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Fonte: articolo riportato dall'Internet21 gennaio 2020Alle origini della comunicazione acusticadi Giulia Assogna
Le rane discendono da animali prevalentemente notturni ma hanno conservato la capacità di comunicare acusticamente anche dopo il passaggio alla vita diurna (© Peter Trimming/Creative Commons) La capacità di comunicare attraverso suoni prodotti dall'apparato respiratorio, come i gracidii delle rane o i cinguettii degli uccelli, si è evoluta circa 200 milioni di anni fa. Lo ha stabilito uno studio che ha scoperto inoltre che era associata a stili di vita notturni ma si è conservata come tratto stabileIl cinguettio degli uccelli, l'ululato dei lupi, il barrito degli elefanti, il gracidio delle rane. Sono solo alcuni dei suoni usati dagli animali per comunicare tra loro, richiami ancestrali le cui origini risalgono indietro nel tempo di centinaia di milioni di anni. Ma a quando esattamente? E perché si sono sviluppati in alcune specie e non in altre?Uno studio guidato da John J. Wiens, dell'Università dell'Arizona, e colleghi, pubblicato su "Nature Communications", risponde ora a queste domande, rivelando per la prima volta che la comunicazione acustica tra i vertebrati si è evoluta tra i 200 e i 100 milioni di anni fa, che si è conservata come tratto stabile nelle diverse linee evolutive e che era inizialmente associata a uno stile di vita notturno.Per comunicazione acustica si intende quel tipo di comunicazione - condiviso da animali ed esseri umani - che utilizza suoni prodotti solo dal sistema respiratorio e non da altre parti del corpo, per esempio lo sbattimento delle ali. È stata studiata a lungo, ma non si avevano informazioni certe sulle ragioni della sua comparsa.La ricerca è stata condotta con un approccio filogenetico, cioè ricostruendo un albero di parentela evolutiva tra i gruppi animali, in particolare mammiferi, uccelli, anfibi e rettili. I ricercatori hanno raccolto i dati disponibili in letteratura sulla presenza di comunicazione acustica in 1800 specie di vertebrati vissuti negli ultimi 350 milioni di anni, registrandone anche le abitudini comportamentali e l'ambiente in cui vivevano. Le analisi statistiche dei dati hanno quindi dimostrato che questo genere di comunicazione si è affermato nei gruppi animali con abitudini notturne.In assenza di luce, infatti, era impossibile allontanare i predatori o attrarre i partner utilizzando caratteristiche fisiche visibili, come i colori o le dimensioni del corpo: trasmettere segnali sonori ha dunque fornito un notevole vantaggio per la sopravvivenza della specie.Oggi, la comunicazione acustica è presente nel 95 per cento dei vertebrati terrestri, ed è rimasta come carattere evolutivo stabile anche in quei gruppi animali che nel tempo hanno modificato il loro stile di vita acquisendo abitudini diurne. "Sembra che la comunicazione acustica sia stata un vantaggio durante le attività notturne, ma che non abbia costituito mai uno svantaggio nel passaggio alle attività diurne" spiega Wiens. "Abbiamo degli esempi in alcuni gruppi di rane e mammiferi che ora sono attivi di giorno, ma che hanno mantenuto la comunicazione acustica per 200 o 100 milioni di anni, a seconda del gruppo di appartenenza, cioè da quando avevano ancora abitudini notturne".Un indizio interessante dell'antico comportamento notturno è che la maggior parte degli uccelli è attiva nel canto soprattutto all'alba. I risultati della ricerca confermano inoltre che la capacità di vocalizzare non è uno stimolo per la diversificazione del gruppo e la nascita di nuove specie, come invece si pensava precedentemente. "Se si guarda a una scala ridotta, pochi milioni di anni, e all'interno di certi gruppi specifici, per esempio le rane e gli uccelli, l'idea sembra funzionare. Ma se si guarda a una scala più ampia, come 350 milioni di anni di evoluzione, ci accorgiamo che la comunicazione acustica non può spiegare tutta la diversità di specie che conosciamo oggi" conclude Wiens.