blogtecaolivelli

Il nome della rosa di U.Eco.


La lotta di potere all'interno dell'abbazia e la genealogia dei bibliotecari e degli abatiGuglielmo e Adso hanno modo di parlare con tutti i monaci dell'abbazia. In particolare i colloqui con il mastro vetraio Nicola da Morimondo e con il vecchio Alinardo da Grottaferrata risultano molto interessanti. Molti monaci sono scontenti per il modo in cui l'abbazia viene guidata. Si maligna su Abbone, divenuto abate perché figlio di un feudatario e non per meriti religiosi se non quello di essere riuscito a calare il corpo di San Tommaso d'Aquino dalla torre dell'abbazia di Fossanova (dove l'Aquinate effettivamente morì).Durante lo stesso colloquio con Nicola da Morimondo, Guglielmo scopre che la nomina ad abate di Abbone ha sconvolto le tradizioni due volte: innanzi tutto perché non era stato bibliotecario e poi perché aveva nominato bibliotecario un tedesco (Malachia), che si era scelto come aiuto un inglese (Berengario), scontentando gli italiani che erano legati alla tradizione di avere bibliotecari (e quindi abati) italiani. All'arrivo di Nicola da Morimondo all'Abbazia, infatti, Abbone era già abate ma il bibliotecario era Roberto da Bobbio ed i confratelli anziani vociferavano di uno sgarbo subito in passato da Alinardo da Grottaferrata a cui era stata negata la dignità di bibliotecario. Roberto da Bobbio aveva un aiutante che era poi morto e al suo posto era stato nominato Malachia che, divenuto bibliotecario,aveva eletto Berengario come suo aiuto. Era voce comune tra i monaci dell'Abbazia che Malachia fosse uno sciocco che faceva il cane da guardia all'abbazia senza aver capito nulla. Infatti chi aveva bisogno di consigli circa i libri, chiedeva a Jorge e non a Malachia, tanto che a molti sembrava che fosse Jorge a dirigere il lavoro di Malachia. Guglielmo apprende che - secondo la regola benedettina - il bibliotecario è il candidato naturale a diventare abate. Prima di Abbone l'abate era Paolo da Rimini, prima ancora bibliotecario e lettore voracissimo ma incapace di scrivere e pertanto soprannominato abbas agraphicus e Roberto da Bobbio era il suo aiuto. Quando Paolo diventa Abate, Roberto diventa bibliotecario, ma è già malato. Paolo da Rimini scompare durante un viaggio e pertanto viene nominato abate Abbone e non Roberto da Bobbio. Nicola è convinto che Berengario e Malachia siano stati uccisi proprio perché un domani non diventassero abati e pertanto conclude che anche Bencio - essendo straniero - è in pericolo se Abbone lo nominerà bibliotecario.La biblioteca ha un catalogo su cui sono riportati, dal bibliotecario o dall'aiuto, tutti i libri che transitano dall'abbazia. Consultandolo,Guglielmo rintraccia il susseguirsi degli abati e dei bibliotecari attraverso le loro calligrafie. Di chi è la calligrafia che riporta le acquisizioni al posto di Paolo da Rimini che non poteva scrivere? e allora capisce che l'aiuto bibliotecario di Roberto da Bobbio - che Nicola aveva ipotizzato essere morto - in realtà non è morto.Nel colloquio successivo con Bencio si scopre che il libro che stanno cercando è strano perché in realtà è composto di 4 testi: uno arabo, uno in siriano, uno in latino ed infine uno in greco, definito acephalus perché mancante della parte iniziale. Inoltre, Bencio riporta che il testo greco è scritto su carta diversa, più soffice ed intrisa di umidità fin quasi a sfaldarsi. Guglielmo riconosce in quel tipo di carta il pergamino de pano e finalmente ha la certezza dell'identità del responsabile delle morti.La soluzione del misteroGuglielmo cerca di avvertire l'Abate del pericolo che lo minaccia, ma l'Abate decide per insabbiare la vicenda e risolverla con la sua autorità. Grazie a una celia in latino volgare riportatagli da Adso, Guglielmo scopre come entrare nel finis Africae dove è custodito il manoscritto fatale (l'ultima copia rimasta del secondo libro della Poetica di Aristotele), che tratta dellacommedia e del riso. Mentre salgono in biblioteca dall'ingresso posto dietro l'altare della chiesa che poi attraversa l'ossario, Guglielmo e Adso odono un battere disperato ai muri e capiscono che è l'abate che è rimasto imprigionato in un secondo accesso diretto al finis Africae, le cui porte possono venire azionate solo dall'alto. Nel finis Africae trovano il vecchio Jorge (il pergamino de pano veniva prodotto in Spagna, Jorge è l'aiutante bibliotecario che aveva vinto la carica contro Alinardo e la cui calligrafia nel catalogo copre diverse pagine in corrispondenza del periodo in cui Paolo da Rimini era bibliotecario ma incapace di scrivere; divenuto cieco aveva dovuto rinunciare alla carica di bibliotecario e di abate, facendo eleggere Malachia al suo posto ma continuando di fatto a governare la biblioteca). Jorge offre a Guglielmo il libro da leggere, ma Guglielmo ha previsto anche questo tranello (l'umidità delle pagine è dovuta al veleno cosparso da Jorge sui bordi in modo da avvelenare ogni malcapitato lettore che dovesse sfogliarlo) e sfoglia il libro con le mani protette da un guanto, evitando quindi il contatto con il veleno. Jorge si riprende il libro e scappa approfittando del buio, inseguito da Guglielmo e da Adso che si orientano con la provenienza della voce del vegliardo. Lo raggiungono in una sala e lo trovano intento a strappare e divorare le pagine avvelenate del testo in modo che più nessuno possa leggerlo. Percepito il calore del lume, Jorge lo rovescia, provocando un incendio che nessuno riuscirà a domare e che inghiottirà nel fuoco l'intera abbazia.EpilogoAdso e Guglielmo, scampati all'incendio, abbandonano l'abbazia. Adso e Guglielmo si separano. Adso diventa monaco e narra di aver fatto ritorno anni dopo all'Abbazia, trovando - dove anni prima si erano consumati omicidi, intrighi, veleni e scoperte - solo silenzio ed angosciosa solitudine.