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Il perchèdei tratti gentili della razza europoide.


Fonte: articolo riportato dall'Internet06 dicembre 2019Il gene dei nostri tratti gentilidi Emily Willingham/Scientific American© Cultura / AGF Un cambiamento genetico potrebbe essere all'origine dei tratti facciali degli esseri umani moderni, meno marcati rispetto a quelli dei nostri antichi cugini NeanderthalEVOLUZIONE NEANDERTHAL GENETICALe rappresentazioni di Neanderthal, i nostri antichi partner occasionali di accoppiamento, di solito mostrano tratti del viso che sono più grandi e marcati dei nostri, una fronte sfuggente e bassa, e sopracciglia folte. In confronto, i nostri occhi, naso e bocca sono più piccoli e occupano meno spazio nel viso. Sebbene molti primati inizino la vita con questo aspetto più delicato, noi siamo gli unici a mantenerlo nell'età adulta.Un'ipotesi su come gli esseri umani siano passati dallo sviluppo, nella maturità, di un robusto volto neanderthaliano al mantenimento di tratti più gentili per tutta la vita si basa sull'idea di un'"auto-domesticazione" del nostro viso. L'idea suggerisce che, mentre gli esseri umani si affidavano sempre di più alle interazioni sociali pacifiche, i nostri antenati abbiano iniziato a selezionare compagni con caratteristiche meno aggressive, nell'aspetto del viso così come in altri tratti. Ma finora le prove genetiche che collegano le caratteristiche facciali a questo processo di auto-domesticazione sono state scarse.Un nuovo studio pubblicato su "Science Advances" fornisce il collegamento mancante. I risultati mostrano che i cambiamenti del DNA sottostanti allo sviluppo facciale differiscono nettamente tra gli esseri umani di oggi e i nostri parenti estinti più vicini, Neanderthaliani e Denisoviani, un altro anticoramo dell'albero genealogico umano.Sono le differenze che ci si aspetterebbe se gli umani moderni fossero una specie auto-addomesticata, afferma Richard Wrangham, professore di antropologia biologica alla Harvard University, non coinvolto nel lavoro. Studi precedenti avevano considerato geni potenzialmente legati alla domesticazione negli esseri umani, spiega Wrangham, ma il "progresso cruciale" del nuovo articolo sta nell'individuare un candidato gene importante correlandolo a un risultato previsto della domesticazione: caratteristiche facciali più fini.Per scoprire questo collegamento, gli autori hanno usato cellule di persone con un disturbo genetico ben definito, chiamato sindrome di Williams-Beuren. Caratteristiche facciali e comportamenti delle persone con questa sindrome tendono fortemente verso l'estremo più amichevole dello spettroumano. I ricercatori hanno ipotizzato che i cambiamenti del DNA alla base di questi tratti potrebbero aiutare a spiegare la genetica dell'evoluzione facciale umana. I geni correlati alla Williams-Beuren su cui si sono concentrati gli scienziati guidano migrazione e azione delle cellule della cresta neurale, che hanno diversi compiti nel primo sviluppo embrionale: uno è contribuire a costruire le ossa del viso.Per questo lavoro, Matteo Zanella, dell'Università degli Studi di Milano, e i suoi colleghi si sono focalizzati su BAZ1B, un gene associato alla Williams-Beuren, che regola la migrazione delle cellule della cresta neurale. Utilizzando cellule prelevate da persone con e senza sindrome di Williams-Beuren, i ricercatori hanno valutato l'impatto di diverse "dosi" di questo gene. Hanno così scoperto che BAZ1B è un "sistema di controllo principale" delle cellule della cresta neurale, con effetti diversi a basse o alte dosi.I ricercatori hanno quindi confrontato le sequenze di DNA che interagiscono con BAZ1B negli esseri umani moderni con le stesse regioni nel DNA di antichi esseri umani. Tra le due c'erano differenze, affermano gli autori: quelle degli esseri umani moderni hanno una lieve alterazione dell'attività della cresta neurale rispetto alla piena potenza dei suoi effetti, non gravata da alcuna alterazione, nei Neanderthaliani e nei Denisoviani. Il risultato del leggero scostamento negli esseri umani moderni è nei nostri tratti facciali più contenuti. I ricercatori suggeriscono che la versione più delicata delle caratteristiche facciali si diffuse ampiamente tra gli esseri umani mentre si avviavano verso uno stile di vita più sociale e meno aggressivo.Faccia da Denisovadi Giovanni SabatoUsare un disturbo genetico ben caratterizzato come la Williams-Beuren è un buon modo per studiare i geni coinvolti in processi di sviluppo come quello del viso, afferma Marcelo Sánchez-Villagra, professore di paleobiologia all'Università di Zurigo, non coinvolto nel lavoro. Simili strumenti aprono la strada alla comprensione di quello che è accaduto durante una fase critica dell'evoluzione umana, afferma lo scienziato.L'autore senior dello studio, Giuseppe Testa, professore di biologia molecolare all'Università degli Studi di Milano, sottolinea il contributo dei soggetti con sindrome di Williams-Beuren al lavoro. "È entusiasmante ma anche molto bello dal punto di vista scientifico pensare alla diversità genetica alla base di queste sindromi come a un mosaico che, adeguatamente indagato, può far luce sul nostro passato", afferma.Il gruppo di Testa ha anche identificato altri geni con possibili collegamenti a comportamenti sociali associati all'auto-domesticazione. Uno di questi, FOXP2, è coinvolto nella nostra capacità di parlare. Wrangham afferma che sarà importante esaminare i geni collegati a una riduzione delle dimensioni del cervello, in cui le cellule della cresta neurale non svolgono un ruolo: i Neanderthal avevano un cervello più grande degli esseri umani moderni.Testa considera gli studi che confrontano il DNA umano moderno e antico come un'enorme opportunità. "Abbiamo davvero iniziato ad aprire un campo di ricerca che poggia sulle spalle di molti giganti e che speriamo possa attirarne molti altri", conclude.(L'originale di questo articolo è stato pubblicato su "Scientific American" il 4 dicembre 2019. Traduzione ed editing a cura di Le Scienze. Riproduzione autorizzata, tutti i diritti riservati.)