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La tristezza


Forse sei triste. Hai chiuso a chiave la porta di casa, ne sei sicuro, subito metti musica. Ecco proprio quel disco devi mettere, suoni sontuosi in un pomeriggio di caldo immobile dentro un santuario orientale. Una tristezza religiosa si accende nel tuo spirito come una falena, cieca. La giornata è stata densa di sentori, hai fiutato qualcosa che avverrà, non ne sei sicuro, ma sopratutto non sai cosa, e non ti lascia tranquillo. La tristezza è ormai una sfumatura della dolcezza, le cose cambiano. Ricordi quando ti faceva male davvero? E tu la ospitavi in casa. Una donna sporca, senza età, senza femminilità, una donna con gli abiti sporchi che emanavano un tanfo. Eppure, non appena bussava, le aprivi la porta. La guardavi entrare con quegli scarponi ridicoli e grossi e ogni volta ti meravigliavi di quelle scaglie di fango secco che le suole lasciavano ovunque sul tuo pavimento. Lei ti veniva a trovare spesso, poteva fermarsi per giorni interi, quando sentivi la grandezza dei tuoi giorni migliori svanire nel silenzio, quando sentivi che tutto, anche le cose inanimate, tutto, era più bello di te. Lei si sedeva sul tuo letto e tu andavi a mettere la tua testa sul suo grembo per farti carezzare dai suoi artigli. Non parlava mai, ma sentivi quello che voleva dirti. Ora fatti una doccia, esci, se lei arriva non ti troverà.