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Stonehenge: la provenienza dei megaliti

Post n°2241 pubblicato il 22 Giugno 2019 da blogtecaolivelli

Fonte: Le Scienze
Stonehenge, confermata la scoperta

delle cave da cui provengono i

megaliti

Dopo le anticipazioni del 2015, il team di archeologi

britannici ha pubblicato ora lo studio in cui si dimostra

che i grandi blocchi di pietra del sito inglese provengono

da cave del Galles distanti 290 chilometri

di Nick Romeo

gran bretagna,neolitico,geologia,archeologia,popoli e culture

Fotografia di Sofia.D/Your Shot National Geographic

Vedi anche

Le scoperte fatte da un gruppo di archeologi britannici,

rese note in questi giorni attraverso la pubblicazione

sulla rivista Antiquity, gettano nuova luce su come

alcuni dei monoliti di Stonehenge furono estratti e

trasportati nel famoso complesso megalitico.


In un annuncio fatto lunedì scorso, il team (confermando 

quanto aveva anticipato in base ai primi risultati acquisiti

già nel 2015) ha spiegato di aver trovato prove in abbondanza

della presenza di due cave del periodo Neolitico nel Galles

da cui provenivano lebluestones, come vengono chiamate

le rocce di origine 'non locale' del monumento eretto a

Stonehenge circa 5000 anni fa.
Delle circa 80 stimate, sopravvivono ancora 43 bluestones

disposte a formare un ferro di cavallo attorno al quale

correva un cerchio di blocchi di arenaria molto più grandi.

Studiando e datando i reperti delle cave gli archeologi hanno

determinato quando e come le popolazioni preistoriche

estrassero per la prima volta queste bluestones.

Le cave gallesi si trovano sulle Preseli Hills, nel 

Pembrokeshiresettentrionale, a circa 290 chilometri

via terra da Stonehenge. Le bluestones pesano 1-2 ton-

nellate e sono alte fino a 2,4 metri.
Le rocce di queste cave sono di origine ignea e vulcanica

con precise caratteristiche geologiche che corrispondono

a quelle del semicerchio interno di Stonehenge.

I geologi hanno dimostrato che questa regione del Galles

è l'unica nelle isole britanniche che contiene il particolare

tipo di roccia, la diabase, di cui sono costituite le bluestones.

Gli archeologi hanno riportato alla luce strumenti litici,

rampe e piattaforme di terra, legno e carbone bruciato, e

un'antica strada interrata che costituiva probabilmente

l'uscita dalla cava.
"Sapevamo quali fossero le aree di origine delle rocce,

ma è stato davvero entusiasmante scoprire le cave vere

e proprie" da cui furono estratti i monoliti, spiegò a suo

tempo Mike Parker Pearson della University College London,

direttore del progetto.

"Qui vennero costruite vaste infrastrutture, come appunto piat-

taforme, rampe, zone di carico.

È ancora possibile vedere i punti in cui vennero inseriti i cunei

di legno nelle fessure dell'affioramento".

Le datazioni al radiocarbonio eseguite sulla carbonella e sulle

castagne bruciate trovate sul sito inquadrano l'attività neolitica

nella cava fra i 5.400 e i 5.200 anni fa.

I ricercatori ritengono che Stonehenge non sia stata costruita

prima del 2.900 a.C.

Ciò solleva un interrogativo: cosa è successo ai monoliti

durante quei 3-5 secoli trascorsi dall'estrazione?

"È una questione affascinante", spiegò Parker Pearson ai

tempi delle prime scoperte del 2015.

"È piuttosto improbabile che siano serviti cinque secoli

per trascinare le rocce dalle cave fino a Stonehenge; è più

credibile invece che le bluestones siano state prima utilizzate

per un monumento nella zona, e poi 'smontate' e trascinate

nel Wiltshire".

Spostare monoliti di due tonnellate

Estrarre i monoliti dalla cava era relativamente facile per

quegli operai preistorici.

"Bastava infatti inserire cunei di legno nelle fessure

dell'affioramento e lasciare che le piogge li gonfiassero,

spaccando la roccia e creando delle colonne naturali che

venivano calate su piattaforme di terra.

Da lì i monoliti venivano poi trascinati fuori dalla cava",

spiega Josh Pollard della University of Southampton.

Alla fine, un'ottantina di bluestones furono trasportate a

Stonehenge.

Spostare monoliti di due tonnellate per quasi 300 chilometri

fu certamente un'impresa straordinaria, ma altri casi avvenuti

in India dimostrano che pietre di quelle dimensioni possono

essere spostate su graticci di legno da gruppi non superiori

alle 60 persone.

Rimuovere le pietre dalla cava richiedeva un misto di forza e

ingegnosità. La stretta via d'uscita - larga solo circa 180

centimetri - non consentiva l'uso di tronchi su cui far

rotolare le pietre.

Gli archeologi ritengono che gli operai neolitici usasssero

una combinazione di funi, leve e di fulcri per posizionare

i monoliti su una serie di slitte di legno su sui venivano

poi fatti scivolare.

Nonostante la dieta degli operai fosse con ogni probabilità

costituita da carne, il suolo estremamente acido del sito non

ha consentito la conservazione di ossa o palchi.

Gli archeologi però hanno trovato resti di castagne arrostite,

uno 'spuntino' tipico del Neolitico. Secondo Parker Pearson,

nella cava lavorava un gruppo costituito da almeno 25 persone,

che probabilmente arrivavano ogni giorno nel sito estrattivo

da vari insediamenti nei dintorni. 

Le ricerche di Parker Pearson e del suo gruppo sono finanziate

da un fondo di ricerca National Geographic Science and Exploration

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