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Come veder morire il Tibet


Una grande tragediache la storia rischia di dimenticare.Prendendo spunto dalla notizia apparsa ai Tg sulla uccisione di alcuni tibetani in fuga dal proprio territorio vi racconto in grandi linee cosa è successo negli ultimi 50 anni in questo stato.Il Tibet è una nazione indipendente la cui storia risale al 127 a.C., uno stato invaso 47 anni fa, nel 1950, dalla Repubblica Popolare Cinese.L'invasione e l'occupazione del Tibet è stata un atto di aggressione e una chiara violazione delle leggi internazionali. Oggi il Tibet è oppresso da una occupazione cinese, illegale e repressiva.Il Dalai Lama, capo di stato e guida spirituale del Tibet, ha tentato per otto anni di coesistere pacificamente con i cinesi, ma la sistematica conquista del territorio del Tibet e del suo popolo da parte della Cina ha provocato ripetuti atti di repressione. Il 10 marzo del 1959, la resistenza tibetana è culminata in una insurrezione nazionale contro i cinesi e con la conseguente esiliazione del Dalai Lama.Le Nazioni Unite hanno approvato tre risoluzioni sul Tibet, nel 1959, nel 1961 nel 1965, che hanno espresso seria preoccupazione per la violazione dei diritti umani e che hanno invocato : «la cessazione di pratiche che privano il popolo tibetano dei suoi fondamentali diritti umani e libertà, incluso il proprio diritto all'auto-determinazione».La Cina non ha mai risposto affermativamente e si è sempre rifiutata di iniziare i negoziati.La Cina insiste nel presentare la questione tibetana come una questione del Dalai Lama.In passato Pechino ha elaborato una proposta in cinque punti per il ritorno del Dalai Lama, ma Sua Santità stesso ha affermato che il futuro del Tibet non riguarda il Dalai Lama bensì il benessere dei sei milioni di tibetani in Tibet.Sino a quando la Cina non comprenderà i veri sentimenti e aspirazioni del popolo tibetano, sarà molto difficile trovare una soluzione soddisfacente al problema.Sono trascorsi 56 anni da allora e molti tentativi sono stati fatti per cercare di risolvere la triste situazione in cui il popolo tibetano vive sia dentro che fuori i confini del proprio paese.Il Tibet fino al 1950 era un Paese libero e con una sua identità culturale, religiosa, etnica, linguistica, territoriale e politica, che ebbe imposte con la violenta aggressione militare e l'occupazione illegale da parte della Cina un'appartenenza geopolitica ed una sovrastruttura ideologica estranea alla sua storia e cultura.Tuttavia tre importanti fattori hanno giocato e stanno interagendo nel togliere la questione tibetana dal silenzioso oblio in cui la Cina e gli interessi del ‘quieto vivere' internazionale lo avevano collocato.Da un lato la maggiore diffusione e conoscenza della peculiare cultura tibetana, inscindibile dalla filosofia buddista, con i suoi contenuti di non-violenza e tolleranza, hanno condotto, tramite il coraggioso e paziente sforzo collettivo dei tibetani in esilio ed in patria alla promozione di una crescente solidarietà internazionale e alla nascita di un movimento mondiale per il sostegno, la difesa e la salvezza di questa immensa ed irripetibile eredità culturale, patrimonio dell'intera umanità.Anche se non mancarono negli anni successivi all'insurrezione di massa del 1959 a Lhasa e alla violenta repressione che ne seguì le risoluzioni dell'ONU deploranti le manifeste violazioni dei diritti e delle libertà fondamentali del popolo tibetano ed a sostegno del suo diritto all'autodeterminazione è soprattutto dalla fine degli anni ‘80 e negli anni '90 che si moltiplicano le prese di posizione del Parlamento Europeo, dei parlamenti nazionali, dei diversi governi che sollecitano il rispetto dei diritti umani in Cina ed in Tibet.Per quanto riguarda il Tibet la Comunità Internazionale chiede in particolare il rispetto delle libertà religiose e del patrimonio culturale ed ambientale. Infatti in Tibet le attività religiose vengono ostacolate, l'autonomia dei monasteri buddisti è costantemente negata, nelle scuole la lingua tibetana viene progressivamente emarginata. Per coloro che non si sottomettono all'ideologia e alle direttive del regime vengono sempre più frequentemente denunciati, attraverso imprigionamenti arbitrari, torture fisiche e psichiche, condanne a morte.Cuore strategico e geografico dell'Asia, il territorio tibetano che si estende per ben 2500000 kmq ad un altitudine media di 3500-4000 m. s.l.m., ha subito deforestazioni incontrollate, sfruttamento intensivo delle miniere, è stato utilizzato come deposito di scorie atomiche e per l'insediamento di basi nucleari e missilistiche, minacciando così di rendere sempre più precario l'equilibrio ambientale e politico dell'intera regione.Durante i quaranta anni di occupazione militare cinese sono stati demoliti circa seimila monasteri, templi e monumenti artistici, mentre negli ultimi anni le ruspe hanno stravolto e appiattito la fisionomia urbana della capitale, Lhasa, distruggendone quasi completamente l'antico centro storico.Nel tentativo di assimilare definitivamente il Tibet, la Cina porta avanti una politica di trasferimento di coloni cinesi che ha reso i tibetani una minoranza nel loro stesso territorio.La Comunità Internazionale democratica, l'Europa, gli Stati Uniti, mandano un messaggio alla Cina che può riassumersi nel modo seguente: pur rispettando quel grande e sovrappopolato Paese che è la Cina, la cui partecipazione è essenziale non solo all'equilibrio politico, ma anche all'assetto economico e finanziario mondiale, insistiamo affinché la Cina si impegni a rispettare i diritti umani fondamentali e avvii urgentemente un dialogo con il Dalai Lama ed il governo tibetano, eletto democraticamente in esilio, per una soluzione pacifica e giusta della questione tibetana.Nel dialogo che il Dalai Lama, temporaneo portavoce politico dei tibetani, porta avanti purtroppo ancora a distanza con le autorità cinesi, va sottolineato un nuovo elemento, quello della mutualità tra il popolo cinese e quello tibetano.In un momento in cui tragicamente viviamo problemi che nel fondo hanno la stessa matrice, è necessario operare affinché le parole del Dalai Lama, ovvero la ricerca della comprensione e della reciproca convenienza tra le parti, si traducano nell'unico metodo politicamente possibile per porre fine ai drammi e alle ingiustizie che affliggono il pianeta.Per concludere va riconosciuto il ruolo esemplare della lotta non violenta dei tibetani, un popolo che non ha mai fatto ricorso al terrorismo e non incrementa il mercato internazionale delle armi in quanto mantiene, alla base della sua visione della vita, la comprensione dell'interdipendenza globale e la pratica della responsabilità universale.di: ladeadeiventi