiere, 30 ottobre 1950)