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Al cinema in uscita.....


Fonte: InternetCosa dirà la gente RecensioneTitolo originale: Hva vil folk siCosa dirà la gente: la recensione del dramma norvegese diretto dalla regista di origine pakistana Iram Haq23 aprile 2018 - 
 Federico Gironi    
Sebbene non sia, a oggi, quella numericamentepiù rilevante (superata da quella di paesi vicinicome la Polonia, la Lituania o la Svezia, o di paesiche hanno vissuto crisi in anni più recenti comeSomalia o Siria), l'immigrazione di origine pakistanain Norvegia lo è storicamente e culturalmente.E infatti, la cosiddetta seconda generazione pakistana,ovvero i figli di immigrati nati lì, torna a primeggiareanche dal punto di vista numerico su quella di qualunquealtro paese, e si contano terze e perfino quarte generazioni.Storicamente perché l'ondata migratoria dal Pakistan allaNorvegia ha avuto inizio già alla fine degli anni Sessanta,ed è tutt'ora di notevole entità.Culturalmente perché, in tanti decenni, la minoranzapakistana è stata in grado di affermarsi senza timorea livello sociale e perfino politico, con numerosi artistiin vari campi, personaggi pubblici di varia natura e membridel parlamento norvegese che sono originari del paese asiatico.Ma dal punto di vista culturale va anche segnalato che,sebbene in Norvegia l'integrazione sia decisamente piùavanzata che non in paesi che con i flussi migratori sistanno confrontando solo in questi anni, come la nostraItalia, permangono problematiche legate alle inevitabilifrizioni che si sono venute e si vengono a creare tra lacultura occidentale, (social)democratica e liberale delpaese scandinavo, e quella musulmana e spessoconservatrice di chi proviene dal Pakistan.Frizioni che, a volte, creano pericolose scintille.Di questo parla Cosa dirà la gente, sintetizzandola questione nel personaggio di Nisha, una sedicennedivisa tra vita "normale" e occidentale che fa con i suoiamici di scuola e le regole rigide della sua famiglia cuifa semplicemente finta di adeguarsi: perlomenofino a quando un rosso spasimante (rosso di capellie di passione) non s'intrufola nella sua cameretta di notte.E i due non stavano nemmeno facendo nulla,quando un'improvvida e galeotta suoneria deltelefono del rosso attira l'attenzione del papàdi Nisha, scatenando il dramma, la violenza, euna partenza forzata per il Pakistan, dove lagiovane donna dovrà imparare a comportarsicome si deve.  Perché la famiglia di Nisha - tutta,e non solo la rigida mamma bacchettona, maanche un padre e un fratello che si pensavanopiù morbidi - non possono tollerare né l'immoralitàscandalosa di certe condotte, né lo scandalo socialeda esse provocato presso la loro comunità.A Nisha, ovviamente, le cose non andranno benenemmeno laggiù: anzi, i guai in cui si caccerà sarannoanche peggiori, tanto che verrà rispedita a casa, e dinuovo saranno altri guai, a dispetto degli sforze deiservizi sociali norvegesi. Tanto che lo spettatorerimane un po' stuccato da tanto manicheismo e tantedisgrazie, e potrebbe essere portato a pensare cheforse, questo film, è anche un po' razzista.Solo che a scriverlo e dirigerlo, questo film, a partireda fatti vissuti sulla sua stessa pelle (deportazionein Pakistan compresa) è Iram Haq, giovane registae attrice norvegese sì ma di famiglia pakistana anche lei.L'accusa di etnocentrismo occidentale viene alloraa cadere, e si aprono praterie per un dibattito chetroppo spesso - anche in Italia - viene condottocon la pregiudiziale dei paraocchi politicamenteorientati, da una parte come dall'altra, nonostantela cronache anche recente sbatta drammi in prima pagina.Quanto al manicheismo, beh: la questione è più complessa.E andrebbe sempre tenuto a mente che la vita e i fattireali sono una cosa, che il cinema e la sua realtà(e le sue esigenze) sono altre, e che non sempreciò che è stato funziona o vale anche per lo schermo.Anche per questo, forse, in un film che si tiene felicementeneutrale rispetto ai dogmi visivi e narrativi imposti dalcinema impegnato e "da festival" (questo, ad esempio,è stato a Toronto) su scala mondiale, il personaggio piùinteressante diCosa dirà la gente (titolo/frase che ricordada vicino la realtà di certe nostre nonne e certe nostreprovincie, o comunque il benpensantismo di casa nostra)non è Nisha; non sua mamma rigidissima e spietata;non il fratello che le volta le spalle al primo problema;ma il padre.Un padre dilaniato, in maniera via via sempre più evidente,dai suoi retaggi culturali e dalle pressioni sociali da unlato, e dall'amore che prova per una figlia che non sacomprendere ma che vorrebbe tanto vedere felice.Dilaniato e, per questo, sotto un drammaticissimo scacco.