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Messaggi di Ottobre 2021
Post n°3467 pubblicato il 21 Ottobre 2021 da blogtecaolivelli
Fonte foto: getty imagesSCIENZA Fonte: Internet Alcune stelle finora sconosciute stanno esplodendo Il telescopio Kepler ha catturato il momento appena precedente l'esplosione di una supernova: è la prima osservazione diretta della fase finale della vita di una stella, confermata dalla NASA. 6 Agosto 2021 Sappiamo praticamente da sempre che l'universo è popolato di supernove: si tratta di stelle che - più grandi del Sole - finiscono la propria vita con una massiccia esplosione che poi le trasforma in stelle di neutroni, o pulsar. La prima testimonianza scritta di una supernova risale addirittura al 185 d.C., quando un gruppo di astronomi cinesi lasciò traccia dell'osservazione della stella SN185; si pensa però che le prime osservazioni di supernove risalgano a Ipparco di Nicea, quindi al II sec.a.C, almeno secondo quanto riportato dallo scrittore romano Plinio il Vecchio. Sappiamo che ci sono, dunque, ma fino ad oggi nessun telescopio ottico era riuscito a catturare l'immagine di una supernova. La prima foto di una supernova È stato pubblicato lo scorso 3 Agosto sulla rivista scientifica della Royal Astronomical Society lo studio che per la prima volta riporta l'osservazione di una supernova - cento volte più grande del Sole. Condotto dalla Australian National University (ANU) in collaborazione con la NASA, il gruppo di ricercatori è così riuscito nell'impresa di osservare l'esplosione di una supernova. "È la prima volta che qualcuno riesce ad avere uno sguardo così preciso sull'intera curva di raffreddamento di una supernova", afferma Patrick Armstrong, a capo dell'equipe. L'immagine mostra un potente lampo di luce provenire dalla stella, nel momento appena precedente l'esplosione vera e propria: l'emissione segue il passaggio della prima onda d'urto, in una successione di shock che condurranno la supernova alla detonazione finale. Si tratta di un'osservazione di importanza storica: come spiega Armstrong "essendo lo stadio iniziale di una supernova così veloce, è molto difficile che i telescopi riescano a catturare questo fenomeno". Ci è riuscito il telescopio della NASA Kepler: progettato per indagare una specifica regione della Via Lattea alla scoperta di pianeti simili alla Terra, Kepler non è più operativo dal 2018, ma i dati raccolti in quasi dieci anni di attività sono ancora in fase di studio. Tra questi, un evidente fenomeno della durata di tre giorni che mostra "con una cadenza senza precedenti, lo shock da raffreddamento" che segue il cosiddetto lampo da urto, quello che non consente ai telescopi ottici di osservare direttamente la fase finale dell'esplosione. Non solo Kepler: il telescopio Spitzer conferma le ipotesi degli scienziati Secondo la NASA, quelle delle supernove sono le più grandi esplosioni mai osservate dagli umani, e si crede che proprio tali fenomeni siano alla base della creazione di molti elementi fisici del nostro universo. Un'ulteriore indagine sul ciclo vitale delle supernove - pubblicata circa un mese prima della scoperta dell'Università australiana - ha usato le immagini ad infrarossi del telescopio Spitzer per individuare, oltre la polvere che ne impedisce l'osservazione diretta, quelle stelle di cui gli scienziati hanno fino a oggi soltanto potuto ipotizzare l'esistenza. La NASA così ha potuto descrivere per la prima volta la fine di una supernova come una "esplosione che riduce le stelle in frantumi". Spitzer ha così confermato l'esistenza di stelle ipotetiche, ma ne ha anche scoperte cinque del tutto nuove, che gli scienziati non avevano mai considerato. Ori Fox, scienziato dello Space Telescope Science Institute di Baltimora e promotore dello studio, i dati acquisiti da Spitzer sono fondamentali: "sapere quante stelle stanno esplodendo ci può aiutare a predire quante stelle si stanno formando", il che è fondamentale per diverse aree della ricerca astrofisica. Il prossimo a tentare di studiare le supernove sarà il telescopio ad infrarossi James Webb, il cui lancio è previsto per il prossimo Ottobre e che sarà il più grande telescopio mai inviato nello spazio dalla NASA. |
Post n°3466 pubblicato il 21 Ottobre 2021 da blogtecaolivelli
Fonte foto: iStockSCIENZA Fonte: Internet Abbiamo appena trovato la galassia a spirale più vecchia dell'universo È stata scoperta e poi fotografata la galassia a spirale più antica dell'universo conosciuto, che si è formata già 1,4 miliardi di anni dopo il Big Bang. Lo studio del nostro universo continua incessantemente. Se è vero che di recente gli scienziati planetari ci hanno mostrato incredibili immagini da Marte e fatto ascoltare inquietanti melodie provenienti dalla superficie di Venere, ora è una stupefacente foto ad ammaliare quanti si lasciano rapire dalle stelle. Ci troviamo di fronte nientemeno che ad un'immagine della più antica galassia a spirale mai conosciuta, che si è formata 12,4 miliardi di anni fa. Ufficialmente chiamata BRI 1335-0417, è stata fotografata per la prima volta dal telescopio Atacama Large Millimeter/ submillimeter Array (ALMA), in Cile. Di fatto, si tratta di un documento eccezionale, che dimostra come questo tipo di galassie iniziarono a formarsi già 1,4 miliardi di anni dopo il Big Bang. Certamente molto prima di quanto precedentemente ipotizzato. Fonte foto: ALMA La foto è stata pubblicata come parte di uno studio sulla rivista Science, e ci porta indietro al tempo in cui le galassie hanno iniziato ad assomigliare a quelle moderne. BRI 1335-0417 è quindi la più antica galassia a spirale scovata fino ad ora. Ad individuarla sono stati due scienziati giapponesi, Takafumi Tsukui e Satoru Iguchi dell'Osservatorio Astronomico Nazionale del Giappone (Naoj). E se la scoperta potrebbe sembrarvi letteralmente anni luci distante da voi, sappiate che è in realtà molto importante, come spiegato dalla viva voce di Kai Noeske, ufficiale delle comunicazioni per l'Agenzia spaziale europea: La cosa interessante di tutto questo è che in questi bracci a spirale il gas viene compresso. Quindi sono in realtà un catalizzatore per innescare la formazione di nuove stelle. Di conseguenza, questa affascinante creatura generata nell'universo primordiale potrebbe spiegarci in qualche modo come si sono formate ed evolute le galassie simili alla nostra Via Lattea. In passato non era mai stata individuata per via dell'alta concentrazione di polvere che oscurava la luce delle sue stelle. Grazie alle nuove tecnologie possiamo sia ammirarla che comprenderne la rilevanza scientifica attraverso la simulazione della nascita in video. Stando agli studi condotti, la formazione delle galassie raggiunse il suo picco circa 3,3 miliardi di anni dopo il Big Bang, quando iniziarono a formarsi la maggior parte delle stelle nell'universo. Attualmente, si stima che le galassie a spirale rappresentino circa il 70% di quelle presenti nell'universo osservato. Andrea Guerriero |
Post n°3465 pubblicato il 21 Ottobre 2021 da blogtecaolivelli
Fonte: Internet L'intero universo potrebbe essere una grande intelligenza artificialeL'universo potrebbe essere una grande rete neurale, la particolare intelligenza artificiale che "imita" il cervello umano. 20 Agosto 2021458 È uscito l'11 Agosto nei cinema italiani "Free Guy - Eroe per gioco", film commedia diretto da Shawn Levy in cui il protagonista diventa cosciente di essere parte di un enorme videogioco, che deve salvare prima che i programmatori riescano a spegnerlo per sempre. Nel frattempo il pubblico di tutto il mondo sta aspettando l'attesissimo quarto capitolo della serie Matrix, la cui uscita nei cinema italiani è prevista per l'inverno. Il cinema si fa così specchio di una teoria scientifica, al limite della suggestione, che non accenna a scomparire dalle più recondite fantasie della comunità scientifica internazionale: la teoria che il mondo in cui viviamo sia una simulazione. La strana storia della Teoria della Simulazione La teoria della simulazione ha origini piuttosto lontane: ben nota alla tradizione cinese più antica, si affaccia al mondo occidentale nel 2003 grazie a Nick Bostrom, filosofo e direttore del Future of Humanity Institute presso l'Università di Oxford. Incredibilmente riconosciuta dalla maggior parte della comunità internazionale dei fisici teorici come la spiegazione più probabile dell'esistente, la teoria della simulazione parte dal presupposto che debba esserci uno schema unico alla base di tutte le leggi della fisica. La vicenda storica della Teoria della Simulazione è piuttosto complessa: le voci in campo sono quelle di filosofi, fisici, scienziati, hacker di fama mondiale, ingegneri informatici. Nel 2018, per esempio, il fisico teorico James Gates dell'Università del Maryland ha affermato di aver scoperto che nella fisica delle particelle c'è del codice identico ad una particolare struttura che utilizziamo per navigare in internet. Nel 2020 l'hacker di fama mondiale George Holtz, famoso per il jailbreaking di iPhone e Playstation 3 in diretta Youtube, ha fondato un culto votato a rompere la simulazione e liberarci del nostro "grande programmatore". Come si possono hackerare gli iPhone, secondo Holtz, è possibile farlo con il più grande software mai immaginato: la simulazione-mondo, che attira l'attenzione di illustri epigoni come Neil de Grasse Tyson ed Elon Musk. Molto più recentemente si è fatta strada l'ipotesi che la materia oscura, il grande cruccio della fisica teorica mondiale, possa essere in realtà "il peso delle informazioni" - a suggerire ancora una volta che deve esistere una struttura unica alla base dell'esistente, e che questa struttura possa avere nulla a che fare con la materialità che sperimentiamo nel mondo. L'ultima affascinante teoria è quella pubblicata dal professor Vitaly Vanchurin dell'Università del Minnesota: l'universo potrebbe essere una immensa rete neurale, una particolare forma di Intelligenza Artificiale. L'universo è un'immensa rete neurale Per anni gli scienziati hanno cercato di conciliare la meccanica quantistica e la teoria della relatività: se per la prima il tempo è assoluto ed universale, infatti, la relatività generale indicherebbe il tempo come relativo - secondo l'immagine che vede lo spazio-tempo come un tessuto capace di tendersi e distendersi. Nel suo paper, Vanchurin afferma che la struttura delle reti neurali artificiali "presenta comportamenti approssimativi" coerenti con entrambe le visioni dell'universo fisico oggi accettate. Spiega nella ricerca "il 99% dei fisici sostiene che alla base dell'universo vi è la meccanica quantistica, perciò tutto il resto dovrebbe emergere da essa, ma nessuno sa bene come questo dovrebbe accadere". Il senso della ricerca parte quindi dall'intenzione di "considerare un'altra possibilità, cioè che una microscopica rete neurale sia la struttura fondamentale di tutto, incluse la meccanica quantistica e la relatività generale". Ma cos'è una rete neurale? Le reti neurali sono, nel campo del machine learning o apprendimento automatico, delle particolari intelligenze artificiali ispirate al funzionamento del cervello umano. Si tratta di sistemi computazionali in grado appunto di imparare, quindi di adattarsi e modificarsi in base alle informazioni, esterne o interne, che vengono proposte in fase di apprendimento. L'universo, quindi, potrebbe essere un grande organismo artificiale che funziona pressappoco come un cervello umano. Alla base dell'esistente, secondo il nuovo suggestivo studio, potrebbe dunque esserci la stessa struttura computazionale che guida il funzionamento dell'intelligenza umana. Alessandra Caraffa |
Post n°3464 pubblicato il 21 Ottobre 2021 da blogtecaolivelli
Fonte foto: AnsaSCIENZA Fonte: Internet Rochette, la prima pietra marziana che arriverà sulla Terra nel 2030La missione è sviluppata congiuntamente dalla Nasa e dall'Agenzia Spaziale Europea. Il campione è stato raccolto e sigillato e sarà spedito sul nostro pianeta con il programma Mars Sample Return. 8 Settembre 202117 Nel 2030 sarà spedito sulla Terra il primo campione di roccia proveniente da Marte. Si tratta di un frammento di "Rochette", una delle rocce nel cratere Jezero dove il rover americano Perseverance è arrivato a febbraio 2021. La preziosa pietra verrà inviata sul nostro pianeta grazie al complesso programma che stanno sviluppando congiuntamente la Nasa e l'Esa, l'Agenzia Spaziale Europea, il Mars Sample Return, la cui partenza è appunto prevista tra 9 anni. Per la prima volta sarà possibile studiare da vicino componenti della superficie marziana. Il recupero di Rochette, la prima pietra marziana "I've got it!" (L'ho preso), è il tweet scritto sull'account del rover Perseverance dopo aver avuto la conferma che il campione di roccia prelevato il primo settembre era stato messo al sicuro. I frammenti sono stati inseriti e sigillati in uno dei 43 tubi in titanio. Il risultato segna un primo passo avanti nell'ambiziosa missione internazionale che si concluderà con il trasferimento sulla Terra delle pietre provenienti da un altro pianeta. Il responsabile delle missioni scientifiche Thomas Zurbuchen ha definito l'evento "un vero momento storico". Il recupero del campione di roccia sul Pianeta Rosso non è stato semplice. Già ad agosto Perseverance aveva tentato di prelevare un frammento, ma la missione era fallita dopo che la pietra recuperata era misteriosamente scomparsa. In realtà il trapano usato in quell'occasione aveva di fatto polverizzato il campione. Un secondo tentativo è stato fatto il primo settembre scegliendo accuratamente il tipo di roccia da recuperare. Le condizioni d'illuminazione non ottimali non hanno però permesso di capire subito se il frammento era stato realmente catturato dal rover o meno. I tecnici della Nasa hanno perciò deciso di attendere qualche giorno prima di dare la notizia del prelevamento. Solo dopo aver ricevuto il riscontro fotografico nitido, l'agenzia spaziale americana ha annunciato che un campione, sottile come la mina di una matita, era stato recuperato dalla superficie di Marte. Con più di 3.000 componenti, il Sampling and Caching System, il dispositivo usato per raccogliere e sigillare il campione, è il più complesso strumento meccanico mai i nviato nello spazio "e siamo orgogliosi - ha commentato Larry James, direttore ad interim del Jet Propulsion Laboratory (Jpl) - di vedere che il sistema funziona bene e abbia compiuto il primo passo per portare i campioni a Terra". Perseverance, nelle prossime settimane, continuerà a perlustrare l'area intorno al cratere Jezero e tenterà di raccogliere altri frammenti marziani. Stefania Bernardini |
Post n°3463 pubblicato il 21 Ottobre 2021 da blogtecaolivelli
Fonte foto: NASA/JPL-CaltechSCIENZA Fonte: Internet Lo strano caso del campione di roccia di Marte scomparsoTutto sembrava funzionare perfettamente, ma quando è stato aperto il tubo che doveva contenere il materiale, era vuoto. Gli ingegneri stanno cercando di capire cosa sia andato storto quando il rover Perseverance ha cercato di raccogliere il primo frammento di roccia. 10 Agosto 2021265 Sembrava essere andato tutto bene, il rover Perseverance dell'agenzia spaziale statunitense aveva catturato il primo frammento di roccia del pianeta Marte, ma quando il tubo di metallo che doveva contenere il materiale è stato aperto, al suo interno non c'era nulla. Gli ingegneri stanno ora cercando di capire cosa possa essere andato storto riguardo alla missione del robot. Fino all'apertura del macchinario, tutto pareva aver funzionato perfettamente. Ora il team di specialisti ritiene che la colpa del fallimento possa essere rintracciata nelle particolari proprietà della roccia che si è tentato di prendere. Perché Perseverance non è riuscito a catturare il frammento Secondo gli scienziati, alcune immagini e la telemetria potrebbero aiutare a risolvere il mistero sulla mancata cattura della roccia. L'ipotesi iniziale è che "il tubo vuoto sia stato il risultato del fatto che il materiale roccioso non ha reagito nel modo previsto durante il carotaggio", ha affermato Jennifer Trosper, project manager di Perseverance presso il laboratorio di propulsione a getto della NASA in California che ritiene invece meno probabilmente possa essersi trattato di un problema hardware con il sistema di campionamento e memorizzazione nella cache. "Nei prossimi giorni, il team dedicherà più tempo all'analisi dei dati in nostro possesso e all'acquisizione di alcuni dati diagnostici aggiuntivi - ha aggiunto - per supportare la comprensione della causa principale del tubo vuoto". Perseverance ha un sistema di perforazione e carotaggio all'estremità del suo braccio robotico lungo 2 metri. Questo è in grado di tagliare e recuperare campioni di roccia delle dimensioni di un dito che poi vengono passati a un'unità di elaborazione all'interno della pancia del rover che li confeziona e sigilla in cilindri di titanio. Prima della sigillatura, però, vengono utilizzate una telecamera e una sonda per valutare la quantità di materiale recuperato, e quando questo è stato fatto, durante il carotaggio dei giorni scorsi, è diventato evidente che il campione non c'era. Non è la prima volta che componenti della superficie del Pianeta Rosso risultano difficile da ottenere con gli strumenti analitici dei robot. Già il lander Phoenix del 2007 della NASA aveva rilevato che i terreni locali nella regione "Artico" di Marte avevano una consistenza appiccicosa che rendeva complicato catturare un campione e portarlo nel laboratorio di bordo del robot. Il lander InSight 2018 dell'agenzia, invece, ha faticato parecchio senza, alla fine, riuscire a guidare uno strumento per verificare la temperatura del terreno. Il sottosuolo era inaspettatamente resistente. Perseverance è atterrato su Marte a febbraio, in un cratere largo 45 km chiamato Jezero. La sua missione è cercare di determinare se la vita sul pianeta Rosso esiste, o sia mai esistita. Uno dei modi in cui si spera di farlo è raccogliendo una serie di campioni di roccia da spedire sulla Terra. Il tentativo iniziale aveva come obiettivo un nucleo di roccia che si pensa possa rappresentare il materiale di base di Jezero. Gli scienziati sperano di poter datare con precisione l'eventuale campione catturato per poter individuare una cronologia di ciò che è accaduto successivamente nel cratere. Dalle immagini satellitari sembra che Jezero possa aver ospitato un lago molti miliardi di anni fa, un tipo di ambiente che avrebbe potuto essere favorevole alla proliferazione di microrganismi. Mentre si cerca di trovare una soluzione a cosa possa aver causato il fallimento della missione del rover Perseverance, la Nasa ha già dato il via alla selezione per candidarsi a diventare cittadini |
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