Dal Resto del Carlino:Rimini, 23 ottobre 2008 - Un’inchiesta antimafia che
parte da uno dei più famosi ristoranti romani e arriva fino in Riviera.
Il legame è un noto imprenditore nostrano che tra ristorazione e locali
notturni conta oltre venti società. E anche su di lui, i carabinieri
dei Ros della Capitale stanno andando a fondo, essendo uno dei quattro
soci proprietari del locale romano, frequentato da vip e parlamentari.
Altri due, dicono, sono calabresi e l’'odore' di ’ndrangheta e di
Casalesi era così forte che la procura di Roma ha chiesto il sequestro
preventivo del ristorante, in virtù della normativa antimafia che
consente di far scattare i sigilli, nel caso ci sia il sospetto che
dietro beni o flussi di denaro si nasconda la criminalità organizzata.
I giudici decideranno il prossimo 20 novembre, nel frattempo, gli
‘approfondimenti’ dei Ros andranno avanti.Nella Capitale, l’attività delle cosche calabresi
non sarebbe una novità. Una n’drangheta che via via che sale la
Penisola, non minaccia, ma compra. E per farlo, dicono, si serve di
imprenditori e professionisti locali, alcune volte ignari di chi hanno
di fronte, altre volte invece conniventi, o quanto meno volutamente
ciechi e sordi. Nel caso dell’imprenditore riminese, è ancora tutto da
stabilire. Senza contare che già una volta i giudici avevano respinto
la richiesta di sequestro preventivo del ristorante presentato dalla
Procura.Questa volta potrebbe andare diversamente,
soprattutto per le centinaia di pagine presentate dal pubblico
ministero romano, in cui, oltre alle cifre, comparirebbe anche il
profilo, inequivocabile, di uno dei soci in particolare, del quale i
carabinieri avrebbero documentato incontri quantomeno sospetti. La
conclusione degli inquirenti, quindi, è che il locale sia stato
utilizzato per riciclare denato sporco proveniente naturalmente dal Sud.I legami ipotizzati, sarebbero quelli con il clan
Pelle-Vottari, a cui appartenevano i sei morti ammazzati a Duisburg,
nell’agosto del 2007. Al punto che l’inchiesta romana andrebbe quasi di
pari passo con quella della Distrettuale antimafia di Reggio Calabria.
Nella Capitale, sarebbero almeno una ventina gli acquisti di alberghi,
ristoranti e negozi su cui stanno investigando. Immobili in molti casi
acquistati a tempo di record, e magari per cifre superiori al loro
valore reale. Uno, appunto, sarebbe quello del noto locale che vede tra
i quattro proprietari anche il riminese. L’inchiesta dei Ros resta per
ora riservatissima e non ci sarebbe alcun indagato. Condizione non
necessaria, con la normativa antimafia, per consentire alle forze
dell’ordine di mettere i sigilli, in vista della confisca, alla ‘roba’.al. na.