Il traffico scorreva inesorabile come se non fosse causato dagli umani, ma un elemento a sé. Veicoli di ogni genere da quattro direzioni confluivano nel grande rondò presso il bar della Rita. L'autista di un grosso camion aspettava che il flusso di mezzi proveniente dalla sua sinistra avesse una pausa, aspettava impaziente, finchè il momento propizio per immettersi nella rotatoria arrivò: diede una forte accelerata, il rombo del grosso motore fu inghiottito dal caos generale e il camion, enorme, si mise in movimento con uno scatto in avanti nervoso. Una grossa nube nera di carburante bruciato si levò dal suo retro, si estese densa fino a investire le due autovetture in coda, si aprì in un vortice di mulinelli neri che si espandevano, si autoriproducevano, si alimentavano come se la nube fosse un elemento a sé, arrivò ad espandersi alla sua massima estensione, ascese al cielo, andò a stratificarsi nel cielo a strati, raggiunse salendo quelli più sottili e delicati, e su su ancora fino a fondersi con gli strati più alti e rarefatti della biosfera. Bios si avvicinò a me, aveva una faccia stanca, trafitta da uno sciame di rughe, mi toccò la spalla con la mano, mi venne davvero vicino con il volto, voleva essere sicuro che sentissi ciò che stava per dirmi, si aprì nel suo volto polveroso la ferita tra le sue labbra gonfie e disse: Nostra Madre presto morirà, gli umani ignari continueranno a cantare.Entrai nella stanza d'ospedale dove Bios era ricoverato. Era sveglio, disteso nel letto, uno strato di cuscini candidi gli tenevano il busto alzato. Aveva il naso completamente steccato, l'occhio sinistro completamente fasciato: dove finiva la garza medica s'intravedeva ancora un ematoma violaceo. Dovettero operarlo, il bordo del boccale di vetro, che Van Gogh impugnava quando gli diede quel pugno, gli aveva sfondato la retina lacerandola. Lui era tranquillo e sorrideva. Dalla finestra alla sua destra entrava una luce gloriosa che illuminava ancor più il suo sorriso. Aveva in testa il pennacchio dei suoi capelli che tendeva tutto da una parte curiosamente. Forse una infermiera aveva provato a pettinarlo. Attorno al suo letto un gruppo di bambini che lui conosceva. Più indietro si tenevano le madri perché lui aveva chiesto che lasciassero avvicinare i bambini. Pasqualino, il primo della fila sul lato sinistro del letto, teneva la sua manina dentro quella di Bios e si sentiva orgoglioso per avere quel privilegio. Sul bianco copriletto c'erano i doni che i bambini gli portarono: c'erano tre fiori, un animaletto di pietra, un foglio con una scritta grande rossa, cioccolatini e caramelle, numerosi disegni fatti da loro, in uno si vedeva Bios con lo zainetto sulle spalle, un parruccone in testa, un fiore nella mano destra, un aquilone legato al suo polso sinistro che volava in alto, alberi e casette sullo sfondo, una schiera di bambini in fila indiana che lo seguivano, e nella parte bassa la scritta ECCO BIOS! con le singole lettere colorate di un colore diverso. Sul lato destro del letto, la prima della fila era la piccola Bruna: reggeva in mano davanti a sé un foglio e si stava apprestando a leggere una poesia che i bambini avevano scritto per lui. Con voce seria pregò tutti i presenti di mantenersi in silenzio per non disturbare la lettura del testo e poi cominciò:
Bios V
Il traffico scorreva inesorabile come se non fosse causato dagli umani, ma un elemento a sé. Veicoli di ogni genere da quattro direzioni confluivano nel grande rondò presso il bar della Rita. L'autista di un grosso camion aspettava che il flusso di mezzi proveniente dalla sua sinistra avesse una pausa, aspettava impaziente, finchè il momento propizio per immettersi nella rotatoria arrivò: diede una forte accelerata, il rombo del grosso motore fu inghiottito dal caos generale e il camion, enorme, si mise in movimento con uno scatto in avanti nervoso. Una grossa nube nera di carburante bruciato si levò dal suo retro, si estese densa fino a investire le due autovetture in coda, si aprì in un vortice di mulinelli neri che si espandevano, si autoriproducevano, si alimentavano come se la nube fosse un elemento a sé, arrivò ad espandersi alla sua massima estensione, ascese al cielo, andò a stratificarsi nel cielo a strati, raggiunse salendo quelli più sottili e delicati, e su su ancora fino a fondersi con gli strati più alti e rarefatti della biosfera. Bios si avvicinò a me, aveva una faccia stanca, trafitta da uno sciame di rughe, mi toccò la spalla con la mano, mi venne davvero vicino con il volto, voleva essere sicuro che sentissi ciò che stava per dirmi, si aprì nel suo volto polveroso la ferita tra le sue labbra gonfie e disse: Nostra Madre presto morirà, gli umani ignari continueranno a cantare.Entrai nella stanza d'ospedale dove Bios era ricoverato. Era sveglio, disteso nel letto, uno strato di cuscini candidi gli tenevano il busto alzato. Aveva il naso completamente steccato, l'occhio sinistro completamente fasciato: dove finiva la garza medica s'intravedeva ancora un ematoma violaceo. Dovettero operarlo, il bordo del boccale di vetro, che Van Gogh impugnava quando gli diede quel pugno, gli aveva sfondato la retina lacerandola. Lui era tranquillo e sorrideva. Dalla finestra alla sua destra entrava una luce gloriosa che illuminava ancor più il suo sorriso. Aveva in testa il pennacchio dei suoi capelli che tendeva tutto da una parte curiosamente. Forse una infermiera aveva provato a pettinarlo. Attorno al suo letto un gruppo di bambini che lui conosceva. Più indietro si tenevano le madri perché lui aveva chiesto che lasciassero avvicinare i bambini. Pasqualino, il primo della fila sul lato sinistro del letto, teneva la sua manina dentro quella di Bios e si sentiva orgoglioso per avere quel privilegio. Sul bianco copriletto c'erano i doni che i bambini gli portarono: c'erano tre fiori, un animaletto di pietra, un foglio con una scritta grande rossa, cioccolatini e caramelle, numerosi disegni fatti da loro, in uno si vedeva Bios con lo zainetto sulle spalle, un parruccone in testa, un fiore nella mano destra, un aquilone legato al suo polso sinistro che volava in alto, alberi e casette sullo sfondo, una schiera di bambini in fila indiana che lo seguivano, e nella parte bassa la scritta ECCO BIOS! con le singole lettere colorate di un colore diverso. Sul lato destro del letto, la prima della fila era la piccola Bruna: reggeva in mano davanti a sé un foglio e si stava apprestando a leggere una poesia che i bambini avevano scritto per lui. Con voce seria pregò tutti i presenti di mantenersi in silenzio per non disturbare la lettura del testo e poi cominciò: