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GABRIELE D'ANNUNZIO

Post n°2029 pubblicato il 17 Marzo 2019 da blogtecaolivelli

Tuttavia nel 1926 esprimerà invece critiche contro il

governo sovietico.

Il 12 novembre 1920 una delegazione di ufficiali del Ministero

 della Guerra, di cui faceva parte anche Pietro Micheletti,

stipulò il trattato di Rapallo: Fiume divenne città libera e

 Zara passò all'Italia, ma D'Annunzio non accettò l'accordo

e il governo italiano di Giovanni Giolitti il 26 dicembre 1920

 fece sgomberare i legionari con la forza, causando

 numerosi morti, nel cosiddetto "Natale di sangue".

Ai tempi di Fiume D'Annunzio soprannominò sprezzantemente

 Cagoja l'ex primo ministro Francesco Saverio Nitti,

 in relazione alla sua contrarietà verso l'annessione di Fiume.

 Nel 1924 lo Stato libero di Fiume fu infine annesso all'Italia,

 e italiano rimase fino al 1945.

L'esilio a Gardone Riviera (1921-1938

Deluso dall'epilogo dell'esperienza di Fiume, nel febbraio 1921

 si ritirò in un'esistenza solitaria nella villa di Cargnacco

 (comune di Gardone Riviera), che pochi mesi più tardi acquistò.

Ribattezzata ilVittoriale degli italiani, fu ampliata e

successivamente aperta al pubblico.

 Qui lavorò e visse fino alla morte, curando con gusto

 teatrale un mausoleo di ricordi e di simboli mitologici di

cui la sua stessa persona costituiva il momento di

attrazione centrale.

D'Annunzio si impegnò inoltre per la crescita e il

miglioramento della zona: la costruzione della strada

 litoranea Gargnano-Riva del Garda (1929-1931) fu

fortemente voluta da lui, che se ne interessò personalmente,

 facendo valere il suo prestigio personale con le autorità.

 La strada, progettata e realizzata dall'ing. Riccardo Cozzaglio,

 segnò il termine del secolare isolamento di alcuni paesi del

 lago di Garda e fu poi classificata di interesse nazionale con

 il nome di Strada statale 45 bis Gardesana Occidentale.

 Lo stesso D'Annunzio, presente all'inaugurazione della strada,

 la battezzò con il nome di Meandro, per via della sua tortuosità

 e dell'alternarsi delle buie gallerie e del lago azzurro.

Il Vate e il fascismo

Il rapporto con il fascismo fu complesso e articolato, benché

sostanzialmente organico: i fascisti in ascesa celebrarono

D'Annunzio, riutilizzando i motti e i simboli del Vate già utilizzati

Fiume, come uno dei massimi e più fecondi letterati d'Italia,

ma lo scrittore, dopo l'adesione iniziale ai

 Fasci di combattimento, non prese mai la tessera del

 Partito Nazionale Fascista, probabilmente per mantenere

 la sua completa autonomia.

Nel 1919 Mussolini avviò una sottoscrizione pubblica per

 finanziare l'Impresa di Fiume, con la quale raccolse quasi tre

 milioni di lire.

Una prima tranche di denaro, ammontante a 857.842 lire,

 fu consegnata a D'Annunzio ai primi di ottobre, mentre altro

 denaro gli giunse in seguito.

Una parte cospicua del denaro raccolto, invece, non fu

 però consegnata a D'Annunzio e Mussolini fu accusato

 da due redattori di averla dirottata per finanziare lo 

squadrismo e il proprio partito in vista delle vicine 

elezioni politiche italiane del 1919.

 Per controbattere alle accuse, D'Annunzio inviò una lettera a

Mussolini in cui ne attestò pubblicamente l'autorizzazione.

 Il poeta certificò che parte della somma raccolta fu utilizzata

per finanziare lo squadrismo a Milano.

«Mio caro Benito Mussolini, chi conduce un'impresa di fede e di

ardimento, tra uomini incerti o impuri, deve sempre attendersi

 d'essere rinnegato e tradito "prima che il gallo canti per la seconda volta".

 E non deve adontarsene né accorarsene.

Perché uno spirito sia veramente eroico, bisogna che superi

la rinnegazione e il tradimento. Senza dubbio voi siete per

 superare l'una e l'altro. Da parte mia, dichiaro anche una volta

 che - avendo spedito a Milano una compagnia di miei legionari

 bene scelti per rinforzo alla vostra e nostra lotta civica -

 io vi pregai di prelevare dalla somma delle generosissime offerte

 il soldo fiumano per quei combattenti. Contro ai denigratori e ai

 traditori fate vostro il motto dei miei "autoblindo" di Ronchi, che

 sanno la via diritta e la meta prefissa. Fiume d'Italia, 15 febbraio

 1920 Gabriele D'Annunzio.»

 

D'Annunzio, assieme a Filippo Tommaso Marinetti, fu uno dei

primi firmatari del Manifesto degli intellettuali fascisti, pubblicato

 il 21 aprile 1925.

Il deputato socialista Tito Zaniboni, più tardi noto per aver organizzato

 un attentato contro Mussolini il 4 novembre 1925, comunicò al giornale 

Il Mondo la notizia che D'Annunzio, in una lettera indirizzata a un legionario

 fiumano, avrebbe scritto in maniera critica sulla questione:

All'indiscrezione D'Annunzio rispose il 5 novembre su

"La provincia di Brescia":

Nel 1937 fu eletto Presidente dell'Accademia d'Italia, ma

 non andò mai a presiedere alcuna riunione (la nomina fu

quasi imposta da Benito Mussolini, con la contrarietà di D'Annunzio).

 D'Annunzio fu anche Presidente onorario della SIAE dal

1920 al 1938. Per molti il Duce, temendo la popolarità e la

personalità indipendente del poeta, tentò di metterlo risolutamente

 da parte, ricoprendolo di onori. Mussolini arrivò a finanziarlo

 con un assegno statale regolare, che gli permise di far fronte

ai numerosi debiti; in cambio D'Annunzio evitò di esternare

 troppo il disprezzo che provava per la trasformazione del

fascismo-movimento, che aveva ammirato, in un regime dittatoriale.

Di certo vi era la scomodità del personaggio: già nel 1922,

tre mesi prima della Marcia su Roma, quando D'Annunzio

 cadde dalla finestra della sua villa rischiando la vita (vicenda

 soprannominata "il volo dell'arcangelo"), qualcuno parlò di un

attentato ordito dal primo ministro Francesco Saverio Nitti o

addirittura dai fascisti; il funzionario Giuseppe Dosi indagò

sulla caduta "accidentale" di D'Annunzio, che quasi ne provocò

la morte, e scrisse:

«Sicuramente qualcuno che ha visto nell'evento la volontà di non

 far presiedere a D'Annunzio l'incontro con Nitti e Mussolini e quindi

 cerca la traccia di un complotto.

 La principale indiziata è Luisa Baccara (compagna di D'Annunzio

all'epoca, ndr) o sua sorella Jolanda ovvero tutte e due insieme.

Nasce l'ipotesi che Luisa Baccara (che delle due sorelle ha maggiore

 personalità) sia la carceriera del Comandante; che sia una spia di Nitti

 o una fascista celata, ma anche che abbia lo scopo finale di uccidere

 D'Annunzio per toglierlo di mezzo, posto che sia diventato

 ingombrante per tutti. Certo

Renzo De Felice afferma che D'Annunzio fu posto poi sotto il

controllo di agenti fascisti, visti anche i buoni rapporti del Vate

 con esponenti del mondo libertariosocialista e rivoluzionario

, tra cui l'ex legionario fiumano e poi socialista Alceste de Ambris

 (che avvicinò il nazionalista D'Annunzio al sindacalismo rivoluzionario)

 e il politico Aldo Finzifascista di sinistra (poi partigiano antifascista)

che prese parte con il poeta al volo su Vienna.

 Gli antifascisti Giovanni Bassanesi e Lauro De Bosis (D'Annunzio fu

un frequentatore del circolo letterario del padre) vollero invece emulare

proprio il volo su Vienna nelle loro imprese propagandistiche su Milano

e Roma. Antonio Gramsci, che già nel 1920 aveva elogiato l'impresa

 fiumana dopo che anche Lenin aveva definito D'Annunzio "l'unico

 vero rivoluzionario in Italia", aveva progettato nel 1922 un incontro

 col poeta, poi non avvenuto, in vista di un avvicinamento del PCI

 appena nato con gli Arditi del Popolo (formazioni di difesa proletaria

 nata da una scissione del movimento di reduci degli Arditi d'Italia),

 in funzione anti-squadrista e contro la posizione isolazionista di 

Amadeo Bordiga, accusato da Mosca di essere un "frazionista".

Nel 1937-38 D'Annunzio si oppose all'avvicinamento dell'Italia fascista

al regime nazista, bollando Adolf Hitler, già nel giugno 1934, come

 "pagliaccio feroce", "marrano dall'ignobile faccia offuscata sotto gli

 indelebili schizzi della tinta di calce di colla", "ridicolo Nibelungo

 truccato alla Charlot", "Attila imbianchino". 

A partire da questo periodo, D'Annunzio cominciò a propagandare

 la necessità di completare l'irredentismo con una nuova "impresa

 fiumana" sulla Dalmazia. Mussolini e Starace lo fecero mettere

segretamente sotto stretta sorveglianza, non fidandosi di lui e

delle sue iniziative.

La sua influenza sulla cultura italiana ed europea nei primi decenni

 del Novecento fu indiscutibile. Sempre attento ai movimenti dei

giovani, fu tra i massimi ispiratori del Fondaco di baldanza, della

 Federazione Italiana Universitaria e di La Fionda, associazione

goliardica e casa editrice.

La sua salute cominciava ormai a declinare; D'Annunzio riceveva

 sempre le sue numerosi amanti, ma nonostante il carisma intatto

 e il fascino che esercitava il suo mito, egli le aspettava in camicia

 da notte o nella penombra, per nascondere il fisico invecchiato.

D'Annunzio, fotofobico in seguito all'incidente all'occhio del 1916,

stava comunque spesso nella penombra, coprendo con tende

 (visibili tuttora al Vittoriale) le finestre esposte alla luce solare diretta.

Faceva spesso uso di stimolanti (come lacocaina), medicinali vari

antidolorifici, visibili tuttora negli armadietti del Vittoriale.

Il 1º marzo 1938, alle ore 20:05, Gabriele D'Annunzio morì

nella sua villa per un'emorragia cerebrale, mentre era al suo

 tavolo da lavoro; sullo scrittoio era aperto il Lunario Barbanera,

con una frase da lui sottolineata di rosso, che annunciava la

morte di una personalità. 

Il ricercatore Attilio Mazza ha sostenuto che il poeta possa

 essere morto per overdose di farmaci, accidentale o volontaria,

 dopo un periodo di depressione; all'amica Ines Pradella aveva

scritto pochi mesi prima: "Fiammetta, oggi patisco uno di quegli

accessi di malinconia mortali, che mi fanno temere di me;

poiché è predestinato che io mi uccida. Se puoi, vieni a

sorvegliarmi".

 Nel Libro segreto (1935), D'Annunzio fa intendere anche la

caduta accidentale del 1922 come un tentativo di suicidio.  

Il certificato medico di morte, scritto dal dottor Alberto Cesari,

primario dell'ospedale di Salò, e dal dottor Antonio Duse,

medico curante del poeta, ufficializzò comunque la morte

per cause naturali.

Alla notizia della morte del poeta, Mussolini, secondo quanto

 riportato da Galeazzo Ciano nei suoi Diari, avrebbe detto di

 avvertire un senso di "vuoto" e che il Vate "aveva rappresentato

molto nella sua vita"; parole che appaiono almeno in parte

 insincere, visto l'antagonismo tra i due, il fatto che il Duce lo

facesse controllare ed in privato lo definisse "il vecchio bardo

 decrepito".

Ai funerali di Stato, voluti in suo onore dal regime fascista,

 la partecipazione popolare fu imponente. Il feretro, avvolto

dalla bandiera delTimavo era seguito da «...la folla

 innumerevole degli ex legionari, degli ammiratori, dei

devoti alla sua gloria e alla sua fama...». 

È sepolto nel mausoleo del Vittoriale.

Luoghi dannunziani[

Molti sono i luoghi visitati da Gabriele D'Annunzio, tra i

quali l'AbruzzoPescaraOrtonaSan Vito Chietino, la ToscanaFirenze,SettignanoRomaNapoliVenezia e

 altri posti all'estero. Alcuni di essi sono descritti dal poeta

 nelle sue opere Il piacerePrimo vere,Canto novoIl fuoco

Le novelle della Pescara, e Il trionfo della morte, nelle tragedie

La figlia di Jorio e La fiaccola sotto il moggio, e nella raccolta

a più volumi delle Laudi del cielo, del mare, della terra e degli eroi.

In Abruzzo

Pescara: il rione di Portanuova (corso Manthoné), la

 Cattedrale di San Cetteo, la casa natale. Gabriele

 D'Annunzio nacque nell'attuale corso Manthoné, la

parte più antica della vecchia Pescara Portanuova.

 Nelle prime prose di Terra vergine - San Pantaleone, poi

confluite nella raccolta Le novelle della Pescara (1902),

 d'Annunzio narra storie di stampo verista ambientate sia

a Pescara che nell'entroterra della valle.

La città è descritta come un luogo povero e malsano, con

gente semplice e rude che tira a campare pescando o in altri

 modi non redditizi.

 La zona nuova di Pescara invece, Castellammare Adriatico,

è il rione dei ricchi e degli altolocati, i quali spesso vengono

 a lite con Pescara, come il fatto di cronaca della guerra del ponte.

 La Cattedrale fino al 1933 era ridotta in stato avanzato di

degrado, e così d'Annunzio fece pressione su Mussolini per

una ricostruzione ex novo dove seppellire anche la madre

 Luisa D'Annunzio.

Francavilla al MareConvento Michetti e Villa Schifanoia.

Nel 1899 circa il pittore Francesco Paolo Michetti comprò

il convento del Gesù in disuso, per farne un cenacolo

 culturale abruzzese, con membri d'Annunzio,

Matilde Serao e Edoardo Scarfoglio.

Spesso d'Annunzio nel primo periodo prosaico,

specialmente nella stesura de Il piacere si rifugiò nel

convento per evitare distrazioni varie, spesso amorose.

D'Annunzio tuttavia già dal 1882 frequentava la riviera

francavillese, come dimostrò nella raccolta poetica Canto novo,

 narrando gli amori con Elda Zucconi. La "Villa Schifanoia" è

un luogo immaginario francavillese, dove d'Annunzio ambienta

una parte de Il piacere, nel libro II.

Guardiagrele: borgo antico, la Collegiata di Santa Maria Maggiore

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