Da Vanity Fair del 9 settembre 2009RU486Sono rimasta incinta a 21 anni, vivevo in Francia, e quando sono andata dalla ginecologa mi ha spiegato la possibilità di intervenire con una pillola anzichè con un intervento chirurgico. Ma questo ha semplificato e banalizzato la mia scelta, come a torto molti sostengono: ho riflettutto a lungo, parlato con il mio compagno e i miei cari, fatto domande, cercato di capire quale fosse la strada giusta. L'aborto è una scelta penosa, mi sembra riduttivo misurarne il peso basandosi solo sul modo in cui viene portata a termine. Sono contenta di non aver vissuto quest'esperienza in Italia: perchè ho trovato una ginecologa che mi ha spiegato con serenità tutte le possibilità che avevo; perchè quando al momento di prendere la prima pillola il medico mi ha vista in lacrime mi ha detto di tornare dopo qualche giorno e mi ha offerto la possibilità di parlare con uno psicologo; perchè al momento del ricovero non sono stata trattata come un'assassina; e perchè credo che sia un'ingiustizia rendere l'interruzione di gravidanza più invasiva e dolorosa di quanto sia necessario. Abbiamo il diritto di scegliere: vorrei che anche in Italia potessimo farlo.FLAVIADonne che odiano le donneStudio Legge a Padova ma, nonostante le borse di studio e i lavoretti (vengo da una famiglia non certo benestante), non sono ancora riuscita a laurearmi. Ho un'esperienza pluriennale come impiegata. Ho rimandato il matrimonio per anni. Quando mi sono sposata, ho rinunciato al congedo matrimoniale per dare una dimostrazione di serietà alla ditta per cui lavoravo come precaria con la promessa di lavoro a tempo indeterminato. Risultato: a casa. Ho rinunciato ai figli perchè aspettavo di poter offrire loro una stabilità economica e una madre soddisfatta di sè anche come lavoratrice. Ora mi sono "rotta". Mi sono stufata degli uomini che ai colloqui, con o senza fede al dito, ti guardano e ti hanno già scartato perchè sei in età da figli: meglio un incapace che una potenziale futura madre. Ne ho le scatole piene dei selezionatori che, dopo averti visto superare brillantemente i test, partono con la battutina:"Ma tra qualche hanno, una volta avuto il lavoro fisso, un figlio lo vorrà, o no?". Ma la cosa che più mi ferisce sono i colloqui con le dirigenti DONNE che scrutano i curricula soddisfatte e poi: "Ma figli no?". Che delusione. Avere insieme figli e lavoro è un lusso: è questo il messaggio, e poi ci si lamenta se nascono meno bambini. Avere un lavoro e diventare madri è possibile? Dove sono le leggi a tutela di noi donne? E questo sarebbe un Paese evoluto?NADIA F.
Donne
Da Vanity Fair del 9 settembre 2009RU486Sono rimasta incinta a 21 anni, vivevo in Francia, e quando sono andata dalla ginecologa mi ha spiegato la possibilità di intervenire con una pillola anzichè con un intervento chirurgico. Ma questo ha semplificato e banalizzato la mia scelta, come a torto molti sostengono: ho riflettutto a lungo, parlato con il mio compagno e i miei cari, fatto domande, cercato di capire quale fosse la strada giusta. L'aborto è una scelta penosa, mi sembra riduttivo misurarne il peso basandosi solo sul modo in cui viene portata a termine. Sono contenta di non aver vissuto quest'esperienza in Italia: perchè ho trovato una ginecologa che mi ha spiegato con serenità tutte le possibilità che avevo; perchè quando al momento di prendere la prima pillola il medico mi ha vista in lacrime mi ha detto di tornare dopo qualche giorno e mi ha offerto la possibilità di parlare con uno psicologo; perchè al momento del ricovero non sono stata trattata come un'assassina; e perchè credo che sia un'ingiustizia rendere l'interruzione di gravidanza più invasiva e dolorosa di quanto sia necessario. Abbiamo il diritto di scegliere: vorrei che anche in Italia potessimo farlo.FLAVIADonne che odiano le donneStudio Legge a Padova ma, nonostante le borse di studio e i lavoretti (vengo da una famiglia non certo benestante), non sono ancora riuscita a laurearmi. Ho un'esperienza pluriennale come impiegata. Ho rimandato il matrimonio per anni. Quando mi sono sposata, ho rinunciato al congedo matrimoniale per dare una dimostrazione di serietà alla ditta per cui lavoravo come precaria con la promessa di lavoro a tempo indeterminato. Risultato: a casa. Ho rinunciato ai figli perchè aspettavo di poter offrire loro una stabilità economica e una madre soddisfatta di sè anche come lavoratrice. Ora mi sono "rotta". Mi sono stufata degli uomini che ai colloqui, con o senza fede al dito, ti guardano e ti hanno già scartato perchè sei in età da figli: meglio un incapace che una potenziale futura madre. Ne ho le scatole piene dei selezionatori che, dopo averti visto superare brillantemente i test, partono con la battutina:"Ma tra qualche hanno, una volta avuto il lavoro fisso, un figlio lo vorrà, o no?". Ma la cosa che più mi ferisce sono i colloqui con le dirigenti DONNE che scrutano i curricula soddisfatte e poi: "Ma figli no?". Che delusione. Avere insieme figli e lavoro è un lusso: è questo il messaggio, e poi ci si lamenta se nascono meno bambini. Avere un lavoro e diventare madri è possibile? Dove sono le leggi a tutela di noi donne? E questo sarebbe un Paese evoluto?NADIA F.