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Fonte: articolo riportato dall'InternetRIUTILIZZO DEGLI SCARTI MARINIPalle di mare, da scarto a risorsa eco sostenibile
Atutti è capitato di vederle lungo le spiagge sabbiose o ghiaiose del Mediterraneo, soprattutto dopo le mareggiate, e spesso ci siamo chiesti cosa fossero esattamente. Il loro termine scientifico è egagropilo o egagropila ed indica quegli agglomerati sferici od ovali di colore marrone chiaro e di consistenza feltrosa costituiti da residui fibrosi di alghe come la Lattuga di mare (Ulva lactuca) o di vere e proprie piante marine dei generi Posidonia e Zostera che si accumulano sui litorali, sospinti dalle onde.La formazione degli egagropili, comunemente noti come polpette o palle di mare, delile o anche patate di mare, è frutto dello sfilacciamento dei residui fogliari fibrosi che circondano il rizoma della pianta e della loro aggregazione in forme tondeggianti ad opera della risacca marina.Il significato della presenza delle palle di mareLa loro presenza può essere letta in due modi: uno positivo, in quanto indica la presenza di fronte alla spiaggia di praterie di Poseidonia o Zostera, ovvero di ecosistemi importanti per la biodiversità marina (per esempio per la vita dei sempre più rari cavallucci marini) ed utili per la produzione di ossigeno e per il consolidamento dei fondali. Il lato negativo è che un'elevata presenza di queste formazioni tondeggianti può indicare anche che le praterie sottomarine stanno morendo o comunque si stanno disgregando.In quest'ultimo caso di solito i residui spiaggiati non si limitano alle tipiche palline delle egagropile, ma formano veri e propri mucchi di materiale vegetale morto che può riempire in modo massiccio i litorali, causando vari problemi (si pensi ai processi di putrefazione di questi residui organici) e rendendo le spiagge e le acque di fronte ad esse anche difficilmente balneabili.Una risorsa trascurataIn tutti i casi tuttavia questi "scarti vegetali" possono diventare una risorsa, in quanto costituiscono importanti biomasse ricche di cellulosa, che possono essere riutilizzate in vari modi a livello industriale e agricolo.Per esempio il Progetto PRIME - "Posidonia Residues Integrated Management for Eco-sustainability", finanziato dalla Comunità Europea con il Programma di Iniziativa Comunitaria Life+ e realizzato dal Comune di Mola di Bari (Lead Partner), da ECO-logica Srl, dall' Istituto di Scienze delle Produzioni Alimentari (CNR-ISPA) e da altri partners, ha messo a punto un Sistema Integrato di Gestione dei residui spiaggiati di posidonia per analizzare e valutare gli aspetti legati all'ecosistema marino e costiero e al potenziale riutilizzo in agricoltura. In particolare il progetto ha consentito di individuare le migliori modalità di recupero dei residui di Posidonia spiaggiata e di utilizzare questomateriale organico come ammendante e fertilizzante nei suoli agricoli e/o come substrato per l'ortoflorovivaismo, previo compostaggio.Un altro intelligente utilizzo delle palle di mare è stato quello messo a punto da Edilana, azienda sarda leader in progetti legati al riutilizzo ecologico di quelli che in molti casi sono considerati scarti o rifiuti. In questo caso, infatti, le egagropile sono diventate parti fondamentali per la realizzazione di Edimare, un pannello isolante ad altissima efficienza termica ed acustica utilizzato nell'edilizia.Infine ricordiamo la famosa "Carta Alga" della Favini, l'innovativa carta ecologica nata negli anni '90 dalle alghe infestanti della Laguna di Venezia, che tuttora utilizza materiale in eccesso proveniente da ambienti lagunari a rischio. Le alghe, raccolte ogni anno, vengono unite a fibre FSC - Forest Stewardship Council (ovvero foreste certificate) e vanno così a sostituire una parte della cellulosa di origine arborea normalmente utilizzata nella produzione di carta. La quantità di alghe utilizzata nella produzione di questo tipo di carta varia in genere dal 5 al 10%, ma può arrivare fino al 30%.© RIPRODUZIONE RISERVATARIPRODUZIONE CONSENTITA CON LINK A ORIGINALE E CITAZIONE FONTE: RIVISTANATURA.COM