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Messaggi del 30/05/2020

I dentisti...preistorici

Post n°3001 pubblicato il 30 Maggio 2020 da blogtecaolivelli

Fonte: articolo riportato dall'Internet

Dentisti di 9.000 anni fa

Nei villaggi sedentari del periodo Neolitico, oltre a

pastori, contadini, vasai e sacerdoti, c'erano anche

abili artigiani, capaci di praticare vere e proprie

trapanazioni ai denti per curare le...

2006410132548_8|  

Dentisti di 9.000 anni fa

Nei villaggi sedentari del periodo Neolitico, oltre a

pastori, contadini, vasai e sacerdoti, c'erano anche

abili artigiani, capaci di praticare vere e proprie

trapanazioni ai denti per curare le carie.

L'uomo della pietra andava dal dentista.

È quello che è emerso dallo studio di diversi denti

umani ritrovati recentemente nell'area anticamente

occupata dal villaggio di Mehgarh, uno dei villaggi

sedentari del periodo Neolitico ritrovato ai piedi

dell'Hindukush, nell'attuale Pakistan.

Un team di biologi e antropologi coordinati dal diparti-

mento di biologia animale e dell'uomo dell'università

La Sapienza di Roma ha sottoposto i 4.800 denti ritrovati

nel sito a un'attenta analisi e ha scoperto che undici

molari tra quelli rinvenuti, appartenuti a nove adulti maschi

e femmine, presentano evidenti segni di quelle che senza

dubbio sono le cure dentistiche più antiche mai documentate

fino ad ora.

«Dai fori presenti nei denti è evidente che per curare la carie

già 9.000 anni fa venivano impiegati strumenti simili ai moderni

trapani da dentista» ha affermato Alfredo Coppa della Sapienza.

Trapani manuali.

 Dovevano essere estremamente efficienti gli antenati dei trapani,

visto che in uno dei denti esaminati è addirittura evidente

l'utilizzo di una tecnica di rimozione dello smalto sorprendentemente

moderna.

I denti risalgono tutti a un periodo di circa 1.500 anni compreso tra

il 7.000 e il 5.500 a.C., quando il villaggio di Mehgarh era popolato

soprattutto da pastori, da agricoltori e da artigiani esperti nella

lavorazione della selce.

E proprio di selce erano fatti i trapani rinvenuti: costituiti da bastoncini

di legno di circa 15 centimetri ai quali erano fissate sottilissime punte

di questo materiale, venivano fatti girare 20 volte al secondo con

l'aiuto di un archetto così che il foro, di circa un millimetro di diametro,

era completato in circa un minuto.


Collanine e odontoiatria. 

Secondo i ricercatori lo strumento assomiglia molto agli utensili

impiegati per forare le perline usate già allora per confezionare

monili e decorazioni. Si suppone quindi che la pratica di trapana-

zione dentale si sia sviluppata proprio come evoluzione di questa

tecnica di perforazione.

(Notizia aggiornata all'11 aprile 2006-

 

 
 
 

Turismo fuoriporta...causa Covid19

Post n°3000 pubblicato il 30 Maggio 2020 da blogtecaolivelli

Fonte: articolo riportato dall'Internet

I borghi e i paesi sul lago d'Iseo sono gioielli di viuzze e negozi,

tra storia e naturalismo.

da IN-LOMBARDIA.IT

     
  1. Nei borghi del Lago d'Iseo

Fra i grandi laghi prealpini, il Lago d'Iseo spicca per la bellezza dei

paesaggi e il fascino della propria antica storia.

Posizionato a cavallo fra le provincie di Bergamo e Brescia, annovera

lungo le proprie coste borghi e località altamente suggestive e dalla

spiccata identità.

Partendo da Sulzano e procedendo in senso orario verso est, troverai

innanzitutto il paese di Iseo, da cui il lago prende l'attuale nome.

Si tratta di un borgo medioevale, ricco di chiese (S. Maria del Mercato,

Pieve di Sant'Andrea, S. Maria della Neve, ecc.) e con l'antico castello

del quale rimangono le grosse mura e le quattro torri.

Procedendo verso ovest si costeggia la Riserva Naturale Torbiere del

Sebino e, passando per Clusane e Paratico, si giunge a Sarnico, nella

provincia di Bergamo.

Il borgo si presenta come un intreccio di caratteristiche viuzze - alcune delle

quali ricche di negozi - con le quali allontanarsi o ridiscendere verso il lago.

Tanti gli angoli suggestivi, così come le bellezze artistiche ed architettoniche

da vedere, come la Pinacoteca Gianni Bellini presso Palazzo Gervasoni, o la

Torretta Civica.

Risalendo la costa si arriva a Predore e Tavernola Bergamasca, centri molto

antichi e dai quali si ha una visuale mozzafiato sul Lago d'Iseo, soprattutto se si

sale al Santuario della Madonna della Neve (o di San Gregorio) oppure in vetta

al Corno di Predore.

Sempre sul versante occidentale del lago, si trovano quindi ParzanicaRiva di

Solto e Solto Collina, piccoli comuni molto caratteristici.

Solto Collina è un borgo medioevale, con un delizioso centro storico perfettamente

conservato. Nei pressi di Riva di Solto non perderti l'Orrido del Bogn, una

sublime chicca naturalistica.

Salendo ancora, giungiamo quindi a Castro e a Lovere.

Quest'ultimo, annoverato fra "I borghi più belli d'Italia", è stretto fra i monti e il

lago, con la sua splendida piazza dalla quale poterlo ammirare.

L'edificio più importante è il palazzo con l'Accademia di belle arti Tadini, che

conserva prestigiose opere di Antonio Canova.

Il centro ospita anche il nuovo porto turistico di Cornasola, il più grande di

tutto il Sebino.

Compiendo il giro di boa rispetto alla morfologia del lago, arriverai a Costa

Volpino, posizionato esattamente all'inizio della Valcamonica.

Qui il fiume Oglio trova sbocco nel bacino lacustre.

Scendendo adesso sulla costa orientale - di nuovo in provincia di Brescia -

giungerai a Pisogne.

Trattasi di un centro antichissimo, dove sono state ritrovate tracce di insediamenti

preistorici

. Da visitare: Piazza del Mercato con la Torre del Vescovo e la Chiesa parrocchiale

di S. Maria Assunta.

Avvicinandoti a Sulzano, e quindi a Montisola, si trova Marone, operoso centro

non lontano da Monte Guglielmo (il più alto intorno al Lago d'Iseo) e nella Via

Valeriana, mulattiera di origine romana, antico passaggio obbligato per la

Valtrompia.

Si giunge infine a Sale Marasino, con la sua Villa Martinengo e la Chiesa

Parrocchiale di S. Zenone. Sarai quindi di nuovo di fronte a Montisola, sul

versante bresciano del Sebino.

Concludendo il giro a Sulzano - punto di partinenza dell'itinerario - che è stato

protagonista dell'opera "The Floating Piers" di Christo.

Il tour attorno al lago ti permetterà di conoscere la vera storia, cultura e scorci naturali

imperdibili del Sebino.

 
 
 

Sul Covid19...

Post n°2999 pubblicato il 30 Maggio 2020 da blogtecaolivelli

Fonte: articolo riportato dall'Internet

Il primo trapianto di polmoni per salvare un malato

di Covid-19Al Policlinico di Milano effettuato un trapianto

di polmoni in un diciottenne, malato di Covid-19, in

condizioni critiche. Il paziente è salvo.

In sala operatoria| SHUTTERSTOCK  

L'Italia si conferma al top della chirurgia dei trapianti a

livello mondiale, con un intervento eccezionale che ha

salvato la vita a un giovane malato di Covid-19, eseguito

al Policlinico di Milano.

Il trapianto di polmoni è avvenuto il 18 maggio, ma soltanto

ora che il ragazzo inizia a riprendersi possiamo darne notizia. 

Diciotto anni compiuti da poco, alto, sportivo, atletico e

 senza nessuno dei fattori di rischio associati alle forme più

gravi di Covid-19, Francesco è finito in rianimazione, per due

mesi, all'Ospedale San Raffaele di Milano.

«Il ragazzo era tenuto in vita grazie alla circolazione extra-

corporea e al polmone artificiale, ma non avrebbe potuto

riprendersi senza il trapianto, perché i suoi polmoni erano

distrutti» spiega Mario Nosotti, direttore della Scuola di specialità

in chirurgia toracica dell'Università di Milano e dell'Unità operativa

di chirurgia toracica del Policlinico. 

«Il trapianto di polmone è sempre un intervento complesso, ma

eseguirlo su un paziente Covid-19 in condizioni così critiche ha

ci ha posto di fronte a sfide inedite».

 IN ATTESA.

 Una volta presa la decisione, il primo passaggio è stato aspettare

che il corpo del giovane fosse privo del virus, dato che non avrebbe

avuto senso introdurre i nuovi organi, con il rischio che la malattia

li attaccasse.

«Abbiamo eseguito diversi test a distanza di giorni.

Quando il risultato negativo si è confermato siamo passati alla

seconda fase» dice il medico. 

Per la gravità delle sue condizioni, Francesco è stato inserito nella

lista d'attesa con priorità urgente.

Ma anche l'individuazione del donatore non è stata semplice.

«In fase di lockdown le donazioni sono diminuite» spiega Nosotti;

«Inoltre, il ragazzo è piuttosto alto e non è stato banale trovare

organi compatibili e di dimensioni adeguate».

Il coordinamento con il Centro Nazionale Trapianti ha comunque

permesso, dopo due settimane, di individuare un donatore da

un'altra regione.

Soltanto a questo punto il giovane è stato trasferito al Policlinico.

 DIECI ORE IN SALA OPERATORIA.

 «Le incognite dell'intervento erano molte», prosegue il medico.

«Non sapevamo in che stato avremmo trovato le vene e le arterie

che dovevano essere collegate ai nuovi polmoni, e non sapevamo

quanto poteva resistere il paziente, in una situazione così delicata.

Durante l'operazione, per esempio, è stato necessario fornire un

supporto anche al cuore».

Non solo. «Sebbene il paziente fosse ormai negativo al coronavirus,

abbiamo adottato tutte le misure anticontagio per proteggere il

personale; ma in sala operatoria queste precauzioni complicano

il lavoro» racconta Nosotti.

«La mascherina FFP3, indossata assieme al casco ventilato, può

rendere difficile la respirazione, soprattutto se si porta per molte

ore.

Il doppio camice intralcia i movimenti; i doppi guanti limitano la

sensazione tattile, che invece, nei trapianti, fornisce informazioni

importanti».

Per circa 10 ore al tavolo operatorio si sono alternate due équipe,

mentre una terza era pronta a dare un ulteriore cambio, in caso

di necessità.

Alle 10 di sera il paziente è uscito dalla sala ed è stato ricoverato

in terapia intensiva, dove si trova tuttora.

 TEMPO PER RECUPERARE. 

L'intervento è riuscito, ma il ragazzo fatica a tornare a respirare

in modo autonomo, per via dei lunghi mesi trascorsi attaccato

al polmone artificiale» conclude il chirurgo.

«È sveglio e vigile e sta facendo fisioterapia per recuperare la

funzione.

Certo, il fatto di essere un giovane sportivo lo ha aiutato.

Ma avrà bisogno di tempo per riprendersi, anche psicologicamente».

 
 
 

Da Roma antica...

Post n°2998 pubblicato il 30 Maggio 2020 da blogtecaolivelli

Fonte: articolo riportato dall'Internet

Nuove lettere romane dal Vallo di Adriano

25 documenti su tavolette di legno sono stati rinvenuti in un fortino

avanzato del Vallo di Adriano: nuove testimonianze di vita dalle

guarnigioni di Roma, tra cui lamentele e una richiesta di... vacanza.

vindolandUna delle tavolette scoperte nel forte romano. | THE VINDOLANDA

TRUST VIA THE GUARDIAN  

Un nuovo malloppo di testimonianze scritte è venuto alla luce tra le

mura di Vindolandia, una fortificazione per truppe ausiliarie a un paio

di chilometri dal Vallo di Adriano, fatto erigere dall'imperatore Adriano

nel 122 d.C. per segnare il confine tra la Britannia occupata dai romani

e la Caledonia rimasta ai barbari (a sud dell'odierna Scozia).

TESORO ARCHEOLOGICO. 

Venticinque documenti inediti su tavolette di legno sono stati scoperti,

il 22 giugno, sul fondo di una trincea nel livello più basso delle complesse

stratificazioni del forte, edificato prima in una zolla erbosa, poi in legno

e quindi in pietra. La datazione è quella delle prime fasi di costruzione del

muro: dal primo secolo in poi.

VITA AL FRONTE.

 Il sito di Vindolandia è caro agli appassionati di storia militare romana,

perché dal 1970 restituisce testimonianze scritte della vita dei soldati nelle

zone di frontiera.

Il ritrovamento più importante, con centinaia di lettere recanti comunicazioni

pratiche (700 delle quali ormai tradotte) risale al 1992: quelle tavole riportano

ai giorni nostri lamentele per i piedi freddi, richieste di nuove scorte di birra

e racconti di feste di compleanno improvvisate nelle fredde notti del

Northumberland, una contea a nord est dell'Inghilterra, quasi al confine con la

Scozia.


I documenti sono stati ritrovati a intervalli regolari tra le macerie, non è

chiaro se posizionati apposta o forse scivolati da una busta per la

corrispondenza bucata. | THE VINDOLANDA TRUST VIA

THE GUARDIAN

UNA VACANZA, PER FAVORE.

 Nei nuovi documenti ritorna una vecchia conoscenza degli archeologi,

il decurione (un comandante di cavalleria) Masclus, lo stesso che nei

documenti ritrovati 25 anni fa chiedeva rifornimenti di birra per i suoi

uomini.

In una delle lettere appena scoperte, l'uomo sembra implorare una licenza,

un permesso motivato forse da una sonora sbronza.

SCRITTE PER RESTARE. 

La maggior parte delle tavolette è scritta con inchiostro ormai sbiadito su

legno di betulla, ma c'è particolare attenzione su una di esse, vergata su un

doppio strato di quercia, materiale più pregiato che doveva servire per

comunicazioni più importanti e che potrebbe aver conservato meglio le

tracce delle lettere.

Le tavole dovranno essere analizzate agli infrarossi per decifrarne la scrittura,

ma alcune di esse appaiono in parte già traducibili.

Rispetto ad altri documenti romani scritti su tavolette rivestite di cera -

l'equivalente degli odierni post-it per appunti poi cancellabili - quelli di

Vindolandia erano intesi per comunicazioni più ufficiali e permanenti.

Nonostante ciò, il tono è più personale e colloquiale di molti altri testi,

per chi li legge oggi: un vero tuffo nel passato.

 
 
 

Dall'antico Egitto

Post n°2997 pubblicato il 30 Maggio 2020 da blogtecaolivelli

Fonte: articolo riportato dall'Internet

L'aldilà secondo gli Egizi

Una mostra racconta

27 maggio 2020

"Sotto il cielo di Nut. Egitto divino".
È un titolo che già dice molto quello della mostra allestita

fino al 20 dicembre 2020 al Civico Museo Archeologico

di Milano.
Il percorso espositivo, che conta più di 150 opere, consente

di entrare nel mondo degli antichi Egiziani attraverso sculture

in bronzo, pietra e faïence, rilievi votivi, sarcofagi, mummie ed

elementi del corredo funerario che accompagnava il defunto

nell'Aldilà.

Statuetta - reliquiario a forma di gatto, bronzo,  Epoca Tarda

- Epoca Tolemaica (664- 30 a.C.). Milano,

Civico Museo Archeologico.

Com'è noto la molteplicità degli dèi e delle loro forme nell'arte

e nella spiritualità dell'antico Egitto è uno degli aspetti più carat-

teristici di questa civiltà millenaria.

L'esistenza di tante figure divine, i cui nomi sono noti dalle fonti

testuali che spesso accompagnano le immagini, ha suscitato fin

dall'antichità ammirazione nei confronti degli abitanti della valle

del Nilo, considerati particolarmente devoti e in possesso di un

sapere occulto.

Stele votiva con orecchie dedicata da Usersatet alla dea Nebet-Hetepet, 

XIX dinastia (1295-1189 a.C.).  Torino, Museo Egizio.

Allo stesso tempo, il ricorso a figure ibride che uniscono a forme umane

forme animali, nonché il culto particolare tributato ad alcuni animali sono

stati visti con sospetto da culture improntate all'antropomorfismo come

sola modalità di raffigurazione della divinità.

Statuetta di Tauret dedicata dal disegnatore ParahotepXIX dinastia

 (1295-1189 a.C.). Torino, Museo Egizio.

La spiritualità egizia, da questo punto di vista, non sarebbe che il riflesso

di una cultura primitiva, idolatra, dominata dal timore verso le forze naturali.

Come ricomporre questi diversi sguardi?

Cosa si nasconde dietro questa incredibile ricchezza di immagini che ci attrae

ancora oggi, e non solo per la loro indubbia eleganza formale?

Stele votiva con orecchie dedicata da Usersatet alla dea Nebet-Hetepet,

XIX dinastia (1295-1189 a.C.).  Torino, Museo Egizio.

L'unico modo per rispondere a tale quesito è cercare di entrare nell'universo

spirituale e concettuale di questa civiltà, che ha elaborato in modo

originale una propria visione del cosmo e del ruolo che in esso è riservato

tanto all'uomo quanto agli dèi.

Stele di Pashed dedicata alla triade Osiride-Iside- Horus, XVIII-XX

dinastia (1539-1076 a.C.). Milano, Civico Museo Archeologico.

Questa visione è stata instancabilmente

tradotta nelle forme reputate più consone per esprimere ciò che non è

né visibile né rappresentabile: il divino e ciò che c'è al di là della morte.

Tanto Egitto anche da noi

I reperti selezionati provengono tutti da realtà italiane ovvero dalla

collezione egizia del Civico Museo Archeologico di Milano,

Museo Egizio di Torino, Museo Archeologico Nazionale di Firenze,

Museo Civico Archeologico di Bologna, Civico Museo di Antichità

"J.J.Winckelmann" di Trieste e Museo di Archeologia

dell'Università di Pavia.

Info: Tel. 02/88465720
www.museoarcheologicomilano.it

In apertura: Dettaglio del sarcofago a cassa di Peftjauauiaset con

raffigurazione della dea Nefti, XXV - XXVI dinastia (747-525 a.C.). 

Milano, Civico Museo Archeologico.

 
 
 

Notizie degli antichi euroasiatici...

Post n°2996 pubblicato il 30 Maggio 2020 da blogtecaolivelli

Fonte: articolo riportato dall'Internet

Le antiche connessioni tra

le popolazioni di Eurasia e

America

Le origini dei nativi americani e il lungo viaggio della peste:

dal DNA di antichi abitanti della Siberia emergono nuove,

inaspettate scoperte.

Il lago Baikal, in Siberia.Il lago Baikal, in Siberia. | ANTON PETRUS | SHUTTERSTOCK  

Le popolazioni di Eurasia e America sarebbero connesse da più tempo

di quanto si pensasse: è quanto emerge da uno studio, pubblicato su Cell,

che ha analizzato la genetica di alcuni antichi abitanti delle rive del Lago

Baikal, in Siberia, riscontrandone l'origine mista tipica dei nativi americani.

La ricerca dimostrerebbe inoltre la mobilità delle popolazioni vissute in

Eurasia durante l'Antica Età del Bronzo (2300-1700 a.C.), testimoniata anche

dalle numerose mutazioni e mescolanze genetiche.

 

ANTICHI LEGAMI.

 Che Siberia e America fossero connesse fin dall'antichità era già chiaro agli

studiosi da tempo.

Tuttavia uno degli individui analizzati in questo studio, vissuto 14.000 anni fa

durante il Paleolitico Superiore, è il più antico nel quale si sia riscontrata la

mescolanza di antenati tipica dei nativi americani.

Per determinare con precisione il luogo e il periodo in cui le due stirpi, quella

degli antichi eurasiatici del Nord e degli asiatici nord-orientali, si siano unite,

sarà necessario studiare altri genomi appartenenti alle diverse popolazioni

vissute in Siberia durante il Paleolitico Superiore.

 

I MOVIMENTI DELLA PESTE. 

Lo studio ha anche portato a galla delle connessioni intracontinentali, evidenziate

dalla presenza di un batterio tristemente noto, lo Yersinia pestis, causa delle diverse

epidemie di peste che si sono susseguite durante la storia.

Nonostante si sia sempre ipotizzato che la diffusione dello Yersinia pestis fosse

iniziata con le massicce migrazioni di popolazioni provenienti dalle steppe

eurasiatiche (nel centro del continente), gli archeologi ne hanno rinvenuto delle

tracce sui resti di due individui di origine asiatica nord-orientale vissuti durante

l'Antica Età del Bronzo: il batterio avrebbe quindi viaggiato insieme ai suoi ospiti

attraverso l'Eurasia molto prima di quanto si pensava.

Inoltre, le tracce del patogeno riscontrate nella coppia sarebbero collegate a un

ceppo contemporaneo identificato in un altro soggetto ritrovato nella regione

Baltica, in Europa nordorientale.

«Questa presenza orientale di antichi ceppi dello Y. pestis fa capire che durante

l'Età del Bronzo le popolazioni eurasiatiche percorrevano lunghe distanze»,

afferma Maria Spyrou, uno degli autori dello studio.

 
 
 

Dall'antico Egitto...

Post n°2995 pubblicato il 30 Maggio 2020 da blogtecaolivelli

Fonte: articolo riportato dall'Internet

Egitto, la tomba intatta di

un sacerdote di 4.400 anni fa

La casa eterna di un alto dignitario dell'Antico Regno

è venuta alla luce sotto alle sabbie di Saqqara: contiene

statue e rilievi a colori, perfettamente conservati e rimasti

nascosti per millenni.

reu_rtx6iota_webStatue e scene di vita quotidiana nella tomba di Wahtye,

appena rinvenuta a Saqqara, in Egitto. | MOHAMED

ABD EL GHANY/REUTERS  

Una macchina del tempo sepolta nel deserto, a cinque metri

di profondità, che ha conservato intatti per millenni, come in

uno scrigno, i suoi tesori: la tomba di un sacerdote di nome

Wahtye, vissuto nell'antico Egitto ai tempi delle Piramidi di

Giza, è stata scoperta a Saqqara, un sito archeologico a sud

del Cairo che in antichità serviva da necropoli per Menfi,

capitale dell'Antico Regno.

La tomba risale a 4.400 anni fa e contiene decine di statue e

rilievi a colori perfettamente conservati, iscrizioni dettagliate

sul dignitario deceduto e sulla sua famiglia nonché scorci pit-

torici di vita quotidiana dell'epoca.

Gli archeologi che l'hanno riportata alla luce con una serie di

scavi iniziati a novembre e non ancora terminati hanno parlato

di una scoperta "unica", come non se ne facevano almeno da

un decennio.


Statue e basso rilievi hanno mantenuto praticamente intatto il colore

originale. | MOHAMED ABD EL GHANY/REUTERS

CONSIGLIERE DEL RE.

 Il pigmento in particolare cattura l'attenzione perché ricopre ancora

totalmente sculture e decorazioni, come doveva essere in origine.

Wahtye serviva il faraone Neferirkare Kakai, terzo re della Quinta Dinastia,

una famiglia che governò l'Antico Egitto per meno di due secoli, dal 2.500

al 2.350 a.C.

Il nome del deceduto si legge sui geroglifici che decorano la porta di ingresso

della tomba, che declamano anche i suoi titoli onorifici: sacerdote per la

purificazione reale, supervisore reale, ispettore della barca sa

cra (un battello rituale che si pensava accompagnasse i faraoni nell'Aldilà).

SPACCATO DELL'EPOCA. 

La galleria rettangolare a cui nessuno finora aveva avuto accesso, sfuggita ai

tombaroli, misura 10 metri da nord a sud, quasi 3 da est a ovest e 3 in altezza.

Rilievi a colori con Wahtye, sua moglie Weret Ptah e sua madre Merit Meen

decorano le pareti, su cui si trovano anche scene di lavoro del periodo di attività

dell'uomo, con persone intente a cacciare, navigare, compiere offerte religiose

e produrre vasellame e altri oggetti funerari.


Una veduta interna della tomba, che promette di riservare altre importanti

scoperte. | MOHAMED ABD EL GHANY/REUTERS

ALTRE SORPRESE. 

Grandi statue dipinte a colori del sacerdote e dei suoi familiari riempiono

18 nicchie sulle pareti della tomba, mentre altre 26 nicchie vicino al pavimento

ospitano sculture di un'altra persona non ancora identificata in varie posizioni,

in piedi o seduta a gambe incrociate come uno scriba.

Nella tomba gli archeologi egiziani hanno individuato cinque camere sepolcrali,

una delle quali è aperta e vuota: le altre sono ancora sigillate e potrebbero

custodire il sarcofago del sacerdote insieme al suo corredo funebre.

Gli scavi proseguiranno a gennaio.

 
 
 

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