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E' una lunga storia di Gunter Grass


Fonte: InternetÈ una lunga storia "Adesso capirai, bambina mia, perché il tuo nonno desidera soltanto andarsene, qui tutto ha di nuovo l'odore brandeburghese misto di pino e di caserma. Per farla breve: voglio semplicemente 'volatilizzarmi', come dicono i berlinesi, ma non appena mi riuscirà di riemergere in letizia da qualche parte, e il più lontano possibile dallo scambio di colpi tedesco-tedesco, ti invierò numerosi e significativi segnali lampeggianti..." Protagonista è un vecchio: nato nel 1919, vissuto lungo tutto il secolo, testimone di una Germania tragica nelle sue diverse vicende storiche. Ma il tempo può anche essere vinto: se il protagonistade Il tamburo di latta tentava di fermarlo e il suo rifiuto di crescere, di farsi adulto, era il rifiuto di unacontemporaneità condannata, questo vecchio, nell'identificazione con un romanziere vissuto esattamente un secolo prima, Theodor Fontane, rappresenta il rifiuto della storia tout court. La Germania gioca e ha giocato un ruolo centrale nell'Europa di questo secolo, nella sua odiosa grandezza e nel suo travaglio di Paese sconfitto e dilaniato: oggi, riunificata, forse offre un'immagine più sbiadita, unastanchezza culturale che non ha la forza di ricostruire lapropria fisionomia. E così solo in una progressiva identificazione con unintellettuale del passato, con l'attaccamento alla citazionee alla cultura dei libri, scostandosi almeno un po' dalla cronaca, si può pensare ad una rinascita, ad una nuova forma di giovinezza.Sarà la giovane nipote francese a dare un po' di freschezza a questa "lunga storia" della malinconia e del rifugio, dell'abbandono e della vecchiaia. Anche questo romanzo, come per altro tutte le opere di Grass, può essere definito una "superba macchina narrativa", una "cattedrale gotica" (come Renato Barilli  lo ha recentemente definito), la cui complessa architettura   ha come necessario supporto tanti elementi decorativi, apparentemente accessori, in realtà sostanziali alla vita dell'intera costruzione. Così trovano giustificazione esenso quell'innumerevole quantità di rimandi e citazioniche forse rendono il testo apparentemente troppo letterario, vera finzione, ma proprio in questo testimonianza di unastanchezza del presente, una malinconia, una sfiducia nelle "magnifiche arti e progressive" che Günter Grass in più di un'occasione ha testimoniato direttamente. Lo scherzoso nomignolo Fonty, giocosamente attribuito al vecchio fattorino Theo Wuttke, a causa del suo amore sconfinato e alla sua progressiva identificazione con ilromanziere Theodor Fontane, sottolinea la malinconiadi fine secolo che pervade il romanzo, l'americanizzazione del nome pu˜ essere il simbolo della perdita d'identità diuna nazione che, riunificandosi, è riuscita a cancellare tanta parte di sé. Ma anche Fonty, come tutti i grandi personaggi letterari, ha la sua "Ombra Perenne", Hoftaller, eternamente disponibile ad adeguarsi con entusiasmo a nuovi regimi e a nuovi padroni: due facce, due aspetti di questa stanca umanità di fine millennio che ne ha forse viste troppe, troppo ha sofferto per sapersi inventare,altrimenti che nella rievocazione o nella fuga, un futuro                          che abbia un senso. Solo l'architettura complessa del romanzo, solo il narrare dà ordine a un mondo fatto di piccole questioni quotidianee di grandi tragedie collettive che si intrecciano in modo inestricabile e ci farebbero smarrire se lo scrittore non ci indicasse un superiore ordine intellettuale a cui fare riferimento.