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L'impronta dei popoli precolombiani sulla foresta amazzonica


Fonte: Le Scienze 03 marzo 2017 L'impronta dei popoli precolombiani sulla foresta amazzonica
L'Amazzonia è disseminata di piante domesticate, in particolare nelle zone vicine ai siti archeologici precolombiani. Lo rivela un nuovo studio che sfata l'immagine della "foresta vergine" e sottolinea l'importanza di conservare queste zone di foresta - attualmente non consideratecome hotspot di biodiversità - perché hanno un alto valore storicocittà (quasi) perdute dell'AmazzoniaambientebiodiversitàarcheologiaIn Amazzonia c'è la foresta vergine per antonomasia? Forse no, a giudicare da una nuova ricerca pubblicata sulle pagine di "Science" da Carolina Levis e colleghi del National Institute for Amazonian Research (INPA)in Brasile, secondo cui la foresta amazzonica è disseminata di specie vegetali domesticate dalle popolazioni indigene prima dell'arrivo di Cristoforo Colombo, specie che continuano a rivestire un ruolo importate nella foresta attuale."Per molti anni, gli studi di ecologia hanno ignorato l'influenza delle popolazioni precolombiane sulle foreste che vediamo oggi", ha sottolineato Levis. "Grazie al nostro studio, si è scoperto che un quarto delle specie domesticate dell'Amazzonia è ampiamente distribuito nel bacino e domina ampie zone di foresta; questi risultati indicano chiaramente che la flora amazzonica è in parte un'eredità dei suoi antichi abitanti".
Utilizzando i dati raccolti oltre 1000 monitoraggi della flora condotti dall'Amazon Tree Diversity Network e la mappa di più di 3000 siti archeologici di tutta l'Amazzonia, Levis e colleghi hanno confrontato la composizione della foresta a varie distanze dai siti archeologici, realizzando così la prima "fotografia" di come le popolazioni precolombiane hanno influenzato la biodiversità dell'Amazzonia.Lo studio si è focalizzato in particolare su 85 specie di alberi, tra cui alcune ben note per la loro importanza commerciale come il cacao e la noce brasiliana, che sono state domesticate dalle popolazioni amazzoniche nell'arco di migliaia di anni.Dall'analisi è emerso che in tutto il bacino amazzonico, le specie domesticate erano cinque volte più comuni delle specie non domesticate e molto più comuni e più diversificate nelle zone di foresta vicine ai siti archeologici."I primi europei giunti nell'area riferivano di aver visto popolazioni indigene che vivevano in foreste apparentemente vergini, e quest'idea ha avuto una grande fortuna, poiché affascinava la stampa, i politici e anche qualche scienziato", concludono i ricercatori. "Questo studio conferma invece che aree dell'Amazzonia che appaiono vergini portano evidenti le tracce dell'intervento degli esseri umani".Il numero di specie considerate è piuttosto limitato, avvertono i ricercatori, ma è sufficiente a rivelare la profonda impronta umana sulla foresta.Si può ragionevolmente ipotizzare che le specie coinvolte siano molte di più, perché le popolazioni indigene hanno gestito centinaia di piante senza domesticarle: si calcola che ve ne siano circa 16.000. Studiarle è della massima importanza, perché l'eredità precolombiana, sia i siti archeologici sia le foreste con una forte componente storica, sono a rischio di degrado e deforestazione."Le implicazioni per i progetti di conservazione sono notevoli", ha concluso André Junqueira, coautore dello studio. "Abbiamo infatti mostrato che le regioni sud occidentale e orientale dell'Amazzonia hanno la maggiore concentrazione di specie domesticate e che queste stesse specie sono quelle più minacciate dal degrado e dalla deforestazione; non sono considerate classici hotspot di biodiversità, mentre dovrebbero essere al massimo delle priorità di conservazione, in quanto riserve di foreste di alto valore per le popolazioni umane".