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Da Archeomatica

Post n°3457 pubblicato il 30 Settembre 2021 da blogtecaolivelli

Fonte: Archeomatica, libere risorse dell'Internet

Bradshaw rock paintings in the Kimberley region

of Western Australia, taken at a site off Kalumburu

Road near the King Edward River

Nuovi approcci scientifici per datare l'arte rupestre australiana

Il Kimberley una delle nove regioni dell'Australia

occidentale, remota ed estesa più della Germania,

un clima monsonico tropicale.

Una sterminata area rupestre, pressoché disabitata,

costellata da decine di migliaia di dipinti sulle pareti

rocciose e i ripari.

Fu una delle prime zone dell'Australia in cui approdarono

e si insediarono gli esseri umani, provenienti dall'odierna 

Indonesia circa 40.000 anni fa. Il primo europeo a

esplorare la regione fu Alexander Forrest nel 1879, dopo

di lui i cercatori d'oro e gli allevatori.

Un terzo degli abitanti odierni sono tuttora di origine 

aborigena.

Tantissimi gli stili e i motivi di quest'arte rupestre che

si avvicendano nel tempo in una serie di fasi iconografiche

sulle rocce risalendo dai giorni nostri sino al Pleistocene

e forse ancora prima.

Uno di questi stili, dai motivi antropomorfi, denominato

dai ricercatori che se ne sono occupati Gwionraffigura

uomini e donne con abiti elaborati, copricapi, boomerang,

lance, sacche e ornamenti di vario tipo.

Un problema non solamente iconografico ma soprattutto

cronologico per gli archeologi che lo devono ancorare a un'età.

A quando risalgono? Gli aborigeni odierni le attribuiscono

genericamente ai loro "vecchi".

Datare incisioni e pitture rupestri costituisce come è noto

un problema scientifico rimasto sinora in gran parte irrisolto,

in particolare laddove dove i pigmenti non contengono

più materiale organico originale:

Le datazioni che ne scaturiscono possono essere poi

facilmente contestate.

La questione ha impegnato studiosi australiani negli ultimi

40 anni con controversie che hanno fatto risalire lo stile

Gwion sino al medio Olocene, o viceversa negato tale

possibilità.

Ora nuovi approcci che hanno consentito di reperire a loro

volta nuovi dati provengono dalle nuove tecniche messe a

punto per risolvere il problema dal geoarcheologo Damien

Finch dell'Università di Melbourne con gli altri componenti

di un team di ricercatori (Andrew Gleadow, Janet Hergt,

Vladimir A. Levchenko, Pauline Heaney Peter Veth , Sam

Harper, Sven Ouzman, Cecilia Myers, Helen Green) che

ha indirizzato le ricerche, pubblicate  sul numero

di febbraio 2020 di Science Advances, sui resti di nidi

di vespe vasaie o del fango che si incontrano diffusamente

sulle parete di roccia arenaria. In alcuni casi i pigmenti rossi

delle figure di Gwion sono infatti dipinti proprio sopra

i resti di antichi nidi di vespe. 

Un nido costruito sopra un dipinto è probabilmente più

giovane del dipinto, ma un nido coperto di pigmento è

probabilmente più vecchio del dipinto. 

Rispettivamente dunque un terminus ante quem e un terminus

post quem.

Quando le vespe raccolgono materiali per costruire i loro nidi

spesso includono microscopici resti di carboni di antichi incendi

e ciò ha permesso agli archeologi di usare così con successo

il radiocarbonio per la datazione.

Non una novità certamente la datazione al radiocarbonio, già

usata per lo stesso problema nella regione di Kimberley nel 1997,

ma nuovo è il metodo sviluppato  dal team, completamente

descritto lo scorso anno da Damien Finch e altri su Quaternary

Geochronology (Andrew Gleadowa , Janet Hergta ,

Vladimir A. Levchenkob , David Fink).

Questo metodo si basa sull'identificazione di possibili fonti di

contaminazione da carbonio nell'ambiente dei ripari rocciosi del

Kimberley e su alcuni metodi e tecniche di pretrattamento

fisico e chimico per rimuoverli, la cui gamma è però limitata

essendo vincolanti le piccole dimensioni dei campione e le

basse concentrazioni di carbonio.

Comunque anche tenendo conto delle incertezze intrinseche

il metodo si è rivelato in grado di produrre stime di età

affidabili per l'arte rupestre e altre situazioni  di interesse

archeologico in ambienti rocciosi relativamente aperti.

Altre analisi nel caso degli ambienti rupestri del Kimberley

non sono possibili: l'ocra rossa che costituisce il pigmento è c

ostituita infatti da ematite minerale di ossido di ferro o

vasosite, quindi non contiene carbonio e la tecnica radiometrica

maggiormente utilizzata, in ambienti rupestri ovvero il

metodo 230Th/234U, basato sulle caratteristiche della serie

radioattiva dell'uranio, non è possibile non trattandosi di

grotte calcaree in cui per l'azione delle acque piccole quantità

di U possono precipitare con il carbonato di calcio.

Si tratta infatti di litologie arenacee.

In un sito del Kimberley la datazione al radiocarbonio di

questi nidi ha suggerito che la pittura risalga a  11.300-13.000

anni ma le domande irrisolte sono ancora molte.

Una per tutte:  quanto è durato lo stile Gwion? Il team

dell'Università di Melbourne è riuscito a rispondere con un

paziente lavoro di combinazione e di analisi statistica

probabilistica riguardante 21 pitture fornendo una proposta,

per il periodo di massimo splendore della pittura di Gwion, 

di mille anni  circa tra 11.520 e 12.680 anni fa, durante la fase

finale del Pleistocene.

La datazione al radiocarbonio si basa sulla misurazione dell'isotopo

radioattivo, sul carbonio 14 e il decadimento radioattivo è un

processo casuale a livello atomico, quindi qualsiasi misurazione

14C dipende dal comportamento statistico di tutti gli atomi

14C presenti.

Quindi è possibile, ma molto è improbabile che un campione di

qualcosa che ha 12.000 anni, una volta misurato, produca un

risultato che che possa essere significativamente diverso

dai 12.000 anni indicati.

Altri anni di lavoro attendono certamente Finch e gli altri

componenti del team  per chiarire altre numerose questioni

sull'arte rupestre degli aborigeni nella Terra Australis

 Incognita.

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