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Messaggi del 17/03/2019

In Val Camonica......

Post n°2035 pubblicato il 17 Marzo 2019 da blogtecaolivelli

Fonte: Internet

In Val Camonica lungo lo splendido Cammino di

Carlo MagnoUn itinerario che nasce dalla leggenda

e permette di scoprire i paesaggi della Lombardia

In Lombardia c'è un itinerario che permette di scoprire

i paesaggi della Val Camonica: il Cammino di

Carlo Magno.

Questo itinerario si sviluppa per circa 100 chilometri

ed è diviso in cinque tappe. Prende il nome da

un'antica leggenda che narra del passaggio di Carlo

Magno in Val Camonica. Secondo la tradizione, il Re de

Franchi attraversò tutta la valle e conquistò i castelli

dei signori locali, costringendoli alla conversione;

e, per celebrare le sue vittorie, l'Imperatore del Sacro

Romano impero fece costruire numerose chiese, spesso

sopra i ruderi dei castelli appena distrutti.  

val camonica

Il Cammino di Carlo Magno è di difficoltà media:

parte da Lovere, paesino che si affaccia sul Lago d'Iseo, 

e termina a Ponte di Legno, vicino al Passo del Tonale.

I 100 chilometri del percorso sono suddivisi in cinque

tappe: partendo da Lovere si attraversa il parco del

Lago Moro dove, lungo il suo tracciato, si possono

visitare diverse chiese fondate da Carlo Magno secondo

quanto racconta la leggenda. In seguito si passa per il

parco delle incisioni di Foppe di Nadro e il parco delle

Incisioni di Naquane.

Con la prima tappa, da Lovere a Boario Terme, ci si

può immergere tra le vie medievali e visitare la Basilica

di Santa Maria in Valvendrae il Castello di Gorzone.

Cimentandosi nella seconda tappa, da Boario Terme

a Breno, si ha la possibilità di scoprire i segreti

dell'arte camuna. In particolare, ad Esine, è imperdibile

una visita alla Chiesa di Santa Maria Assunta che

racchiude una cappella del 1400  e conserva un intero

ciclo affrescato dal pittore locale Pietro da Cemmo.

lovere

La terza tappa parte da Breno e finisce a Grevo.

Lunga 17.8 chilometri, passa attraverso le aree sacre

degli antichi Camuni: luoghi ricchi di incisioni rupestri

riconosciute come il primo sito italiano dell'Unesco.

La quarta tappa è sicuramente quella più naturalistica:

termina a Edolo, un centro medievale che rappresentava

un importante crocevia tra il Passo del Tonale e ilPasso

dell'Aprica.

La quinta e ultima tappa offre infine la possibilità

di scoprire le chiese immerse nei boschi legate a

Carlo Magno e nel centro di Temù si può visitare il

Museo della Guerra Bianca.

Un luogo ricco di storia e di leggende, che da

percorrere è davvero incredibile.

 
 
 

La biblioteca de "Il nome della rosa"

Post n°2034 pubblicato il 17 Marzo 2019 da blogtecaolivelli

Fonte: Internet

La biblioteca che ha ispirato Umberto Eco per

"Il nome della rosa"Ecco dov'è la biblioteca-labirinto

dell'abbazia benedettina descritta nel romanzo

di Umberto Eco

"La biblioteca è un labirinto: potreste entrare e non

ritrovare più l'uscita".

Così è descritta la spettacolare e misteriosa biblioteca

dell'abbazia benedettina nella fiction Tv

 "Il nome della rosa", tratta dall'omonimo romanzo

di Umberto Eco.

Una biblioteca che, purtroppo, non esiste nella realtà.

Molte delle scene, specie degli interni, sono state girate

a Cinecittà, dove è stato ricostruito il set con tanto di

abbazia (anche se alcune riprese sono state fatte in Italia,

tra Roccascalegna in Abruzzo e

laSacra di San Michele in Piemonte).

biblioteca-san-gallo

Tuttavia, nella mente di Eco che l'ha descritta nei

minimi particolari, c'era chiaramente un luogo da lui

visitato durante la stesura delle pagine del bestseller:

la Stiftsbibliothek di San Gallo, la biblioteca all'interno

dell'abbazia benedettina svizzera.

Con oltre 1200 anni di storia, è considerata una delle

più importanti biblioteche del mondo, tanto da essere

stata inserita dall'Unesco nella lista dei Patrimoni

dell'Umanità, insieme all'intero complesso abbaziale

naturalmente.
La biblioteca custodisce 150mila tra libri e manoscritti

antichi, alcuni rarissimi e di enorme valore: si contano

all'incirca 2100 codici miniati, come quelli a cui lavorano

i monaci nel romanzo./film/fiction, la metà dei quali di

epoca medievale e di origine antico alto tedesca, irlandese,

carolingia ecc.

abbazia-san-gallo-svizzera

Proprio per via dei testi che vi si possono trovare, sono

tantissimi gli studiosi che la visitano e ne consultano i volumi

ogni anno. I libri vanno dalla paleografia alla storia dell'arte,

della musica alla letteratura, dalla filologia latina e germanica

alla storia del diritto e della medicina, dalla teologia alle scienze.

Insomma, tutto lo scibile umano è contenuto in questo

scrigno di cultura.

La storia dell'abbazia e della biblioteca è antichissima e

risale all'anno 612, quando il monaco irlandese Gallo si r

itirò nella valle superiore dello Steinach, nella Svizzera

orientale, per condurre una vita da eremita.

Negli anni, attorno a lui, si radunarono alcuni discepoli,

ma fu nel 719 che l'abate Otmar trasformò il luogo in un

monastero.

L'introduzione della Regola benedettina avvenuta nel 747,

cheobbligava i monaci a letture quotidiane, gettò le basi

per la creazione dell'attuale biblioteca, attorno alla quale

ben presto si costituì anche una scuola.

Nel corso dei secoli la biblioteca si è ampliata, sulla base

di una mappa chiamata "pianta di San Gallo".

La pianta descrive una completa abbazia benedettina,

comprese le chiese, le abitazioni, le stalle, le cucine,

i laboratori, la distilleria, l'infermeria e un edificio

impiegato per i salassi. Questa pianta non fu mai veramente

replicata, ma il sito attuale non è molto diverso.

Tuttavia, la piantina, realizzata in pergamena e tuttora

conservata all'interno della biblioteca di San Gallo, fu

considerata la struttura ideale di un'abbazia benedettina

e venne presa a modello da molti altri monasteri.

Per la Svizzera è uno dei documenti più importanti

che esistano.

La biblioteca di San Gallo può essere visitata.

Ospita una mostra permanente sulla storia del luogo

e la pianta originale oltre ad alcune immagini che ne

mostrano l'evoluzione nel corso dei secoli, ma spesso

si tengono anche esposizioni temporanee.

È un viaggio emozionante nella storia, nella letteratura

e nell'arte quello che si fa quando si visita la

Stiftsbibliothek di San Gallo, nell'omonimo Cantone

della Svizzera.

La biblioteca è il centro del romanzo "Il nome della rosa"

 scritto da Umberto Eco nel 1986, da cui stato stati tratti

un film di grande successo interpretato da Sean Connery

nel 1986 e una fiction Tv in onda su Rai1 nel 2019 con

John Turturro, e tutti sanno come finisce (chi non lo sa,

legga il libro).

 
 
 

Gabriele D'Annunzio

Post n°2033 pubblicato il 17 Marzo 2019 da blogtecaolivelli

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.

Deputato del Regno d'Italia

Legislature

XX del Regno d'Italia

Dati generali

Partito politico

Estrema destra storica(1897-1900)
Estrema sinistra storica (1900)
Associazione Nazionalista Italiana(1910-1920)
Federazione Nazionale dei Legionari Fiumani(1921-1924)

Tendenza politica

Nazionalismo italiano 
Interventismo 
Irredentismo italiano

Titolo di studio

Diploma di maturità classica, Laurea inLettere honoris causa

Professione

scrittoregiornalista

Firma

Firma di Gabriele D'Annunzio

Gabriele D'Annunzio, all'anagrafe Gabriele d'Annunzio

 (Pescara12 marzo 1863 -Gardone Riviera1º marzo 1938),

 è stato uno scrittorepoetadrammaturgomilitarepolitico,

giornalista e patriota italiano, simbolo del Decadentismo e

celebre figura della prima guerra mondiale, dal 1924

 insignito del titolo di "principe di Montenevoso".

Gabriele D'Annunzio

12 marzo 1863 - 1º marzo 1938

Soprannome

il Vate

Nato a

Pescara

Morto a

Gardone Riviera

Luogo di sepoltura

Gardone Riviera, mausoleo del Vittoriale

Dati militari

Paese servito

Italia Italia
Reggenza Italiana del Carnaro.jpg Reggenza italiana del Carnaro

Forza armata

Flag of Italy (1860).svg Regio Esercito

Arma

Fanteria

Corpo

Servizio Aeronautico

Specialità

Osservatore

Anni di servizio

1915 - 1918

Grado

Maggiore
Tenente colonnello
Generale di brigata aerea[5]

Ferite

Occhio destro, tempia destra

Comandanti

Luigi CadornaArmando Diaz

Guerre

Prima guerra mondiale

Campagne

Impresa di Fiume

Battaglie

Battaglia di Pola
Battaglia di Cattaro
Beffa di Buccari
Volo su Vienna
Decima battaglia dell'Isonzo
Battaglie dell'Isonzo

Comandante di

1ª Squadriglia navale S.A.
Reggenza italiana del Carnaro

Decorazioni

medaglia d'oro al valore militare
medaglie d'argento
croce merito di guerra
titolo nobiliare di principe di Montenevoso

Frase celebre

Memento Audere Semper("Ricordati di osare sempre"), Donec ad Metam, Vienna!

Altre cariche

scrittore, poeta, politico

Soprannominato "il Vate", cioè "poeta sacro, profeta",

 cantore dell'Italia umbertina, o anche "l'Immaginifico",

 occupò una posizione preminente nella letteratura italiana

 dal 1889 al 1910circa e nella vita politica dal 1914 al 1924.

È stato definito «eccezionale e ultimo interprete della più

 duratura tradizione poetica italiana [...]»e come politico

lasciò un segno nella sua epoca e un'influenza sugli eventi

che gli sarebbero succeduti.

L'arte di D'Annunzio fu così determinante per la cultura di massa

 che influenzò usi e costumi nell'Italia -e non solo- del suo tempo:

un periodo che più tardi sarebbe stato definito appunto "dannunziane-

simo".

La famiglia e gli anni di formazione

Gabriele D'Annunzio nacque a Pescara il 12 marzo 1863 da

 una famiglia borghese benestante.

 Terzo di cinque figli, visse un'infanzia felice,

 distinguendosi per intelligenza e vivacità. 

Dalla madre, Luisa de Benedictis (1839-1917),

 erediterà la fine sensibilità; dal padre, Francesco

Paolo Rapagnetta (1831-1893) (il quale aveva acquisito

nel 1851 il cognome D'Annunzio da un ricco parente

 che lo adottò, lo zio Antonio D'Annunzio), il temperamento

 sanguigno, la passione per le donne e la disinvoltura nel

contrarre debiti, che portarono la famiglia da una condizione

agiata a una difficile situazione economica. 

Reminiscenze della condotta paterna, la cui figura è ricordata

 nelle Faville del maglio e accennata nel Poema paradisiaco,

sono presenti nel romanzo Trionfo della morte.

Ebbe tre sorelle, cui fu molto legato per tutta la vita, e un

 fratello minore

Anna (Pescara, 27 luglio 1859 - Pescara, 9 agosto 1914);

Elvira (Pescara, 3 novembre 1861 - Pescara, 1942);

Ernestina (Pescara, 10 luglio 1865 - Pescara, 1938);

Antonio (Pescara, 1867 - New York1945), direttore d'orchestra,

si trasferì negli Stati Uniti d'America, dove perse tutto nella 

crisi economica del 1929; D'Annunzio lo aiutò finanziariamente

 con cospicui prestiti, ma le continue richieste di denaro spinsero

 Gabriele a rompere i rapporti e a rifiutare di incontrarlo al Vittoriale.

Il giovane D'Annunzio non tardò a manifestare un carattere

ambizioso e privo di complessi e inibizioni, portato al confronto

 competitivo con la realtà.

 Ne è testimonianza la lettera che, ancora sedicenne,

 scrisse nel 1879 a Giosuè Carducci, il poeta più stimato

 nell'Italiaumbertina, mentre frequenta il liceo al prestigioso

 istituto Convitto Cicognini di Prato. Nel 1879 il padre finanziò

la pubblicazione della prima opera del giovane studente,

 Primo vere, una raccolta di poesie che ebbe presto successo.

 Accompagnato da un'entusiastica recensione critica sulla rivista

 romana Il Fanfulla della domenica, il libro venne pubblicizzato

dallo stesso D'Annunzio con un espediente: fece diffondere la

 falsa notizia della propria morte per una caduta da cavallo.

 La notizia ebbe l'effetto di richiamare l'attenzione del pubblico

 romano sul romantico studente abruzzese, facendone un

 personaggio molto discusso.

 Lo stesso D'Annunzio poi smentì la falsa notizia.

Dopo aver concluso gli studi liceali accompagnato da una

 notorietà in continua ascesa, giunse a Roma e si iscrisse alla

Facoltà di Lettere, dove non terminò mai gli studi.

Il periodo romano (1881-1891

Gli anni 1881-1891 furono decisivi per la formazione di

 D'Annunzio, e nel rapporto con il particolare ambiente

culturale e mondano di Roma da poco divenuta capitale

del Regno, cominciò a forgiarsi il suo stile raffinato e

comunicativo, la sua visione del mondo e il nucleo centrale

 della sua poetica. La buona accoglienza che trovò in città

 fu favorita dalla presenza in essa di un folto gruppo di

 scrittori, artisti, musicisti, giornalisti di origine abruzzese,

parte dei quali conosciuti dal poeta a Francavilla al Mare,

 in un convento di proprietà del corregionale e amico 

Francesco Paolo Michetti (fra essi ScarfoglioTosti

Masciantonio e Barbella) che fece parlare in seguito di una

 "Roma bizantina", dal nome della rivista su cui scrivevano,

 Cronaca bizantina.

La cultura provinciale e vitalistica di cui il gruppo si faceva

portatore appariva al pubblico romano, chiuso in un ambiente

 ristretto e soffocante - ancora molto lontano dall'effervescenza

 intellettuale che animava le altre capitali europee - una novità

 "barbarica", eccitante e trasgressiva;

D'Annunzio seppe condensare perfettamente, con uno stile

giornalistico esuberante, raffinato e virtuosistico, gli stimoli

che questa opposizione "centro-periferia", "natura-cultura"

offrivano alle attese di lettori desiderosi di novità.

D'Annunzio si era dovuto adattare al lavoro giornalistico

soprattutto per esigenze economiche, ma attratto alla frequenta-

zione della Roma "bene" dal suo gusto per l'esibizione della

bellezza e del lusso, nel 1883 sposò, con un matrimonio "di

 riparazione" (lei era già incinta del figlio Mario), nella cappella

di Palazzo Altemps a Roma, Maria Hardouin duchessa di Gallese,

da cui ebbe tre figli (Mario, deputato al parlamento,Gabriele Maria,

 attore, e Ugo Veniero)[14]. Il matrimonio finì in una separazione

 legale dopo pochi anni (anche se il poeta e la ex-moglie rimasero

 in buoni rapporti), per le numerose relazioni extraconiugali di

 D'Annunzio. Tuttavia, le esperienze per lui decisive furono quelle

 trasfigurate negli eleganti e ricercati resoconti giornalistici.

 In questo rito di iniziazione letteraria egli mise rapidamente a fuoco

 i propri riferimenti culturali, nei quali si immedesimò fino a

 trasfondervi tutte le sue energie creative ed emotive.

 Ma la donna venne presto messa in disparte dallo scrittore,

che dall'aprile del 1887 guardò con grande passione alla nuova

 amante Barbara Leoni, destinata a restare il suo più grande amore,

 anche al di là della loro storia durata cinque anni.

In quei primi anni giovanili utilizzava lo pseudonimo di "Duca Minimo"

 per gli articoli che scriveva per La Tribuna, giornale fondato dagli

 esponenti della Sinistra storicaAlfredo Baccarini e Giuseppe Zanardelli.

Il grande successo letterario arrivò con la pubblicazione del suo primo

romanzo, Il piacere a Milano presso l'editore Treves, nel 1889.

Tale romanzo, incentrato sulla figura dell'esteta decadente, inaugura una

 nuova prosa introspettiva e psicologica che rompe con i canoni estetici

 del naturalismo e del positivismo allora imperanti.

Accanto a lettori ed estimatori più attenti e colti, venne presto a crearsi

 attorno alla figura di D'Annunzio un vasto pubblico condizionato non

tanto dai contenuti, quanto dalle forme e dai risvolti divistici delle sue

 opere e della sua persona, un vero e proprio star system ante litteram,

 che lo stesso scrittore contribuì a costruire deliberatamente.

 Egli inventò uno stile immaginoso e appariscente di vita da "grande divo",

 con cui nutrì il bisogno di sogni, di misteri, di "vivere un'altra vita",

 di oggetti e comportamenti-culto che stava connotando in Italia la

 nuova cultura di massa.

 

 

 
 
 

GABRIELE D'ANNUNZIO

Post n°2032 pubblicato il 17 Marzo 2019 da blogtecaolivelli

Il periodo napoletano (1891-1893)

Tra il 1891 e il 1893 D'Annunzio visse a Napoli, dove compose

 Giovanni Episcopo e L'innocente, seguiti daIl trionfo della morte 

(scritto in Abruzzo, tra Francavilla al Mare e San Vito Chietino)

e dalle liriche delPoema paradisiaco.

Sempre di questo periodo è il suo primo approccio agli scritti

 di Friedrich Nietzsche. Le suggestioni nietzschiane, liberamente

 filtrate dalla sensibilità del Vate si ritroveranno anche ne

 Le vergini delle rocce (1895), poema in prosa dove l'arte

 «...si presenta come strumento di una diversa aristocrazia,

elemento costitutivo del vivere inimitabile, suprema affermazione

 dell'individuo e criterio fondamentale di ogni atto»].

Nel 1892, a seguito di una gara con Ferdinando Russo sulla

capacità del poeta di comporre liriche in dialetto napoletano,

 D'Annunzio compone il testo de 'A vucchella, romanza che

 verrà pubblicata nel 1907 musicata da Francesco Paolo Tosti.

 La canzone, eseguita da celebri tenori come Enrico Caruso e,

 in seguito, Luciano Pavarotti verrà incisa anche da grandi

interpreti della canzone napoletana come Roberto Murolo

 che ne faranno un classico.

Il periodo fiorentino (1894-1904

Sempre nel 1892 cominciò una relazione epistolare con la

celebre attrice Eleonora Duse, con la quale ebbe inizio la

stagione centrale della sua vita.

Si conobbero personalmente nel 1894 e subito scattò l'amore.

 Per vivere accanto alla sua nuova compagna, D'Annunzio si

trasferì a Firenze, nella zona di Settignano, dove affittò la

 villa La Capponcina - dal nome della famiglia Capponi che

 ne era stata la proprietaria -

(vicinissima alla villa La Porziuncola dell'attrice),

 trasformandola in un monumento del gusto estetico decadente,

 definita da lui "la vita del signore rinascimentale".

Frequentò anche il Chianti e conobbe una nobile di

 San Casciano in Val di Pesa, passò un breve periodo presso

 il Fedino, una nota villa del luogo.

 Sono in questi anni che si situa gran parte della drammaturgia

 dannunziana, piuttosto innovativa rispetto ai canoni del dramma

 borghese o del teatro, dominanti in Italia, e che non di rado

 ha come punto di riferimento la figura attoriale della Duse,

 nonché le sue migliori opere poetiche, la gran parte delle

 Laudi, e, tra queste, il vertice e capolavoro della poesia

dannunziana, l'Alcyone.

 La relazione dell'artista con Eleonora Duse è stata celebrata

Firenze in un modo molto originale.

 Alla nascita del quartiere fiorentino di Coverciano (sorto proprio

ai piedi della villa dannunziana di Settignano), due importanti

 arterie stradali della zona vennero inaugurate in memoria dei

 famosi amanti, prevedendo inoltre un incrocio tra queste vie.

Tra il 1893 e il 1897 D'Annunzio condusse un'esistenza

movimentata, che lo portò dapprima nella sua terra d'origine

e poi in Grecia, che visitò nel corso di un lungo viaggio.

 Nel 1897 volle provare l'esperienza politica, vivendo anch'essa,

 come tutto il resto, in un modo bizzarro e clamoroso: eletto 

deputato della destra, passò quasi subito nelle file della sinistra,

 giustificandosi con la celebre affermazione «vado verso la vita»,

 per protesta contro Luigi Pelloux e le "leggi liberticide";

 espresse anche vivaci proteste per la sanguinosa repressione

dei moti di Milano da parte del generale Fiorenzo Bava Beccaris.

 Dal 1900 al 1906 fu molto vicino al Partito Socialista Italiano

D'Annunzio e la Massoneria

Il 3 marzo 1901 inaugurò invece con Ettore Ferrari,

Gran Maestro della massoneria del Grande Oriente d'Italia,

l'Università Popolare di Milano, nella sede di via Ugo Foscolo,

dove pronunciò il discorso inaugurale e dove, successivamente,

 svolse un'attività straordinaria di docenze e lezioni culturali.

 L'amicizia con Ferrari aveva avvicinato il Vate alla "libera

muratoria": D'Annunzio era infatti massone e 33º grado della

 Gran Loggia d'Italia degli Alam detta "di Piazza del Gesù",

fuoriuscita nel 1908 dal GOI.

Più tardi fu iniziato al Martinismo.

 Molti dei volontari fiumani erano esoteristi o massoni e tra

 di essi figuravano in particolare Alceste de Ambris

Sante CeccheriniMarco Egidio Allegri.

La bandiera della Reggenza del Carnaro avrebbe contenuto

 svariati simboli massonici e gnostici, come l'uroboro e le

sette stelle dell'Orsa Maggiore.

Il trasferimento in Francia (1904-1915)

La relazione con Eleonora Duse si incrinò nel 1904, dopo

 la pubblicazione del romanzo Il fuoco, in cui il poeta aveva

 descritto impietosamente la loro relazione, e il tradimento

 con Alessandra di Rudiní. In quell'epoca la vita dispendiosa

 condotta dal Vate lo portò a sperperare le cospicue somme

percepite per le proprie pubblicazioni, che divennero

 insufficienti a coprire le spese prodottesi.

 Nel 1910, convinto dalla nuova amante Nathalie de Goloubeff[,

 D'Annunzio si trasferì in Francia: già da tempo aveva accumulato

 una serie di debiti e, per evitare i creditori, aveva preferito

allontanarsi dal proprio Paese.

 L'arredamento della villa fu messo all'asta e D'Annunzio

per cinque anni non rientrò in Italia. Risale a questo periodo

 la relazione con l'americana Romaine Beatrice Brooks.

Parigi era un personaggio noto, era stato tradotto da

 Georges Hérelle e il dibattito tra decadentisti e naturalisti

 aveva a suo tempo suscitato un notevole interesse già

 con Huysmans. Ciò gli permise di mantenere inalterato

 il suo dissipato stile di vita fatto di debiti e frequentazioni

mondane, tra cui quelle con Filippo Tommaso Marinetti e 

Claude Debussy. Pur lontano dall'Italia, collaborò al dibattito

 politico prebellico, pubblicando versi in celebrazione della

 guerra italo-turca, inclusi poi in Merope, o editoriali per

 diversi giornali nazionali (in particolare per il Corriere della Sera),

 che a loro volta gli concedevano altri prestiti.

Nel 1910 D'Annunzio aderì all'Associazione Nazionalista Italiana

 fondata da Corradini. Nei suoi contributi inneggiò ad una

 politica di potenza, opponendo la sua idea di Nazione

all'«Italietta meschina e pacifista».

Nel 1914 Gabriele D'Annunzio rifiutò di diventare 

Accademico della Crusca, dichiarandosi nemico degli onori

letterari e delle Università. Ai bolognesi che gli offrivano una

cattedra scrisse infatti: "amo più le aperte spiagge che le

 chiuse scuole dalle quali vi auguro di liberarvi".

Dopo il periodo parigino si ritirò ad Arcachon, sulla costa

 atlantica, dove si dedicò all'attività letteraria in collaborazione

 con musicisti di successo (MascagniDebussy), e compose

 libretti d'opera (Le martyre de Saint Sébastien) e soggetti per film (Cabiria)

 
 
 

Gabriele D'Annunzio

Post n°2031 pubblicato il 17 Marzo 2019 da blogtecaolivelli

 

Gabriele D'Annunzio

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.

Deputato del Regno d'Italia

Legislature

XX del Regno d'Italia

Dati generali

Partito politico

Estrema destra storica(1897-1900)
Estrema sinistra storica (1900)
Associazione Nazionalista Italiana(1910-1920)
Federazione Nazionale dei Legionari Fiumani(1921-1924)

Tendenza politica

Nazionalismo italiano 
Interventismo 
Irredentismo italiano

Titolo di studio

Diploma di maturità classica, Laurea inLettere honoris causa

Professione

scrittoregiornalista

Firma

Firma di Gabriele D'Annunzio

Gabriele D'Annunzio, all'anagrafe Gabriele d'Annunzio

 (Pescara12 marzo 1863 -Gardone Riviera1º marzo 1938),

 è stato uno scrittorepoetadrammaturgomilitarepolitico,

giornalista e patriota italiano, simbolo del Decadentismo e

celebre figura della prima guerra mondiale, dal 1924

 insignito del titolo di "principe di Montenevoso".

Gabriele D'Annunzio

12 marzo 1863 - 1º marzo 1938

Soprannome

il Vate

Nato a

Pescara

Morto a

Gardone Riviera

Luogo di sepoltura

Gardone Riviera, mausoleo del Vittoriale

Dati militari

Paese servito

Italia Italia
Reggenza Italiana del Carnaro.jpg Reggenza italiana del Carnaro

Forza armata

Flag of Italy (1860).svg Regio Esercito

Arma

Fanteria

Corpo

Servizio Aeronautico

Specialità

Osservatore

Anni di servizio

1915 - 1918

Grado

Maggiore
Tenente colonnello
Generale di brigata aerea[5]

Ferite

Occhio destro, tempia destra

Comandanti

Luigi CadornaArmando Diaz

Guerre

Prima guerra mondiale

Campagne

Impresa di Fiume

Battaglie

Battaglia di Pola
Battaglia di Cattaro
Beffa di Buccari
Volo su Vienna
Decima battaglia dell'Isonzo
Battaglie dell'Isonzo

Comandante di

1ª Squadriglia navale S.A.
Reggenza italiana del Carnaro

Decorazioni

medaglia d'oro al valore militare
medaglie d'argento
croce merito di guerra
titolo nobiliare di principe di Montenevoso

Frase celebre

Memento Audere Semper("Ricordati di osare sempre"), Donec ad Metam, Vienna!

Altre cariche

scrittore, poeta, politico

Soprannominato "il Vate", cioè "poeta sacro, profeta",

 cantore dell'Italia umbertina, o anche "l'Immaginifico",

 occupò una posizione preminente nella letteratura italiana

 dal 1889 al 1910circa e nella vita politica dal 1914 al 1924.

È stato definito «eccezionale e ultimo interprete della più

 duratura tradizione poetica italiana [...]»e come politico

lasciò un segno nella sua epoca e un'influenza sugli eventi

che gli sarebbero succeduti.

L'arte di D'Annunzio fu così determinante per la cultura di massa

 che influenzò usi e costumi nell'Italia -e non solo- del suo tempo:

un periodo che più tardi sarebbe stato definito appunto "dannunziane-

simo".

La famiglia e gli anni di formazione

Gabriele D'Annunzio nacque a Pescara il 12 marzo 1863 da

 una famiglia borghese benestante.

 Terzo di cinque figli, visse un'infanzia felice,

 distinguendosi per intelligenza e vivacità. 

Dalla madre, Luisa de Benedictis (1839-1917),

 erediterà la fine sensibilità; dal padre, Francesco

Paolo Rapagnetta (1831-1893) (il quale aveva acquisito

nel 1851 il cognome D'Annunzio da un ricco parente

 che lo adottò, lo zio Antonio D'Annunzio), il temperamento

 sanguigno, la passione per le donne e la disinvoltura nel

contrarre debiti, che portarono la famiglia da una condizione

agiata a una difficile situazione economica. 

Reminiscenze della condotta paterna, la cui figura è ricordata

 nelle Faville del maglio e accennata nel Poema paradisiaco,

sono presenti nel romanzo Trionfo della morte.

Ebbe tre sorelle, cui fu molto legato per tutta la vita, e un

 fratello minore

Anna (Pescara, 27 luglio 1859 - Pescara, 9 agosto 1914);

Elvira (Pescara, 3 novembre 1861 - Pescara, 1942);

Ernestina (Pescara, 10 luglio 1865 - Pescara, 1938);

Antonio (Pescara, 1867 - New York1945), direttore d'orchestra,

si trasferì negli Stati Uniti d'America, dove perse tutto nella 

crisi economica del 1929; D'Annunzio lo aiutò finanziariamente

 con cospicui prestiti, ma le continue richieste di denaro spinsero

 Gabriele a rompere i rapporti e a rifiutare di incontrarlo al Vittoriale.

Il giovane D'Annunzio non tardò a manifestare un carattere

ambizioso e privo di complessi e inibizioni, portato al confronto

 competitivo con la realtà.

 Ne è testimonianza la lettera che, ancora sedicenne,

 scrisse nel 1879 a Giosuè Carducci, il poeta più stimato

 nell'Italiaumbertina, mentre frequenta il liceo al prestigioso

 istituto Convitto Cicognini di Prato. Nel 1879 il padre finanziò

la pubblicazione della prima opera del giovane studente,

 Primo vere, una raccolta di poesie che ebbe presto successo.

 Accompagnato da un'entusiastica recensione critica sulla rivista

 romana Il Fanfulla della domenica, il libro venne pubblicizzato

dallo stesso D'Annunzio con un espediente: fece diffondere la

 falsa notizia della propria morte per una caduta da cavallo.

 La notizia ebbe l'effetto di richiamare l'attenzione del pubblico

 romano sul romantico studente abruzzese, facendone un

 personaggio molto discusso.

 Lo stesso D'Annunzio poi smentì la falsa notizia.

Dopo aver concluso gli studi liceali accompagnato da una

 notorietà in continua ascesa, giunse a Roma e si iscrisse alla

Facoltà di Lettere, dove non terminò mai gli studi.

Il periodo romano (1881-1891

Gli anni 1881-1891 furono decisivi per la formazione di

 D'Annunzio, e nel rapporto con il particolare ambiente

culturale e mondano di Roma da poco divenuta capitale

del Regno, cominciò a forgiarsi il suo stile raffinato e

comunicativo, la sua visione del mondo e il nucleo centrale

 della sua poetica. La buona accoglienza che trovò in città

 fu favorita dalla presenza in essa di un folto gruppo di

 scrittori, artisti, musicisti, giornalisti di origine abruzzese,

parte dei quali conosciuti dal poeta a Francavilla al Mare,

 in un convento di proprietà del corregionale e amico 

Francesco Paolo Michetti (fra essi ScarfoglioTosti

Masciantonio e Barbella) che fece parlare in seguito di una

 "Roma bizantina", dal nome della rivista su cui scrivevano,

 Cronaca bizantina.

La cultura provinciale e vitalistica di cui il gruppo si faceva

portatore appariva al pubblico romano, chiuso in un ambiente

 ristretto e soffocante - ancora molto lontano dall'effervescenza

 intellettuale che animava le altre capitali europee - una novità

 "barbarica", eccitante e trasgressiva;

D'Annunzio seppe condensare perfettamente, con uno stile

giornalistico esuberante, raffinato e virtuosistico, gli stimoli

che questa opposizione "centro-periferia", "natura-cultura"

offrivano alle attese di lettori desiderosi di novità.

D'Annunzio si era dovuto adattare al lavoro giornalistico

soprattutto per esigenze economiche, ma attratto alla frequenta-

zione della Roma "bene" dal suo gusto per l'esibizione della

bellezza e del lusso, nel 1883 sposò, con un matrimonio "di

 riparazione" (lei era già incinta del figlio Mario), nella cappella

di Palazzo Altemps a Roma, Maria Hardouin duchessa di Gallese,

da cui ebbe tre figli (Mario, deputato al parlamento,Gabriele Maria,

 attore, e Ugo Veniero)[14]. Il matrimonio finì in una separazione

 legale dopo pochi anni (anche se il poeta e la ex-moglie rimasero

 in buoni rapporti), per le numerose relazioni extraconiugali di

 D'Annunzio. Tuttavia, le esperienze per lui decisive furono quelle

 trasfigurate negli eleganti e ricercati resoconti giornalistici.

 In questo rito di iniziazione letteraria egli mise rapidamente a fuoco

 i propri riferimenti culturali, nei quali si immedesimò fino a

 trasfondervi tutte le sue energie creative ed emotive.

 Ma la donna venne presto messa in disparte dallo scrittore,

che dall'aprile del 1887 guardò con grande passione alla nuova

 amante Barbara Leoni, destinata a restare il suo più grande amore,

 anche al di là della loro storia durata cinque anni.

In quei primi anni giovanili utilizzava lo pseudonimo di "Duca Minimo"

 per gli articoli che scriveva per La Tribuna, giornale fondato dagli

 esponenti della Sinistra storicaAlfredo Baccarini e Giuseppe Zanardelli.

Il grande successo letterario arrivò con la pubblicazione del suo primo

romanzo, Il piacere a Milano presso l'editore Treves, nel 1889.

Tale romanzo, incentrato sulla figura dell'esteta decadente, inaugura una

 nuova prosa introspettiva e psicologica che rompe con i canoni estetici

 del naturalismo e del positivismo allora imperanti.

Accanto a lettori ed estimatori più attenti e colti, venne presto a crearsi

 attorno alla figura di D'Annunzio un vasto pubblico condizionato non

tanto dai contenuti, quanto dalle forme e dai risvolti divistici delle sue

 opere e della sua persona, un vero e proprio star system ante litteram,

 che lo stesso scrittore contribuì a costruire deliberatamente.

 Egli inventò uno stile immaginoso e appariscente di vita da "grande divo",

 con cui nutrì il bisogno di sogni, di misteri, di "vivere un'altra vita",

 di oggetti e comportamenti-culto che stava connotando in Italia la

 nuova cultura di massa.

 

 
 
 

GABRIELE D'ANNUNZIO

Post n°2030 pubblicato il 17 Marzo 2019 da blogtecaolivelli

Partecipazione alla prima guerra mondiale (1915-1918)

Nel 1915 ritornò in Italia, dove rifiutò la cattedra di letteratura

 italiana che era stata di Pascoli; condusse immediatamente

 un'intensa propaganda interventista, inneggiando al mito di

 Roma e delRisorgimento e richiamandosi alla figura di 

Giuseppe Garibaldi.

Il discorso celebrativo che D'Annunzio pronunciò a Quarto il

 5 maggio 1915 durante l'inaugurazione del monumento ai Mille,

in seno alle imponenti manifestazioni che si svolsero a Genova in

occasione delle celebrazioni del Primo Maggio, segnò l'inizio di un

fitto programma di manifestazioni interventiste, che culminarono

 con le arringhe tenute a Roma durante tutto il periodo antecedente

 l'entrata in guerra, durante le cosiddette "radiose giornate di maggio".

 Con lo scoppio del conflitto con l'Austria-Ungheria, D'Annunzio,

 nonostante avesse 52 anni, ottenne di arruolarsi come

 volontario di guerra nei Lancieri di Novara, partecipando subito

 ad alcune azioni dimostrative navali e aeree.

Per un periodo risiedette a Cervignano del Friuli e 

Santa Maria la Longa, località vicine al Comando della

 III Armata, a capo della quale era il suo estimatore 

Emanuele Filiberto di Savoia, Duca d'Aosta.

La sua attività in guerra fu prevalentemente propagandistica,

 fondata su continui spostamenti da un corpo all'altro come

 ufficiale di collegamento e osservatore.

Ottenuto il brevetto di Osservatore d'aereo, nell'agosto 1915

effettuò un volo sopra Trieste insieme al suo comandante e

carissimo amico Giuseppe Garrassini Garbarino, lanciando

 manifesti propagandistici; nel settembre 1915 partecipò a

 un'incursione aerea su Trentoe nei mesi successivi, sul fronte

 carsico, a un attacco lanciato sul monte San Michele nel

quadro delle battaglie dell'Isonzo. Il 16 gennaio del 1916, a

seguito di un atterraggio d'emergenza, nell'urto contro la

 mitragliatrice dell'aereo riportò una lesione all'altezza della

tempia e dell'arcata sopracciliare destra.

 La ferita, non curata per un mese, provocò la perdita

dell'occhio che tenne coperto da una benda; anche da

questo episodio trasse ispirazione per autodefinirsi e

autografarsi come l'Orbo veggente. Dopo l'incidente

passò un periodo di convalescenza a Venezia, durante

 il quale, assistito dalla figlia Renata, compose il Notturno.

L'opera, interamente dedicata a ricordi e riflessioni legati

 all'esperienza di guerra, fu pubblicata nel 1921.

 Dopo la degenza, contro i consigli dei medici, tornò al fronte:

 nel settembre 1916 partecipò a un'incursione su Parenzo e,

nell'anno successivo, con la III Armata, alla conquista del 

Veliki e al cruento scontro presso le foci del Timavo nel

corso della decima battaglia dell'Isonzo.

Nell'agosto del 1917 compì, con i piloti Maurizio Pagliano e 

Luigi Gori e il loro Caproni Ca.33, decorato con l'Asso di Picche,

 tre raid notturni su Pola (3, 5 e 8 agosto).

Alla fine del mese effettuò col medesimo equipaggio

attacchi a volo radente sulla dorsale dell'Hermada, riportando

 una ferita al polso e rientrando con il velivolo forato da 134 colpi.

 A settembre parve realizzarsi la possibilità di effettuare

l'agognato raid su Vienna. A tal fine, con Pagliano e Gori

compì un volo dimostrativo di 1000 km in 9 ore di volo, ma

 all'ultimo istante il consenso al raid venne negato.

 Alla fine di settembre si trasferì a Gioia del Colle (BA),

 inquadrato sempre con Pagliano e Gori, oltre al tenente 

Ivo OlivetiCasimiro ButtiniGino LisaMariano D'Ayala Godoy,

 Andrea Bafile e il corrispondente di guerra del Corriere della Sera

 Guelfo Civinini, nel Distaccamento A.R., comandato dal maggiore

 Armando Armani, suiCaproni Ca.33 e al comando della

 1ª Squadriglia bis, per compiere una missione sulle installazioni

 navali del golfo di Cattaro. L'impresa venne portata a termine

 con successo, sempre con Pagliano e Gori, la notte del 4 ottobre,

 volando per oltre 500 km sul mare, senza riferimenti,

orientandosi con la bussola e le stelle

Alla fine di ottobre, durante la battaglia di Caporetto, incitò i

soldati, pronunciando discorsi appassionati.

 Nel febbraio del 1918, imbarcato sui MAS 96 della Regia Marina,

 partecipò al raid navale, denominato la beffa di Buccari, azione

 dedicata alla memoria dei suoi compagni di volo Pagliano e Gori,

caduti il 30 dicembre.

Cazzullo riporta un episodio in cui il poeta cercò di impegnare

 truppe italiane per un'operazione puramente dimostrativa volendo

 posizionare un enorme tricolore sul castello di Duino, situato

 oltre il fronte, in direzione di Trieste.

 Quando gli austriaci, accortisi dell'incursione, aprirono il fuoco

 uccidendo diversi soldati italiani, D'Annunzio forzò i fanti rimasti

ad avanzare comunque, ordinando agli artiglieri di sparare su

 chi si fosse arreso e additando i superstiti che fuggivano come codardi.

L'11 marzo 1918, con il grado di maggiore, assunse il comando

 della 1ª Squadriglia navale S.A. del campo volo di San Nicolò

del Lido di Venezia, primo esperimento di siluranti aeree, chiamata

Squadra aerea San Marco, e ne coniò il motto: Sufficit Animus 

("Abbastanza anima"). Tale squadriglia era mista, in quanto

 formata da aeroplani da ricognizione-bombardamento

(velivoli SIA 9B - 4 velivoli nel 1º semestre 1918 e 7 velivoli

nel 2º semestre 1918) e da ricognizione/caccia (10 velivoli Ansaldo S.V.A.).

Nell'agosto del 1918, alla guida della 87ª Squadriglia aeroplani

 "Serenissima", equipaggiata con i nuovi velivoli SVA 5, realizzò

il suo sogno: il Volo su Vienna. Preso posto su uno SVA modificato,

 pilotato dal capitano Natale Palli, il 9 agosto raggiunse con

una formazione di sette aeroplani la capitale asburgica,

 compiendo un volo di oltre 1000 km, quasi tutti sorvolando

 il territorio in mano al nemico. L'azione, dal carattere esclusivamente

 psicologico e propagandistico, fu caratterizzata dal lancio di migliaia

di manifestini nei cieli di Vienna, con scritte che inneggiavano alla

 pace e alla fine delle ostilità. L'eco e la risonanza di tale azione

 furono enormi e perfino il nemico dovette ammetterne il valore.

 Fino al termine del conflitto, D'Annunzio si prodigò in innumerevoli

 voli di bombardamento sui territori occupati dall'esercito austriaco,

fino alla battaglia finale, ai primi di novembre 1918.

Al termine del conflitto «egli apparteneva di diritto alla generazione

degli assi e dei pluridecorati...»[  e il coraggio dimostrato, unitamente

 ad alcune celebri imprese di cui era stato protagonista, ne

consolidarono ulteriormente la popolarità.

Si congedò con il grado di tenente colonnello, inusuale, all'epoca,

 per un ufficiale di complemento (ebbe tre promozioni per merito di

guerra); gli verrà anche concesso nel 1925 il titolo onorario di 

generale di brigata aerea. Fu insignito di una 

medaglia d'oro al valor militare, cinque d'argento e una di bronzo.

Nell'immediato dopoguerra D'Annunzio si fece portatore di un

vasto malcontento, insistendo sul tema della "vittoria mutilata"

e chiedendo, in sintonia con il movimento dei combattenti, il

 rinnovamento della classe dirigente in Italia.

Lo stesso clima di malcontento portò all'ascesa di Benito Mussolini,

 che di qui al 1922 avrebbe condotto il fascismo a

prendere il potere in Italia.

Durante il conflitto D'Annunzio conobbe il poeta 

giapponese Harukichi Shimoi, arruolatosi negli Arditi 

dell'esercito italiano.

 Dall'incontro dei due poeti-soldati nacque l'idea, promossa

 a partire dal marzo 1919, del raid aereo Roma-Tokyo,

ovviamente pacifico, a cui il Vate voleva inizialmente partecipare,

e che fu portato a termine dall'aviatore Arturo Ferrarin.

L'impresa di Fiume (1919-1921)

 

Nel settembre 1919 D'Annunzio, insieme ad un gruppo

 paramilitare, guidò una spedizione di "legionari", partiti

da Ronchi di Monfalcone (ribattezzata, nel 1925

Ronchi dei Legionari in ricordo della storica impresa),

per l'occupazione della città di Fiume, che le potenze

alleate vincitrici non avevano assegnato all'Italia.

 Con questo gesto D'Annunzio raggiunse l'apice del processo

 di edificazione del proprio mito personale e politico.

A Fiume, occupata dalle truppe alleate, già nell'ottobre

 1918 si era costituito un Consiglio nazionale che propugnava

l'annessione all'Italia, di cui fu nominato presidente Antonio Grossich.

D'Annunzio con una colonna di volontari (tra i quali vi era

anche Silvio Montanarella, marito della figlia Renata) occupò

 Fiume e vi instaurò il "Comando dell'Esercito italiano in

Fiume d'Italia". Il 5 ottobre 1920 aderì al Fascio di combattimento di Fiume.

D'Annunzio, che era anche comandante delle 

Forze Armate Fiumane, e il suo governo vararono tra

 l'altro la Carta del Carnaro, una costituzione provvisoria,

 scritta dal sindacalista rivoluzionario Alceste de Ambris e

 modificata in parte da D'Annunzio stesso, che prevedeva,

 assieme alle varie leggi applicative e regolamenti varati,

numerosi diritti per i lavoratori, le pensioni di invalidità,

 l'habeas corpus, il suffragio universale maschile e femminile,

la libertà di opinione, di religione e di orientamento sessuale,

 la depenalizzazione dell'omosessualità, del nudismo e dell'uso

di droga, la funzione sociale della proprietà privata,

 il corporativismo, le autonomie locali e il risarcimento degli

errori giudiziari, il tutto molto tempo prima di altre carte

costituzionali dell'epoca.

Alle 9 corporazioni originarie ne aggiunse una decima,

 costituita dai cosiddetti "uomini novissimi".

Gli articoli XLIII e XLIV delineano la figura di un "Comandante"

(lo stesso D'Annunzio), eletto con voto palese, una sorta di

 dittatore romano, attivo per il tempo di guerra, che detiene

 "la potestà suprema senza appellazione" e "assomma tutti

i poteri politici e militari, legislativi ed esecutivi. I partecipi del

Potere esecutivo assumono presso di lui officio di segretarii e

 commissarii."

Alcuni sostengono che D'Annunzio avesse usato mezzi

repressivi per il governo di Fiume, i quali precorsero quelli

 poi usati dai fascisti.

 È diffusa l'opinione che l'uso dell'olio di ricino come

strumento di tortura e punizione dei dissidenti sia stato

 introdotto proprio dai legionari di D'Annunzio, poi fatto

proprio e reso famoso dallo squadrismo fascista.

Altri sostengono invece che l'esperienza non ebbe

connotati solo nazionalistici, ma anche liberali e libertari 

piuttosto netti, e che il poeta non avesse intenzione di

costituire un governo personale, ma solo un governo

d'emergenza con possibilità di sperimentazione di diverse

 idee, aggregate in un programma politico unico grazie

 al suo carisma. Prima della fine dell'esperienza fiumana,

la Reggenza del Carnaro sarà il primo Stato indipendente

al mondo - anche se auto proclamato e non ufficiale -

a riconoscere nel 1920 la legittimità della

 Repubblica Socialista Federativa Sovietica Russa che

nel 1923, unendosi alle altre repubbliche federali ad

 essa subordinate, sorte sulle ceneri dell'Impero Russo 

durante la rivoluzione d'ottobre, diverrà l'Unione Sovietica;

in cambio, i sovietici, guidati da Lenin, furono gli unici al

 mondo a riconoscere l'indipendenza statale di Fiume

 dallaJugoslavia. D'Annunzio per un certo periodo guardò

con simpatia ai bolscevichi, tanto che il 27 e il 28 maggio 

1922 ospitò al Vittoriale Georgij Vasil'jevič Čičerin, commissario 

sovietico agli affari esteri arrivato in Italia per la 

conferenza di Genova.

 
 
 

GABRIELE D'ANNUNZIO

Post n°2029 pubblicato il 17 Marzo 2019 da blogtecaolivelli

Tuttavia nel 1926 esprimerà invece critiche contro il

governo sovietico.

Il 12 novembre 1920 una delegazione di ufficiali del Ministero

 della Guerra, di cui faceva parte anche Pietro Micheletti,

stipulò il trattato di Rapallo: Fiume divenne città libera e

 Zara passò all'Italia, ma D'Annunzio non accettò l'accordo

e il governo italiano di Giovanni Giolitti il 26 dicembre 1920

 fece sgomberare i legionari con la forza, causando

 numerosi morti, nel cosiddetto "Natale di sangue".

Ai tempi di Fiume D'Annunzio soprannominò sprezzantemente

 Cagoja l'ex primo ministro Francesco Saverio Nitti,

 in relazione alla sua contrarietà verso l'annessione di Fiume.

 Nel 1924 lo Stato libero di Fiume fu infine annesso all'Italia,

 e italiano rimase fino al 1945.

L'esilio a Gardone Riviera (1921-1938

Deluso dall'epilogo dell'esperienza di Fiume, nel febbraio 1921

 si ritirò in un'esistenza solitaria nella villa di Cargnacco

 (comune di Gardone Riviera), che pochi mesi più tardi acquistò.

Ribattezzata ilVittoriale degli italiani, fu ampliata e

successivamente aperta al pubblico.

 Qui lavorò e visse fino alla morte, curando con gusto

 teatrale un mausoleo di ricordi e di simboli mitologici di

cui la sua stessa persona costituiva il momento di

attrazione centrale.

D'Annunzio si impegnò inoltre per la crescita e il

miglioramento della zona: la costruzione della strada

 litoranea Gargnano-Riva del Garda (1929-1931) fu

fortemente voluta da lui, che se ne interessò personalmente,

 facendo valere il suo prestigio personale con le autorità.

 La strada, progettata e realizzata dall'ing. Riccardo Cozzaglio,

 segnò il termine del secolare isolamento di alcuni paesi del

 lago di Garda e fu poi classificata di interesse nazionale con

 il nome di Strada statale 45 bis Gardesana Occidentale.

 Lo stesso D'Annunzio, presente all'inaugurazione della strada,

 la battezzò con il nome di Meandro, per via della sua tortuosità

 e dell'alternarsi delle buie gallerie e del lago azzurro.

Il Vate e il fascismo

Il rapporto con il fascismo fu complesso e articolato, benché

sostanzialmente organico: i fascisti in ascesa celebrarono

D'Annunzio, riutilizzando i motti e i simboli del Vate già utilizzati

Fiume, come uno dei massimi e più fecondi letterati d'Italia,

ma lo scrittore, dopo l'adesione iniziale ai

 Fasci di combattimento, non prese mai la tessera del

 Partito Nazionale Fascista, probabilmente per mantenere

 la sua completa autonomia.

Nel 1919 Mussolini avviò una sottoscrizione pubblica per

 finanziare l'Impresa di Fiume, con la quale raccolse quasi tre

 milioni di lire.

Una prima tranche di denaro, ammontante a 857.842 lire,

 fu consegnata a D'Annunzio ai primi di ottobre, mentre altro

 denaro gli giunse in seguito.

Una parte cospicua del denaro raccolto, invece, non fu

 però consegnata a D'Annunzio e Mussolini fu accusato

 da due redattori di averla dirottata per finanziare lo 

squadrismo e il proprio partito in vista delle vicine 

elezioni politiche italiane del 1919.

 Per controbattere alle accuse, D'Annunzio inviò una lettera a

Mussolini in cui ne attestò pubblicamente l'autorizzazione.

 Il poeta certificò che parte della somma raccolta fu utilizzata

per finanziare lo squadrismo a Milano.

«Mio caro Benito Mussolini, chi conduce un'impresa di fede e di

ardimento, tra uomini incerti o impuri, deve sempre attendersi

 d'essere rinnegato e tradito "prima che il gallo canti per la seconda volta".

 E non deve adontarsene né accorarsene.

Perché uno spirito sia veramente eroico, bisogna che superi

la rinnegazione e il tradimento. Senza dubbio voi siete per

 superare l'una e l'altro. Da parte mia, dichiaro anche una volta

 che - avendo spedito a Milano una compagnia di miei legionari

 bene scelti per rinforzo alla vostra e nostra lotta civica -

 io vi pregai di prelevare dalla somma delle generosissime offerte

 il soldo fiumano per quei combattenti. Contro ai denigratori e ai

 traditori fate vostro il motto dei miei "autoblindo" di Ronchi, che

 sanno la via diritta e la meta prefissa. Fiume d'Italia, 15 febbraio

 1920 Gabriele D'Annunzio.»

 

D'Annunzio, assieme a Filippo Tommaso Marinetti, fu uno dei

primi firmatari del Manifesto degli intellettuali fascisti, pubblicato

 il 21 aprile 1925.

Il deputato socialista Tito Zaniboni, più tardi noto per aver organizzato

 un attentato contro Mussolini il 4 novembre 1925, comunicò al giornale 

Il Mondo la notizia che D'Annunzio, in una lettera indirizzata a un legionario

 fiumano, avrebbe scritto in maniera critica sulla questione:

All'indiscrezione D'Annunzio rispose il 5 novembre su

"La provincia di Brescia":

Nel 1937 fu eletto Presidente dell'Accademia d'Italia, ma

 non andò mai a presiedere alcuna riunione (la nomina fu

quasi imposta da Benito Mussolini, con la contrarietà di D'Annunzio).

 D'Annunzio fu anche Presidente onorario della SIAE dal

1920 al 1938. Per molti il Duce, temendo la popolarità e la

personalità indipendente del poeta, tentò di metterlo risolutamente

 da parte, ricoprendolo di onori. Mussolini arrivò a finanziarlo

 con un assegno statale regolare, che gli permise di far fronte

ai numerosi debiti; in cambio D'Annunzio evitò di esternare

 troppo il disprezzo che provava per la trasformazione del

fascismo-movimento, che aveva ammirato, in un regime dittatoriale.

Di certo vi era la scomodità del personaggio: già nel 1922,

tre mesi prima della Marcia su Roma, quando D'Annunzio

 cadde dalla finestra della sua villa rischiando la vita (vicenda

 soprannominata "il volo dell'arcangelo"), qualcuno parlò di un

attentato ordito dal primo ministro Francesco Saverio Nitti o

addirittura dai fascisti; il funzionario Giuseppe Dosi indagò

sulla caduta "accidentale" di D'Annunzio, che quasi ne provocò

la morte, e scrisse:

«Sicuramente qualcuno che ha visto nell'evento la volontà di non

 far presiedere a D'Annunzio l'incontro con Nitti e Mussolini e quindi

 cerca la traccia di un complotto.

 La principale indiziata è Luisa Baccara (compagna di D'Annunzio

all'epoca, ndr) o sua sorella Jolanda ovvero tutte e due insieme.

Nasce l'ipotesi che Luisa Baccara (che delle due sorelle ha maggiore

 personalità) sia la carceriera del Comandante; che sia una spia di Nitti

 o una fascista celata, ma anche che abbia lo scopo finale di uccidere

 D'Annunzio per toglierlo di mezzo, posto che sia diventato

 ingombrante per tutti. Certo

Renzo De Felice afferma che D'Annunzio fu posto poi sotto il

controllo di agenti fascisti, visti anche i buoni rapporti del Vate

 con esponenti del mondo libertariosocialista e rivoluzionario

, tra cui l'ex legionario fiumano e poi socialista Alceste de Ambris

 (che avvicinò il nazionalista D'Annunzio al sindacalismo rivoluzionario)

 e il politico Aldo Finzifascista di sinistra (poi partigiano antifascista)

che prese parte con il poeta al volo su Vienna.

 Gli antifascisti Giovanni Bassanesi e Lauro De Bosis (D'Annunzio fu

un frequentatore del circolo letterario del padre) vollero invece emulare

proprio il volo su Vienna nelle loro imprese propagandistiche su Milano

e Roma. Antonio Gramsci, che già nel 1920 aveva elogiato l'impresa

 fiumana dopo che anche Lenin aveva definito D'Annunzio "l'unico

 vero rivoluzionario in Italia", aveva progettato nel 1922 un incontro

 col poeta, poi non avvenuto, in vista di un avvicinamento del PCI

 appena nato con gli Arditi del Popolo (formazioni di difesa proletaria

 nata da una scissione del movimento di reduci degli Arditi d'Italia),

 in funzione anti-squadrista e contro la posizione isolazionista di 

Amadeo Bordiga, accusato da Mosca di essere un "frazionista".

Nel 1937-38 D'Annunzio si oppose all'avvicinamento dell'Italia fascista

al regime nazista, bollando Adolf Hitler, già nel giugno 1934, come

 "pagliaccio feroce", "marrano dall'ignobile faccia offuscata sotto gli

 indelebili schizzi della tinta di calce di colla", "ridicolo Nibelungo

 truccato alla Charlot", "Attila imbianchino". 

A partire da questo periodo, D'Annunzio cominciò a propagandare

 la necessità di completare l'irredentismo con una nuova "impresa

 fiumana" sulla Dalmazia. Mussolini e Starace lo fecero mettere

segretamente sotto stretta sorveglianza, non fidandosi di lui e

delle sue iniziative.

La sua influenza sulla cultura italiana ed europea nei primi decenni

 del Novecento fu indiscutibile. Sempre attento ai movimenti dei

giovani, fu tra i massimi ispiratori del Fondaco di baldanza, della

 Federazione Italiana Universitaria e di La Fionda, associazione

goliardica e casa editrice.

La sua salute cominciava ormai a declinare; D'Annunzio riceveva

 sempre le sue numerosi amanti, ma nonostante il carisma intatto

 e il fascino che esercitava il suo mito, egli le aspettava in camicia

 da notte o nella penombra, per nascondere il fisico invecchiato.

D'Annunzio, fotofobico in seguito all'incidente all'occhio del 1916,

stava comunque spesso nella penombra, coprendo con tende

 (visibili tuttora al Vittoriale) le finestre esposte alla luce solare diretta.

Faceva spesso uso di stimolanti (come lacocaina), medicinali vari

antidolorifici, visibili tuttora negli armadietti del Vittoriale.

Il 1º marzo 1938, alle ore 20:05, Gabriele D'Annunzio morì

nella sua villa per un'emorragia cerebrale, mentre era al suo

 tavolo da lavoro; sullo scrittoio era aperto il Lunario Barbanera,

con una frase da lui sottolineata di rosso, che annunciava la

morte di una personalità. 

Il ricercatore Attilio Mazza ha sostenuto che il poeta possa

 essere morto per overdose di farmaci, accidentale o volontaria,

 dopo un periodo di depressione; all'amica Ines Pradella aveva

scritto pochi mesi prima: "Fiammetta, oggi patisco uno di quegli

accessi di malinconia mortali, che mi fanno temere di me;

poiché è predestinato che io mi uccida. Se puoi, vieni a

sorvegliarmi".

 Nel Libro segreto (1935), D'Annunzio fa intendere anche la

caduta accidentale del 1922 come un tentativo di suicidio.  

Il certificato medico di morte, scritto dal dottor Alberto Cesari,

primario dell'ospedale di Salò, e dal dottor Antonio Duse,

medico curante del poeta, ufficializzò comunque la morte

per cause naturali.

Alla notizia della morte del poeta, Mussolini, secondo quanto

 riportato da Galeazzo Ciano nei suoi Diari, avrebbe detto di

 avvertire un senso di "vuoto" e che il Vate "aveva rappresentato

molto nella sua vita"; parole che appaiono almeno in parte

 insincere, visto l'antagonismo tra i due, il fatto che il Duce lo

facesse controllare ed in privato lo definisse "il vecchio bardo

 decrepito".

Ai funerali di Stato, voluti in suo onore dal regime fascista,

 la partecipazione popolare fu imponente. Il feretro, avvolto

dalla bandiera delTimavo era seguito da «...la folla

 innumerevole degli ex legionari, degli ammiratori, dei

devoti alla sua gloria e alla sua fama...». 

È sepolto nel mausoleo del Vittoriale.

Luoghi dannunziani[

Molti sono i luoghi visitati da Gabriele D'Annunzio, tra i

quali l'AbruzzoPescaraOrtonaSan Vito Chietino, la ToscanaFirenze,SettignanoRomaNapoliVenezia e

 altri posti all'estero. Alcuni di essi sono descritti dal poeta

 nelle sue opere Il piacerePrimo vere,Canto novoIl fuoco

Le novelle della Pescara, e Il trionfo della morte, nelle tragedie

La figlia di Jorio e La fiaccola sotto il moggio, e nella raccolta

a più volumi delle Laudi del cielo, del mare, della terra e degli eroi.

In Abruzzo

Pescara: il rione di Portanuova (corso Manthoné), la

 Cattedrale di San Cetteo, la casa natale. Gabriele

 D'Annunzio nacque nell'attuale corso Manthoné, la

parte più antica della vecchia Pescara Portanuova.

 Nelle prime prose di Terra vergine - San Pantaleone, poi

confluite nella raccolta Le novelle della Pescara (1902),

 d'Annunzio narra storie di stampo verista ambientate sia

a Pescara che nell'entroterra della valle.

La città è descritta come un luogo povero e malsano, con

gente semplice e rude che tira a campare pescando o in altri

 modi non redditizi.

 La zona nuova di Pescara invece, Castellammare Adriatico,

è il rione dei ricchi e degli altolocati, i quali spesso vengono

 a lite con Pescara, come il fatto di cronaca della guerra del ponte.

 La Cattedrale fino al 1933 era ridotta in stato avanzato di

degrado, e così d'Annunzio fece pressione su Mussolini per

una ricostruzione ex novo dove seppellire anche la madre

 Luisa D'Annunzio.

Francavilla al MareConvento Michetti e Villa Schifanoia.

Nel 1899 circa il pittore Francesco Paolo Michetti comprò

il convento del Gesù in disuso, per farne un cenacolo

 culturale abruzzese, con membri d'Annunzio,

Matilde Serao e Edoardo Scarfoglio.

Spesso d'Annunzio nel primo periodo prosaico,

specialmente nella stesura de Il piacere si rifugiò nel

convento per evitare distrazioni varie, spesso amorose.

D'Annunzio tuttavia già dal 1882 frequentava la riviera

francavillese, come dimostrò nella raccolta poetica Canto novo,

 narrando gli amori con Elda Zucconi. La "Villa Schifanoia" è

un luogo immaginario francavillese, dove d'Annunzio ambienta

una parte de Il piacere, nel libro II.

Guardiagrele: borgo antico, la Collegiata di Santa Maria Maggiore

 
 
 

GABRIELE D'ANNUNZIO

Post n°2028 pubblicato il 17 Marzo 2019 da blogtecaolivelli

con le effigi degli antenati del protagonista de Il trionfo della morte,

 la Majella e il Torrione Orsini. Nel romanzo d'Annunzio si sofferma

nella descrizione suggestiva della città, che si affaccia verso la

 montagna, domandandosi come possa essere una bella città

come quella vittima della corruzione delle decadenti classi nobiliari

e della superstizione popolare. Da un lato d'Annunzio magnifica

 l'architettura abruzzese, specialmente la simbolica Cattedrale

di pietra, dall'altro non tollera il comportamento ancestrale e

quasi animalesco della popolazione.

Costa dei Trabocchi: i centri di San Vito Chietino e Fossacesia,

 con i trabocchi da pesca, l'Abbazia di San Giovanni in Venere

 e l'eremo dannunziano nella località Portelle.

Sempre nel Trionfo della morte, d'Annunzio si sofferma sulla

 bellezza selvaggia della costa teatina, scrivendo le pagine del

soggiorno a san Vito, traendo ispirazione da un'avventura amorosa

 con Barbara Leoni nel 1899, avendo acquistato una casa presso

 il cosiddetto "eremo dannunziano".

L'abbazia di Fossacesia è descritta nel romanzo durante un

 pellegrinaggio religioso verso la vicinaCasalbordino, al santuario

 della Madonna dei Miracoli, dove d'Annunzio ancora una volta

mescola il giudizio sulla suggestione naturale e il terrore per il

 comportamento brutale e animalesco dei pellegrini.

Infatti anche il pellegrinaggio a Casalbordino è stato intrapreso

 da d'Annunzio, descritto nel carteggio con la Leoni, soffermandosi

sulla disastrosa condizione fisica e mentale dei pellegrini infermi

che andavano a chiedere la grazia alla Madonna.

Ortona: il castello aragonese, il Palazzo Farnese, visitato da

d'Annunzio con l'amico Francesco Paolo Tosti, e la 

Cattedrale di San Tommaso Apostolo, dove è descritto un

 pellegrinaggio nelle Novelle della Pescara.

Nei primi anni del '900 d'Annunzio visitò la città, andando a

 trovare l'amico Francesco Paolo Tosti, e si soffermò nelle

sue lettere nel descrivere la suggestione della città affacciata sul

 mare, considerata da lui stesso la "Perla dell'Adriatico".

Casoli: il borgo e il Castello Ducale Orsini, dove il poeta risiedette

 con l'amico Pasquale Masciantonio. D'Annunzio e Masciantonio

 furono molto amici, legati da un carteggio degli anni 1891-1922.

 D'Annunzio fu ospitato al castello circa nel 1895, quando stava

scrivendo il romanzo Le vergini delle rocce.

 Per ringraziare l'amico, il poeta incise un distico elogiato

 nella sua stanza da letto.

Casalbordino: i trabocchi, e il santuario della Madonna dei Miracoli.

 Nel carteggio con la Leoni (1889) e nel romanzo Trionfo della morte,

d'Annunzio descrisse il macabro pellegrinaggio degli infermi alla Madonna.

Lama dei Peligni: il borgo e la Grotta del Cavallone.

Stringendo amicizia con l'archeologo Antonio De Nino, d'Annunzio

 nel 1903 visitò il borgo della Majella e fu suggestionato dalle grotte,

 dove ambientare la tragedia La figlia di Iorio, confidando ancora

 sul rapporto ambiguo e ancestrale del popolano abruzzese con

 la natura.

Miglianico: il pellegrinaggio di San Pantaleone nella cattedrale

 omonima, narrato nelle Novelle della Pescara. Viene descritto

 uno scontro religioso tra due opposte fazioni e il sacrificio

 orripilante di un fedele verso il santo patrono, tagliandosi la

 mano per offrirla in dono.

Anversa degli Abruzzi: il castello normanno di Sangro, il

borgo di Castrovalva e le gole del Sagittario. Sempre nel

 1903 circa, d'Annunzio e De Nino visitarono uno dei luoghi

più incontaminati dell'Abruzzo per il difficile accesso.

Affascinato dalla leggenda della nobile famiglia De Sangro

di Anversa, d'Annunzio scrisse La fiaccola sotto il moggio (1905).

Castiglione a Casauria: l'Abbazia di San Clemente a Casauria,

 visitata con gli amici Masciantonio, Tosti e Michetti, nel primo '900.

AteneCorintoMicene nella crociera in Grecia del 1895.

D'Annunzio fu affascinato dalle scoperte archeologiche di

Schliemann e trasse ispirazione per la tragedia La città morta (1896)

Firenze: centro, visitato con la Duse.

SettignanoVilla La Capponcina, dove visse con la Duse.

D'Annunzio vi scrisse intorno al 1900 il romanzo Il fuoco e

 il terzo libro delle Laudi dell'Alcyone. Intorno a Firenze,

nel centro Italia sostanzialmente, nello stesso periodo il poeta

 viaggiò per scrivere le parti delle "Città del Silenzio" in Elettra (1903).

RomaPalazzo ZuccariPiazza di SpagnaPincio, dove visse

con la Leoni. Il palazzo Zuccari specialmente è la sede abitativa

del protagonista Andrea Sperelli de Il piacere (1889).

VeneziaPiazza San Marco, descritta nel Fuoco. D'Annunzio vi viaggiò intorno al 1900.

Napoli: centro, visitato con Masciantonio. Vi pubblicò L'innocente nel 1892.

Parigi: centro, dove visse in esilio nel 1912-1914.

Arcachon in Gironda (Francia).

Buccari, dove compì la "beffa" nel 1918.

Quarto dei Mille.

Ronchi dei Legionari.

Fiume (Croazia), dove il poeta occupò la città nel 1920.

Gardone RivieraVittoriale degli italiani, dove visse gli

 ultimi anni dal 1922 al 1938.

Opere principali

a produzione letteraria di D'Annunzio fu stampata integralmente

 fra il 1927 e il 1936da un Istituto nazionale creato appositamente

 sotto l'egida dello Stato italiano per la pubblicazione della sua 

Opera Omnia. Il Vate collaborò attivamente alla realizzazione

dell'ambizioso progetto, come collaborò alla pubblicazione di

un'edizione economica (L'Oleandro) che ricalcava la precedente,

realizzata anch'essa quando egli era ancora in vita, fra il 1931 e

il 1937. Subito dopo la sua morte e cioè fra il 1939 e il 1942 

laFondazione del Vittoriale degli Italiani provvide a ristampare

 quasi integralmente la produzione dannunziana: 42 volumi

su un totale di 46 (gli ultimi quattro non uscirono per le note

 vicende belliche che desolarono l'Italia nel 1943).

Nel secondo dopoguerra merita una particolare menzione la

 pregevole edizione dell'Opera Omnia apparsa, a partire dal 

1950, nei Classici Contemporanei Italiani di 

Arnoldo Mondadori Editore.

Fra le opere più significative di Gabriele D'Annunzio segnaliamo

 queste.

Primo vere (1879)

La prima opera dannunziana fu pubblicata a Chieti, e

successivamente a Lanciano dalla Casa editrice Rocco Carabba,

 con un intelligente espediente: ossia facendosi auto-pubblicità con

 una presunta morte cadendo da cavallo.

L'opera è una raccolta poetica ispirata alle odi di Giosuè Carducci[,

basata su pezzi di bravura, come traduzioni in metrica barbara di

 odi di Catullo e Orazio, e celebrazioni paniche della propria terra

abruzzese, ancora vergine e selvaggia, mischiando la descrizione

 a effimere visioni mitiche della mitologia classica. A differenza di

Carducci, D'Annunzio già dimostra uno slancio vitale più esteso,

nonché sensuale, tipico dello scrittore giovanile, anche se tale

 slancio sarà presente in quasi tutte le opere dannunziane.

Canto novo (1882)

La seconda raccolta poetica ha due versioni, la prima dell'82, e la

 seconda, più ridotta, del 1896, epurata da sbavature troppo

classicheggianti e carducciane. Le 63 liriche sono ugualmente

sonetti ispirati a Carducci, divisi in 4 libri, in cui si racconta l'amore

di D'Annunzio per Elda Zuczoni, vissuto sulla spiaggia di 

Francavilla al Mare. Gabriele D'Annunzio esprime già col titolo

 una nuova forma di poetica, nata come ibrido dall'ode classica

 italiana (barbara) usata da Giosuè Carducci e dal desiderio

 irrefrenabile della gaiezza giovanile.

Mentre Carducci nelle odi tenta il recupero della potenza

letteraria italiana con riecheggi ai classici, d'Annunzio aggiunge

 la sua esperienza personale di giovane innamorato,

 inserendo il suo rapporto amoroso con Lalla in un bozzetto

 abruzzese, ambientato sulla spiaggia selvaggia di

 Francavilla al Mare.

Questa volta i prestiti, o calchi", non sono più dagli

autori latini, ma dai lirici greci, come AlceoPindaro e

 Anacreonte.

Intermezzo di rime (1883)[

Pubblicate queste poesie a Roma da Sommaruga editore

 nel 1883, l'opera poetica segna un distacco dalla vita

 giovanile abruzzese.

 D'Annunzio abbandona la metrica barbara carducciana

 per rifarsi alla sperimentazione di un sistema proprio,

 che già preclude l'uso di uno stile "decadentista", che gli

 viene ispirato dalla frequentazione dei salotti romani.

Anche l'ingenua sensualità giovanile è abbandonata per

 passare alla pittura di scene di amori più nitide e spinte.

Il libro delle vergini - San Pantaleone (1884-86)

Le due raccolte di novelle furono pubblicate a Roma

 da Sommaruga Editore, e riguardano l'approccio

dannunziano al naturalismo e al verismo di Giovanni Verga,

dalla sua raccolta diVita dei campi.

Tuttavia D'Annunzio non seppe abbracciare completamente

 la corrente siciliana, poiché trasgredì alle regole della 

forme inerente al soggetto alla descrizione mediante

 la narrazione indiretta, intervenendo spesso con

 commenti personali, adottando uno stile medio-alto,

 e facendo parlare i protagonisti nel dialetto abruzzese.

Le storie della prima raccolta delle vergini, in tutto quattro,

 rispondono al modello di una conciliazione tra stile elevato

della nobiltà romana nel periodo decadentista e le

vicende amorose di nobildonne e semplici contadine

dalla campagna pescarese dell'Abruzzo.

La seconda raccolta, più variegata, è un insieme di

 bozzetti di stampo verghiano, in cui D'Annunzio tratteggia

le brutture e le sventure di poveri individui del villaggio

 marinaro di Portanuova (la vecchia Pescara), in lotta

 con Castellammare Adriatico.

La natura dominante abruzzese, incolta e sovrana, sembra

 decidere, con carestie, mareggiate e nevicate, le sorti dei

 protagonisti, votati alla sofferenza e all'autodistruzione non

solo per catastrofi naturali, ma anche per la loro natura

 barbara, come ad esempio la superstizione religiosa e

 l'ignoranza bestiale con gli istinti animaleschi del sesso

e della fame.

Il piacere (1889)

Primo romanzo dannunziano, e primo capitolo della

trilogia dei Romanzi della Rosa, l'opera ha una trama

molto semplice. La vicenda, suddivisa in quattro libri,

si svolge nel 1886 a Roma, con l'inizio di un flashback 

dell'abbandono tra il conte Andrea Sperelli ed Elena Muti.

Infatti Andrea, nobile abruzzese, dandy dell'alta società

 romana amante della letteratura decadentista, incontra

 la nobildonna Elena Muti e se ne innamora perdutamente,

 nonostante lei sia sposata.

A questo punto è inevitabile uno scontro all'arma

bianca tra Andrea e il rivale, e il protagonista, ferito,

è portato in convalescenza a Francavilla al Mare, nella

 "villa Schifanoia", dove redige un diario personale,

componendo anche pezzi di bravura di poesia decadentista;

inoltre conosce una lontana cugina, Maria Ferres, di cui si innamora

. Comincia allora un rapporto complicato tra Maria ed Elena,

considerata la prima fèmme fatale dell'eroe dannunziano

, fino alla perdita di entrambe.

Il romanzo è il capostipite in prosa italiana del decadentismo;

 D'Annunzio per la composizione si ispirò a vari autori stranieri,

come Charles BaudelaireThéophile Gautier, l'estetica preraffaellita 

elaborata dai critici del giornale Cronaca bizantina, e Goethe,

 si aggiunsero dunque quelle provenienti dalla nuova fonte

 di ispirazione francese, come 

Gustave FlaubertGuy de MaupassantÉmile Zola, ma anche 

Percy Bysshe ShelleyOscar Wilde e forse la lettura d

 À rebours di Joris Karl Huysmans.
La particolarità dello stile consiste nel riempire la narrazione,

di per sé semplice, di citazioni dotte sia di autori classici,

 greci e latini, dimusica classica i cui rappresentanti Mozart

 e Beethoven, e l'alternanza in prosimetro di prosa e poesia.

L'innocente (1892

Il secondo romanzo della Trilogia della Rosa, si discosta

 abbastanza dalla prosa decadentista fluente del Piacere.

 Il protagonista è il principe Tullio Hermil, sposato con Giuliana

 e affiliato. Apparentemente sembra che la tranquilla vita familiare

 abbia il suo regolare corso. Tuttavia la donna lo tradisce con lo

scrittore Filippo Arborio, di cui rimane incinta, e partorisce un maschio.

 Dato che Filippo si ritira, Tullio è costretto a vivere con il terzo figlio

"non suo", verso cui matura un odio incontrollabile, lasciandolo

 morire di freddo, fuori la finestra, la notte di Natale.

L'opera, più che essere ispirata al decadentismo, è tratta da

uno studio dannunziano del tema dell'"evangelismo russo"

presente in TolstojDostoevskij, convertendolo tuttavia nello

 slancio vitale della co -protagonista Giuliana, e nella

 caratterizzazione negativa tipica della femme fatale.

Poema paradisiaco (1893)

Si tratta di una composizione in cui D'Annunzio inizia a

mescolare decadentismo e crepuscolarismo, distaccandosi

 dallo slancio vitale iniziale della corrente intellettuale.

 Il poema dannunziano è anche una parabola di conversione

verso uno stile di vita casto e frugale, quasi francescano.

 Il protagonista infatti è un uomo soggetto alla prigione dei sensi,

 sedotto da figure insidiose e enigmatiche: le larve.

Soltanto il ritorno del protagonista nel rassicurante orticello di

casa, mantenuto con modestia e lavoro sarà la sua ancora di

 salvezza, proprio qui infatti avverrà la sua purificazione.

 Il protagonista riesce quindi a raggiungere un traguardo di

salvezza adottando uno stile di vita in perfetta antitesi rispetto

allo stesso D'Annunzio.

 
 
 

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