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Fonte: Le Scienze21 dicembre 2018Un algoritmo per stabilire lo stato di coscienza
Stabilire se un paziente con una lesionecerebrale è consapevole di se stesso odell'ambiente è un compito complesso,anche a causa delle incertezze sulla realenatura della coscienza. Un algoritmo diapprendimento automatico usa i tracciatidell'EEG per calcolare le probabilità cheun paziente in coma si risvegli, ma il suoutilizzo solleva diversi interrogatividi Sam Rose / Scientific AmericanLa coscienza è un'ideaparticolare, anche misteriosa. Da un chilo emezzo di carne emerge la consapevolezzadel corpo che la ospita e del mondo che lacirconda.Tutti noi riconosciamo la coscienzaquando la vediamo, ma che cos'è veramente?E dove va quando non c'è più?Le neuroscienzenon hanno gli strumenti per rispondere aqueste domande - se pure è possibile farlo -ma in un ospedale i medici devono essere ingrado di stabilirne la presenza. Devono saperese un paziente con una lesione cerebrale èconsapevole di se stesso o dell'ambiente circostante.Questa diagnosi per lo più è ancora fattacon un semplice esame al capezzale.Il paziente esegue i comandi? Sta gesticolandoo verbalizzando intenzionalmente, eccetera?
© BSIP / AGFPer i pazienti sul limitare della coscienza,non lucidi ma non comatosi, definire lo stato dicoscienza è difficile. Movimenti e suoni casualipossono somigliare molto a quelli intenzionali.La consapevolezza va e viene.In molti casi, la posta in gioco con la diagnosi èmolto alta. Il paziente si trova in uno stato diminima coscienza, dove c'è una certa probabilità diguarigione, o il paziente è colpito da sindrome diveglia aresponsiva, in cui le azioni sono ritenutecasuali e prive di intenzionalità e in cui c'è benpoca speranza di recupero? Purtroppo, in ben il40 per cento dei casi la diagnosi è problematica.Considerata la posta in gioco, un studio da poco pubblicato sulla rivista "Brain"  cerca di dare aimedici un piccolo aiuto.L'articolo descrive in dettaglio un algoritmo diapprendimento automatico che distingue lasindrome di veglia aresponsiva dallo stato diminima coscienza usando le registrazioni elettroencefalografiche (EEG).Se fosse adottato, l'algoritmo ridurrebbe lanecessità di affidarsi a congetture per formularela diagnosi e probabilmente funzionerebbe megliodella maggior parte dei medici umani.Ma diagnosticare lo stato mentale con unalgoritmo solleva preoccupazioni etiche.Fino a che punto ci sentiamo tranquilli adaffidare una diagnosi di vita o morte a unamacchina, soprattutto pensando alla benscarsa chiarezza su cosa sia la coscienza?L'idea di scrutare il cervello alla ricerca ditracce di coscienza non è nuova.Per decenni, i ricercatori hanno vagliatola possibilità di usare tecniche di scansionedel cervello come la PET e la fMRI per studiareil limite della coscienza.In un importante studio del 2014, le scansioniPET hanno dimostrato che in alcuni pazienti acui era stata diagnosticata (sbagliando) la sindromedi veglia aresponsiva il cervello poteva risponderealle indicazioni. Inoltre, i pazienti con una PET attivaavevano maggiori probabilità di ottenere unrecupero significativo.
© Science Photo Library / AGFQuesto risultato indica chein caso di dubbi sullo stato di coscienza di un pazientesi dovrebbe ricorrere alle scansioni PET.Queste scansioni, però, non sono disponibili in tuttigli ospedali, e sono costose, soggette ad artefatti edifficili da interpretare.Un'alternativa più accessibile è l'elettroencefalografia,in cui sensori elettrici sono collocati sul cuoio capellutodel paziente per rilevare l'attività cerebrale attraversoil cranio. L'EEG registra l'attività cerebrale sotto formadi onde quando un numero sufficiente di neuroni siattiva all'unisono. In una persona sana, queste ondehanno frequenze prevedibili. Dopo una lesionecerebrale, il loro schema è meno prevedibile.Nel nuovo studio, un gruppo dell'ospedale Pitié-Salpêtrière di Parigi ha effettuato registrazioni EEGsu 268 pazienti ai quali era stata diagnosticata lasindrome di veglia aresponsiva o uno stato diminima coscienza.Gli EEG sono stati registrati prima e durante uncompito di ascolto progettato per rilevare l'elaborazionecosciente dei suoni. Decine di aspetti dei dati sonostati inseriti in un algoritmo di apprendimentoautomatico chiamato DOC-Forest.In questo complesso compito DOC-Forest si ècomportato piuttosto bene. Circa 3 casi su 4sono stati diagnosticati correttamente.(Nota: per valutare le prestazioni invece dellaclassica accuratezza, gli autori hanno usato unametrica più sofisticata chiamata AUC. La AUCtiene conto del tasso di falsi positivi, che in questocaso ha conseguenze significative.)Gli autori hanno  testato DOC-Forest anche inscenari realistici, introducendo nei dati del rumorecasuale in modo da simulare l'effetto di possibilidifferenze nelle procedure di raccolta dei dati.Hanno considerato la diversa disposizione deisensori sul cranio, e hanno anche usato l'algoritmosu un secondo gruppo di pazienti. DOC-Forest hadato sempre buoni risultati, fornendo valori diprestazione simili.Sotto un certo profilo, questo algoritmo diapprendimento automatico rappresenta unprogresso significativo. I dati EEG sono complessie hanno molte dimensioni - tempo, frequenza,condizioni di prova, posizione dei sensori, e viadiscorrendo - che si sviluppano sul monitorschermata dopo schermata.In genere, i ricercatori si concentrano su unamanciata di caratteristiche di facile interpretazione,per esempio la comparsa di una specifica ondacerebrale durante l'attività di ascolto.Questa focalizzazione sull'interpretazioneesclude però aspetti potenzialmente importantidei dati. L'apprendimento automatico non haquesto pregiudizio umano a favoredell'interpretabilità e della comunicabilità.Si concentra solo sulla classificazione correttadei dati, che è tutto ciò che serve inquesto caso.
L'algoritmo messso a punto è in grado diindividuare negli EEG segnali difficilmenteidentificabili da un essere umano(© Science Photo Library / AGF)Se usatonella pratica clinica, DOC-Forest potrebbeessere uno strumento utile per un neurologoalle prime armi, scandagliando le sinuosetracce elettroencefalografiche e fornendole probabilità che il paziente abbia un certolivello di coscienza, sfuggito al medicoinesperto durante i test al capezzale.Qui però c'è un circolo vizioso.L'algoritmo è addestrato su casi che ineurologi umani hanno diagnosticatoproprio con test al capezzale.Mentre il gruppo di Pitié-Salpêtrière hapotuto seguire i pazienti per un certotempo così da ridurre al minimo gli erroridiagnostici, l'algoritmo associa comunquesolo i segnali EEG a quelle diagnosi alcapezzale, sia pure fatte da esperti.Che cosa ci può però dire di una qualcheforma di coscienza che non sia rivelatada nessuno di questi test, EEG o altro?Teniamo a mente che in realtà non sappiamodove e come emerga la coscienza.Al di fuori di quelle che sperimentiamo su noistessi, non abbiamo un'idea delle forme chepuò assumere l'esperienza cosciente.Si potrebbe sostenere che la nostra ridottissimacomprensione del problema significa che nondovremmo ancora coinvolgere le macchine.D'altra parte, non è chiaro se avremo mairisposte soddisfacenti a queste domande.Quindi, perché non lasciare che unostrumento attentamente progettato,come DOC-Forest, aiuti a prenderedecisioni nel quadro della nostra attualecomprensione della coscienza? Non c'èuna risposta facile, ma la questioneprobabilmente dovrebbe essere discussaperché l'ora dell'uso quotidiano di questi strumenti si avvicina.--------------------------(L'originale di questo articolo è stato pubblicato su "Scientific American" il 18 dicembre 2018. Traduzione ed editing a cura di Le Scienze. Riproduzione autorizzata, tutti i diritti riservati.)