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Messaggi del 26/05/2020

Notizie sulla vista artificiale.

Post n°2970 pubblicato il 26 Maggio 2020 da blogtecaolivelli

Fonte: articolo riportato dall'Internet

22 maggio 2020

Un occhio artificiale che legge lettere dell'alfabeto

 Illustrazione del nuovo occhio artificiale sviluppato

dall'Università di Hong Kong e dal Lawrence Berkeley

National Laboratory (©Yaying Xu, copyright belongs to

Fantastic Color Animation Technology Co) Un prototipo

che imita struttura e funzione dell'occhio umano ha

un'elevata sensibilità alla luce e un ampio campo visivo.

La risoluzione delle immagini che cattura è relativamente

bassa, tuttavia è già sufficiente a distinguere alcune

lettere dell'alfabeto

Per ora può distinguere le lettere E, T e Y, perché ha ancora

una capacità di risoluzione relativamente bassa.

Ma l'occhio artificiale descritto in un articolo pubblicato su

"Nature" da Zhiyong Fan dell'Università di Hong Kong e

colleghi del Lawrence Berkeley National Laboratory, negli

Stati Uniti, ha le potenzialità per eguagliare o addirittura

superare in prestazioni l'occhio umano.

E dunque potrebbe trovare diverse applicazioni: dalla robotica

alle protesi, addirittura in strumenti scientifici.

La sfida sarà sicuramente ardua.

L'occhio degli esseri umani non solo ha un eccellente potere

risolutivo, ma è anche sensibile alla luce su un grande intervallo

di intensità e ha un ampio campo visivo.

Il tutto grazie alla forma emisferica della retina, fondamentale

per non disperdere la luce e ottenere una focalizzazione più

efficace delle imagini, e al gran numero di fotorecettori

(i cosiddetti coni e bastoncelli) impacchettati nella retina

con una densità elevatissima: circa dieci milioni di cellule

per centimetro quadrato. 

Le difficoltà di riprodurre l'occhio umano sono quindi di tipo

sia strutturale sia funzionale, e il prototipo di Zhiyong Fan

e colleghi le affronta con un design innovativo.

Per diversi aspetti il loro occhio artificiale è composto come

l'occhio umano: ha una lente nella parte anteriore (che imita

il cristallino), una retina emisferica nella parte posteriore e

un liquido riempito di ioni (che imita l'umor vitreo)

necessario al suo funzionamento elettrochimico.

La retina artificiale è costituita da una matrice emisferica di

ossido di alluminio, al cui interno è inserita una schiera di f

otosensori strettamente impacchettati.

Questi fotosensori sono collegati a cavi di dimensioni

nanoscopiche, che riproducono le fibre del nervo ottico che

collegano l'occhio con il cervello.

Per realizzare i fotosensori, i ricercatori si sono affidati alla

perovskite, un materiale che ha dimostrato proprietà notevoli

nelle sperimentazioni sulle celle solari.

Come sottolinea Hongrui Jiang in un articolo di commento

pubblicato sullo stesso numero di "Nature", la realizzazione

di Zhiyong Fan e colleghi rappresenta un notevole progresso

dal punto di vista strutturale e, soprattutto, dal punto di vista

delle prestazioni. 

Innanzitutto la struttura complessiva conferisce al dispositivo

un angolo visivo di circa 100 gradi, abbastanza vicino quindi

al campo visivo verticale dell'occhio naturale, che è di 130

gradi circa. Inoltre, la risposta dei sensori è molto rapida e

rimane praticamente costante su tutte le frequenze dello

spettro visibile.

Nei test, il prototipo di occhio artificiale è riuscito a distinguere

alcune lettere dell'alfabeto nonostante una risoluzione delle

immagini ancora relativamente bassa.

Tuttavia, gli autori sostengono che il loro progetto ha le potenzialità

per superare la risoluzione dell'occhio umano, poiché è possibile

aumentare la densità dei nanofili a più di dieci volte quella dei

fotorecettori naturali. (red

 
 
 

Notizie dal Cosmo primordiale...

Post n°2969 pubblicato il 26 Maggio 2020 da blogtecaolivelli

Fonte: articolo riportato dall'Internet

21 maggio 2020

Una galassia primordiale che sfida i modelli astrofisici

 Illustrazione del disco di Wolfe (NRAO/AUI/NSF, S. Dagnello)

 L'osservatorio ALMA ha scoperto e descritto il Disco di Wolfe,

una galassia fredda e ben ordinata che si è formata quando l'universo

era molto giovane, appena 1,5 miliardi di anni dopo il big bang: un

tempo incompatibile con i modelli di formazione galattica, che

prevedono uno sviluppo nell'arco di molti miliardi di anni

Fredda, ricca di gas e ben ordinata nel suo moto rotazionale.

E' questo l'identikit delineato dagli strumenti dell'Atacama Large Millimeter

/submillimeter Array (ALMA) di una massiccia galassia chiamata Disco di

Wolfe.

Che non avrebbe nulla di particolare che la distingua dalle altre del suo tipo,

se si trattasse di un oggetto relativamente vicino.

Invece, secondo l'articolo pubblicato sulla rivista "Nature" da Marcel Neeleman

del Max-Planck-Institut per l'astronomia di Heidelberg e colleghi, è così lontana

da noi che appare com'era 1,5 miliardi dopo il big bang, quando l'universo aveva

solo il 10 per cento della sua età attuale.

E a quell'epoca, simili galassie non avrebbero dovuto esistere, dato che, secondo

gli attuali modelli astrofisici, la loro formazione avrebbe richiesto almeno sei

miliardi di anni.

Intitolata all'astronomo Arthur M. Wolfe e indicata nei cataloghi come DLA0817g,

è la più lontana galassia a disco mai osservata.

Questo tipo di galassie è caratterizzato dal fatto che al loro interno molte stelle

sono concentrate in un volume appiattito, un disco appunto.

Fanno parte di questa categoria le galassie a spirale, come la Via Lattea, e quelle

lenticolari, ma non le galassie ellittiche e quelle irregolari.

Il problema è che le galassie a disco, così come altre di grandi dimensioni, si

dovrebbero formare in modo graduale, non certo poco dopo il big bang.

Se questa violazione dei modelli era già balenata nella mente degli astronomi,

quando nel 2017 è stato scoperto il Disco di Wolfe, ora è arrivata la conferma.

"La maggior parte delle galassie che troviamo all'inizio dell'universo assomiglia

ai resti di un incidente ferroviario, perché sono state sottoposte a fusioni spesso

violente", ha spiegato Neeleman.

"Queste fusioni calde rendono difficile la formazione di dischi rotanti freddi e ben

ordinati come quelli che osserviamo nel nostro universo attuale".

Non resta che ipotizzare che siano intervenuti processi di aggregazione diversi da

quelli considerati finora per le galassie a disco.

"Pensiamo che il Disco di Wolfe sia cresciuto principalmente grazie all'aggrega-

zione costante di gas freddo", ha aggiunto Xavier Prochaska, dell'Università della

California a Santa Cruz, coautore dell'articolo.

"Tuttavia, una delle domande che rimane aperta è come assemblare una massa di

gas così grande mantenendo un disco rotante relativamente stabile". 

Il gruppo di ricercatori ha indagato a diverse lunghezze d'onda per sapere qualcosa

di più sulla formazione formazione stellare al suo interno.

I segnali radio raccolti con ALMA hanno mostrato i movimenti della galassia e la

massa di gas e polveri atomiche, mentre con il Karl G. Jansky Very Large Array

(VLA) della National Science Foundation hanno misurato la quantità di massa

molecolare, che rappresenta il combustibile per la formazione delle stelle.

Infine, i ricercatori hanno osservato le stelle massicce nello spettro ultraviolettto

catturato dal telescopio spaziale Hubble.

"Il tasso di formazione stellare nel disco Wolfe è almeno dieci volte superiore a

quello della nostra galassia", ha concluso Prochaska.

"Deve essere una delle galassie a disco più produttive dell'universo primitivo". (red)

 
 
 

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