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Teilhard: rovistando tra vecchi libri

Post n°252 pubblicato il 09 Febbraio 2011 da bioantroponoosfera

Andando alla ricerca di lavori e studi tra vecchi libri ho trovato questo volume di DONADIO Francesco, Elogio della storicità. Orizzonti ermeneutici ed esperienza credente, Paoline, Milano 1999, 165-172. Il capitolo 4. era dedicato a Teilhard de Chardin. Mi fa piacere riproporvelo e vi auguro buone lettura.

Giovanni Fois, Centro di Documentazione Teilhard de Chardin sul futuro dell'Uomo.

 

4. CRITICA DELLA TENDENZA ESCATOLOGICA A PARTIRE DALL'INCARNAZIONE: P. TEILHARD DE CHARDIN

 

« In che modo colui che crede nel cielo e nella Croce può continuare a credere sinceramente al valore delle proprie occupazioni terrestri?  In che modo, in virtù di quel che c'è in lui di più cristiano, il fedele può andare verso la totalità del suo dovere umano, con la stessa forza come se andasse verso Dio? »19

     Con questo interrogativo fondamentale che apre il Milieu divin l'oggetto specifico della nostra ricerca risulta rigorosamente ed efficacemente delineato.  Si tratta di sapere se l'umanizzazione del mondo abbia un valore in sé rispetto al compimento escatologico oppure costituisca soltanto un'impalcatura provvisoria, una materia occasionale rispetto al fatturo assoluto di Dio per il quale soltanto le buone intenzioni hanno un valore positivo.  A questo intreccio problematico si deve legare la tesi programmatica di Teilhard secondo cui « l'attrattiva di un risultato indistruttibile » è essenziale alla costruzione stessa di un'energetica umana.  In tal senso è stato osservato che « l'antropogenesi teilhardiana si sviluppa in una energetica generalizzata capace di integrare in sé un'antropodinamica.  Questa a sua volta sfocia in una filosofia dell'azione e in una escatologia, due aspetti che sono strettamente legati tra loro»20.

Il sottofondo intellettuale della ricerca teilhardiana è di natura apologetica: si tratta di restituire al  cristianesimo la forza contagiosa del senso dell'evolutivo illegittimamente monopolizzato dai vari umanitarismi moderni. Per la realizzazione di un tale programma c’è da costruire un neo-antropocentrismo non più di posizione, ma di evoluzione, c'è da ripensare tutta la cristologia in termini di cristogenesi, soprattutto c'è da operare una trasposizione nella dimensione di una cosmogenesi della visione cristiana espressa tradizionalmente in termini di cosmo.  E’ evidente che al fondo di queste preoccupazioni c'è tutto un ricupero di valori acquisiti dalla scienza moderna, in primo luogo il ricupero della fecondità del tempo 21.  Con il passaggio da una concezione meccanicistica e statica dell’Universo a una concezione dinamica ed evolutiva l'idea stessa di evoluzione, di un processo di sviluppo  progressivo «costituisce il solo quadro dimensionale in cui possa orinai funzionare la nostra capacità di pensare, di cercare, di creare »22. «Non ci è possibile considerare il mondo intorno a noi come una costruzione Ne-varietur, artificiosamente montata d'un colpo.  Nello spazio di due o tre secoli, sotto l'effetto convergente di molteplici influenze (tutte legate a un'invasione delle nostre coscienze mediante la storia), l'universo ha cessato di esserci rappresentabile sotto forma di armonia prestabilita, per prendere decisamente l'aspetto di un sistema in movimento: non più un ordine, ma un processo, non più un cosmo, ma una cosmo-genesi»23.  Non si tratta comunque di un processo cosmogenetico che si sviluppi disordinatamente (pseudocosmogenesi), ma di un processo polarizzato secondo certi assi privilegiati e in particolare secondo l'asse principale di complessità-coscienza (eucosmogenesi).  Geosfera, biosfera e noosfera sono le grandi tappe dell'evoluzione  del mondo.  Ma è con l'ominizzazione che l'evoluzione acquista una coscienza riflessa e l'essere umano, asse dell'evoluzione, avverte di non essere semplice « oggetto di conoscenza », ma «chiave di volta» di ogni scienza della natura. L’antropo-centrismo  biblico è in tal modo ribadito e trasposto su un piano più alto: non più nel quadro di una dimensione statica dell'universo, ma in quello di una dimensione dinamica ed evolutiva del cosmo.  Non un antropocentrismo di posizione, ma di movimento.  Al di là della sua portata retrospettiva la legge dell'evoluzione attraverso l'uomo prosegue il suo cammino.  Non una noosfera, quindi, come un tutto statico e immutabile, ma una noogenesi.  L’essere umano, prolungamento attivo di una corrente cosmica, erede di un lavoro antico quanto il mondo e incaricato di trasmettere il capitale accresciuto a tutti quelli che devono venire, è impegnato a spingere sempre più avanti il grande sforzo dell'ominizzazione. Ma « dal momento in cui l'umanità comincia a presentarsi alla nostra esperienza, non più come una condizione raggiunta ma come un'opera da compiere, il cui completamento dipende in ultima analisi dalla nostra ingegnosità e dalla nostra tenacia nel proseguirla, come non vedere che, a partire da questo momento, l'avvenire umano dipende da una forte passione nello sforzo, ben più che da una forte ricchezza in risorse materiali? »24.  In altri termini si tratta di conservare la pressione evolutiva, il «gusto di vivere», cioè una «disposizione psichica, intellettuale ed affettiva insieme, in virtù della quale la vita, il mondo, l'azione ci si presentano, nell'insieme, luminosi, interessanti, salvabili»25.  Questa polarità di fondo - da intendersi non come un semplice fenomeno di euforia - «che muove e dirige l'universo secondo il suo asse principale di complessità-coscienza»26, con l'essere umano acquista, però, anche la possibilità di ripiegarsi su se stessa: con la libertà di accettare o rifiutare l’« energia di evoluzione universale» l'essere umano può mettere in crisi la vita.  L’evoluzione, diventata  criticamente cosciente nell'uomo, deve essere voluta.  Ciò si rende possibile solo a tre condizioni, le quali sono ricavate da una pura analisi del meccanismo psicologico dell'azione riflessiva, cioè da motivi di pura energetica.

   La prima condizione è costituita dalla irreversibilità dell'evoluzione.  Perché l'essere umano accetti di spingere in avanti, con gioia e con passione, lo sforzo evolutivo dell'umanità, deve essere certo dell'irreversibilità dell'evoluzione. L’idea di una morte totale, è incompossibile con il meccanismo dell'attività riflessa; la crescita dello spirito, nel suo insieme, deve essere, dunque, tenuta per irreversibile. «Altrimenti detto: in un universo di natura evolutiva, l'esistenza dello spirito esclude, per struttura, la possibilità di una morte in cui sarebbero distrutte totalmente (cioè, più esattamente, in cui non sarebbero più conservate attraverso i loro fiori) le conquiste dello spirito »27.

   La seconda condizione è che l'evoluzione, diventata cosciente e quindi irreversibile, «per il raccoglimento e il concentramento di tutte le sue forze e di tutte le sue fibre, da divergente diventa convergente»28.  Teilhard parla di cône du temps 29, metafora destinata a sottolineare l’organicità e la convergenza della noogenesi, e di « trasposizione conica dell'azione»30.  La noogenesi non ha ancora raggiunto il termine della sua evoluzione, la «vetta dell'ominizzazione ». Per poter raggiungere questo «secondo punto critico di riflessione » bisogna avvertire uno «slancio verso qualcosa in avanti », anzi verso un «polo o centro superiore che diriga, sostenga, raccolga l'intero fascio dei nostri sforzi »31.

          La terza condizione dell'evoluzione, quella che in ultimo assicura la solidità dell'insieme, è la personalizzazione della convergenza evolutiva.  Questo punto-Omega dell'evoluzione « non può essere conosciuto che come ultra-cosciente, ultratra-personale,  ultra-attuale »32.  Il termine verso cui si dirige il processo dell'ominizzazione deve essere « supremamente personale, supremamente personalizzante », perché « nessun oggetto... può avere la pretesa di totalizzare  su di sé l'energia umana a meno che esso non possieda un anima, non sia "Qualcuno"»33.

Al di là, però, di questo punto estremo al quale ci conduce l'analisi fenomenologica dell'azione umana, Teilhard, « utilizzando una sorgente complementare di conoscenza» 34 desunta da una comprensione teologica della realtà, deduce la coincidenza del polo-Omega, postulato dall'antropogenesi, con il polo universale cristico della teologia classica, riscoprendo il realismo cosmico dell'incarnazione espresso da san Paolo e dai padri greci.  Tale corrispondenza e identità fondamentale tra i due poli si manifesterà pienamente nella parusia.  In tal modo la stessa cristogenesi prende il suo significato completo soltanto da una teologia parusiaca nella quale è necessario riconoscere un vero punto nodale della fede cristiana. « In questo avvenimento unico e supremo, in cui ciò che è storico (così ci dice la fede) deve saldarsi con il trascendente, culmina il mistero dell'incarnazione e si afferma con il realismo di una spiegazione fisica dell'universo »35.

   La visione teilhardiana della parusia ha per il nostro tema un'importanza fondamentale perché costituisce la «via d'uscita » per salvare la fede nell'opera umana, determinandone il legame genetico che essa presenta con le realtà ultime.  Intanto già la stessa «attesa della Parusia » - che è il titolo con cui si chiude il capitolo finale del Milieu divin esprime l'idea che la storia è maturazione, compimento, non eterno ritorno.  Anche se nel breve arco delle nostre vite individuali non possiamo sperimentare lo spessore e la radicalità dei mutamenti, è certo che «sotto l'involucro banale delle cose, epurato e liberato da tutti i nostri sforzi, nasce  gradatamente la nuova terra »16.  Questo radicale evento finale non è preventivamente determinabile, né può essere pensato in puri termini di catastrofe cosmica.  Non solo perché una tale ipotesi bloccherebbe virtualmente sulla terra ogni movimento spirituale, ma anche perché, collegando la parusia all'ipotesi di una catastrofe cosmica, la si penserebbe « suscettibile di prodursi senza un rapporto preciso con uno stato determinato dell'umanità, in qualsiasi momento della storia»37.  La parusia avverrà, invece, quando «la presenza del Cristo, silenziosamente accresciuta nelle cose, si rivelerà di improvviso; come la folgore, come un incendio, come un diluvio, l'attrazione del Figlio dell'uomo afferrerà, per riunirli e sottometterli al proprio corpo, tutti gli elementi turbinanti dell'universo»38.  Più importante, però, di questa ricapitolazione cosmica come effetto convergente del dono parusiaco della salvezza dell'essere umano, è importante la ripresa che Teilhard fa dell'idea paolina della « pienezza dei tempi » estesa alla seconda venuta del Cristo.  L’irruzione parusiaca si lega per Teilhard a un certo grado di maturazione psichica da parte dell’umanità; esso costituirà quasi il momento sperimentale di applicazione della parusia. «Perché la scintilla parusiaca, per necessità fisica e organica, può scoccare solo tra il cielo e una umanità biologicamente giunta a un certo punto critico evolutivo della maturazione collettiva.  E questo in perfetta analogia con il mistero del primo Natale che ha potuto realizzarsi (e su questo tutti sono d'accordo) solo tra il cielo e la terra pronta socialmente, politicamente e psicologicamente ad accogliere Gesù »39.  Certo, per lo stesso Teilhard « la consumazione collettiva dell'umanità terrestre» costituisce «una condizione preliminare, condizione necessaria ma non sufficiente, per l'istituzione finale, parusiaca, del regno di Dio»40.  La convergenza comica non implica automaticamente l’emergenza cristica,  mentre l'evento parusiaco implica un trapasso qualitativo, un punto di annullamento e di morte, anche se Teilhard concentra la sua attenzione sul rapporto di continuità tra le due fasi.  Wildiers e De Lubac hanno giudicato questa visione teilhardiana della parusia perfettamente coerente con la teologia cattolica e il Rabut ne ha osservato l'affinità con il pensiero tomano circa i rapporti tra natura e grazia 41.  L’insistenza di Teilhard sulla necessità di una corrispondenza - come condizione necessaria, anche se non sufficiente - tra l'orizzontale dello sviluppo psichico dell'umanità e la verticale dell'irruzione divina, non consente certo di speculare sul momento e sulla modalità dell'apparizione parusiaca, ma giustifica e attiva un movimento di attesa come funzione specifica della religiosità ebraico-cristiana.  Non deve trattarsi di un'attesa passiva, ma operativa e "incarnata", capace di «lasciar battere dentro di noi, cristianizzandolo, il cuore stesso dell'umanità »42.  Da questo processo di convergenza simpatetica, dal quale l'impegno umano risulta cristianizzato e la vita cristiana umanizzata, si deduce la « percezione di una connessione più intima tra il trionfo del Cristo e la riuscita dell'opera che lo sforzo umano cerca di edificare su questa terra»43.  Divinizzare non è distruggere, ma supercreare. «Non sappiamo mai tutto quello che l'incarnazione aspetta ancora dalle potenze del mondo »44.  Questa insospettata energetica umana deriva al cristiano dalla consapevolezza che il Cristo mistico continua a formarsi, è in cammino verso la sua piena crescita e che attraverso il suo lavoro l'uomo può concorrere a preparare al pleroma divino un corpo degno di risurrezione.  L’asse di ogni fatica e parabola umana non è costituito da un movimento di interna virtù salvatrice, ma dalla funzione di preparare misteriosamente ciò che sarà salvato, cioè assunto e sollevato nel prolungamento di un'iniziativa divina. « Noi non sappiamo molto in quale proporzione né sotto quale forma le nostre facoltà naturali passeranno nell’atto finale della visione divina. Ma non dubitiamo affatto che quaggiù, aiutati da Dio, noi forgiamo gli occhi e il cuore che attraverso una trasfigurazione finale diventeranno capaci di una vera e personale adorazione»45.

  

(segue al prossimo post)

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RIFLESSIONI TEILHARDIANE

"  La verità non è asltro che las coerenza totale dell'Universo in rapporto ad ogni suo punto.  Perchè dovremmo mai avere in sospetto o sottovalutare tale coerenza, per il solo fatto che siamo noi stessi gli osservatori?  Si continua ad opporre una certa illusione antropocentrica a una certa realtà obiettiva.  E' una distinzione illusoria.  La verità dell'Uomo è la verità dell'Universo per l'Uomo, cioè sempliceemente,  la Verità "   

                                                                                                                                                          

 

" Senza che si possa dire per ora in quali termini esatti, ma senza che vanga perduto un solo frammento del dato, sia rivelato che definitivamente dimostrato, sul problema scottante delle origini umane, l'accordo si farà senza sforzo, a poco a poco, tra la Scienza e il Dogma.  Intanto, evitiamo di respingere anche il minimo raggio di luce, sia da una parte che dall'altra.  La fede ha bisogno di tutta la verità". (da Les Hommes fossiles, marzo 1921) 
 
" Inventariare tutto, provare tutto, capire tutto. Ciò che è in alto, più lontano di quanto è respirabile, e  ciò che è in basso, più profondo della luce.  Ciò che si perde nelle distanze siderali, e ciò che si dissimula sotto gli elementi... Il sole si alza in avanti... Il Passato è una cosa superata...  La sola scoperta degna dei nostri sforzi è come costruire l'Avvenire". (La découverte du passé, 5 settembre 1935)
 

"...Si potrebbe dire che oggi, come ai tempi di Galileo, ciò che più occorre per percepire la Convergenza dell'Universo, non è tanto la scoperta di fatti nuovi (ne siamo accerchiati, da restarne accecati) quanto un modo nuovo di guardare e accettare i fatti.

Un nuovo modo di vedere, connesso con un nuovo modo di agire: ecco ciò di cui abbiamo bisogno...  Dobbiamo prendere posizione e metterci all'opera, presto-subito " (La Convergence de l'Univers,23 luglio 1951)

 
"  Chiniamoci dunque con rispetto sotto il soffio che gonfia i nostri cuori per le ansie e le gioie di "tutto tentare e di tutto trovare".  L'onda  che sentiamo passare non si è formata in noi stessi.  Essa giunge a noi da molto lontano, partita contemporaneamente alla luce delle prime stelle.  Essa ci raggiunge dopo aver creato tutto lungo il suo cammino.  Lo spirito di ricerca e di conquista è l'anima permanente dell'Evoluzione" (Il Fenomeno Umano 1940)
 

" ...Sento, come chiunque altro, quanto sia grave per l'Umanità il momento che stiamo attraversando...  E tuttavia un istinto, che si è sviluppato al contatto con il grande Passato della Vita, mi dice che la salvezza per noi è nella direzione stessa del pericolo che ci spaventa tanto...  Come viaggiatori presi nel flusso di una corrente, vorremmo tornare indietro.  Manovra impossibile e fatale.  La nostra salvezza è più in là, oltre le rapide.  Nessun ripiegamento. Ma una mano sicura al timone, e una buona bussola..." ( Esquisse d'un Universe personnel, 4 maggio 1936) 

 
" L'Energia diventa Presenza...  Sembrerebbe che un solo  raggio di una tale luce, cadendo come una scintilla in qualsiasi punto della Noosfera, dovesse provocare un'esplosione abbastanza forte da incendiare e rinnovare quasi di colpo la faccia della Terra. Allora, come è possibile che, guardando attorno a me, è ancora tutto inebriato di ciò che mi è apparso, io mi trovi pressochè solo della mia specie?  Solo ad aver "visto"?...  Incapace, quindi, quando me lo si chiede, di citare un solo autore, un solo testo, in cui si riconosca, chiaramente espressa, la meravigliosa "Diafania" che, per il mio sguardo, ha trasfigurato tutto ?"  (Le Christique, marzo 1955) 
 
....IN QUESTA APERTURA VERSO QUALCHE COSA CHE SFUGGE ALLA MORTE TOTALE, L'EVOLUZIONE E' LA MANO DI DIO CHE CI RICONDUCE A  LUI . ( La Biologie, poussee à fond,peut-elle nous  conduire à èmerger dans le transcendant?  Maggio 1951)
 

Di colui che pronuncerà queste parole nell'Aeropago, ci si burlerà come d'un sognatore e lo si condannerà. "Il senso comune lo vede, e la scienza lo verifica: nulla si muove", dirà un primo Saggio. "La filosofia lo decide: nulla può muoversi", dirà un secondo Saggio.  "La religione lo proibisce: nulla si muova", dirà un terzo Saggio. Trascurando questo triplice verdetto, "colui che ha visto" lascerà la piazza pubblica, e tornerà nel seno della Natura ferma e profonda. Là, immergendo lo sguardo nell'immensa ramificazione che lo sorregge e i cui rami si perdono molto lontano al di sotto di lui, in mezzo all'oscuro Passato, egli colmerà ancora una volta la sua anima della contemplazione e del sentimento d'un moto unanime e ostinato, inscritto nella successione degli strati morti e nella distribuzione attuale di tutti i viventi. -Volgendo allora lo sguardo al di sopra di lui, verso gli spazi preparati per le nuove creazioni, egli si consacreà corpo e ed anima, con fede rinsaldata, a un Progresso che trascina e spazza via persino coloro che non ne vogliono sapere. E, con tutto il suo essre fremente di ardonre religioso, lascerà salire alle proprie labbra, verso il Cristo già risorto ma ancora imprevedibilmente grande, questa invocazione, sommo omaggio di fede e d'adorazione: "Deo ignoto" [Al Dio ignoto] (L'avenir de l'homme, note sur le Progrès, 10 agosto 1920, Le Seuil, pp. 35-37)

 

" Adesso che, attraverso tutte le vie dell'esperienza, l'Universo comincia a crescere fantasticamente ai nostri occhi è ceramente giunta l'ora per il Cristianesimo di destarsi ad una consapevolezza precisa di ciò che il dogma dell'Universalità di Cristo, trasposto in quelle nuove dimensioni, suscita di speranze pur sollevando al tempo stesso certe difficoltà.

Speranze, certo, poichè, se il Mondo diventa così formidabilemte vasto e potente, vuol dire che il Cristo è ancor ben più grande di quanto noi pensassimo.

Ma le difficoltà, poichè, alla fin fine, come concepire che il Cristo s'"immensifichi" secondo le esigenze del nostro nuovo Spazio-Tempo senza simultaneamente, perdere la sua personalità adorabile e, in qualche modo, volatilizzarsi?

Ed è qui che risplende la stupenda e liberatrice armonia tra una religione di tipo cristico e un'Evoluzione di tipo convergente (Le Cristique, 1955)

 

" Nel Cuore della Materia.

   Un Cuore del  Mondo,

    Il Cuore d' un Dio"

        (da Le  Coeur de laMatiere, 30 ottobre 1950)

 
" Nella peggiore delle ipotesi, se ogni possibilità futura di parlare e di scrivere si chiudesse davanti a me, mi rimarrebbe, con l'aiuto di Gesù, quella di compiere questo gesto, affermazione e somma testimonianza della mia fede: scomparire,m inabissarmi in uno spirito di Suprema Comunione con le forze  cristiche  dell'Evoluzione  (da Note di esercizi spirituali, 22 ottobre 1945) 
 
 
 

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