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Fonte: InternetI 15 romanzi italiani più belli del secoloTitolo impegnativo. In realtà è unaselezione molto personale. Una pescaa setaccio nel cassetto dei ricordi.Da prendere con un po' di ironia- 25 maggio 2018Questo è un articolo-selezione che si arricchisce di altri cinque titoli. Michele Lauro li ha aggiunti a quelli che avevamo marchiato, con un po' di ironia arricchita però da scelte rigorose, come "i più belli di questo secolo" (peraltro incominciato da poco, quindi lo sviluppo e le aggiunte sono inevitabili). Ora dunque ne abbiamo 15. I primi che trovate qui sotto sono le nuove aggiunte, precedute da una piccola introduzione. Poi ci sono gli altri dieci, scelti nel 2016.POST-ILLA 2018Il gioco prosegue in un mercatoeditoriale che sembra confermarel'evoluzione di una Editoria senza editori,come intitolò il suo saggio di inizio millennioAndré Schiffrin. Oltre 60.000 titoli l'annopubblicati in Italia: l'omologazione dell'industriaculturale coincidente con la rarefazionedei lettori e con un bisogno crescente discelte, suggerimenti, selezioni, suggestioni.Per chi volesse allargare il raggio dellescintille provenienti dalla rete, segnalotre opere critiche brillanti e illuminate cheindagano il panorama della narrativacontemporanea spingendosi con coraggiofino alle soglie del presente: La terra della prosa di Andrea Cortellessa (2014), dedicatoai narratori italiani degli anni zero (1999-2014),Il romanzo italiano contemporaneo di CarloTirinanzi De Medici (2018), ricognizionecritica dagli anni Settanta a oggi, e La letteratura circostante di Gianluigi Simonetti (2018),che abbraccia in un'unica, ampia visionenarrativa e poesia dell'Italia contemporanea.La vita in tempo di pace, di Francesco Pecoraro (2013)Storia, natura, filosofia, scienza e fantascienzapartecipano all'architettura di un romanzo-saggiopoderoso, ambizioso, disturbante, manifestodel decadentismo europeo di fine Novecentoed esegesi degli ultimi sessant'anni di storiaitaliana: il tempo di pace, appunto.Attraversa questo tempo un antieroe dai trattivagamente sveviani, il settantenne IvoBrandani, "vecchio maschio silente" che inun futuro prossimo si trova imprigionato percaso nell'aeroporto egiziano di Sharm el Sheik.La condizione di attesa nel non-luogo perantonomasia diventa lo spazio ideale peruna riflessione: cosa nell'arco della miaesistenza ha resistito alla cancellazionedel tempo?Il tedium vitae di Ivo, ingegnere appassionatodi aerodinamica dei velivoli da guerra, nevrotico,insicuro, ossessivo, abbandonato alla panaceachimica del Tavor, si manifesta nell'incontro-scontro fra l'armonia della matematica e ilcaos del mondo reale, e nello scaccoaffettivo dovuto alla generale ostilità delgenere umano. I quadri esistenziali scorronosullo sfondo di una società - l'Italia del dopo-guerra - fondata prima sul miracolo economicoe poi sulla finzione del cambiamento, con lamassa dei piccolo-borghesi che avevanocreduto nella rivoluzione soggiogati dal poteree dall'eros tanto quanto i potenti che avevacreduto di combattere. È una visione mostruosa,orwelliana e insieme iperrealistica: lo scannarsidi tutti contro tutti, schiavi del desiderio,assuefatti alle leggi del consumo.Ma nella notte di Roma, antica culla di civiltàpreda del darwinismo sociale, abbaglianoqua e là paesaggi e atmosfere purissime.Memoria di una bellezza e di una giovinezzaestinte, rimembrate in pagine commosse.Francesco PecoraroLa vita in tempo di pacePonte alle Grazie509 pp.PUBBLICITÀLe otto montagne, di Paolo Cognetti (2016)Raro caso in cui la buona letteraturadiventa quasi subito un successo decretatoanche da tanti giovani lettori, sfatandoperfino il tipo di diffidenza con cui GiorgioManganelli era solito accogliere l'imprevistobestseller ("mi insospettisce... ci dev'esserequalcosa che non va"), è un romanzo moltofisico che poggia su un substrato spiritualeprofondo, nel solco delle grandi storie diformazione, virato sul doppio registroambientale ed esistenziale.Città e montagna - e il viaggio di andata eritorno dall'una all'altra - sono come in tuttele storie di Cognetti la metafora dell'uomoche fatica a venire a patti col suo stare almondo: le crepe nei legami familiari, i figliche si ritrovano sulle tracce dei padri propriomentre pensavano di averla scampata, ildesiderio di fuga dalla civiltà urbana cheè poi fuga da sé stessi, da quell'io che nonci appartiene più. E come l'intenso diarioche l'ha preceduto, Il ragazzo selvatico,Le otto montagne si pone agli antipodidella bucolica lucreziana.È popolato da stambecchi e volpi, mucchecani pastori in antica simbiosi. Ci sono tronchi,scarpate, baite e ruscelli. Si prova la libertàdi andare dove non c'è il sentiero e lacommozione per le "cose fondate sullapropria forma e basta", come diceva in unverso Seamus Heaney. Ma è un attimoscivolare sul ghiaccio come dentro il disagioe la fatica, cedere alla spossatezza perl'interminabile inverno, per le relazioniinevitabilmente spezzate. Nel finale, loscrittore apre lo sguardo a Oriente - le valli del Nepal - dove la montagna non èmatrigna né madre né un'icona da conquistareo riconquistare, ma semplicemente la giostradel tempo in cui un'umanità senz'ansia di futuroruota da sempre. Lo spunto perfetto per unnuovo racconto.Paolo CognettiLe otto montagneEinaudi208 pp.Neve, cane, piede, di Claudio Morandini (2016)Romanzo breve sospinto a una brevenotorietà dalla brezza del passaparola,narra una storia di eremitaggio e poi diconvivenza forzata fra uomo e cane, inuna valle aspra di montagna preclusa aicamminatori della domenica. È il caneche ha scelto l'uomo, Adelmo Farandola,un vecchio scontroso che si è ritirato inbaita, insensibile alla dignità alla memoriae agli odori che fanno di un uomo un uomo.Il cane invece ricorda tutto e annusa tutto.Con pazienza la coppia aspetta la finedell'inverno raschiando il sudiciume dallestoviglie e ingaggiando una sfida quotidianacontro i nemici dell'alta montagna: FreddoFame Sonno. Dialoghi plausibilissimi trabestie (tra uomo e bestia) violano il silenziodelle pietraie, scompigliando i contorni trasogno e realtà in una zona franca appenasfiorata dai borborigmi del ghiaccio.Finché il rito del disgelo tinge la fiaba primadel bianco - una slavina arriva ad annunciarel'ubriacatura del rinnovamento - e poi delnero, e una misteriosa sagoma pian pianoprende forma là dove sembrava essercisoltanto neve. Sospesa tra immanenza emetafisica, claustrofobia e vertigine, inquietudinee rassegnazione, questa fiaba ha generatonel 2017 un aguzzo spin off intitolatoLe pietre, sempre ambientato in montagnae ugualmente chirurgico nello smascherarel'idealità compromessa della wilderness al tempodel global warming e del turismo di massa.Claudio MorandiniNeve, cane, piedeExòrma138 pp.Kobane Calling, di Zerocalcare (2016)Romanzo grafico dallo straordinario spessoreumano e artistico, racconta i due viaggi nelKurdistan siriano-iracheno del fumettistadi Rebibbia (novembre 2014 e luglio 2015):facce, scarabocchi e parole dedicate a unpopolo che ormai da tempo lotta per laliberazione dagli oppressori turchi e control'avanzata del Califfato. Un nonreportage,così l'ha chiamato l'autore, che sarebbepiaciuto a Tiziano Terzani, maestro di giornalismosul campo la cui militanza contro le ingiustiziesi è sposata con la ricerca di sé. Questodoppio registro, consueto nelle opere diZerocalcare, in Kobane Calling raggiungeforse l'acme della poesia, rimanendo fedelea un linguaggio punk fatto di dialoghi ficcanti,immagini nette, similitudini abrasive ("sei maistato a Mediaworld la mattina del 24 dicembre?ecco, la porta di Semelka, al confinecon la Siria, è così. Moltiplicato per mille")con cui l'autore introduce alla cultura socialecurda: un confederalismo democraticoradicale basato sul diritto alla vita, sullaconvivenza pacifica di etnie diverse, sull'uguaglianza di donne e uomini.L'attraversamento del Tigri per entrarein Rojava su una piccola barca a motoreè fra i momenti più emozionanti.Di là ci sono lo stesso fiume, gli stessi 50gradi, lo stesso niente intorno. Eppurequalcosa è diverso. Saranno gli occhi diEzel che brillano come quelli di una che statornando a casa, o forse "sarà il fatto cheabbiamo attraversato mezzo mondo,preso aerei, pullman, barche... controi pareri di quasi tutti quelli che conoscevamo..." In una tavola emblematica Kobane èritratta dal tetto di un palazzo, con un cuore-cattedrale che pulsa in mezzo alle casescalcinate e alle macerie. Un cuore pienodi toppe, di cicatrici. Un cuore enorme.Come se in quella tragedia che nonraccontano più nemmeno i telegiornali,come se nell'altrove più altrove vedessiimprovvisamente anche te stesso,rannicchiato insieme agli altri esseriumani sulla faccia della terra.Se c'è un messaggio celato in questolibro d'avventure anche interiori, unmessaggio completamente antiretorico,è che per trasformare la nostra mentalità,cioè liberarsi dai clichè, dai condizionamenti,è meglio non accontentarsi di idealismiprefabbricati ma uscire dal recinto, andarea vedere di persona la vergogna dell'umanitàin uno dei tanti musei a cielo aperto.Per tornare col dubbio che forse, diquello che è stato lasciato accadere,siamo un po' tutti responsabili.ZerocalcareKobane CallingBao Publishing261 pp.Bella mia, di Donatella Di Pietrantonio (2013-2018)Ripubblicato nel 2018 con una post-fazione dell'autrice che nel frattempoha (meritatamente) vinto il Campiello2017 con L'arminuta, è ambientatoa L'Aquila, città sfasciata da quella"epilessia della terra insorta" che nel2009 lasciò molti sopravvissuti - comela protagonista di questa storia - inbalia di una vita provvisoria fatta diacronimi, nevrosi, rimpianti.Fra le crepe dei palazzi, un ragazzoriccioluto con la maglietta dei Nirvanasi presenta a Caterina, chiamata daldestino a elaborare il lutto per la perditadella gemella e insieme a sostituirlanel ruolo più insostituibile: la madre diun adolescente. In un climax ad altatensione emotiva, prende forma unmalessere ben più antico della sciagurasismica, legato all'archetipico scontro trafemminilità e sorellanza. Un malesserearcaico che si accompagna alla vergogna,al senso di colpa per l'ingiustizia dellasopravvivenza, come accade quando il disegnodel caso appare così insensato e crudele.Ispirato da una canzone popolare abruzzese,Bella mia riesce nel piccolo miracolo ditramutare l'angoscia in consapevolezza("ho amato mia sorella come la parte di meche non sono riuscita a essere") e la solitudinein una alleanza di esseri viventi (esseri umani,animali) dentro lo stesso paesaggio ferito.Anime rattrappite, traumatizzate, con lanaturale propensione alla socievolezzaridotta a un lumicino sottile, da tenereacceso a ogni costo. Così la mitopoiesidel sisma si trasforma in un grido collettivod'amore.Donatella Di Pietrantonio