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La minaccia dello spillover inverso.


Fonte: articolo riportato dall'Internet MICROBIOLOGIA COVID-19 ANIMALI 25 maggio 2020La minaccia dello spillover inversodiStacey McKenna/Scientific American© Monty Rakusen/AGF Il passaggio dei virus dagli esseriumani agli animali è un fenomeno poco noto, ma che staavvenendo sempre più spesso, soprattutto negli allevamentidi bestiame, e in particolare di maiali, e rappresenta unulteriore fattore di rischio di epidemie.La soluzione, secondo gli esperti, è un approccio che considerila salute umana nel contesto più ampio del benessere degli animali edell'ambiente.Quando il nuovo coronavirus è passato agli esseri umani alla finedel 2019, adattandosi così bene alla nuova specie ospite da causareuna pandemia, stava sfidando ogni calcolo delle probabilità.Anche se gli scienziati stimano che circa il 60 per cento degli agentipatogeni umani conosciuti e fino al 75 per cento di quelli associatialle malattie emergenti hanno origine negli animali, il successo dellospillover rimane estremamente raro.Secondo gli studiosi, in natura esistono da 260.000 a più di 1,6milioni di virus animali. Eppure, con poco più di 200 virus di cuiè documentato che colpiscono l'uomo, molto meno dello 0,1 percento di quelli di altre specie hanno "mai causato un'infezioneumana", sottolinea un articolo di "PLOS Biology" del 2019.Affinché un virus salti dagli animali all'uomo e poi sopravviva, siriproduca e si diffonda in modo efficiente tra i suoi nuovi ospiti, ènecessario che siano compresenti diversi fattori, incluse lecaratteristiche ecologiche e virali.Negli ultimi decenni, la crescita della popolazione, le perturbazioniambientali e l'aumento dell'agricoltura industriale hanno alteratola cosiddetta interfaccia uomo-animale.Questo cambiamento ha portato alla comparsa di diverse malattiezoonotiche, dall'Ebola alle influenze aviarie e suine e a diversi coronavirus.I microbi, però, non fanno il salto di specie in una sola direzione.Sono stati segnalati diversi casi di pazienti COVID-19 che hannoinfettato cani e gatti da compagnia.E all'inizio di aprile è stata confermata la presenza del virus in unatigre allo zoo del Bronx (sette degli altri grandi felini sono risultatipositivi al test).Le analisi genetiche evolutive indicano che durante l'epidemia di SARSdel 2002-2003, la trasmissione tra l'uomo e i piccoli carnivori èavvenuta in entrambi i sensi.Inoltre, durante la pandemia di influenza A H1N1 del 2009, 21 Paesihanno riferito di infezioni tra gli animali, la maggior parte delle qualisi è manifestata in seguito all'epidemia umana.Infatti, a partire dagli anni Ottanta, i ricercatori hanno documentatocasi di esseri umani che hanno infettato la fauna selvatica, gli animalida compagnia e il bestiame con una vasta gamma di agenti patogeni,tra cui virus, funghi e batteri.Mentre questa "zoonosi inversa" ha a volte conseguenze gravi, anchemortali, per gli animali, gli esperti dicono che può anche avereimportanti implicazioni per la probabilità di future epidemie tra esseriumani.Un nuovo virus emerge tipicamente in seguito a una mutazione o auno scambio di materiale genetico tra due o più virus quando infettanoun ospite allo stesso tempo.Anche se entrambi i fattori giocano un ruolo nell'evoluzione virale enel potenziale pandemico, è quest'ultimo processo - noto comeriassortimento nei virus segmentati (agenti patogeni il cui genoma èdiviso in più parti) come i virus dell'influenza e la ricombinazione inquelli non segmentati come i coronavirus - che rende la zoonosi dauomo a animale così rischiosa."Ogni volta che i virus hanno il potenziale di mescolarsi con gli altri,possono causare seri problemi, soprattutto quando possono spostarsitra animali e persone in entrambe le direzioni", dice Casey BartonBehravesh, direttore dell'One Health Office presso il NationalCenter for Emerging and Zoonotic Infectious Diseases deiCenters for Disease Control and Prevention degli Stati Uniti.Si dà il caso che i maiali siano ottimi serbatoi di miscelazione.Il virus dell'influenza H1N1 del 2009, che ha ucciso 151.700-575.400persone in tutto il mondo nel suo primo anno di circolazione, è partitodagli animali.Ma quel virus conteneva singoli segmenti genetici provenienti daquattro fonti distinte: gli esseri umani, gli uccelli, i maiali nordamericanie quelli eurasiatici. In effetti, molti dei virus ospitano maiali provenientidall'uomo.Negli ultimi anni, i ricercatori hanno identificato decine di casi sporadiciin tutto il mondo in cui virus dell'influenza pandemica e stagionale sonosaltati dall'uomo per circolare tra le popolazioni suine."Abbiamo avuto due salti di virus aviari che sono finiti nei maiali.E rispetto a questo, probabilmente abbiamo avuto decine, se noncentinaia, di virus umani".Quindi la [diversità genetica dell'influenza nei suini] è prevalentementedi origine umana", dice Martha Nelson, ricercatrice del FogartyInternational Center dei National Institutes of Health.Dal 2011 i virus dell'influenza suina contenenti geni di origineumana sono stati associati a più di 450 infezioni zoonotiche, perlo più nelle fiere agricole in tutti gli Stati Uniti.Anche se questi particolari ceppi hanno mostrato solo una blandacapacità di trasmissione interumana, quanto più elevata è la diversitàgenetica dei virus trovati in un ospite che fa da reservoir, tanto più èprobabile che emerga una variante in grado di diffondersi in modoefficiente tra gli esseri umani."È un po' come giocare alla roulette russa", dice Nelson."Sappiamo che questi [virus possono far salto tra specie per infettarele persone.Ma è solo questione di tempo prima che uno di essi sia in grado didiffondersi da uomo a uomo".La trasmissione dell'influenza da uomo a maiale è diventata unfattore di rischio maggiore nell'era moderna perché presenta costantiopportunità di spillover in entrambe le direzioni.Nell'agricoltura industriale, i suini si spostano all'interno delle regioni etra i continenti, incontrando sia i virus suini che quelli umani provenientida tutto il mondo.Spesso vivono a stretto contatto sia con gli esseri umani che con altrimaiali.Queste condizioni offrono ai virus numerose possibilità di trovare la"giusta" mutazione o una nuova combinazione di geni non solo persaltare tra le specie, ma anche per circolare attivamente.I virus e i loro componenti rimbalzano tra esseri umani e suini commercialistatunitensi e maiali da esposizione, dice Nelson, fino a quando allafine non emergono come qualcosa di nuovo nelle persone che passanola loro vita a prendersi cura degli animali: i lavoratori di fattorie eallevamenti e coloro che si occupano di esposizioni di bestiame.Da noi a loro: l'altra faccia del contagio fra speciedi Enrico NicosiaIl grado in cui la zoonosi inversa aumenta i rischi di pandemie o digrandi epidemie in senso lato rimane meno chiaro.Anche se la maggior parte delle malattie zoonotiche emergenti ha avutoorigine nella fauna selvatica, non nel bestiame o negli animali domestici,Barton Behravesh osserva che le interazioni tra gli esseri umani e lealtre specie sono incredibilmente complesse."C'è ogni sorta di caratteristiche che possono portare a quella tempestaperfetta in grado di causare il passaggio di una malattia tra animali epersone", dice."Sappiamo che il contatto molto stretto con gli animali e il loro ambienteoffre maggiori possibilità di trasmissione delle malattie tra animali edesseri umani".Finora la zoonosi inversa non sembra aver influito sulla traiettoria dellapandemia COVID-19.Come i virus dell'influenza, i coronavirus sono noti per saltare da unaspecie all'altra con relativa facilità. SARS-CoV-2 - il virus che causaCOVID-19 - ha dimostrato la sua capacità di saltare dagli esseri umaniad altri animali, specialmente i gatti.I casi sono stati comunque rari. E prove limitate suggeriscono che igatti potrebbero essere in grado di trasmettersi il virus l'un l'altro adistanza ravvicinata, ma attualmente non ci sono prove che i gattipossano infettare gli esseri umani, secondo Gregg Dean, professoree capo del dipartimento di microbiologia, immunologia e patologiadella Colorado State University.Anche se le persone sono comprensibilmente preoccupate per la salutedei loro animali domestici, Dean dice che è improbabile che gli animali dacompagnia diventino vettori principali di trasmissione.Anche se il SARS-CoV-2 fosse in grado di saltare dai gatti alle persone,le particolari circostanze delle interazioni felino-felino e umano-felinoriducono notevolmente la probabilità che queste trasmissioni diventinoun problema.Al di fuori delle colonie o dei rifugi di felini, la maggior parte dei gattidomestici si trova raramente in ambienti ad alta densità che comportanola dispersione di cluster di casi nella comunità.E i gatti sono più facili da testare e da mettere in quarantena rispetto agliesseri umani. "I nostri gatti domestici sono probabilmente più a rischiodi prendere il COVID-19 da noi di quanto lo saremo noi a prenderlo daloro", dice Dean.Tuttavia, riesaminare le nostre ipotesi sul modo in cui le malattiefluiscono sarà la chiave per prevenire future pandemie.E di conseguenza, molti esperti stanno spingendo per un approccioOne Health che consideri la salute umana nel contesto più ampio delbenessere degli animali e dell'ambiente."Pensiamo ancora agli esseri umani come a una specie pulita e di livellosuperiore, mentre gli animali sono quelli con tutti gli agenti patogeni",dice Nelson."Ma se si pensa alla società umana e alle nostre densità e alle nostrestrutture di contatto, siamo noi gli incubatori di agenti patogeni".(L'originale di questo articolo è stato pubblicatosu "Scientific American" il 20 maggio 2020.Traduzione ed editing a cura di Le Scienze.Riproduzione autorizzata, tutti i diritti riservati.)