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Le tematiche del futuro, parte 4.

Post n°3157 pubblicato il 06 Luglio 2020 da blogtecaolivelli

Fonte: articolo riportato dall' nternet

Cose" immateriali

Sarebbe interessante spingere il discorso

ancora più in là, e domandarsi se l'intelligenza,

i valori, il significato del mondo non si sottraggano

per certi versi, alla stessa freccia termodinamica,

anche se è vero che sotto i valori etc. c'è pur

sempre qualcosa di fisico che per pensarli e

costruirli si nutre e consuma.

Penso tuttavia alla smaterializzazione digitale, ai

risultati concettuali, matematici, etici che, una volta

acquisti, sfuggono alla termodinamica banalmente

intesa.

Ma anche al fatto molto più sostanziale che solo a

costo di una grave omissione possiamo parlare della

Terra come di un sistema chiuso.

Ciao entropia!

Per nostra fortuna l'astronave Terra è un'isola felice

nell'entropia, non è affatto termodinamicamente

chiusa: ha una finestra grande come il cielo dalla

quale entra la luce del Sole, una fonte di energia che

durerà altri cinque miliardi di anni, un arco di tempo

che ci lascia abbastanza tranquilli.

L'energia solare mantiene ogni forma di vita

alimentando nelle piante la fotosintesi, fa soffiare il

vento, evaporare l'acqua, circolare le acque degli

oceani.

Se l'uomo vuole avere un domani, basta attingere

a questi flussi di energia continui e gratuiti che fanno

della Terra un sistema aperto, immune dagli allarmi

degli apocalittici.

Nel mondo del dopo-carbonio continueranno a entrare

dal cielo torrenti di fotoni luminosi, e dalla Terra

torneranno allo spazio fotoni termici (purché l'effetto

sera non lo impedisca).

Dunque su scala umana qualche cosa di non limitato

esiste, almeno localmente le leggi della termodinamica

si possono aggirare. Tutto il resto si riciclerà.

Materia, energia e... informazione

Possiamo fare un passo ulteriore.

Finora abbiamo ragionato come se il mondo fosse

fatto di due cose: materia ed energia.

Ma l'era digitale ha introdotto un terzo fattore:

l'informazione.

Prendete in mano un CD. E' un dischetto di plastica.

Sul lato che contiene la musica sono scavati milioni

di piccole cavità (i pit) disposte a spirale.

Per ascoltarlo serve energia: l'energia che lo fa girare,

del raggio laser che esplora le minuscole cavità,

dell'impianto che trasforma i segnali digitali in suoni.

Ricapitolando: il CD è materia, ciò che lo fa funzionare

è energia, ma la musica che cos'è? Né materia né energia.

La musica sta nella disposizione delle cavità, nella forma

disegnata dai pit.

Qualcosa che, appunto, chiamiamo informazione.

E' quella "forma" immateriale a fare la differenza tra la

voce di Madonna e di Maria Callas, tra una canzonetta

pop e l'opera lirica.

La scienza accumula informazione.

L'unica cosa che può crescere all'infinto e aiutarci a

superare i limiti inevitabili della materia e dell'energia.

Un bene illimitato?

I bit non occupano spazio (quasi), non impegnano

grandi quantità di materie prime, non richiedono imballaggi

non generano rifiuti.

I bit sono immateriali.

E l'informazione - la conoscenza - diversamente dai beni

materiali, più si condivide più si moltiplica.

Da questo punto di vista, la conoscenza è l'unico bene che

possa crescere quasi all'infinito, aggirando le leggi della

matematica e dell'entropia.

In più, conoscenze recenti hanno aperto campi come

l'editing genetico e le nanotecnologie che per loro natura

richiedono minime quantità di energia e di materia ma in

compenso promettono soluzioni per malattie, inquinamento,

disuguaglianze sociali.

Il carbonio passa, la conoscenza resta

Chi ha una certa età ricorda lo studio del Club di Roma

dal titolo "I limiti dello sviluppo", pubblicato nel 1972,

voluto da Aurelio Peccei e firmato da Meadows.

Pur sbagliando i tempi per un eccesso di catastrofismo,

quel "rapporto" aveva previsto molte cose.

Tranne il procedere della conoscenza che ha generato il

mondo immateriale.

Certo, è successo attraverso il consumismo e l'assalto alla

diligenza dei combustibili fossili.

Ma ora la conoscenza è lì, a nostra disposizione, e potrà

continuare a crescere quasi senza limiti, perché i bit sono

senza peso e (quasi) senza dimensioni.

Benvenuti nel futuro. Se sarà così, sarà bello.

Lo scrivevo nel 2008 ne "Le macchine invisibili" (Longanesi).

Ed è ancora vero.

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