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« IL DESERTO DEI TARTARI | DINO BUZZATI » |
Post n°1757 pubblicato il 11 Dicembre 2018 da blogtecaolivelli
FONTE: WIKIPEDIA Poetica, temi e problematiche Con un tono narrativo fiabesco, Buzzati affronta temi e sentimenti quali l'angoscia, la paura della morte, la magia e il mistero, la ricerca dell'assoluto e del trascendente, la disperata attesa di un'occasione di riscatto da un'esistenza mediocre (Le mura di Anagoor, Il cantiniere dell'Aga Khan, Il deserto dei Tartari), l'ineluttabilità del destino (I sette piani) spesso accompagnata dall'illusione (L'uomo che volle guarire). Il grande protagonista dell'opera buzzatiana è il destino, onnipotente e imperscrutabile, spesso beffardo (come ne Il deserto dei Tartari). Perfino i rapporti amorosi sono letti con quest'ottica di imperscrutabilità (Un amore). La letteratura di Buzzati appartiene al genere fantastico con molteplici spunti, talvolta con vicinanze al surrealismo, l'orrore e alla fantascienza (Il grande ritratto e alcuni racconti). Momento centrale della sua narrativa è comunque Il deserto dei Tartari nel quale il protagonista, Giovanni Drogo, tenente di prima nomina è mandato in una fortezza sperduta ai limiti del deserto, dove egli vive una sorta di iniziazione alla morte. La Fortezza Bastiani è un avamposto ai limiti dell'impero che si colloca in un contesto caratterizzato da una surreale assenza di definizioni spazio-temporali. Il clima della Fortezza, coi suoi luoghi e le sue atmosfere, sostanzialmente fuori del tempo e dello spazio, determina negli abitanti una specie di malattia psichica, una sorta di "morbo della Bastiani" che colpisce tutti. Drogo non tarda ad accorgersi che i giorni si snocciolano in una routine abitudinaria senza sbocchi e prospettive in una ripetizione sterile di atti stereotipati. Gli spazi limitati, le azioni limitate, la sua cameretta, l'ineliminabile stillicidio della cisterna, gli angoli e le scale, i suoni, le luci, le ombre, avevano fatto sì che egli incorporasse tutto ciò: «queste cose erano diventate sue». Dopo due anni di permanenza a Giovanni Drogo pare che tutto sia rimasto uguale, immobile nel suoi rituali da caserma. Nulla è cambiato, tutto si ripete e la noia avanza e invade tutto con le sue regole spesso assurde, persino i sonni sono scanditi dalle regole. Si tratta di una sorta di incantesimo in cui però permane sempre l'illusione di essere stato mandato lì "per sbaglio" e che a sua richiesta potrebbe essere trasferito altrove in qualsiasi momento. Ma egli ha momenti in cui torna prepotente la voglia di andarsene, con la certezza di poterlo fare quando vorrà. Un giorno decide di lasciare la Bastiani e va dal medico per farsi fare un certificato da allegare alla domanda di trasferimento. Il medico gli dice: Mentre però il medico procede alla compilazione del certificato, Giovanni si accosta alla finestra e subisce una sorta di incantesimo. La fortezza gli appare improvvisamente grandiosa, immensa, con una sorta di sua perfezione geometrica, guerrieri immobili e bellissimi con le baionette innestate, poi trombe dai suoni squillanti e bellissimi. Rapidamente Drogo confronta tutto ciò con la città e se ne fa un'immagine di squallore e di piattezza, il cambiamento è repentino e la decisione stupefacente. All'«Ecco qua il certificato» del dottor Rovina egli risponde che non vuol più partire. Questa scena rappresenta il momento di massima evidenza di quella malattia della Bastiani dalla quale Drogo è ormai contagiato. Tra le altre componenti l'aspetto più rilevante di tale malattia è "l'attesa". Si attende l'invasione dei Tartari, ma nessun elemento oggettivo lascia pensare che essa avverrà mai. Drogo però a un certo momento si ammala veramente, nel fisico, di una malattia che lo consuma giorno per giorno e lo rende inabile fino a diventare una larva umana ingombrante che dovrebbe lasciare la fortezza; egli tuttavia si oppone. Quando è ormai moribondo accade l'impensabile: i Tartari attaccano. È l'evento tanto atteso, ma è troppo. |
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