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Un nuovo sguardo alle rocce lunari dell'Apollo 17

Post n°2201 pubblicato il 23 Maggio 2019 da blogtecaolivelli

fonte: Le Scienze

28 marzo 2019

Un nuovo sguardo alle rocce lunari dell'Apollo 17

Nei prossimi mesi è in programma un'analisi

con tecniche all'avanguardia di un campione

di rocce lunari raccolto nel 1972 dalla missione

Apollo 17 - l'ultima a visitare la Luna e l'unica

che aveva a bordo un geologo - e rimasto

sigillato da allora.

Sarà una nuova occasione per carpire i segreti

della formazione del sistema solaredi Alexandra

Witze/Nature

planetologiaagenzie spaziali

Il prossimo anno, i curatori del Johnson Space

Center della NASA a Houston, in Texas,

indosseranno tute e guanti protettivi, entreranno

nel laboratorio high-tech che ospita la raccolta

statunitense delle rocce lunari e apriranno un

lungo tubo metallico che è rimasto sigillato dal

1972, cioè da quando gli astronauti dell'Apollo

17 lo affondarono nel terreno nella Valle Taurus

-Littrow della Luna per raccogliere campioni.

Sarà la prima volta da decenni che qualcuno

apre un campione di roccia incontaminato

raccolto dalle missioni Apollo.

"Questa dovrebbe essere considerata come una

nuova missione sulla Luna", dice Chip Shearer,

geologo dell'Università del New Mexico, che

studierà il campione usando le più recenti

tecniche di laboratorio.

Ottenere informazioni da un campione vecchio

di decenni "è in realtà una continuazione delle

missioni Apollo e un ponte verso il nostro futuro",

ha affermato il 20 marzo alla Lunar and Planetary

Science Conference di The Woodlands, in Texas.

Un nuovo sguardo alle rocce lunari dell'Apollo 17

Il geologo Harrison H. Schmitt, qui ripreso dal

comandante Gene Cernan accanto al modulo

lunare dell'Apollo 17, è stato l'unico scienziato

a partecipare alle missioni del programma

(Credit: NASA)Nuovi studi su campioni dell'era

Apollo potrebbero aiutare a definire la prossima

generazione di scoperte geologiche lunari,

hanno detto i ricercatori all'incontro.

Gli scienziati stanno usando tecniche moderne

per analizzare i 382 chilogrammi di rocce lunari

che gli astronauti raccolsero tra il 1969 e il 1972,

e si servono delle informazioni degli studi Apollo

storici e moderni per decidere la prossima serie

di siti da esplorare sulla superficie lunare.

Per puro caso, il momento è particolarmente

opportuno, perché la NASA intende iniziare a

portare strumenti scientifici sulla superficie della

Luna già dal prossimo anno, nel suo primo

ritorno lassù dal 1972.

I ricercatori dovrebbero fare pressione per

ottenere la maggiore quantità possibile di dati

scientifici da quelle missioni, per esempio

insistendo che si rivolgano a obiettivi per lo più

inesplorati, come per esempio il lato più lontano

della Luna, ha spiegato David Kring, planetologo

del Lunar and Planetary Institute di Houston,

durante la riunione. Anche altre nazioni corrono

verso la Luna: a gennaio, una sonda cinese ha

effettuato un atterraggio storico sul lato più

lontano della Luna, e il mese scorso una società

israeliana ha lanciato il primo lander privato per

la Luna.

Sondare il passato
Le rocce lunari hanno aiutato gli scienziati a

determinare le date degli eventi chiave dei 4,5

miliardi di anni di storia del sistema solare,

come il bombardamento di asteroidi che si ritiene

sia avvenuto circa mezzo miliardo di anni dopo

la formazione della Terra.

"La crosta lunare è un vero e proprio museo di

scienza planetaria", ha detto Juliane Gross,

planetologa della Rutgers University di Piscataway,

nel New Jersey.

Alcune informazioni arrivano dall'osservazione

delle rocce dell'era Apollo con nuovi metodi.

Alla conferenza, Beck Strauss, geofisico planetario

del National Institute of Standards and Technology

degli Stati Uniti a Gaithersburg, nel Maryland, ha

descritto la caccia a deboli campi magnetici in rocce

di 3,1 miliardi di anni raccolte dagli astronauti

dell'Apollo 12.

Lo studio di Strauss conferma precedenti indizi

che la forza del campo magnetico della Luna

raggiunse un picco tra 3,9 miliardi e 3,6 miliardi di

anni fa e poi crollò - il che suggerisce che qualcosa

deve essere cambiato nell'interno della Luna, dove

l'antico campo magnetico si è evoluto in modi

sconosciuti. "Nuove tecniche ci danno accesso a

cose che non erano possibili durante l'era Apollo".

Anche le inclusioni vetrificate in alcune delle rocce

lunari formatesi durante le eruzioni vulcaniche,

stanno portando ad alcune scoperte. Megan

Guenther, specializzando del Massachusetts

Institute of Technology di Cambridge, ha provato

a replicare le condizioni chimiche in cui probabilmente

si sono formate le inclusioni di vetro nero nelle

rocce prelevate dall'Apollo 14.

Ha scoperto che le inclusioni avrebbero potuto

formarsi fino a 900 chilometri nel sottosuolo, cioè

molto più in profondità di quanto gli scienziati

avessero sospettato.

Un nuovo sguardo alle rocce lunari dell'Apollo 17

Schmitt mentre raccoglie campioni con il

"rastrello lunare", uno strumento studiato

appositamente per gli studi di geologia lunare

(Credit: NASA)Anche le inclusioni vetrificate

verdi delle rocce dell'Apollo 15 raccontano

una storia sulla Luna primordiale, ha detto

Evelyn Füri, geochimica del CNRS a Vandœuvre

-lès-Nancy, in Francia.

Il suo gruppo ha analizzato il neon e altri gas

all'interno di 22 delle minuscole inclusioni e ha

scoperto che due di esse sono particolarmente

ricche di gas.

Quei gas potrebbero essere resti delle epoche

primordiali del sistema solare, il che sosterrebbe

l'idea che la Luna sia riuscita a catturare alcuni

dei materiali volatili che molti ricercatori

pensavano fossero andati completamente persi.

Apriti Sesamo
Shearer e colleghi cercheranno indizi di quei

composti volatili quando apriranno il campione

dell'Apollo 17. Gli astronauti lo riempirono con le

rocce ammassate da una frana alla base di una

piccola montagna nella Valle Taurus-Littrow.

Il tubo di carotaggio fu affondato abbastanza

in profondità da penetrare nel terreno gelato,

e il campione di roccia potrebbe ancora

contenere acqua o altre sostanze volatili intrap-

polate sotto la frana. Se fosse così, i ricercatori

saranno in grado di misurare le sostanze

volatili in modo molto più preciso di quanto

avrebbero potuto fare 50 anni fa e iniziare

a rispondere a domande ancora irrisolte su

come si formò la valle, che è profonda quanto

il Grand Canyon.

Aprire un campione lunare è sempre un emozione,

dice Andrea Mosie, tra i curatori del centro di Houston.

Ricorda ancora di aver analizzato il suo primo

campione Apollo decenni fa, indossando tre set

di guanti e lavorando in un vano riempito di azoto.

"Anche solo afferrarlo fu davvero emozionante",

dice, "perché stavo prendendo un pezzo di Luna".

(L'originale di questo articolo è stato pubblicato su

"Nature" il 25 marzo 2019. Traduzione ed editing

a cura di Le Scienze. Riproduzione autorizzata,

tutti i diritti riservati.)

 
 
 
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