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"La Gerusalemme Liberata" di T.Tasso


I nemici principali dei cristianiIsmeno: sacerdote e mago dei turchi, il quale convoca la bellissima giovane e seducente Armida per gettare scompiglio sui cristiani. Ismeno per celebrare un suo rito satanico contro l'esercito di Goffredo cerca di celebrare anche un sacrificio pagano, volendo bruciare vivi i ragazzi Olindo e Sofronia. Però questi all'ultimo momento vengono salvati da Clorinda.Argante: reggente della Gerusalemme conquistata dai turchi, alleato fedelissimo del re Aladino. Originariamente giunse come ambasciatore dall'Egitto per proporre un accordo coi cristiani ma, cacciato da Goffredo, si alleò con i musulmani. Alla fine del poema viene ucciso da Tancredi.Aladino: re di Gerusalemme, legittimo nemico della cristianità e di Goffredo. Ordina gli attacchi contro l'esercito nemico, servendosi anche della maga Armida. Alla fine del poema viene ucciso dal cristiano Raimondo.Idraote: mago e indovino, governatore di Damasco e delle città limitrofe. È zio di Armida ed è lui a decidere di mandarla presso il campo cristiano.La linguaLo stile del Tasso si distingue per un "parlar disgiunto", per un verseggiare rotto da frequenti figure retoriche e metriche:chiasmoenjambement, inversione, antitesianadiplosiallitterazioneanafora. I versi sono spezzati all'interno da forticesure. Ad esempio a proposito di Clorinda e Tancredi il Tasso scrive: "Segue egli impetuoso, ||onde assai prima /che giunga, in guisa avvien ||che d'armi suone, / ch'ella si volge e grida: ||"O tu, che porte, / che corri sì?".||Risponde:||"E guerra e morte"./ "Guerra e morte avrai", ||disse...Sono presenti due enjambement tra il primo e il secondo verso e tra il terzo ed il quarto; allitterazione di "g" e "n" nel secondo verso; anafora di "che" nel secondo, terzo e quarto verso; anadiplosi in "guerra e morte" tra i due versi. Cesure evidenti ci sono a metà dei versi.EdizioniGerusalemme liberataTasso aveva completato l'opera nel 1575, ma fu poi riluttante a darla alle stampe, a causa di scrupoli morali che, uniti a disturbi nervosi che andavano via via aggravandosi, gli imponevano una revisione ossessiva del testo. Per questo lo sottopose al giudizio di amici, letterati e religiosi, tra cui Sperone SperoniFlaminio de' NobiliScipione Gonzaga e Silvio Antoniano.Sottopose il poema persino all'Inquisizione, ricevendo due sentenze di assoluzione.Tuttavia, nel 1580, mentre era internato nell'ospedale di Sant'Anna, fu pubblicata una prima edizione scorretta e non completa da Celio Malespini, a Venezia, presso l'editore Cavalcalupo e senza il consenso dell'autore. Tale edizione era mutila dei canti XI, XIII, XVII, XVIII, XIX, XX (il XV e il XVI erano incompleti) e recava il titolo diGoffredo. Tasso ne ebbe gran dispiacere, e l'amico Angelo Ingegneri si mise subito al lavoro per restituire una versione più vicina all'originale. Sulla base di un manoscritto che aveva copiato a Ferrara nell'inverno precedente l'edizione malespiniana, diede alla luce due edizioni del poema, questa volta con tutti i canti. Fu lui a cambiare il titolo dell'opera, che diventò così La Gerusalemme liberata.Tuttavia, per avere la migliore versione occorreva il consenso dell'autore, e, pur riluttante, Tasso diede a Febo Bonnà la propria approvazione. Così, il 24 giugno1581 l'opera usciva per i tipi ferraresi di Baldini, con dedica al duca Alfonso II d'Este. Seguì subito una seconda edizione dello stesso Bonnà, ancor più precisa e corretta.Più tardi, nel 1584Scipione Gonzaga, letterato amico di Tasso che disponeva di più versioni in virtù delle revisioni cui aveva sottoposto il poema per volere di Torquato, approntò una nuova edizione, che apparve diversa dalla precedente per alcuni interventi di censura, operati sia dal curatore sia dall'autore stesso. Fu questa la versione che si affermò presso il pubblico.Molto celebre è stata l'edizione del 1590 stampata a Genova da Girolamo Bartoli, con annotazioni di Scipione Gentili (1563-1616), Giulio Guastavini (m. 1633) e le tavole di Bernardo Castello (1557-1629). Quest'ultimo sottopose le illustrazioni al giudizio dell'autore, che le apprezzò, lodandole in un sonetto.Il poema riscosse subito grande successo, testimoniato dalle numerose ristampe che si susseguirono negli anni successivi. Il testo su cui esse si fondavano era quello del 1584, mentre oggi le edizioni critiche riproducono il testo non censurato del 1581. I numeri confermano l'estrema popolarità di cui l'opera godette sin dalla fine del Cinquecento: la Gerusalemme fu edita trenta volte nella parte finale del XVI secolo, centodieci volte nel XVII, centoquindici nel XVIII e addirittura cinquecento nel XIX.Come era già accaduto per l'Orlando Furioso, il poema tassesco sidiffuse a tutti i livelli sociali, e anche le persone più umili ne sapevano parecchi versi a memoria. Interessante risulta un aneddoto riportato dal Foscolo: trovandosi una sera aLivorno, vide una brigata di galeotti che rincasavano dopo la giornata lavorativa, recitando i versi della preghiera dei crociati prima della battaglia.Nell'Ottocento Severino Ferrari, uno dei più validi allievi del Carducci e insigne filologo, migliorò ulteriormente l'opera, avvalendosi dei dettami della moderna filologia, nata con il metodo del Lachmann, e rifacendosi alle edizioni del Bonnà.Riprese dell'operaLa Gerusalemme si pose immediatamente come modello del poema eroico e costituì il punto di riferimento per le generazioni di poetisuccessive: Giulio Natali rilevava nel 1943 come l'opera fosse stataimitata un centinaio di volte prima che La secchia rapita di Alessandro Tassoni parodiasse il genere, dando vita al poema eroicomico.La Liberata si diffuse subito anche fuori dalla penisola: si racconta come la regina d'Inghilterra, Elisabetta, si rammaricasse di non avere a disposizione un autore come il Tasso, e neanche le traduzioni si fecero attendere: la Gerusalemme ebbe presto varie versioni in latino e nelle principali lingue europee.Le riprese hanno naturalmente valicato i confini della letteratura: il compositore secentesco Jean-Baptiste Lully musicava una celebre Armida, su libretto di Quinault, nel secolo precedente il Rinaldo händeliano. Pregiatissimo il pur breve componimento monteverdiano intitolato Il combattimento di Tancredi e Clorinda (1624). Tra i personaggi del poema, quello della donna ammaliatrice, Armida, ha dominato la scena del melodramma nel Settecento: l'elenco di autori che l'hanno scelta come protagonista di una loro opera è molto lungo e anche solo una selezione di nomi può rendere l'idea dell'importanza del fenomeno: Albinoni (con due opere), VivaldiJommelli (tre riprese), TraettaSalieriSacchiniGluck,Cherubini e Haydn.Armida ricompare, anche se con minor frequenza, nell'Ottocento: è celebre l'Armida rossiniana, ma una certa rilevanza ebbero anche l'opera seria di Francesco Bianchi - le cui parole furono scritte da Lorenzo da Ponte - che andò in scena alKing's Theatre di Londra (1802), Armida e Rinaldo, dramma in musica dell'aversano - e nipote dello Jommelli - Gaetano Andreozzi (1802), rappresentato per la prima volta al S. Carlo di Napoli, e Rinaldoe Armida, ballo eroico del coreografoLouis Henry (1817, prima scaligera).In età romantica, Armida fu affiancata, nell'immaginario di librettisti e compositori, dal personaggio di Erminia. Alla dolce principessa saracena innamorata di Tancredi (protagonista a sua volta nel 1812 di un'opera seria di Stefano PavesiLuigi Antonio Calegari dedicò una farsa giocosa in un atto (1805) e Antonio Gandini un'opera lirica (1818).In ambito letterario bisogna citare almeno l'Enriade di Voltaire e la Messiade di Klopstock, che ebbero nell'opera tassesca il modello principale.Riletture contemporaneeLa storia di Tancredi e Clorinda - già oggetto di un madrigale di Claudio Monteverdi - è stata ripresa in chiave interculturalenella omonima canzone con musica dei Radiodervish e testo di Michele Lobaccaro, pubblicata nel disco Beyond the sea del2009.