Messaggi di Marzo 2009

Il mio amico Teilhard

Post n°168 pubblicato il 28 Marzo 2009 da bioantroponoosfera
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COSI I TESTIMONI RICORDANO LE FORTUNATE SCOPERTE E LE SEGRETE SOFFERENZE DI TEILHARD DE CHARDIN

(segue dal post  165 del 5 febbraio 2009)

 

Queste sono una parte delle testimonianze che Massimo Olmi ha pubblicato sull’articolo citato nel post 165. In un post successivo pubblicheremo il rersto delle testimonianze in modo da concludere la pub blicazione dell’articolo dell’Europeo.

 

CLAUDE CUENOT

(biografo ufficiale di Padre Teilhard de Chardin. Autore di molte opere fondamentali sull’opera e sul pensiero di Teilhard de Chardin)

 

“Durante i miei incontri con padre Teilhard de Chardin alla redazione della rivista Etudes presi una serie di appunti di cui alcuni mi paiono particolarmente interessanti per i lettori italiani.

Il 3 aprile 1950 gli chiesi che cosa pensasse del problema della immortalità dell’anima e gli sottolineai l’interesse che avrebbe avuto un opuscolo su questo tema.  Teilhard mi rispose:” Da quando scrissi “Comment je crois” la mia posizione non è mutata”.  Gli chiesi di essere più preciso, aggiungendo che,  quanto a me, ritenevo che le esposizioni tradizionali del problema fossero puramente mitiche. “ I miti”, rispose Teilhard, “sono un veicolo necessario. Un filosofo deve essere volto verso l’avvenire, girar le spalle al passato: peraltro i miti sono una indicazione,  abbozzano la posizione dei problemi, tradiscono strutture  fondamentali dell’uomo.  Certuni pensatori credono che l’ego non sopravviva alla morte , che restino soltanto le opere. le emanazioni dell’uomo, sino al giorno in cui si arriverà  all’ultima generazione umana.  E’ un atteggiamento che rispetto ma che mi pare insufficiente  Esso si scontra a mio parere in due difficoltà.  Nell’uomo la vita si riflette su se stessa.  La certezza della di sparizione totale dell’ego paralizzerebbe l’azione nella maggior parte degli uomini e questa riflessione della vita su se stessa porterebbe alla distruzione del mondo provocando un disgusto della vita.  La morte si presenta come un muro:  se non c’è una porta , gli uomini si rifiuteranno di agire.  D’altra parte mi sembra essenziale sottolineare l’irreversibilità dell’evoluzione.  L’io umano appare: la sua scomparsa avrebbe una regressione.  La costituzione del pleroma (organismo soprannaturale formato dalla totalizzazione degli eletti) mediante cui l’universo si concluderà e   arriverà alla sua più alta forma di organizzazione e di complessità, presuppone il mantenimento di tutti gli io umani, gravitanti intorno al Cristo totale”

Gli chiesi allora come concepisse  la  morte. Mi rispose:” La morte non ha lo stesso senso a livello  animale e a livello umano.  A livello animale, essa permette il rinnovamento delle generazioni, essa sgombra l’universo pur permettendo la moltiplicazione degli individui.  Non si è sottolineato abbastanza, , a parer mio,  la fecondità della morte. A livello umano,  essa conserva  questo significato ma ne assume anche un altro, più profondo.  Noi constatiamo in ognuno di noi un centro privilegiato,  il corpo,  e una coscienza che è in principio coestensiva all’universo (che si estende cioè su tutto l’universo) o quanto meno tende a questo limite. Il supporto dell’io è il corpo, il supporto della coscienza è il cervello.  Corpo, coscienza:ecco l’ellipse nella quale si muove l’io.   La morte è un cambiamento di orbita.  L’io  è attirato dalla persona suprema, quella del Cristo totale che diventa ormai il suo supporto.   Dopo la morte gli  io  avranno come supporto il Cristo totale che lavora senza posa alla costituzione del pleroma.  Personalmente, accetto il vecchio tema dei poeti che fanno della morte una  metamorfosi.   Il mondo è come un arazzo, la spola passa sia al di sopra,  ed è la vita,  sia di sotto, ed è la morte, l’altra faccia del Mondo”.

Un’altra volta, il 7 luglio del 1954 (ricordo nello studio di Teilhard un piccolo apparecchio radio che trasmetteva canzoni e qualche romanzo inglese della collezione “Penguin”)  Teilhard si riferi ad una frase che su di lui aveva detto il protestante Georges Gusdorf:”  è proprio un peccato che la posizione anticonformista di Teilhard de Chardin in una Chiesa totalitaria come la cattolica lo condanni alla clandestinità”.  Teilhard mi disse:”C’è qualche cosa nella Chiesa cattolica che è illegittimo, indebito, ma si deve pur pagare l’appartenenza a un philum, cioè ad una linea di pensiero vivente dove vi è un processo di co-spiritualizzazione.  Il controllo nella Chiesa è troppo spinto.  L’idea della ricerca, della scoperta non si è ancora fatta strada nella Chiesa di Dio, a seguito di una falsa idea della rivelazione concepita come circolo chiuso.  Vi è stato, è vero, del progresso nella critica storica.  Io sogno un’epoca in cui negli organismi superiori della Chiesa vi sarà non solamente un Sant’Offizio per criticare ma anche un comitato per studiare le idee nuove.  In due o tre generazioni sarà forse cosa  fatta   Si potrebbe fare una magnifica chiacchierata sulle parole di San Giovanni: “in ispirito e verità”.  La nozione di spirito è troppo considerata come separata dalla materia, essa non illumina quello che è  tecnico,  quello che è perfezione della materia.  La  verità è ancora considerata come chiusura, non come convergenza.  Il cattolicesimo è l’asse  principale, ma non ha raggiunto il termine del suo asse.  Vi sono delle linee oblique che lo arricchiscono.  Se il cattolicesimo non avesse una sua durezza dottrinale, i protestantesimi sarebbero del tutto scomparsi.  Essi si appoggiano sull’asse e transigono molto di più con l’umano;  sono separati ma funzionano in un tutto.  E’ il vero ecumenismo e rendono enormi servizi.  La critica biblica è opera loro”.

 

GABRIEL MARCEL

(filosofo, maestro dell’esistenzialismo cristiano)

 

Quando lo conobbi, rimasi vittima del suo fascino.  Eravamo in un salotto aristocratico e mi sentivo terribilmente a disagio nell’udire le domande banali che alcune signore ponevano a padre Teilhard.  Ma egli non ne era infastidito: sempre gentile, sempre sorridente, rispondeva a tutto, dava davvero l’impressione di chi ha a che fare con un interlocutore intelligente.

Più tardi, ho avuto  alcuni scambi di idee con Teilhard de Chardin: e devo dire, magari dando un dispiacere ai difensori di Teilhard , che l’uomo non era, nella difesa del suo punto di vista, privo di una certa veemenza: non era insomma proprio  tutto latte e miele.

Cominciammo a non andare d’accordo, sul piano delle idee, mai su quello dei rapporti personali, in occasione di un nuovo incontro presso Marcel  Morè, che aveva  lanciato una rivista molto interessante dal titolo “Dieu libre”.

Parlammo del problema del male, un problema che ho sempre sentito profondamente.  Teilhard de Chardin tendeva a riassorbirlo nella evoluzione del mondo, come se fosse qualcosa che oggi c’è e domani non ci sarà più.

Ma in tal caso, obiettai,  della Redenzione <cristiana che ne facciamo?  Un’altra volta (era, credo, il 1948) il discorso cadde sulle democrazie popolari, sui regimi comunisti.  Teilhard de Chardin era convinto che quei regimi in definitiva andassero nel senso della storia.  Io protestai vivamente: le epurazioni e le deportazioni?  E i morti che avevano provocato?, dissi:

Teilhard fece un gesto come per dire: che cosa è un milione di morti nella stor4ia dell’umanità?  Era un’ulteriore prova dell’effetto, come dire?  anestetico che il numero,la quantità aveva su Teilhard de Chardin.  Ora queste considerazioni numeriche, glielo dissi e continuo a ripeterlo, sono del tutto estranee al cristianesimo.

Un altro giorno parlavamo della seconda venuta di  Cristo, della parusia.  Teilhard sosteneva la possibilità di pensare che quando la tecnica si sarà perfezionata al massimo , allora arriverà la  parusia. .  Di nuovo, insorsi: ricordai come le Scritture affermino che Cristo riverrà “come un ladro” nel mondo; la sua seconda venuta non sarà dunque semplicemente  la conseguenza della realizzazione ottimale di determinate condizioni tecniche.  Ma Teilhard de Chardin accoppiava a questo ottimismo tecnocratico una profonda e vivissima fede religiosa: il rischio è che i suoi discepoli accettino l’ottimismo senza avere  la fede.

 

 

SOLANGE LEMAITRE

(nella sua casa si sono svolti molti incontri fra Teilhard de Chardin e altri studiosi)

 

Conobbi Teilhard de Chardin al suo ritorno dalla Cina: doveva essere il 1948. L’occasione: una piccola conferenza su non ricordo quale argomento scientifico.  Lo rividi poi presso la Duchessa di la Rochefoucauld, quindi al Congresso universale dei credenti, dove Teilhard venne insieme con un altro gesuita, padre d’Ouince.  Fu un’amicizia immediata cui sono rimasta fedele sino alla morte di padre Teilhard..  Egli è stato un intimo della mia casa: molte volte fu mio ospite a cena.  Anzi, il primo infarto lo colse<all’indomani proprio di una visita nella mia casa in rue de Grennelle;  padre Teilhard aveva mangiato pochissimo ed era rimasto sino alle undici di sera a parlarmi del tema dell’Ascensione, un tema che non avevo mai sentito trattare con altrettanto fervore.  Che cosa mi disse, non oso ripeterlo, per paura di alterare il suo pensiero : E’ un ricor4do troppo sacro perché possa rischiare di essere oscurato dall’infedeltà di una parola.  Si, quel giorno padre Teilhard per poco non partì per il grande viaggio.  Ma la sua Pasqua sarebbe stata un’altra, quella del 1955.

Due le caratteristiche di Teilhard de Chardin che vorrei sottolineare:  Egli era innanzitutto un risvegliatore di coscienze  e di talenti:  Era capace di trovare qualcosa di buono in chiunque, di rianimare in chiunque l’entusiasmo per la vita.  Con un’occhiata rapida, ma penetrante, era capace di discernere subito la parte di bene del prossimo.  Anche da un interlocutore mediocre egli sapeva trarre qualche bagliore di luce..  L’altra caratteristica eccola: non sapeva che cosa fosse il rancore.  Un pomeriggio venne a farmi visita.  Gli chiesi come andasse.  “Bene”, mi rispose, “ma ho un piccolo guaio. Roma mi ha richiamato all’ordine”. “Perchè?”. “Un mio amico ha trasmesso un mio Articolo mutilato dal quale essi hanno dedotto conclusioni allarmanti...”

Io  stavo per protestare nei confronti di quest’”amico”, ma padre Teilhard volle subito scusarlo:”Non lo ha fatto certamente apposta”, disse.

Gli ordini di Roma, l’esilio, li accolse sempre con perfetta obbedienza e sottomissione.  A chi un giorno si stupiva che egli avesse scelto la Compagnia di Gesù, rispose con fermezza: “ La disciplina ella Compagnia di Gesù mi è stato estremamente utile”.  Come ha detto l’abate Breuil, il grande paleontologo suo amico,  “Teilhard volle restare gesuita ed i gesuiti lo hanno accettato e conservato così come lo avevano trovato”

 

 

 

 
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Una poesia di Montale

Post n°169 pubblicato il 28 Marzo 2009 da bioantroponoosfera
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A un gesuita moderno

Abbiamo trovato sul Web questa breve poesia di Eugenio Montale dedicata al gesuita francese Pierre Teilhard de Chardin. Dal  breve scritto di Montale appare quanto sia lontano il pensiero ristretto del poeta italiano dal tipo di pensiero universale di padre Teilhard e ci; dimostra anche che Montale non aveva letto nulla di approfondito espresso dal pensiero scientifico, religioso, mistico di Padfre teilhard.  Vi proponiano questa breve poesia per farvi capire meglio che un pensiero, da qualunque parte provenga, pu; essere giudicato e criticato soltanto dopo averlo letto e mai per sentito dire.Ci dispiace che Montale non abbia seguito il percorso di Mario Luzi.  Montale risertva al linguaggio teilhardiano lo stesso dileggio applicato al linguaggio antropomorfico su Dio. Un dileggio che Montale  riserva al linguaggio pur cosi raffinato e “moderno” della teologia evoluzionistica di Teilhard de Chardin, che è preso di mira nella poesia A un gesuita moderno:

Paleontologo e prete, ad abundantiam
uomo di mondo, se vuoi farci credere
che un sentore di noi si stacchi dalla crosta
di quaggiù, meno crosta che paniccia,
per allogarsi poi nella noosfera
che avvolge le altre sfere o è in condominio
e sta nel tempo (!),
ti dirò che la pelle mi si aggriccia
quando ti ascolto. Il tempo non conclude
perché non è neppure incominciato.
E’ neonato anche Dio. A noi di farlo
vivere o farne senza; a noi di uccidere
il tempo perché in lui non è possibile
l’esistenza.

Il sarcasmo di Montale sulla teologia del «gesuita moderno» ha il grande significato di una lezione sulla radicale inadeguatezza del linguaggio umano circa Dio. Dio è il totalmente Altro. Ciò che Montale nega non è una negazione di Dio; è semplicemente la critica di un linguaggio religioso che attribuisce a Dio i tratti propri dell’uomo o, comunque, presume di comprenderlo con le proprie categorie. Ma in Montale non c’è solo questa affermazione della radicale insufficienza del linguaggio umano su Dio. C’è anche il rifiuto della rivelazione di Dio in Gesù Cristo, nel cui volto il cristiano scorge il volto stesso di Dio. Montale esprime una grande esigenza religiosa, sollecita una radicale purificazione dell’esperienza religiosa e tuttavia non si apre umilmente alla rivelazione che Dio ha fatto di se stesso. Egli non riesce a «vedere» in Gesù di Nazaret il «Signore».

 

 
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Nota aperta per Mond. Ravasi

Post n°171 pubblicato il 28 Marzo 2009 da bioantroponoosfera
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MONS RAVASI: ascolti Teilhard: Non più dialogo tra Scienza e Fede ma tra Scienza e Cristo.

Forse finalmente riusciremo a dialogare e a confrontarci con il Mondo

 

………..

“ Lungi da me, amici miei, il pensiero di dedurre i dogmi cristiani dal solo esame delle proprietà scoperte dalla nostra ragione nella struttura del Mondo.  Cristo, diciamolo, è la pienezza, il principio sintetico dell’Universo:  Egli è dunque qualche cosa di più di tutti gli elementi di questo mondo presi insieme, cioè non si può dedurlo da essi, nonostante essi tendano a Lui.

Ciò che è legittimo e corroborante ciò che non ci accingiamo a fare, è constatare quanto la visione cristiana sia in grado di rispondere armoniosamente a ciò che noi cerchiamo.  La Scienza, l’abbiamo visto, attraverso l’impotenza stessa del suo sforzo analitico, ci ha insegnato che doveva esserci nella direzione in cui le cose si complicano nell’unità, un Centro supremo di convergenza e di Consistenza, in cui tutto si lega, e grazie al quale tutto si regge. Rallegriamoci (il termine non è troppo forte) osservando come Gesù Cristo, con la sua morale più fondamentale e con i suoi attributi più sicuri, viene mirabilmente a colmare questo posto vuoto segnato dall’attesa di tutta la Natura.

Gesù predica la purezza, la carità, l’abnegazione. Ma qual è l’effetto specifico della purezza, se non la concentrazione e la sublimazione delle molteplici potenze dell’anima, l’unificazione dell’Uomo in se ? – A sua volta, che cosa opera la carità, se non la fusione di molteplici individui in un solo corpo e in una sola anima, l’unificazione degli Uomini tra di loro? -  Che cosa rappresenta infine l’abnegazione cristiana, se non il decentramento di ogni Uomo in favore di un Essere più perfetto e più amato, l’unificazione di tutto in uno?

E ora chiediamoci, Cristo stesso chi è? Aprite le scritture nei passaggi più solenni e autentici. Interrogate la Chiesa nelle sue convinzioni più essenziali. Voi imparerete ciò: Cristo non è un accessorio in più aggiunto al Mondo, un ornamento, un re come lo consideriamo, un proprietario. Egli è l'alfa e l'omega, il principio e la fine, la pietra delle fondamenta e la chiave di volta, la Pienezza e colui che sazia. È colui che dona consistenza ad ogni cosa e la conduce a compimento. Verso lui e attraverso lui, Vita e Luce interiore del Mondo, si attua, nel pianto e nella fatica, l'universale convergenza di tutto lo spirito creato. Egli è il Centro unico, prezioso e consistente, che sfavilla alla sommità del Mondo in via di realizzazione, proprio in direzione opposta a quelle regioni oscure, infinitamente decrescenti, verso cui si avventura la Scienza , quando scende lungo le strade della Materia del Passato.

Di fronte a questa armonia profonda che, ai nostri occhi di cristiani, allaccia e subordina la zona del multiplo e quella dell'unità, l'ambito essenzialmente analitico della Scienza e quello, ultra-sintetico, della Religione, mi sembra, amici miei, che da questo troppo lungo discorso possiamo trarre le seguenti conclusioni:

1) Prima di tutto, noi cristiani non dobbiamo avere paura o scandalizzarci a torto dei risultati della ricerca scientifica, sia in fisica, sia in biologia, sia in storia. Certi cattolici sono sconcertati quando si giunge a dimostrar loro, — o che le leggi della Provvidenza si riducono a determinismi e al caso, — o che sotto i nostri poteri più spirituali si nascondono delle costruzioni materiali assai complesse, — o che la religione cristiana si radica in uno sviluppo religioso naturale della coscienza umana, — o che il corpo umano presuppone una serie immensa di probabili sviluppi organici. Questi cattolici negano i fatti, oppure se ne spaventano. Tutto ciò è un grave pregiudizio. Le analisi della Scienza e della Storia sono molto spesso esatte; ma non tolgono assolutamente niente all'onnipotenza divina, né alla spiritualità dell'anima, né al carattere soprannaturale del Cristianesimo, né alla superiorità dell'Uomo sugli animali. La Provvidenza , l'anima, la vita divina, sono realtà sintetiche. Essendo la loro funzione quella di «unificare», esse presuppongono, al di fuori e al di sotto di esse, un sistema di elementi: ma questi elementi non le costituiscono, al contrario attendono da esse la loro «animazione».

2) La Scienza con le sue analisi non deve dunque turbare la nostra Fede. Essa deve piuttosto aiutarci a meglio conoscere, comprendere ed apprezzare Dio. Da parte mia sono convinto che non ci sia per la vita religiosa nutrimento naturale più potente del contatto con le realtà scientifiche ben comprese. L'uomo che vive abitualmente in compagnia degli elementi di questo mondo, l'uomo che personalmente sperimenta la schiacciante immensità delle cose e la loro miserabile dissociazione, - quegli, ne sono certo, assume una coscienza più acuta di chiunque altro, sia dell'immenso bisogno di unità che spinge l'Universo sempre più in avanti, sia dell'avvenire inaudito che gli è riservato. Nessuno come l'Uomo chino sulla Materia comprende quanto Cristo, grazie alla sua Incarnazione, sia interno al Mondo, radicato nel Mondo fin nel cuore del più piccolo atomo. Abbiamo paragonato la struttura dell'Universo a quella di un cono: solo colui che ha dapprima misurato la larghezza e la potenza della base apprezza bene la ricchezza inclusa nella sommità del cono.

3) Di conseguenza, — è vano ed ingiusto porre in opposizione la Scienza e Cristo, o separarli come due ambiti estranei l'uno all'altro. La Scienza , da sola, non può scoprire Cristo, — ma Cristo colma i vuoti che alla scuola della Scienza nascono nel nostro cuore. Il ciclo che fa scendere l'Uomo fin nelle viscere della Materia in pieno Multiplo, per risalire di là, fino al centro dell'unificazione spirituale, è un ciclo naturale . Si potrebbe dire che è un ciclo divino , perché è stato dapprincipio seguito da Colui che ha dovuto «discendere agli inferi» prima di elevarsi fino ai cieli, allo scopo di colmare tutte le cose. «Quis ascendit nisi qui descendit prius, ut impleret omnia»? (Efesini IV, 9-12)

 

PIERRE TEILHARD DE CHARDIN s.j.

 

Conferenza tenuta a Parigi il 27 febbraio 1921

(tratto da Scienza e Cristo ovvero analisi e sintesi – Osservazioni su come lo studio scientifico della material possa e debba servire ad elevarsi fino al centro Divino

in Teilhard de Chardin LA SCIENZA DI FRONTE A CRISTO, Gabrielli Editore 2002, pag.61-64

 
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UNA BELLA PREGHIERA DI TEILHARD

Post n°172 pubblicato il 30 Marzo 2009 da bioantroponoosfera
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LA NUOVA TERRA

Dio nostro, Tu sei al centro di tutto e tutto circondi.
Tutto si curva al Tuo passaggio:
gioie, progressi, dolori, fallimenti, errori, opere, preghiere, bellezze,
potenze del cielo, della terra e degli inferi.
E tutto mette la propria energia a servizio del Tuo spazio divino e da esso tutto è pervaso con potenza.
Tu non distruggi le cose e neppure le forzi:
le liberi, le orienti, le trasfiguri, le animi.

Non le abbandoni, ma Ti appoggi su di loro,
e avanzi trascinando con Te ciò che in loro è santo.

Donaci la purezza di cuore, la fede, la fedeltà,
perché con questi doni si costruisce la nuova terra,
e si vince il mondo in Gesù Cristo, nostro Signore.

Pierre Teilhard de Chardin

 

 
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RIFLESSIONI TEILHARDIANE

"  La verità non è asltro che las coerenza totale dell'Universo in rapporto ad ogni suo punto.  Perchè dovremmo mai avere in sospetto o sottovalutare tale coerenza, per il solo fatto che siamo noi stessi gli osservatori?  Si continua ad opporre una certa illusione antropocentrica a una certa realtà obiettiva.  E' una distinzione illusoria.  La verità dell'Uomo è la verità dell'Universo per l'Uomo, cioè sempliceemente,  la Verità "   

                                                                                                                                                          

 

" Senza che si possa dire per ora in quali termini esatti, ma senza che vanga perduto un solo frammento del dato, sia rivelato che definitivamente dimostrato, sul problema scottante delle origini umane, l'accordo si farà senza sforzo, a poco a poco, tra la Scienza e il Dogma.  Intanto, evitiamo di respingere anche il minimo raggio di luce, sia da una parte che dall'altra.  La fede ha bisogno di tutta la verità". (da Les Hommes fossiles, marzo 1921) 
 
" Inventariare tutto, provare tutto, capire tutto. Ciò che è in alto, più lontano di quanto è respirabile, e  ciò che è in basso, più profondo della luce.  Ciò che si perde nelle distanze siderali, e ciò che si dissimula sotto gli elementi... Il sole si alza in avanti... Il Passato è una cosa superata...  La sola scoperta degna dei nostri sforzi è come costruire l'Avvenire". (La découverte du passé, 5 settembre 1935)
 

"...Si potrebbe dire che oggi, come ai tempi di Galileo, ciò che più occorre per percepire la Convergenza dell'Universo, non è tanto la scoperta di fatti nuovi (ne siamo accerchiati, da restarne accecati) quanto un modo nuovo di guardare e accettare i fatti.

Un nuovo modo di vedere, connesso con un nuovo modo di agire: ecco ciò di cui abbiamo bisogno...  Dobbiamo prendere posizione e metterci all'opera, presto-subito " (La Convergence de l'Univers,23 luglio 1951)

 
"  Chiniamoci dunque con rispetto sotto il soffio che gonfia i nostri cuori per le ansie e le gioie di "tutto tentare e di tutto trovare".  L'onda  che sentiamo passare non si è formata in noi stessi.  Essa giunge a noi da molto lontano, partita contemporaneamente alla luce delle prime stelle.  Essa ci raggiunge dopo aver creato tutto lungo il suo cammino.  Lo spirito di ricerca e di conquista è l'anima permanente dell'Evoluzione" (Il Fenomeno Umano 1940)
 

" ...Sento, come chiunque altro, quanto sia grave per l'Umanità il momento che stiamo attraversando...  E tuttavia un istinto, che si è sviluppato al contatto con il grande Passato della Vita, mi dice che la salvezza per noi è nella direzione stessa del pericolo che ci spaventa tanto...  Come viaggiatori presi nel flusso di una corrente, vorremmo tornare indietro.  Manovra impossibile e fatale.  La nostra salvezza è più in là, oltre le rapide.  Nessun ripiegamento. Ma una mano sicura al timone, e una buona bussola..." ( Esquisse d'un Universe personnel, 4 maggio 1936) 

 
" L'Energia diventa Presenza...  Sembrerebbe che un solo  raggio di una tale luce, cadendo come una scintilla in qualsiasi punto della Noosfera, dovesse provocare un'esplosione abbastanza forte da incendiare e rinnovare quasi di colpo la faccia della Terra. Allora, come è possibile che, guardando attorno a me, è ancora tutto inebriato di ciò che mi è apparso, io mi trovi pressochè solo della mia specie?  Solo ad aver "visto"?...  Incapace, quindi, quando me lo si chiede, di citare un solo autore, un solo testo, in cui si riconosca, chiaramente espressa, la meravigliosa "Diafania" che, per il mio sguardo, ha trasfigurato tutto ?"  (Le Christique, marzo 1955) 
 
....IN QUESTA APERTURA VERSO QUALCHE COSA CHE SFUGGE ALLA MORTE TOTALE, L'EVOLUZIONE E' LA MANO DI DIO CHE CI RICONDUCE A  LUI . ( La Biologie, poussee à fond,peut-elle nous  conduire à èmerger dans le transcendant?  Maggio 1951)
 

Di colui che pronuncerà queste parole nell'Aeropago, ci si burlerà come d'un sognatore e lo si condannerà. "Il senso comune lo vede, e la scienza lo verifica: nulla si muove", dirà un primo Saggio. "La filosofia lo decide: nulla può muoversi", dirà un secondo Saggio.  "La religione lo proibisce: nulla si muova", dirà un terzo Saggio. Trascurando questo triplice verdetto, "colui che ha visto" lascerà la piazza pubblica, e tornerà nel seno della Natura ferma e profonda. Là, immergendo lo sguardo nell'immensa ramificazione che lo sorregge e i cui rami si perdono molto lontano al di sotto di lui, in mezzo all'oscuro Passato, egli colmerà ancora una volta la sua anima della contemplazione e del sentimento d'un moto unanime e ostinato, inscritto nella successione degli strati morti e nella distribuzione attuale di tutti i viventi. -Volgendo allora lo sguardo al di sopra di lui, verso gli spazi preparati per le nuove creazioni, egli si consacreà corpo e ed anima, con fede rinsaldata, a un Progresso che trascina e spazza via persino coloro che non ne vogliono sapere. E, con tutto il suo essre fremente di ardonre religioso, lascerà salire alle proprie labbra, verso il Cristo già risorto ma ancora imprevedibilmente grande, questa invocazione, sommo omaggio di fede e d'adorazione: "Deo ignoto" [Al Dio ignoto] (L'avenir de l'homme, note sur le Progrès, 10 agosto 1920, Le Seuil, pp. 35-37)

 

" Adesso che, attraverso tutte le vie dell'esperienza, l'Universo comincia a crescere fantasticamente ai nostri occhi è ceramente giunta l'ora per il Cristianesimo di destarsi ad una consapevolezza precisa di ciò che il dogma dell'Universalità di Cristo, trasposto in quelle nuove dimensioni, suscita di speranze pur sollevando al tempo stesso certe difficoltà.

Speranze, certo, poichè, se il Mondo diventa così formidabilemte vasto e potente, vuol dire che il Cristo è ancor ben più grande di quanto noi pensassimo.

Ma le difficoltà, poichè, alla fin fine, come concepire che il Cristo s'"immensifichi" secondo le esigenze del nostro nuovo Spazio-Tempo senza simultaneamente, perdere la sua personalità adorabile e, in qualche modo, volatilizzarsi?

Ed è qui che risplende la stupenda e liberatrice armonia tra una religione di tipo cristico e un'Evoluzione di tipo convergente (Le Cristique, 1955)

 

" Nel Cuore della Materia.

   Un Cuore del  Mondo,

    Il Cuore d' un Dio"

        (da Le  Coeur de laMatiere, 30 ottobre 1950)

 
" Nella peggiore delle ipotesi, se ogni possibilità futura di parlare e di scrivere si chiudesse davanti a me, mi rimarrebbe, con l'aiuto di Gesù, quella di compiere questo gesto, affermazione e somma testimonianza della mia fede: scomparire,m inabissarmi in uno spirito di Suprema Comunione con le forze  cristiche  dell'Evoluzione  (da Note di esercizi spirituali, 22 ottobre 1945) 
 
 
 

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