Messaggi del 14/08/2008

Post N° 45

Post n°45 pubblicato il 14 Agosto 2008 da bioantroponoosfera
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 IL “GESUITA PROIBITO” E L’INTEGRAZIONE TRA SCIENZA E FEDE 
 

Teilhard De Chardin cinquant'anni dopo

 
 
Realizzò una brillante sintesi tra dati della scienza e il pensiero teologico tradizionale, offrendo un’originale lettura cristiana di quella chiave di volta della ricerca scientifica che tanto preoccupò gli uomini di Chiesa degli ultimi due secoli, ossia il concetto di "evoluzione". Tuttavia, la sua grandezza consiste proprio nell’affrontare con coraggio e naturalezza temi cruciali e attualissimi.
 
   
  
 
 
 
 
 
 
 
 

«Mi piacerebbe lasciare questo mondo nel giorno della risurrezione», aveva dichiarato padre Pierre Teilhard de Chardin il 15 marzo 1955. Pare proprio che il Signore lo abbia ascoltato: il 10 aprile successivo, domenica di Pasqua, il «pensatore cattolico più inquietante che il mondo cattolico abbia avuto nel secolo scorso», per dirla con Giulio Nascimbeni, se ne andava colpito da un infarto.

 Teologo, filosofo, geologo, paleontologo, saggista, questa controversa e poliedrica figura dalla vita avventurosa e dal carisma fortissimo – Indro Montanelli, che lo intervistò nel 1951, fu affascinato da quel «bellissimo vecchio, tutto bianco, con due occhi azzurri e infantili, che ricordava un po’ nell’aspetto Bertrand Russel e Gustavo di Svezia» – non ha mai cessato di suscitare accesi entusiasmi e roventi polemiche. Anzi, a rendere particolarmente attuale questo gesuita, nato nel 1881 da una ricchissima e aristocratica famiglia francese, che annoverava tra i propri antenati personaggi del calibro di Voltaire da parte di madre e di Pascal da parte di padre, è quello che si può considerare il fil rouge della sua ricerca e della sua missione: la mediazione tra fede e scienza. O, per meglio dire, il muoversi a suo agio in un campo come nell’altro, giacché – in questo rivelandosi un acuto precursore – per il "gesuita proibito" (così Giancarlo Vigorelli, nel 1963, intitolò un libro a lui dedicato) l’integrarsi reciproco, lungi da qualsiasi tensione e contraddizione, dell’una e dell’altra fu sempre un fatto limpido ed evidente.

 Addentrarsi nei misteri delle galassie oppure dei primordi dell’umanità rendeva sempre più chiara allo scienziato, prima ancora di consacrarsi sacerdote nel 1911, la presenza di Dio nella natura e nel cosmo, sin dai tempi della determinante "esperienza egiziana". Giovanissimo professore di fisica e chimica al collegio gesuita del Cairo, di fronte alle gloriose vestigia di una delle più antiche civiltà della storia, quella egizia, scriveva: «Nel mondo, è il Cristo che si completa... Come in un’estasi, mi sono sentito gettato in Dio da tutta la natura».

              Il complesso pensiero del sacerdote scienziato

Per padre Teilhard l’unica scienza possibile è quella che «aiuta a scoprire la crescita dell’universo». La materia organica ha un volto interno e uno esterno: la "fisi" e la "psiche", mentre l’intera vicenda cosmica è caratterizzata da un dinamismo irreversibile, il quale si esprime storicamente in due fasi fondamentali: la "cosmogenesi" e l’"antropogenesi". L’homo sapiens, emerso da un antropoide a lui molto vicino, rappresenta la grande svolta in quanto non solo sa, ma sa di sapere. L’uomo neolitico, sorto trentamila anni orsono, è capace di organizzare la sua vita, dispone di linguaggio e di mezzi tecnici. È il frutto di una evoluzione biologica e psicologica inarrestabile, irreversibile, teleologica, e da allora si può parlare di una "stoffa" oscuramente autocosciente della natura, di un crescente processo di "ominizzazione" della materia vivente.

Proprio in quanto "essere pensante", l’homo sapiens ha potuto pervenire al dominio su tutte le forze della natura. L’uomo è il punto di arrivo di tale processo evolutivo, peraltro già portatore di ulteriori sviluppi. In costante evoluzione, negli ultimi secoli a ritmi sempre più accelerati, è in particolare la coscienza dei singoli individui, al punto da avvolgere la terra come una "noosfera", tanto che Teilhard vede lo spirito destinato a staccarsi gradualmente dalla realtà, arrivando addirittura a liberare l’uomo dai limiti dello spazio e del tempo. Meta ultima di tale cammino non potrà che essere il "riassorbimento" dell’universo in Dio e la fine dell’avventura cosmica.

Tutto ciò era già presente nell’occulto pensiero dell’Alfa, il punto di partenza, il "fiat" iniziale. Tuttavia sono occorsi milioni di anni e l’avvento di Cristo affinché il processo si compisse secondo le leggi di natura, attraverso spietate selezioni. La natura è a suo modo divina, la vita va vissuta in spirito di gioiosa accettazione e ciascun individuo è chiamato ad aprirsi all’umanità tutta, interamente assorbita nel suo ultimo destino.

              «Nelle steppe dell’Asia non ho né pane, né vino, né altare...»

 Va da sé che un’esposizione così sommaria di un pensiero complesso può lasciare perplessi, tuttavia nel saggio Il fenomeno umano, una delle opere principali di Teilhard, essa è invece «dedotta con una ricchezza di osservazioni scientifiche tale da trascinare il più riluttante lettore», come ebbe a dire Eugenio Montale. Nel 1923 Teilhard fu sospeso dall’insegnamento di geologia all’Institut Catholique di Parigi in quanto, stando ai suoi superiori, la dottrina del peccato originale risultava pesantemente annacquata nella costruzione del filosofo scienziato. Tuttavia, pur acquistando un ruolo meno rilevante rispetto al magistero tradizionale (né avrebbe potuto essere diversamente, vista l’impostazione fondamentalmente ottimistica del suo pensiero), non si può certo dire che il male – nel quale, più che un limite connaturato all’essere umano, Teilhard vedeva piuttosto un limite da superare – sia del tutto assente dalla sua costruzione.

La censura subita – certo non l’unica contro cui si sarebbe scontrato nel corso della sua esistenza – doveva segnare comunque un punto di svolta nella sua vita. Da quel momento il gesuita divenne quasi un cittadino del mondo: la Cina, la Somalia, la Mongolia, il deserto del Gobi, l’India, l’isola di Giava, la Birmania, l’Africa del Sud e infine gli Stati Uniti. «Ancora una volta, Signore, nelle steppe dell’Asia non ho né pane né vino né altare, ma io mi eleverò sopra i simboli fino alla pura maestà del Reale e vi offrirò, io vostro sacerdote, sull’altare della terra intera, la fatica e la pena del mondo». Così scriveva, colpito dall’esperienza cinese, La messe sur le monde, uno dei due capolavori elaborati nell’immenso Paese asiatico (l’altro è Le milieu divin).

 Dopo tre anni di ricerche, alla fine del 1929, fra i monti di Chou Kou Tien, Teilhard e i ricercatori della sua équipe scoprirono il cranio del "sinantropo" adulto, ossia un preciso resto fossile di individui risalenti con tutta probabilità a trecentomila anni addietro. La scoperta fu una pietra miliare della conoscenza dell’evoluzione umana. Tuttavia Teilhard non si montò certo la testa: anzi lo preoccupava l’eventualità che l’indagine sulla preistoria fissasse l’attenzione sul passato, mentre per lui la priorità assoluta spettava invece all’evoluzione e alla trasformazione. Ritornato da una spedizione nel deserto del Gobi, scriveva alla cugina Marguerite, la confidente di tutta la vita: «Il Passato mi ha rivelato la costruzione dell’Avvenire... Attraverso le società che si spostano, il mondo non procede a caso: sotto l’universale agitazione degli esseri, qualcosa si fa, senza dubbio qualcosa di celeste, ma innanzitutto di temporale. Niente è perduto, per l’uomo, della fatica dell’uomo, quaggiù, nel mondo».

              Vertiginosi viaggi del pensiero e dell’anima

 Il mondo era per Teilhard «il suono di tutti i suoni, la luce di tutte le luci», per dirla ancora una volta con Nascimbeni, il quale aggiungeva ancora: «Intorno a questa parola, "mondo", alla sua smisurata grandezza, al suo fascino indistruttibile, egli compì vertiginosi viaggi del pensiero e dell’anima. Il mondo era la schiuma sonante delle cascate dello Zambesi, davanti alle quali sostò come in estasi; il mondo era nei popoli da conoscere, nelle lingue intraducibili, nelle pietre su cui è passata tutta la storia conosciuta e sconosciuta». Al mondo lo scienziato-filosofo dedicò parole che furono poi severamente riprese dall’Osservatore Romano. Carlo Bo replicò al quotidiano vaticano che il gesuita voleva in realtà mettere in luce "il carattere attivo del mondo", affermando ancora: «Quando si dice che l’impresa del gesuita è valsa a riportare il cristiano in un mondo che gli era sfuggito da secoli e a cui sembrava inadatto, non si commette esagerazione». Com’è noto, a preoccupare tanto i suoi superiori e i custodi dell’ortodossia era quella etichetta di "Darwin cattolico" (i libri dello scienziato inglese erano all’Indice) che ben presto fu appiccicata a padre Teilhard, il quale, al di là delle tante severe censure che colpirono la sua opera, libera di circolare praticamente soltanto grazie al Vaticano II, godette pur sempre di una certa protezione da parte dell’ordine.

              Con coraggio e naturalezza affrontò temi cruciali e attuali

 In effetti, Teilhard realizza sì una brillante sintesi tra dati della scienza e pensiero teologico tradizionale, offrendo un’originale lettura cristiana di quella chiave di volta della ricerca scientifica che (col senno di poi, oggi possiamo dire, inutilmente) tanto preoccupò gli uomini di Chiesa degli ultimi due secoli, ossia il concetto di "evoluzione". Tuttavia la sua grandezza consiste proprio nell’affrontare con coraggio e naturalezza temi cruciali quali la natura del cosmo, dell’evoluzione dell’uomo e dell’essenza dell’universo, restando sempre pienamente consapevole sia della costante presenza del Dio creatore nell’universo sia della centralità di Cristo nella storia.

 Oggi i rapporti tra scienza e fede sono assai più rilassati rispetto alla prima metà del secolo scorso. La scienza ormai pare insomma lontana anni luce dall’ateismo e materialismo di impostazione positivistica e ottocentesca: molte interessanti scoperte sembrano anzi indicare con insistenza sempre maggiore la strada verso il trascendente e il divino, tanto che addirittura già si comincia a parlare di "rivoluzione scientifica". Pensiamo soltanto alla fisica quantistica, la quale spiega tra l’altro come le particelle che compongono gli atomi risultino reciprocamente correllate, come parti di un tutto. L’atomo risulta quindi misterioso e la natura non può nemmeno considerarsi "materiale", ma piuttosto "energia", che si lascia raggiungere soltanto a tentoni. Di qui l’ipotesi, attendibile sul piano scientifico, dei "mondi paralleli".

 Per dirne ancora una, il diverso assortimento della specie, stando ai biologi più informati, pare essersi costituito non già a caso, bensì seguendo un ordine ricevuto da una potenza superiore. «Mi pare del tutto naturale chiamare "Dio" questa potenza», ha scritto di recente Jean Delumenau, docente di zoologia presso il College de France, il quale tanto ha approfondito queste ricerche. E ancora, «credo in Dio perché ha mappato il genoma e sono convinto che non possa essere opera umana», dichiarò nel 2000 J. Craig Venter, lo scienziato balzato ai vertici della fama mondiale in quanto padre della clamorosa scoperta.

 D’altra parte, un sondaggio condotto tra scienziati americani grosso modo nello stesso periodo rivelava che alla domanda "crede in Dio?" oltre l’ottanta per cento rispondeva: «Certo, sono uno scienziato». In tutta la grande evoluzione Teilhard ha giocato e gioca ancora un ruolo determinante.

MARINO PARODI

(Vita Pastorale 1-4-2005)

 
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RIFLESSIONI TEILHARDIANE

"  La verità non è asltro che las coerenza totale dell'Universo in rapporto ad ogni suo punto.  Perchè dovremmo mai avere in sospetto o sottovalutare tale coerenza, per il solo fatto che siamo noi stessi gli osservatori?  Si continua ad opporre una certa illusione antropocentrica a una certa realtà obiettiva.  E' una distinzione illusoria.  La verità dell'Uomo è la verità dell'Universo per l'Uomo, cioè sempliceemente,  la Verità "   

                                                                                                                                                          

 

" Senza che si possa dire per ora in quali termini esatti, ma senza che vanga perduto un solo frammento del dato, sia rivelato che definitivamente dimostrato, sul problema scottante delle origini umane, l'accordo si farà senza sforzo, a poco a poco, tra la Scienza e il Dogma.  Intanto, evitiamo di respingere anche il minimo raggio di luce, sia da una parte che dall'altra.  La fede ha bisogno di tutta la verità". (da Les Hommes fossiles, marzo 1921) 
 
" Inventariare tutto, provare tutto, capire tutto. Ciò che è in alto, più lontano di quanto è respirabile, e  ciò che è in basso, più profondo della luce.  Ciò che si perde nelle distanze siderali, e ciò che si dissimula sotto gli elementi... Il sole si alza in avanti... Il Passato è una cosa superata...  La sola scoperta degna dei nostri sforzi è come costruire l'Avvenire". (La découverte du passé, 5 settembre 1935)
 

"...Si potrebbe dire che oggi, come ai tempi di Galileo, ciò che più occorre per percepire la Convergenza dell'Universo, non è tanto la scoperta di fatti nuovi (ne siamo accerchiati, da restarne accecati) quanto un modo nuovo di guardare e accettare i fatti.

Un nuovo modo di vedere, connesso con un nuovo modo di agire: ecco ciò di cui abbiamo bisogno...  Dobbiamo prendere posizione e metterci all'opera, presto-subito " (La Convergence de l'Univers,23 luglio 1951)

 
"  Chiniamoci dunque con rispetto sotto il soffio che gonfia i nostri cuori per le ansie e le gioie di "tutto tentare e di tutto trovare".  L'onda  che sentiamo passare non si è formata in noi stessi.  Essa giunge a noi da molto lontano, partita contemporaneamente alla luce delle prime stelle.  Essa ci raggiunge dopo aver creato tutto lungo il suo cammino.  Lo spirito di ricerca e di conquista è l'anima permanente dell'Evoluzione" (Il Fenomeno Umano 1940)
 

" ...Sento, come chiunque altro, quanto sia grave per l'Umanità il momento che stiamo attraversando...  E tuttavia un istinto, che si è sviluppato al contatto con il grande Passato della Vita, mi dice che la salvezza per noi è nella direzione stessa del pericolo che ci spaventa tanto...  Come viaggiatori presi nel flusso di una corrente, vorremmo tornare indietro.  Manovra impossibile e fatale.  La nostra salvezza è più in là, oltre le rapide.  Nessun ripiegamento. Ma una mano sicura al timone, e una buona bussola..." ( Esquisse d'un Universe personnel, 4 maggio 1936) 

 
" L'Energia diventa Presenza...  Sembrerebbe che un solo  raggio di una tale luce, cadendo come una scintilla in qualsiasi punto della Noosfera, dovesse provocare un'esplosione abbastanza forte da incendiare e rinnovare quasi di colpo la faccia della Terra. Allora, come è possibile che, guardando attorno a me, è ancora tutto inebriato di ciò che mi è apparso, io mi trovi pressochè solo della mia specie?  Solo ad aver "visto"?...  Incapace, quindi, quando me lo si chiede, di citare un solo autore, un solo testo, in cui si riconosca, chiaramente espressa, la meravigliosa "Diafania" che, per il mio sguardo, ha trasfigurato tutto ?"  (Le Christique, marzo 1955) 
 
....IN QUESTA APERTURA VERSO QUALCHE COSA CHE SFUGGE ALLA MORTE TOTALE, L'EVOLUZIONE E' LA MANO DI DIO CHE CI RICONDUCE A  LUI . ( La Biologie, poussee à fond,peut-elle nous  conduire à èmerger dans le transcendant?  Maggio 1951)
 

Di colui che pronuncerà queste parole nell'Aeropago, ci si burlerà come d'un sognatore e lo si condannerà. "Il senso comune lo vede, e la scienza lo verifica: nulla si muove", dirà un primo Saggio. "La filosofia lo decide: nulla può muoversi", dirà un secondo Saggio.  "La religione lo proibisce: nulla si muova", dirà un terzo Saggio. Trascurando questo triplice verdetto, "colui che ha visto" lascerà la piazza pubblica, e tornerà nel seno della Natura ferma e profonda. Là, immergendo lo sguardo nell'immensa ramificazione che lo sorregge e i cui rami si perdono molto lontano al di sotto di lui, in mezzo all'oscuro Passato, egli colmerà ancora una volta la sua anima della contemplazione e del sentimento d'un moto unanime e ostinato, inscritto nella successione degli strati morti e nella distribuzione attuale di tutti i viventi. -Volgendo allora lo sguardo al di sopra di lui, verso gli spazi preparati per le nuove creazioni, egli si consacreà corpo e ed anima, con fede rinsaldata, a un Progresso che trascina e spazza via persino coloro che non ne vogliono sapere. E, con tutto il suo essre fremente di ardonre religioso, lascerà salire alle proprie labbra, verso il Cristo già risorto ma ancora imprevedibilmente grande, questa invocazione, sommo omaggio di fede e d'adorazione: "Deo ignoto" [Al Dio ignoto] (L'avenir de l'homme, note sur le Progrès, 10 agosto 1920, Le Seuil, pp. 35-37)

 

" Adesso che, attraverso tutte le vie dell'esperienza, l'Universo comincia a crescere fantasticamente ai nostri occhi è ceramente giunta l'ora per il Cristianesimo di destarsi ad una consapevolezza precisa di ciò che il dogma dell'Universalità di Cristo, trasposto in quelle nuove dimensioni, suscita di speranze pur sollevando al tempo stesso certe difficoltà.

Speranze, certo, poichè, se il Mondo diventa così formidabilemte vasto e potente, vuol dire che il Cristo è ancor ben più grande di quanto noi pensassimo.

Ma le difficoltà, poichè, alla fin fine, come concepire che il Cristo s'"immensifichi" secondo le esigenze del nostro nuovo Spazio-Tempo senza simultaneamente, perdere la sua personalità adorabile e, in qualche modo, volatilizzarsi?

Ed è qui che risplende la stupenda e liberatrice armonia tra una religione di tipo cristico e un'Evoluzione di tipo convergente (Le Cristique, 1955)

 

" Nel Cuore della Materia.

   Un Cuore del  Mondo,

    Il Cuore d' un Dio"

        (da Le  Coeur de laMatiere, 30 ottobre 1950)

 
" Nella peggiore delle ipotesi, se ogni possibilità futura di parlare e di scrivere si chiudesse davanti a me, mi rimarrebbe, con l'aiuto di Gesù, quella di compiere questo gesto, affermazione e somma testimonianza della mia fede: scomparire,m inabissarmi in uno spirito di Suprema Comunione con le forze  cristiche  dell'Evoluzione  (da Note di esercizi spirituali, 22 ottobre 1945) 
 
 
 

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