Dunque, ho creato questo blog relativamente tardi, perche' ora mi trovo con qualche arretrato da dire.Prima di tutto, se partite per una working holiday, vi consiglio di non dire nulla a parenti, amici, conoscenti e colleghi, e non progettare il viaggio otto mesi prima come ho fatto io, perche' al momento di partire sarete gia' stufi dell'idea stessa che vi ha messi in movimento, e per nulla elettrizzati rispetto al principio. Magari avvisate gli amici; ai colleghi, visto che vi licenziate, meglio raccontare una balla per non averceli attorno con gli occhi sgranati e la bocca spalancata; ai parenti molto meglio lasciare un messaggio sul frigorifero per evitare di trovarvi zie in lacrime e foto di lontani parenti emigrati nel dopoguerra da raggiungere con altre fotografie da recapitare.Comunque pare che io ce l'abbia fatta, dopo una sosta a Dubai in un albergo lussuoso compreso nel biglietto, immerso in una notte irreale per la stanchezza che mi si era attaccata addosso mentre bevevo una cioccolata prima di andare a letto, e alle otto di mattina (circa) del 29 ottobre sono arrivato all'aeroporto di Sydney, passato il controllo passaporti e recuperato il mio bagaglio. Attraversati un paio di continenti e circa nove fusi orari, il jet lag ha cominciato a pesarmi sullo stomaco e sulla testa. In aereo mi sono visto circa otto puntate dei Simpson, Monsters & Co, Kong-fu Panda, e ascoltato da Miles Davis a Prokofiev. Sono arrivato in taxi fino al mio ostello in Victoria Street, ma essendo troppo presto per il check-in mi sono seduto ad un bar vicino per bere un te. Musica jazz. Fuori pioveva. Circa diciassette gradi, adatti a maglione e giacca. Tutto perfetto quindi. All'altro lato della strada il Piccadilly Hotel, stesso nome del primo ostello della mia prima visita a Londra qualche anno fa. L'albergo/ostello dove mi trovo non e' gran che, una sorta di bettola da film anni trenta, con due pc nel sottoscala col collegamento a internet e le tastiere sporche, incrostate come un vecchio telecomando usato troppo da una signora anziana.Oggi invece fa molto piu' caldo. Tanto che mi spaventa per i giorni a venire. Tanto che non so se lo reggero'. Tanto che sapevo, ma cosi' non immaginavo. Tanto che con la mia giacca e il mio maglioncino di ieri parevo Toto' e Peppino a Milano. Tanto che oggi sono in camicia. Tanto che mi sono rifugiato in questo internet point con l'aria condizionata pagando cinque dollari di connessione. Non e' molto, in effetti. Il costo della citta', per essere una metropoli, non e' altissimo. Direi che per alcuni aspetti potrebbe ricordare Londra, a partire dai nomi di strade, quartieri e parchi, ma con alcune evidenti differenze: il mare, il sole (anche se a volte, come ieri, piove grigio e gloomy) e le palme, il costo almeno dimezzato delle cose, cibo migliore, ma persone piui' bruttine e vestite peggio che a Londra. Sydney e' anche abbastanza sporchina, i trasporti un po' confusi, ma il quartiere a luci rosse di Victoria Street e' piu' intrigante di Soho. Sulle scale mobili si tiene la sinistra, e ci sono strani volatili nei parchi che fanno versi particolari, come se un bambino imitasse un uccello di proposito. Sydney pero' non e' elettrizzante come Londra, sofisticata come Vienna, intrigante come Stoccolma, incantevole come Roma, rilassante come una citta' norvegese, o affascinante come Varsavia. Ora (luinedi') mi spostero' a Melbourne, alla ricerca di appartamento e lavoro. Dicono tutti sia facile. Vi faro' sapere. Per ora nessuno risponde alle mie mail di contatto per l'appartamento. Staremo a vedere. Soggiornare un anno in ostello non mi pare decisamente una buona idea.Ad ogni modo, comprate il libro del mio caro amico Davide De Lucca, Duemiladuecentodiciotto, Giraldi editore.
Prime impressioni (di mercoledi')
Dunque, ho creato questo blog relativamente tardi, perche' ora mi trovo con qualche arretrato da dire.Prima di tutto, se partite per una working holiday, vi consiglio di non dire nulla a parenti, amici, conoscenti e colleghi, e non progettare il viaggio otto mesi prima come ho fatto io, perche' al momento di partire sarete gia' stufi dell'idea stessa che vi ha messi in movimento, e per nulla elettrizzati rispetto al principio. Magari avvisate gli amici; ai colleghi, visto che vi licenziate, meglio raccontare una balla per non averceli attorno con gli occhi sgranati e la bocca spalancata; ai parenti molto meglio lasciare un messaggio sul frigorifero per evitare di trovarvi zie in lacrime e foto di lontani parenti emigrati nel dopoguerra da raggiungere con altre fotografie da recapitare.Comunque pare che io ce l'abbia fatta, dopo una sosta a Dubai in un albergo lussuoso compreso nel biglietto, immerso in una notte irreale per la stanchezza che mi si era attaccata addosso mentre bevevo una cioccolata prima di andare a letto, e alle otto di mattina (circa) del 29 ottobre sono arrivato all'aeroporto di Sydney, passato il controllo passaporti e recuperato il mio bagaglio. Attraversati un paio di continenti e circa nove fusi orari, il jet lag ha cominciato a pesarmi sullo stomaco e sulla testa. In aereo mi sono visto circa otto puntate dei Simpson, Monsters & Co, Kong-fu Panda, e ascoltato da Miles Davis a Prokofiev. Sono arrivato in taxi fino al mio ostello in Victoria Street, ma essendo troppo presto per il check-in mi sono seduto ad un bar vicino per bere un te. Musica jazz. Fuori pioveva. Circa diciassette gradi, adatti a maglione e giacca. Tutto perfetto quindi. All'altro lato della strada il Piccadilly Hotel, stesso nome del primo ostello della mia prima visita a Londra qualche anno fa. L'albergo/ostello dove mi trovo non e' gran che, una sorta di bettola da film anni trenta, con due pc nel sottoscala col collegamento a internet e le tastiere sporche, incrostate come un vecchio telecomando usato troppo da una signora anziana.Oggi invece fa molto piu' caldo. Tanto che mi spaventa per i giorni a venire. Tanto che non so se lo reggero'. Tanto che sapevo, ma cosi' non immaginavo. Tanto che con la mia giacca e il mio maglioncino di ieri parevo Toto' e Peppino a Milano. Tanto che oggi sono in camicia. Tanto che mi sono rifugiato in questo internet point con l'aria condizionata pagando cinque dollari di connessione. Non e' molto, in effetti. Il costo della citta', per essere una metropoli, non e' altissimo. Direi che per alcuni aspetti potrebbe ricordare Londra, a partire dai nomi di strade, quartieri e parchi, ma con alcune evidenti differenze: il mare, il sole (anche se a volte, come ieri, piove grigio e gloomy) e le palme, il costo almeno dimezzato delle cose, cibo migliore, ma persone piui' bruttine e vestite peggio che a Londra. Sydney e' anche abbastanza sporchina, i trasporti un po' confusi, ma il quartiere a luci rosse di Victoria Street e' piu' intrigante di Soho. Sulle scale mobili si tiene la sinistra, e ci sono strani volatili nei parchi che fanno versi particolari, come se un bambino imitasse un uccello di proposito. Sydney pero' non e' elettrizzante come Londra, sofisticata come Vienna, intrigante come Stoccolma, incantevole come Roma, rilassante come una citta' norvegese, o affascinante come Varsavia. Ora (luinedi') mi spostero' a Melbourne, alla ricerca di appartamento e lavoro. Dicono tutti sia facile. Vi faro' sapere. Per ora nessuno risponde alle mie mail di contatto per l'appartamento. Staremo a vedere. Soggiornare un anno in ostello non mi pare decisamente una buona idea.Ad ogni modo, comprate il libro del mio caro amico Davide De Lucca, Duemiladuecentodiciotto, Giraldi editore.