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La vita in Islanda...


Fonte: articolo riportato dall'InternetFase 2: imparare a vivere di resilienza come in IslandaIl popolo di quest'isola dalla natura primordiale ha imparatoa vivere nello stile "þetta reddast", "va tutto bene"Per secoli gli islandesi hanno convissuto con condizioni climaticheestreme, eruzioni vulcaniche, povertà.Il popolo di quest'isola dalla natura primordiale ha imparato a viverenello stile "þetta reddast" che potremmo tradurre con il nostro "va tutto bene", una sorta di resilienza che dimostra come, talvolta,sia meglio accettare positivamente ciò che accade e guardare avanti.Descrive molto bene questo atteggiamento Katie Hammel, giornalistadi BBC Travel, in un suo articolo in cui racconta che, a fine estate2019, si è trovata con il camper in panne in una delle zone menoturistiche dell'Islanda, quella di Westfjords, nella punta nordoccidentaledell'isola dove, anche d'estate, periodo di massima affluenza turistica,arriva al massimo il 6% dei visitatori.Avvertita la società di noleggio, la risposta è stata "þetta reddast".Il meccanico per riparare il guasto non sarebbe arrivato fin laggiùprima del loro ritorno in patria.Questa frase è un po' lo slogan in Islanda, racconta la Hammel, eveniva usata prima ancora della pandemia di Coronavirus.Rispecchia esattamente il modo di approcciare la vita degli abitanti,che hanno un atteggiamento "easy" nonché un grande sensodell'umorismo.Eppure non ci aspetterebbe un comportamento positivo da unapopolazione che, almeno fino a XX secolo, ne ha subite di tutti icolori.Solo nel 1783, l'eruzione del vulcano Laki si è portata via il 20%della popolazione che allora contava solamente 50mila personeinsieme all'80% delle pecore che costituivano una fonte alimentarevitale per il Paese che, ancora oggi, scarseggia in agricoltura.Poi ci sono state le tempeste e le mareggiate, che hanno distruttole barche dei pescatori, altra fonte di sussistenza per gli islandesi,insieme a molti uomini e addirittura a interi villaggi di pescatori.E fino agli inizi del XVIII secolo, morivano molti bambini, il 30%prima ancora di aver compiuto un anno di età.L'Islanda per una popolazione prettamente anziana era quindi unluogo difficile in cui vivere.Solo un secolo fa la gente viveva ancora nelle case fatte di torba.Ora, specie nella Capitale Reykjavik, si trovano condomini ultramodernidi vetro e acciaio.Quella che conosciamo oggi, quindi, è un'Islanda diversa, con moltepiù comodità di un tempo, molto più moderna, dove c'è elettricitàgeotermica, si trova il wi-fi e le carte di credito sono accettate ovunque.Ma la natura, qui, ha ancora oggi spesso la meglio sull'uomo.Cinquant'anni fa il vulcano Eldfell esplose sull'isola di Heimaey,spargendo milioni di tonnellate di cenere su 400 edifici provocandol'evacuazione di 5mila persone.Poco più di 25 anni fa, una gigantesca valanga decimò la cittadinadi Flateyri nei Westfjords, seppellendo una dozzina di abitazioni euccidendo un decimo degli abitanti.È recentissima, infine, l'eruzione del vulcano Eyjafjöll, chenell'aprile del2010 paralizzò per diversi giorni il traffico aereomondiale.Anche nei giorni in cui non avvengono veri e propri disastri, l'Islandadeve fare i conti con scosse di terremoto (circa 500 ogni settimana),gorgoglii che provengono dal sottosuolo, geyser e fumarole, cascatescroscianti e ribollimenti vari.Del resto, l'isola poggia su due placche terrestri che si allontananoogni anno di 3 centimetri e il terreno è in costante movimento.La resilienza per gli islandesi è uno status, essendo loro benissimocapaci di far fronte in maniera positiva a tutti gli eventi traumatici edi riorganizzare positivamente la loro vita.Nessuno potrebbe vivere in queste condizioni se non pensasse cheva tutto bene: "þetta reddast", appunto.