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I sotterranei, Jack Keroua


Risorse della biblioteca scolasticaAndrea PomellaPer contribuire a un momento d'incontro, approfondimento e scambio come Tempo di Libri, la fiera del libro che si terrà a Milano dall'8 al 12 marzo, abbiamo creato uno speciale doppiozero | Tempo di Libri dove raccogliere materiale e contenuti in dialogo con quanto avverrà nei cinque giorni della fiera. Riprenderemo i temi delle giornate - dalle donne al digitale -, daremo voce a maestri che parlano di maestri, i nostri autori scriveranno sugli incipit dei romanzi più amati, racconteremo gli chef prima degli chef, rileggeremo l' "Infinito" di Leopardi e rivisiteremo la Milano di Hemingway, rileggeremo insieme testi e articoli del nostro archivio, che continuano a essere attuali e interessanti."Ero una volta giovane e aggiornato e lucido e sapevo parlare di tutto connervosa intelligenza e con chiarezza esenza far tanti retorici preamboli comefaccio ora; in altre parole questa è lastoria di uno sfiduciato che non è piùpadrone di sé e insieme la storia di unegomaniaco, per costituzione e nonper facezia, - questo tanto per cominciaredal principio con ordine ed enucleare laverità, perché è proprio questo che vogliofare. Cominciò con una calda notte d'estate,sì, con lei seduta su un parafango quandoJulian Alexander che sarebbe...Ma cominciamo dalla storia dei sotterraneidi San Francisco". Intorno ai vent'anni mi innamorai diquesto incipit letterario del quale mi sonodisinnamorato solo oggi, 24 gennaio 2018,per le ragioni che spiegherò di seguito. Il libro in questione è I sotterranei di JackKerouac (nella mia edizione - Feltrinelli, 1994- alla voce "traduzione dall'americano" èscritto "di ANONIMO").A dirla tutta, il mio amore, o dovrei dire lamia ossessione, riguardava più in generalel'opera complessiva di Jack Kerouac, ossiacolui che - citando Henry Miller - "ha violentatoa tal punto la nostra immacolata prosa, cheessa non potrà più rifarsi una verginità".Ma questo incipit, questo particolare incipit,negli anni a seguire ha martellato più di tuttinella mia testa, e così a lungo da avermicondizionato ogni volta che mi sono sedutoal computer anche solo per stilare unprotocollo d'intesa, o per scrivere unalettera velenosa alla mia compagniaassicurativa.I sotterranei è ambientato nelle caves di San Francisco, popolate di droga, jazz,puttane e messicani "che fanno yayà nei locali",e narra l'amore turbolento tra un bianco euna nera. Inizia con una frase piena zeppa di"e": E, e, e, e, e... una congiunzione via l'altra,come un'ouverture suonata col charlestondella batteria che mette subito in chiaroquale sarà il ritmo portante della serata."Questa è la storia", dice Kerouac.Va bene, ma quale storia? Qui si dà avvio adalmeno TRE storie, con TRE personaggi diversi(tre sé di un unico io schizofrenico): lo sfiduciato,quello che non è più padrone di sé e l'egomaniaco.Per poi, subito dopo, far entrare in scena altridue personaggi che non sono né lo sfiduciato,né quello che non è più padrone di sé, nél'egomaniaco, bensì una donna seduta sulparafango e un tale di nome Julian Alexander,che sarebbe... no, Kerouac non ce lo dice(a onor del vero lo svelerà nel paragrafosuccessivo). Perché l'autore sembra riconosceredi aver messo troppa carne al fuoco, perché ciha già detto tutto e non ci ha detto niente, eperché prima d'ogni altra cosa deve trovare lachiusa del paragrafo, ed è una cosa cheoccorre fare nella dovuta maniera.E quanta umana, vezzosa debolezza in quel sì che l'anonimo traduttore ha messo tra levirgole: "Cominciò con una calda notte d'estate, sì, con lei seduta su un parafango" (nel testo originale c'è un ancor più vezzoso"ah": "It began on a warm summer night - ah, she was sitting on a fender...").Ora, intorno ai vent'anni sentivo nell'incipitdi I sotterranei, e in tutta l'opera di Kerouac,una sincerità dolorosa e commovente.Mentre oggi, da lettore scafato quale sono,oggi avverto la catena dello stile.Lo stile è il giogo che impediva a Kerouac digiungere alla verità; la completa, nitida,luccicante verità di qualsiasi cosa egli volesseraccontare. Lo stile è la sua prigione, lagabbia dalla quale non è mai evaso.Va bene, ma perché me ne sono accortosolo adesso? Forse una risposta ce l'ho:perché nel frattempo ho smesso di averevent' anni.