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Quando ero giovane pensavo che il 2000 fosse un bell'anno per sposarsi. Credevo anche che avrei potuto sposarmi. Ero giovane e ingenua. Avevo incollato sul diario l'immagine di un abito da sposa che mi piaceva e a distanza di vent'anni lo trovo ancora bello nella sua essenzialità. Man mano che il nuovo millennio si avvicinava l'idea di convolare a nozze si allontanava. Non mi sentivo, e non mi sento, portata. L'idea del per sempre mi intimorisce.
A trent'anni avrei voluto avere un lavoro fisso. Mi sono impegnata molto, col senno del poi direi troppo, ma raffazzonare non rientra nel mio vocabolario. L'impiego è arrivato qualche anno dopo, dalla gioia mi sono ubriacata. Con prosecco.
A quaranta mi piacerebbe pubblicare un libro. Un libercolo in proprio. Niente fama e successo, solo una piccola soddisfazione personale. L'ingenuità torna a fare capolino. Non so scrivere. Non so dilungarmi. Gli intrecci non mi riescono, neanche quelli che si facevano da bambini con l'elastico intorno alle dita. Però una fiammella si è accesa. Ieri. Il titolo ha preso forma. L'allevatore di giraffe. Dovrò pagare i diritti a Luca ed Andrea. Spero si accontentino di una macchinina e una fetta di torta.