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GABRIELE D'ANNUNZIO

Post n°2030 pubblicato il 17 Marzo 2019 da blogtecaolivelli

Partecipazione alla prima guerra mondiale (1915-1918)

Nel 1915 ritornò in Italia, dove rifiutò la cattedra di letteratura

 italiana che era stata di Pascoli; condusse immediatamente

 un'intensa propaganda interventista, inneggiando al mito di

 Roma e delRisorgimento e richiamandosi alla figura di 

Giuseppe Garibaldi.

Il discorso celebrativo che D'Annunzio pronunciò a Quarto il

 5 maggio 1915 durante l'inaugurazione del monumento ai Mille,

in seno alle imponenti manifestazioni che si svolsero a Genova in

occasione delle celebrazioni del Primo Maggio, segnò l'inizio di un

fitto programma di manifestazioni interventiste, che culminarono

 con le arringhe tenute a Roma durante tutto il periodo antecedente

 l'entrata in guerra, durante le cosiddette "radiose giornate di maggio".

 Con lo scoppio del conflitto con l'Austria-Ungheria, D'Annunzio,

 nonostante avesse 52 anni, ottenne di arruolarsi come

 volontario di guerra nei Lancieri di Novara, partecipando subito

 ad alcune azioni dimostrative navali e aeree.

Per un periodo risiedette a Cervignano del Friuli e 

Santa Maria la Longa, località vicine al Comando della

 III Armata, a capo della quale era il suo estimatore 

Emanuele Filiberto di Savoia, Duca d'Aosta.

La sua attività in guerra fu prevalentemente propagandistica,

 fondata su continui spostamenti da un corpo all'altro come

 ufficiale di collegamento e osservatore.

Ottenuto il brevetto di Osservatore d'aereo, nell'agosto 1915

effettuò un volo sopra Trieste insieme al suo comandante e

carissimo amico Giuseppe Garrassini Garbarino, lanciando

 manifesti propagandistici; nel settembre 1915 partecipò a

 un'incursione aerea su Trentoe nei mesi successivi, sul fronte

 carsico, a un attacco lanciato sul monte San Michele nel

quadro delle battaglie dell'Isonzo. Il 16 gennaio del 1916, a

seguito di un atterraggio d'emergenza, nell'urto contro la

 mitragliatrice dell'aereo riportò una lesione all'altezza della

tempia e dell'arcata sopracciliare destra.

 La ferita, non curata per un mese, provocò la perdita

dell'occhio che tenne coperto da una benda; anche da

questo episodio trasse ispirazione per autodefinirsi e

autografarsi come l'Orbo veggente. Dopo l'incidente

passò un periodo di convalescenza a Venezia, durante

 il quale, assistito dalla figlia Renata, compose il Notturno.

L'opera, interamente dedicata a ricordi e riflessioni legati

 all'esperienza di guerra, fu pubblicata nel 1921.

 Dopo la degenza, contro i consigli dei medici, tornò al fronte:

 nel settembre 1916 partecipò a un'incursione su Parenzo e,

nell'anno successivo, con la III Armata, alla conquista del 

Veliki e al cruento scontro presso le foci del Timavo nel

corso della decima battaglia dell'Isonzo.

Nell'agosto del 1917 compì, con i piloti Maurizio Pagliano e 

Luigi Gori e il loro Caproni Ca.33, decorato con l'Asso di Picche,

 tre raid notturni su Pola (3, 5 e 8 agosto).

Alla fine del mese effettuò col medesimo equipaggio

attacchi a volo radente sulla dorsale dell'Hermada, riportando

 una ferita al polso e rientrando con il velivolo forato da 134 colpi.

 A settembre parve realizzarsi la possibilità di effettuare

l'agognato raid su Vienna. A tal fine, con Pagliano e Gori

compì un volo dimostrativo di 1000 km in 9 ore di volo, ma

 all'ultimo istante il consenso al raid venne negato.

 Alla fine di settembre si trasferì a Gioia del Colle (BA),

 inquadrato sempre con Pagliano e Gori, oltre al tenente 

Ivo OlivetiCasimiro ButtiniGino LisaMariano D'Ayala Godoy,

 Andrea Bafile e il corrispondente di guerra del Corriere della Sera

 Guelfo Civinini, nel Distaccamento A.R., comandato dal maggiore

 Armando Armani, suiCaproni Ca.33 e al comando della

 1ª Squadriglia bis, per compiere una missione sulle installazioni

 navali del golfo di Cattaro. L'impresa venne portata a termine

 con successo, sempre con Pagliano e Gori, la notte del 4 ottobre,

 volando per oltre 500 km sul mare, senza riferimenti,

orientandosi con la bussola e le stelle

Alla fine di ottobre, durante la battaglia di Caporetto, incitò i

soldati, pronunciando discorsi appassionati.

 Nel febbraio del 1918, imbarcato sui MAS 96 della Regia Marina,

 partecipò al raid navale, denominato la beffa di Buccari, azione

 dedicata alla memoria dei suoi compagni di volo Pagliano e Gori,

caduti il 30 dicembre.

Cazzullo riporta un episodio in cui il poeta cercò di impegnare

 truppe italiane per un'operazione puramente dimostrativa volendo

 posizionare un enorme tricolore sul castello di Duino, situato

 oltre il fronte, in direzione di Trieste.

 Quando gli austriaci, accortisi dell'incursione, aprirono il fuoco

 uccidendo diversi soldati italiani, D'Annunzio forzò i fanti rimasti

ad avanzare comunque, ordinando agli artiglieri di sparare su

 chi si fosse arreso e additando i superstiti che fuggivano come codardi.

L'11 marzo 1918, con il grado di maggiore, assunse il comando

 della 1ª Squadriglia navale S.A. del campo volo di San Nicolò

del Lido di Venezia, primo esperimento di siluranti aeree, chiamata

Squadra aerea San Marco, e ne coniò il motto: Sufficit Animus 

("Abbastanza anima"). Tale squadriglia era mista, in quanto

 formata da aeroplani da ricognizione-bombardamento

(velivoli SIA 9B - 4 velivoli nel 1º semestre 1918 e 7 velivoli

nel 2º semestre 1918) e da ricognizione/caccia (10 velivoli Ansaldo S.V.A.).

Nell'agosto del 1918, alla guida della 87ª Squadriglia aeroplani

 "Serenissima", equipaggiata con i nuovi velivoli SVA 5, realizzò

il suo sogno: il Volo su Vienna. Preso posto su uno SVA modificato,

 pilotato dal capitano Natale Palli, il 9 agosto raggiunse con

una formazione di sette aeroplani la capitale asburgica,

 compiendo un volo di oltre 1000 km, quasi tutti sorvolando

 il territorio in mano al nemico. L'azione, dal carattere esclusivamente

 psicologico e propagandistico, fu caratterizzata dal lancio di migliaia

di manifestini nei cieli di Vienna, con scritte che inneggiavano alla

 pace e alla fine delle ostilità. L'eco e la risonanza di tale azione

 furono enormi e perfino il nemico dovette ammetterne il valore.

 Fino al termine del conflitto, D'Annunzio si prodigò in innumerevoli

 voli di bombardamento sui territori occupati dall'esercito austriaco,

fino alla battaglia finale, ai primi di novembre 1918.

Al termine del conflitto «egli apparteneva di diritto alla generazione

degli assi e dei pluridecorati...»[  e il coraggio dimostrato, unitamente

 ad alcune celebri imprese di cui era stato protagonista, ne

consolidarono ulteriormente la popolarità.

Si congedò con il grado di tenente colonnello, inusuale, all'epoca,

 per un ufficiale di complemento (ebbe tre promozioni per merito di

guerra); gli verrà anche concesso nel 1925 il titolo onorario di 

generale di brigata aerea. Fu insignito di una 

medaglia d'oro al valor militare, cinque d'argento e una di bronzo.

Nell'immediato dopoguerra D'Annunzio si fece portatore di un

vasto malcontento, insistendo sul tema della "vittoria mutilata"

e chiedendo, in sintonia con il movimento dei combattenti, il

 rinnovamento della classe dirigente in Italia.

Lo stesso clima di malcontento portò all'ascesa di Benito Mussolini,

 che di qui al 1922 avrebbe condotto il fascismo a

prendere il potere in Italia.

Durante il conflitto D'Annunzio conobbe il poeta 

giapponese Harukichi Shimoi, arruolatosi negli Arditi 

dell'esercito italiano.

 Dall'incontro dei due poeti-soldati nacque l'idea, promossa

 a partire dal marzo 1919, del raid aereo Roma-Tokyo,

ovviamente pacifico, a cui il Vate voleva inizialmente partecipare,

e che fu portato a termine dall'aviatore Arturo Ferrarin.

L'impresa di Fiume (1919-1921)

 

Nel settembre 1919 D'Annunzio, insieme ad un gruppo

 paramilitare, guidò una spedizione di "legionari", partiti

da Ronchi di Monfalcone (ribattezzata, nel 1925

Ronchi dei Legionari in ricordo della storica impresa),

per l'occupazione della città di Fiume, che le potenze

alleate vincitrici non avevano assegnato all'Italia.

 Con questo gesto D'Annunzio raggiunse l'apice del processo

 di edificazione del proprio mito personale e politico.

A Fiume, occupata dalle truppe alleate, già nell'ottobre

 1918 si era costituito un Consiglio nazionale che propugnava

l'annessione all'Italia, di cui fu nominato presidente Antonio Grossich.

D'Annunzio con una colonna di volontari (tra i quali vi era

anche Silvio Montanarella, marito della figlia Renata) occupò

 Fiume e vi instaurò il "Comando dell'Esercito italiano in

Fiume d'Italia". Il 5 ottobre 1920 aderì al Fascio di combattimento di Fiume.

D'Annunzio, che era anche comandante delle 

Forze Armate Fiumane, e il suo governo vararono tra

 l'altro la Carta del Carnaro, una costituzione provvisoria,

 scritta dal sindacalista rivoluzionario Alceste de Ambris e

 modificata in parte da D'Annunzio stesso, che prevedeva,

 assieme alle varie leggi applicative e regolamenti varati,

numerosi diritti per i lavoratori, le pensioni di invalidità,

 l'habeas corpus, il suffragio universale maschile e femminile,

la libertà di opinione, di religione e di orientamento sessuale,

 la depenalizzazione dell'omosessualità, del nudismo e dell'uso

di droga, la funzione sociale della proprietà privata,

 il corporativismo, le autonomie locali e il risarcimento degli

errori giudiziari, il tutto molto tempo prima di altre carte

costituzionali dell'epoca.

Alle 9 corporazioni originarie ne aggiunse una decima,

 costituita dai cosiddetti "uomini novissimi".

Gli articoli XLIII e XLIV delineano la figura di un "Comandante"

(lo stesso D'Annunzio), eletto con voto palese, una sorta di

 dittatore romano, attivo per il tempo di guerra, che detiene

 "la potestà suprema senza appellazione" e "assomma tutti

i poteri politici e militari, legislativi ed esecutivi. I partecipi del

Potere esecutivo assumono presso di lui officio di segretarii e

 commissarii."

Alcuni sostengono che D'Annunzio avesse usato mezzi

repressivi per il governo di Fiume, i quali precorsero quelli

 poi usati dai fascisti.

 È diffusa l'opinione che l'uso dell'olio di ricino come

strumento di tortura e punizione dei dissidenti sia stato

 introdotto proprio dai legionari di D'Annunzio, poi fatto

proprio e reso famoso dallo squadrismo fascista.

Altri sostengono invece che l'esperienza non ebbe

connotati solo nazionalistici, ma anche liberali e libertari 

piuttosto netti, e che il poeta non avesse intenzione di

costituire un governo personale, ma solo un governo

d'emergenza con possibilità di sperimentazione di diverse

 idee, aggregate in un programma politico unico grazie

 al suo carisma. Prima della fine dell'esperienza fiumana,

la Reggenza del Carnaro sarà il primo Stato indipendente

al mondo - anche se auto proclamato e non ufficiale -

a riconoscere nel 1920 la legittimità della

 Repubblica Socialista Federativa Sovietica Russa che

nel 1923, unendosi alle altre repubbliche federali ad

 essa subordinate, sorte sulle ceneri dell'Impero Russo 

durante la rivoluzione d'ottobre, diverrà l'Unione Sovietica;

in cambio, i sovietici, guidati da Lenin, furono gli unici al

 mondo a riconoscere l'indipendenza statale di Fiume

 dallaJugoslavia. D'Annunzio per un certo periodo guardò

con simpatia ai bolscevichi, tanto che il 27 e il 28 maggio 

1922 ospitò al Vittoriale Georgij Vasil'jevič Čičerin, commissario 

sovietico agli affari esteri arrivato in Italia per la 

conferenza di Genova.

 
 
 
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