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COSA INTENDIAMO PER ADOZIONE


In un contesto sociale in cui il rapporto genitore-figlio veniva ancora concepito sulla base del vincolo di sangue, l'adozione, che già di per se irrideva a tale vincolo era una sfida.L'adozione internazionale, che metteva in discussione anche il concetto, o meglio il pregiudizio di razza, sembrava addirittura improponibile.Oggi ci sembra che la società abbia compreso ed accettato che il rapporto padre-figlio, madre-figlio non è a senso unico e non scaturisce con automatismo da un fatto biologico.E' il "vivere per" ed il "vivere con" che crea un rapporto pieno, autentico e naturale anche fra "totalmente diversi".Siamo arrivati, però, solo al principio di un lungo discorso.Infatti, malgrado le strutture preposte alla formazione del personale e degli psicologi che si occupano della materia abbiano notevolmente insistito sull'incidenza della cultura di provenienza del bambino adottato in paese straniero, perché egli possa sentire l'appartenenza, e quindi strutturare un valido senso d'identità, purtroppo il nostro conformismo al pensiero comune della nostra propria cultura ci porta a pensare che, fatte salve le origini del bambino, è quest'ultimo che si deve inserire nella cultura che l'accoglie. E per procedere con questo presupposto, si fa coincidere il concetto di civiltà più avanzate economicamente, socialmente e produttivamente, con quello che per ottenere questi risultati, sono sicuramente migliori delle culture dei paesi stranieri più poveri.Nulla di più sbagliato.Fatte salve le regole che sono alla base di tutte le leggi e le religioni  mondiali, quali il rispetto dell'altro, la condivisione, per quanto possibile, dei beni statali e dei diritti dei singoli cittadini, molto spesso ci si dimentica che spesso culture che riteniamo primitive hanno origini antichissime e tramandano concetti fondamentali, quali quelli, ad esempio, del rispetto della natura, della negatività di aspirare alle ricchezze e al potere, della salvaguardia e dei diritti dei minori, e della competitività fine a se stessa.Non sempre le strade che vengono poste in essere dale altre culture, e che a noi sembrano assurde e contro natura, hanno solo aspetti negativi; a volte con ragionamento, a volte solo per tradizione, le azioni finalizzate ad un certo scopo che noi riteniamo inaccettabili, perché ci sembrano ledere il diritto alla libertà, poggiano invece su invisibili regole psicologiche che finiscono con l'avvantaggiare chi se neserve.Come esempio, mi permetto di discutere una prassi che da noi non verrebbe mai accettata.In India i matrimoni vengono combinati dai genitori, che provvedono ai figli giunti in età di matrimonio, accordandosi con famiglie che a loro volta propongono i propri figli. Ad un esame superficiale, dato l'orrore che in noi occidentali produce l'idea di una coppia i cui coniugi si conoscono nel giorno del matrimonio e si sposano praticamente senza conoscersi, viene immediatamente il convincimento che gli sposi, accettando un contratto matrimoniale senza amore, avranno una vita infelice di sacrifici. Io stessa, dopo circa venti anni che studio questo fenomeno in Sry Lanka, mi sono dovuta ricredere, e convincermi che nel giro di pochi mesi gli sposi si amano profondamente, e che i matrimoni durano tutta una vita, peraltro in cui civiltà dove sarebbe permesso avere anche più di una moglie, e gli uomini sono invece per scelta monogami.Dopo aver riflettuto, sono giunta alla conclusione che le famiglie, non invischiate nelle passioni di noi occidentali, che sulla base di pressioni emotive, facciamo scelte erronee, scegliendo i compagni dei figli in famiglie omogenee al loro modo di vivere, presentano a persone che non hanno la possibilità di accedere ad amicizie promiscue, soggetti adeguati al carattere di chi si deve sposare. Con la conoscenza e la condivisione del modo di pensare, quasi sempre, dopo un breve periodo, si innesta un innamoramento basato sulla complicità, il rispetto e l'accordo che dura  tutta la vita.Di questi esempi, che se semplicemente esplicitati ad un occidentale, fanno orripilare chiunque li conosca per la prima volta, ne potrei portare a centinaia, ma spero che solo questa riflessione inneschi un dibattito che possa portare frutti benefici di reali  integrazioni e di riconoscimenti da parte nostra di migliori regole di quelle che applichiamo, anche nei cosiddetti paesi sottosviluppati.Si ringrazia la dott.ssa Marilena Mohrhoff (psicologa) Presidente della EmmEmmE onlus per la gentile collaborazione prestata.Inviato da stellina_doro