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Una mappa genetica dei flussi migratori negli Stati Uniti

Post n°2176 pubblicato il 06 Maggio 2019 da blogtecaolivelli

fonte: Le Scienze

Un consorzio tra diversi istituti di ricerca

ha prodotto la prima mappa genetica della

popolazione degli Stati Uniti, che registra le

tracce dei flussi migratori avvenuti dopo la

colonizzazione europea.

Sono evidenti i contributi dei neri africani,

dovuti alla tratta degli schiavi, ma anche

di migrazioni minori, come quella degli

scandinavi, dei portoricani o dei canadesi

francofoni(red)

geneticastoriaepidemiologia

Che la popolazione degli Stati Uniti sia

composta in larghissima misura da discendenti

di emigranti è cosa ben nota. 

Incrociando i dati genetici di 770.000 cittadini

statunitensi con 20 milioni di dati genealogici,

un gruppo di ricercatori guidato da Catherine

Ball della Harvard University è ora riuscito a

ricostruire una mappa della struttura della

popolazione americana così come si è sviluppata

negli ultimi secoli. La ricerca è illustrata in un

articolo apparso online 

su "Nature Communications".

L'obiettivo dello studio era ambizioso.

Dopo l'arrivo di Cristoforo Colombo nel 1492,

infatti, la demografia del continente americano

si è sviluppata a un ritmo eccezionalmente

elevato, e ha subito l'influenza di un gran

numero di eventi storici che hanno coinvolto

ampie popolazioni di diverse etnie: schiavitù

dei neri provenienti dall'Africa, flussi migratori

da tutto il mondo, guerre e cambiamenti climatici.

Gli studi genetici condotti finora hanno fornito

indicazioni sulle migrazioni umane antiche,

permettendo di determinare con notevole

precisione la provenienza degli antenati dei

nativi americani, più che sui cambiamenti

demografici recenti.

La regione di ciò è nel metodo di analisi adottato,

basato sulla determinazione della frequenza

degli alleli, cioè delle diverse varianti di specifici

geni, che divergono molto lentamente e perciò

forniscono indicazioni demografiche su periodi

di tempo molto lunghi.

Ball e colleghi hanno usato un approccio diverso,

più adatto a un arco temporale di alcuni secoli

soltanto, basato su analisi sull'intero genoma,

cioè sulla quasi totalità dei geni del DNA dei

770.000 soggetti coinvolti.

I dati genetici così ricavati sono stati incrociati

con un database di circa 20 milioni di registrazioni

genealogiche, cioè di rapporti di parentela tra

diversi individui.

L'analisi ha prodotto una mappa che evidenzia

i diversicluster, aggregazioni di varianti genetiche

tra loro correlate, associati alle diverse origini etniche.

I risultati sono così accurati da riuscire a mostrare,

oltre ai contributi più importanti come quello dei

neri africani, anche flussi migratori minori, come

quello di popolazioni di origine scandinava, dei

canadesi francofoni, dei portoricani e di altri coloni

storici, come la comunità Amish, che ha subito per

molto tempo un isolamento geografico e culturale.

Complessivamente, lo studio fornisce una mappa

abbastanza completa dei cambiamenti demografici

nelle popolazioni del Nord America dopo la coloniz-

zazione europea, che potrebbe avere anche

un'utilità pratica in campo sanitario, dato che i

vari cluster possono essere associati a specifiche

malattie.

Per esempio, i dati mostrano che la variante

genetica che conferisce un maggior rischio di

tumore ha una frequenza del 5,6 per cento

nel cluster degli afroamericani mentre è molto

rara al di fuori di esso.

Analogamente, un gene protettivo nei confronti

del tumore polmonare squamocellulare è 10

volte più frequente del normale nel cluster

finlandese.

Un'analisi ulteriore dei cluster attualmente

poco definiti, sottolineano gli autori, potrebbe

portare all'identificazione di altri fattori di rischio

sanitario, permettendo così di approntare le

adeguate misure di prevenzione e di cura.

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