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TUTTO SUL MOBBING.....


Diritto del lavoroMobbing: elementi costitutivi e onere della provaManisi Antonella 23 agosto 2017Versione PDF del documentoLicenziamento durante la malattia del lavoratoreMOBBING: una serie di atti vessatori protrattinel tempo, posti in essere nei confronti di unlavoratore da parte dei componenti del gruppodi lavoro in cui è inserito o dal suo capo, caratterizzatida un intento di persecuzione e di emarginazione,finalizzato all'obiettivo primario di escludere lavittima dal gruppo.Si distinguono in dottrina e giurisprudenza dueforme di mobbing:- verticale discendente o bossing, in cui laprevaricazione e la violenza vengono esercitatedal superiore gerarchico verso l'inferiore o piùdebole; ascendente quando esercitato in dannodel superiore gerarchico;- orizzontale, applicato tra persone di pari grado.Per poter parlare di mobbing, devono esserci lecaratteristiche di sistematicità e durata: deveessere giornaliero, con una durata di sei mesialmeno; espletato attraverso angherie, vessazioni,demansionamento lavorativo, emarginazione,insulti, maldicenze, aggressioni fisiche e verbali,ostracizzazione, privando la vittima della possibilitàdi esprimersi in azienda, isolandola e escludendoladalle informazioni aziendali; screditandola attraversodicerie e pettegolezzi; assegnando mansioni inutili einsignificanti; esasperandola con forme di controlloripetute e ingiustificate o attraverso molestie sessuali.[...] I singoli atteggiamenti molesti (o emulativi)possono anche non raggiungere necessariamente lasoglia di reato né sono o possono essere di per sèillegittimi, ma nell'insieme sono suscettibili di produrredanni (essenzialmente a livello biologico ed esistenziale),con gravi conseguenze quindi sulla salute della vittima,sulla sua esistenza, e anche sul patrimonio, convincendoladi cose non veritiere inerenti alla propria persona.[1] Corte appello L'Aquila, sez. lav., 04/06/2015, n. 685Fonti: Ilgiuslavorista.it 2015, 7 settembreIn termini di ripartizione dell'onere della prova inmateria di mobbing, stante la natura contrattualedell'illecito, grava sul lavoratore l'onere di provaretutta la serie di circostanze e accadimenti storici,poiché occorre che sia necessariamente che siadimostrato l'intento persecutorio che avrebbepermeato le condotte datoriali. (Nella specie siè nel merito negato l'asserito demansionamentodel lavoratore, in quanto le mansioni svolte daldirigente medico - pur quantitativamente ridotte- non assumevano un contenuto professionalequalitativamente inferiore rispetto a quelleespletate in precedenza). T.A.R. Roma, (Lazio), sez. II, 02/03/2015, n. 3421Fonti: Foro Amministrativo (Il) 2015, 3, 902 (s.m)La dequalificazione (o cd. demansionamento) sidistingue da fenomeni piuttosto similari ad essa e,tra questi, spiccano principalmente le cd. vessazionisul lavoro e cioè il cd. "mobbing" e il cd. "bossing".Infatti, mentre "mobbing" e "bossing" rappresentanocondotte datoriali illecitamente finalizzate a mortificareil lavoratore al di là di qualunque ragionevole misuracon lo scopo, rispettivamente, di farlo sentirecolpevolmente o incolpevolmente amareggiato("mobbing") e di allontanarlo dall'ambiente lavorativo("bossing"), la dequalificazione professionale siestrinseca fondamentalmente nel denegatoriconoscimento della qualifica impiegatizia acquisitadal prestatore di lavoro, previo affidamento, allostesso, di incarichi che presentino un minor gradodi responsabilità e di rilevanza all'interno dell'ufficio,incarichi che dovrebbero essere affidati al personalecollocato nelle qualifiche inferiori. Ed è proprio ladetta componente che vale a distinguere l'aspettodequalificatorio da qualsiasi altro atteggiamentoche non sia direttamente collegato alla qualificarivestita dal soggetto dequalificato o in via didequalificazione.L'adibizione del dipendente a mansioni inferioricomporta, di regola, la sua dequalificazioneprofessionale, ma se all'assegnazione si accompagnauna condotta datoriale lesiva e denigratoria, cioè sel'attribuzione dei compiti di minore qualità si palesaquale pretesto finalizzato a vessare il dipendente,verrà a configurarsi un vero e proprio "mobbing". Corte appello Potenza, sez. lav., 08/07/2014,(ud. 12/06/2014, dep.08/07/2014), n. 454.In linea generale, va detto che la negazioneo l'impedimento delle mansioni, al pari deldemansionamento professionale, integranouna lesione del diritto fondamentale alla liberaesplicazione della personalità del lavoratore anchenel luogo di lavoro, determinando un pregiudizioche incide sulla vita professionale e di relazionedell'interessato, con una indubbia dimensionesia patrimoniale sia, a prescindere dalla configurabilitàdi un reato, non patrimoniale, che rende ilpregiudizio medesimo suscettibile di risarcimento(Cass. Sez.3 n. 7980/2004; n. 10/2002; n.8828/2003; n. 8904/2003).Viene, in tal modo, recepita una definizione"dinamica" del concetto di professionalità dellavoratore, intesa come combinazione tra ilbagaglio di conoscenze, acquisite dalla personaoperando nel settore di inquadramento eprogressivamente affinate in ragione deltrascorrere del tempo e la professionalitàpotenziale, che corrisponde, invece, a quantoil prestatore di lavoro può apprendere inrelazione al contesto, organizzativo e di lavoro,che quotidianamente lo circonda.Costituisce, quindi, demansionamento qualsiasicondotta datoriale che, per effetto del cattivoesercizio dello jus variandi, ossia in conseguenzadell'adibizione del lavoratore a mansioniqualitativamente inferiori a quelle contrattuali,rallenti o blocchi del tutto il processo evolutivogeneticamente impresso nel concetto diprofessionalità appena illustrato.La violazione del diritto del lavoratore all'esecuzionedella propria prestazione lavorativa è fonte diresponsabilità risarcitoria per il datore di lavoro;responsabilità che, peraltro, derivando dall'inadempimentodi un'obbligazione, resta pienamente soggetta alleregole generali in materia di responsabilità contrattuale:sicchè, se essa prescinde da uno specifico intento dideclassare o svilire il lavoratore a mezzo dellaprivazione dei suoi compiti, la responsabilità stessadeve essere nondimeno esclusa- oltre che nei casiin cui possa ravvisarsi una causa giustificativa delcomportamento del datore di lavoro connessaall'esercizio di poteri imprenditoriali, garantitidall'art. 41 Cost. ovvero di poteri disciplinari, anchequando l'inadempimento della prestazione derivicomunque da causa non imputabile all'obbligato,fermo restando che, ai sensi dell'art. 1218 c.c. laprova della sussistenza delle ipotesi ora indicategrava sul datore di lavoro, in quanto avente, perquesto verso, la veste di debitore (Cass. Sez.1 n.17564/2006; n. 4766/2006; n. 13580/2001).Tale pronuncia richiama perfettamente la fattispeciede quo, caratterizzata anche dal mancatoriconoscimento del titolo di studio e della conseguentequalifica impiegatizia cui avrebbe diritto il sig. ****,anche a seguito del mancato invito a ricoprire il ruoloda ultimo assegnato ad un soggetto esterno, senzache il sig. ***** fosse stato informato.Il risarcimento del danno da perdita di chance, presentenell'ordinamento francese da cui ha preso spuntol'esperienza italiana, è stato riconosciuto nel nostroOrdinamento da non molto tempo grazie all'operainterpretativa (decisiva) della Cassazione ed ha trovatoapplicazione in variegati settori, soprattutto quellirelativi alla responsabilità professionale sanitaria edell'avvocato nonché, in ambito giuslavoristico, da cui,in verità, ha preso le mosse, quelli riguardantimolteplici fattispecie, come a titolo di esempio,il mancato avanzamento di carriera del dipendentenonostante i requisiti posseduti (cfr. Cass. 2013/8443),significandosi che "in tema è necessaria la allegazionee la prova di quegli elementi di fatto idonei a farritenere che il regolare svolgimento della proceduraselettiva avrebbe comportato una concreta, effettivae non ipotetica probabilità di conseguire la promozione,in forza della quale probabilità si giustifica l'interessestesso del lavoratore alla pronuncia di illegittimità dellaprocedura selettiva, altrimenti insussistente (v. Cass S.U.23/09/2013 n. 21678; Cass. 10/01/2014 n. 3771).Viene meno ogni aspetto di responsabilità qualora ildatore di lavoro abbia correttamente ed esaustivamenteadempiuto ai suoi obblighi, sicché non sia possibileravvisare a carico dello stesso alcun margine od elementodi colpa, con rigoroso onere probatorio su di lui incombente,laddove, in ipotesi contraria, la prova del nesso eziologicotra l'evento dannoso ed il danno subito dal lavoratoredipendente viene a gravare, esclusivamente, su quest'ultimo.Siffatte osservazioni hanno, peraltro, trovato l'autorevoleconforto della Corte Costituzionale, la quale, partendodall'indefettibile presupposto che l'art. 2087 c.c. abbracciaogni tipo di misura utile a garantire il diritto soggettivodel lavoratore ad operare in un ambiente esente da rischi,ha posto in rilievo come la salute sia un bene primario,che assurge a diritto fondamentale della persona edimpone piena ed esaustiva tutela, tale da operare siain ambito pubblicistico che nei rapporti di diritto privato,evidenziando, tra l'altro, che, a norma dell'art. 2087 cit.,l'imprenditore è tenuto ad adottare nell'eserciziodell'impresa tutte le misure che, secondo la particolaritàdel lavoro, l'esperienza e la tecnica, sono necessarie atutelare l'integrità fisica e la personalità morale deiprestatori di lavoro (v. Corte Cost., sent. n. 399 del 1996).Quindi, in adempimento del principio della massimasicurezza "tecnologicamente possibile" vigente nel nostroordinamento ai sensi del più volte richiamato art. 2087(riaffermato anche dal D.Lgs. n. 626 del 1994) e nonpotendo le esigenze di sicurezza essere subordinate acriteri di fattibilità economica o produttiva, il datore dilavoro è tenuto a trovare le misure sufficienti a conseguireil fine della protezione della salute e dell'integrità fisica deisuoi dipendenti in modo conforme al principio direttivocostituzionale dell'art. 32.E appunto perché norma di chiusura, volta aricomprendere ipotesi e situazioni non espressamentepreviste, la disposizione di cui all'art. 2087 c.c., comedel resto tutte le clausole generali, ha una funzionedi adeguamento permanente dell'ordinamento allasottostante realtà socio-economica, che possiedeuna dinamicità ben più accentuata di quelladell'ordinamento giuridico, legato a procedimentie schemi di produzione giuridica necessariamentecomplessi e lenti; principio atto a giustificarequesta valenza è, nella specie, quello del diritto,di derivazione costituzionale, alla salute edall'integrità fisica, ormai acquisito pervia di interpretazione giurisprudenziale (daparte del giudice costituzionale, ordinario,amministrativo) in molteplici applicazioni.[...] Analogo discorso deve farsi anche conriferimento al lamentato danno da mobbing,nel senso del demansionamento come condottastrumentale alla realizzazione del mobbing,precisandosi che quest'ultimo si configura afronte della reiterazione di comportamentipersecutori e vessatori, posti in essere daldatore di lavoro o dai colleghi e, quindi, sirisolve in sistematici e reiterati comportamentiostili che finiscono per assumere forme diprevaricazione o di persecuzione psicologica,da cui può conseguire la mortificazione moralee l'emarginazione del dipendente con effettolesivo dell'equilibrio psicofisico e del complessodella sua personalità.Ai fini della configurabilità della condotta lesiva del datoredi lavoro sono, pertanto, rilevanti:a) la molteplicità di comportamenti di caratterepersecutorio, illeciti o anche leciti se consideratisingolarmente, che siano stai posti in essere inmodo miratamente sistematico e prolungatocontro il dipendente con intento vessatorio,b) l'evento lesivo della salute o della personalitàdel dipendente;c) il nesso eziologico tra condotta del datore dilavoro o superiore gerarchico e il pregiudizioall'integrità psico-fisica del lavoratore,d) la prova dell'elemento soggettivo, cioèdell'intento persecutorio (Cass. Sez. lav. n. 3785/2009).SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE, SEZIONELAVORO, Sentenza 5 ottobre 2009, n. 21223.Le Sezioni Unite di questa Corte con sentenzan. 6572/06, nel comporre il contrasto sorto insenso alla sezione lavoro della Cassazione,hanno sancito che "in tema di demansionamentoe di dequalificazione, il riconoscimento del dirittodel lavoratore al risarcimento del danno professionale,biologico o esistenziale, che asseritamente ne deriva- non ricorrendo automaticamente in tutti i casi diinadempimento datoriale - non può prescindere dauna specifica allegazione, nel ricorso introduttivodel giudizio, sulla natura e sulle caratteristichedel pregiudizio medesimo; mentre il risarcimentodel danno biologico è subordinato all'esistenza diuna lesione dell'integrità psico-fisica medicalmenteaccertabile, il danno esistenziale - da intendere comeogni pregiudizio (di natura non meramente emotivaed interiore, ma oggettivamente accertabile) provocatosul fare areddittuale del soggetto, che alteri le sueabitudini e gli assetti relazionali propri, inducendoloa scelte di vita diverse quanto all'espressione erealizzazione della sua personalità nel mondo esterno- va dimostrato in giudizio con tutti i mezzi consentitidall'ordinamento, assumendo peraltro precipuo rilievola prova per presunzioni, per cui dalla complessivavalutazione di precisi elementi dedotti (caratteristiche,durata, gravità, conoscibilità all'interno ed all'esternodel luogo di lavoro dell'operata dequalificazione,frustrazione di precisate e ragionevoli aspettativedi progressione professionale, eventuali reazioni postein essere nei confronti del datore comprovantil'avvenuta lesione dell'interesse relazionale, effettinegativi dispiegati nelle abitudini di vita del soggetto) -il cui artificioso isolamento si risolverebbe in una lacunadel procedimento logico - si possa, attraverso unprudente apprezzamento, coerentemente risalire alfatto ignoto, ossia all'esistenza del danno, facendoricorso, ai sensi dell'art. 115 cod. proc. civ., a quellenozioni generali derivanti dall'esperienza, delle qualici si serve nel ragionamento presuntivo e nellavalutazione delle prove". Cass. civ. sez lav 23 maggio 2013, n. 12725Ai fini della configurabilità del mobbing lavorativodevono quindi ricorrere molteplici elementi: a) unaserie di comportamenti di carattere persecutorio -illeciti o anche leciti se considerati singolarmente -che, con intento vessatorio, siano stati posti inessere contro la vittima, in modo miratamentesistematico e prolungato nel tempo, direttamenteda parte del datore di lavoro o di un suo prepostoo anche da parte di altri dipendenti, sottopostial potere direttivo dei primi; b) l'evento lesivodella salute, della personalità o della dignità deldipendente; c) il nesso eziologico tra le descrittecondotte e il pregiudizio subito dalla vittimanella propria integrità psico-fisica e/o nellapropria dignità; d) il suindicato elemento soggettivo,cioè l'intento persecutorio unificante di tutti icomportamenti lesivi. QUANDO SI ESCLUDE IL MOBBING?Quando manca la sistematicità degli episodi,ovvero i presunti comportamenti lesivi sianoriferibili alla normale condotta del datore di lavoro,funzionale all'assetto dell'apparato amministrativoo imprenditoriale, nel caso del lavoro privato; o,infine, vi sia una ragionevole ed alternativaspiegazione al comportamento datoriale(Cons. Stato, sez. VI, 6 maggio 2008, n. 2015);quando la valutazione complessiva dellecircostanze addotte e accertate nella loromaterialità, pur se idonea a palesaresingulatim elementi ed episodi di conflittosul luogo di lavoro, non consenta di individuare,secondo un giudizio di verosimiglianza,il carattere unitariamente persecutorio ediscriminatorio nei confronti del singolo dalcomplesso delle condotte poste in esseresul luogo di lavoro (Cons. Stato, n. 4738/2008).LA RILEVANZA PENALE DEL MOBBINGNon essendovi una fattispecie normativa ad hoc,il fenomeno può essere sussunto nell'alveodi diverse figure di reato, ove ne ricorrano ipresupposti. In prticolare, Cass. pen. sez. Vi,20 marzo 2014, n. 13088 ha precisato che ilmobbing può integrare il delitto di maltrattamentiin famiglia qualora le pratiche persecutorierealizzate ai danni del lavoratore e finalizzatealla sua emarginazione (c.d. mobbing)si inquadrino in un rapporto tra il datore di lavoroe il dipendente capace di assumere una naturaparafamiliare in quanto caratterizzato da relazioniintense ed abituali, da consuetudini di vita tra isoggetti, dalla soggezione di una parte neiconfronti dell'altra, dalla fiducia riposta dalsoggetto più debole del rapporto in quelloche ricopre la posizione di supremazia (...).Con la conseguenza che non è configurabile(...) laddove non siano riconoscibili quelleparticolari caratteristiche, ad esempio sela vicenda si è verificata nell'ambito di unarealtà sufficientemente articolata e complessa,in cui non è ravvisabile "quella stretta edintensa relazione diretta tra datore di lavoro e dipendente". RIMEDI ESPERIBILE DAL LAVORATOREVITTIMA DI MOBBING.RISARCIMENTO DEL DANNO PATRIMONIALEE NON PATRIMONIALE;DIMISSIONI PER GIUSTA CAUSA;RIFIUTO DI ADEMPIERE la prestazioneai sensi dell'art. 1460 c.c. (eccezione diinadempimento);AZIONE DI ADEMPIMENTO al fine di ottenerela rimozione degli atti persecutori (anche invia cautelare ai sensi dell'art. 700 c.p.c.).Per completezza, si ricorda che in seguitoalle recenti riforme introdotte con il "Jobs Act",a partire dal 12 marzo 2016 le dimissionivolontarie e la risoluzione consensualedel rapporto di lavoro dovranno essereeffettuate in modalità esclusivamente telematiche.Il lavoratore potrà scegliere tra due opzioni:■ inviare il nuovo modulo autonomamentetramite il sito del Ministero del Lavoro.In questo caso è necessario munirsi delPin INPS Dispositivo, accedendo al portaledell'Istituto o recandosi in una delle sue sedi.Si potrà così accedere al form online chepermetterà di recuperare le informazionirelative al rapporto di lavoro da cui si intenderecedere dal sistema delle ComunicazioniObbligatorie. Per i rapporti instauratiprecedentemente al 2008, invece, il lavoratoredovrà indicare la data di inizio del rapporto dilavoro, la tipologia contrattuale e i dati deldatore, in particolare l'indirizzo email o PEC.Nell'ultima fase dovranno essere inseriti i datirelativi alle dimissioni o alla risoluzione consensualeo alla loro revoca.■ rivolgersi ad un soggetto abilitato (patronato,organizzazione sindacale, ente bilaterale,commissioni di certificazione, consulentidel lavoro, sedi territoriali dell'Ispettoratonazionale del lavoro) che avrà il compitodi compilare i dati e inviarli al Ministero delLavoro. Ogni modulo salvato, dai soggettiabilitati o dai lavoratori, sarà caratterizzatoda due informazioni identificative: la datadi trasmissione (Marca temporale) e uncodice identificativo coerente con la data.Il lavoratore ha sempre la possibilità direvocare le dimissioni o la risoluzioneconsensuale entro 7 giorni successivi alla comunicazione. IMPUGNAZIONE DEL LICENZIAMENTO:a pena di decadenza, entro 60 giorni dal licenziamento, inoltrare al datore di lavorouna comunicazione in qualsiasi atto scritto,anche stragiudiziale, nel quale si manifestala volontà di impugnare il licenziamento;a pena di inefficacia, nei successivi 180giorni, promuovere ricorso giurisdizionaleo procedere al tentativo di conciliazione.Se la conciliazione o l'arbitrato vengonorifiutati, o se non si raggiunge l'accordo, ilricorso deve essere proposto entro 60 giornidal rifiuto o mancato accordo. INTIMAZIONE DEL LICENZIAMENTO.- obbligo di forma scritta - motivazionecontestuale; requisiti a pena di inefficaciadel licenziamento. Se manca la giusta causa(condizione imputabile al lavoratore che rendaimproseguibile il rapporto[2]) o giustificatomotivo (inerente l'organizzazione dell'attività),non essendo applicabile la tutela ex art. 18St. Lav. (L. 300/1970) trattandosi di "azienda"con meno di 15 dipendenti, né la cd tutelacrescente introdotta dal jobs act perché ilcontratto è stato stipulato antecedentemente,rimane l'area di tutela disposta dall'art. 8 L. 604/1966:"Quando risulti accertato che non ricorronogli estremi del licenziamento per giusta causao giustificato motivo, il datore di lavoro e'tenuto a riassumere il prestatore di lavoroentro il termine di tre giorni o, in mancanza,a risarcire il danno versandogli un'indennitàdi importo compreso tra un minimo di 2,5ed un massimo di 6 mensilità dell'ultimaretribuzione globale di fatto, avutoriguardo al numero dei dipendentioccupati, alle dimensioni dell'impresa,all'anzianità di servizio del prestatoredi lavoro, al comportamento e allecondizioni delle parti. La misura massimadella predetta indennità può esseremaggiorata fino a 10 mensilità per ilprestatore di lavoro con anzianità superioreai dieci anni e fino a 14 mensilità per ilprestatore di lavoro con anzianità superioreai venti anni, se dipendenti da datore di lavoroche occupa più di quindici prestatori di lavoro".Qualora venisse intimato il licenziamento,senza giustificato motivo o in assenza digiusta causa, si avrebbe pertanto diritto,alternativamente a:- ricostituzione ex novo del rapporto di lavoro;- risarcimento del danno, attraversoun'indennità compresa tra 2,5 e 6 mensilitàdell'ultima retribuzione globale di fatto, finoa 10 mensilità per chi abbia un'anzianità diservizio superiore a 10 anni. RAPPORTI TRA LIQUIDAZIONE COATTAAMMINISTRATIVA/COMMISSARIAMENTODA PARTE DELLA BANCA D'ITALIA EDIMISSIONI VOLONTARIEDa un punto di vista normativo, nonesiste una specifica norma di legge cheregoli le conseguenze della dichiarazionedi fallimento sul rapporto di lavoro subordinato.La norma che più si avvicina ad unaregolamentazione diretta è l'art. 2119 IIcomma c.c.: non costituisce giusta causadi risoluzione del contratto il fallimentodell'imprenditore o la liquidazione coattaamministrativa dell'azienda. La cessazionedel rapporto di lavoro, dunque, nel segnodella spersonalizzazione dell'azienda(come si esprime efficacemente Cass. n. 8617/2001)non deriva automaticamente dal fallimentodell'imprenditore o dalla liquidazione coattadell'azienda, ma può aversi solo a seguitodel licenziamento intimato dal curatore o,naturalmente, in caso di dissoluzionedella realtà aziendale.Questo principio è perfettamenteapplicabile all'ipotesi della liquidazionecoatta amministrativa della *** o eventualiprocedure interdittive/sanzionatorie chepotrebbe disporre la Banca d'Italia inseguito ad ispezioni che accertino irregolaritào sofferenze dell'istituto. Non sarebbero,pertanto, circostanze valevoli come "giustacausa" delle dimissioni che il lavoratore volesserassegnare.  [1] Fornari, Trattato di psichiatriaforense, IV ed., Torino, 2010, cit. inTOPPETTI, Il danno psichico e la provanel processo, 2016, Maggioli editore, p. 218.[2] La Corte Suprema con sentenza n.24260 del 29 novembre 2016: alla streguadel principio secondo cui, l'esercizio deldiritto di critica da parte del lavoratore,che non si contenga entro i limiti del rispettodella verità oggettiva e si traduca in unacondotta lesiva del decoro dell'impresa,costituisce violazione del dovere di fedeltàex art. 2105 c.c. ed è comportamento idoneoa ledere definitivamente la fiducia che sta allabase del rapporto di lavoro, tale da integrareuna giusta causa di recesso datoriale. NB. E' una forma di mobbing, molto grave, il fare i conti in tasca alla gente ed impicciarsi della vita privatadei co-workers.E' buona norma ribellarsi, querelare queste persone, farsi pagare i danni fisici, economici e biologici e con somme nonsalate ma salatissime, giusto per insegnare a questa gentei fonndamenti e le regole del vivere civile.