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Messaggi del 03/03/2019

I litigi online dei robot che correggono Wikipedia

Post n°2013 pubblicato il 03 Marzo 2019 da blogtecaolivelli

27 febbraio 2017

I litigi _nline dei robot che correggono WikipediaCortesia Wikipedi

I software autonomi che operano su

Internet possono avere comportamenti

imprevedibili: secondo una nuova analisi

i robot di editing delle voci di Wikipedia si

correggono a vicenda dando luogo a lunghe

"contese", secondo una cadenza legata alla

lingua e al contesto culturale.

La scoperta invita alla prudenza nell'uso

dell'intelligenza artificiale in contesti delicati

come la sicurezza informatica e la guida autonoma

dei veicoli(red)

computer scienceinternetintelligenza artificiale

"I robot si comportano in modo più umano di

quanto ci si aspetti".

La frase potrebbe sembrare tratta da un vecchio

libro di fantascienza, uno di quelli in cui s'immaginava

l'avvento futuro di robot umanoidi simili a noi non solo

nell'aspetto fisico, ma anche nelle capacità cognitive.

Invece è il commento di un gruppo di ricercatori

dell'Università di Oxford e dell'Alan Turing Institute,

nel Regno Unito, sui risultati di una loro ricerca,

migliorare le voci dell'enciclopedia online Wikipedia.

Gli autori hanno analizzato il comportamento

di questi automi dal 2001 al 2010, scoprendo

che spesso "litigano" tra di loro - a volte per anni -

sul testo da pubblicare online.

I litigi _nline dei robot che correggono Wikipedia

Cortesia Wikipedia

Questi programmi d'intelligenza artificiale possono

avere diversi compiti.

I robot di editing per esempio rimediano agli atti di

vandalismo, fanno rispettare le regole, controllano

l'ortografia, creano link e importano contenuti automaticamente.

Altri tipi di automa si occupano di cercare e identificare

dati oppure scovare violazioni dei diritti d'autore.

Il primo dato emerso dall'analisi è che gli automi si

comportano in modo differente a seconda delle lingue

e dai contesti culturali utilizzati.

L'edizione tedesca di Wikipedia, per esempio, aveva

il più basso numero di conflitti tra robot: nell'arco di

10 anni, ciascun software ha infatti cancellato le

correzioni di un altro in media 24 volte.

Ciò è indice di una relativa efficienza, se paragonato

per esempio con l'edizione portoghese, in cui le

cancellazioni di ogni robot sono state in media 185 in

10 anni. L'edizione inglese si è collocata a metà

classifica, con una media di 105, pari a circa tre

volte il tasso di correzioni operate da essere umani.

Il secondo risultato di rilievo è che anche semplici

algoritmi autonomi possono produrre interazioni

complesse, dalle conseguenze inattese: si correggono

a vicenda, dando vita a contese che possono

continuare per anni, e in alcuni casi raggiungere

una situazione di stallo.

Le differenze di comportamento tra editor umani

e robotici sono notevoli. In media, gli esseri umani

correggono una voce la prima volta dopo due minuti,

la seconda dopo 24 ore e la terza dopo un anno.

I software invece impiegano circa un mese a fare

la prima correzione, ma poi vanno avanti anni a

correggersi reciprocamente.

Secondo gli autori, nel web si è creato un vero e proprio

ecosistema di robot, ma sappiamo ancora molto poco

su come interagiscono.

E' quindi necessario impegnarsi per colmare questa

lacuna, dato che l'intelligenza artificiale è sempre

più utilizzata, anche in contesti delicati come la

sicurezza digitale o la guida autonoma dei veicoli.

"C'è una tendenza a dimenticare che il coordinamento

tra diversi agenti robotici collaborativi viene spesso

raggiunto solo in un contesto di regole che facilitano

i risultati voluti", ha sottolineato Luciano Floridi,

coautore dello studio.

"Questa etica infrastrutturale dev'essere progettata

altrettanto attentamente degli agenti robotici che vi operano".

 
 
 

La scomparsa delle nubi in un mondo più caldo

Post n°2012 pubblicato il 03 Marzo 2019 da blogtecaolivelli

27 febbraio 2019

La scomparsa delle nubi in un mondo più caldo

Le basse nubi al largo delle coste della California, del Perù

e della Namibia sono alcuni dei sistemi di raffreddamento

pù efficaci del pianeta,

perché riflettono la luce solare nello spazio.

Ma nuove simulazioni climatiche dimostrano che

l'aumento delle concentrazioni di anidride carbonica

in atmosfera potrebbe distruggere questi strati di

nubi e aggravare il riscaldamento futuro.

I risultati, pubblicati il 25 febbraio su "Nature Geoscience",

rivelano un'interazione finora sconosciuta tra

le nuvole e i gas serra: un livello di anidride

carbonica atmosferica circa triplo di quello

attuale può improvvisamente disperdere le nuvole.

In uno scenario di emissioni business as usual,

 ossia che proseguano secondo le attuali tendenze

, questo potrebbe avvenire nell'arco di un secolo circa.

Le previsioni indicano che un mondo con meno

nuvole potrebbe essere testimone di un riscaldamento

fino a 8 °C superiore a quello causato dai gas serra.

Il clima terrestre diventerebbe simile a quello di

50 milioni di anni fa, quando i coccodrilli nuotavano

in un Artico privo di ghiaccio e le palme crescevano

fino alle latitudini dell'Alaska.

La scomparsa delle nubi in un mondo più caldo

© All Canada Photos / AGF"

È un avvertimento", dice il coautore dello studio

Tapio Schneider, che studia la dinamica delle nuvole

al California Institute of Technology a Pasadena.

"Se non riduciamo le emissioni, sono possibili

cambiamenti climatici molto marcati e difficili

da invertire".

Disgregazione
Le nubi che si raggruppano in spessi strati al di

sopra degli oceani sono chiamate stratocumuli, e

globalmente, possono riflettere tra il 4 e il 7 per

cento dell'energia del Sole.

Ma gli stratocumuli frustrano i ricercatori che

elaborano modelli del clima perché sono difficili da

replicare nei programmi per computer.

La maggior parte dei ricercatori semplifica i

fenomeni su piccola scala, tra cui nubi, pioggia,

tempeste e ghiaccio, al fine di simulare nel modo

più accurato possibile processi su larga scala, come

le variazioni della temperatura sulla superficie

del mare. Non è disponibile una potenza di

calcolo sufficiente per gestire contemporaneamente

scenari realistici per tutti i fenomeni meteorologici.

Per ottenere un quadro più realistico del

comportamento delle nubi nei futuri scenari climatici,

Schneider e il suo gruppo hanno semplificato i processi

su larga scala e hanno cercato di ottenere modelli per

il comportamento delle nubi nel modo più accurato

possibile.

Quando i ricercatori hanno aumentato i livelli di

anidride carbonica dalle attuali 400 parti per milione

(ppm) a più di 1200 ppm, l'atmosfera si è riscaldata

e gli strati di nubi dense hanno iniziato a disgregarsi

in nuvole più piccole e gonfie.

Questo perché le nubi degli stratocumuli devono

irradiare calore nell'atmosfera superiore per

conservarsi: se l'atmosfera diventa troppo calda,

i banchi di nubi si dissolvono.

"Non è strano", dice Andrew Ackerman, che si

occupa di ricerche sulle nuvole al Goddard Institute

for Space Studies della NASA "Il meccanismo

sottostante è perfettamente plausibile".

La scomparsa delle nubi in un mondo più caldo(Credit: iStock/Christina Gessler)
Brutta sorpresa
Per decenni, le nuvole sono rimaste la principale

fonte di incertezza nelle previsioni dei cambiamenti

climatici, anche nei modelli usati dall'Intergovernmental

Panel on Climate Change, dice Matthew Huber,

paleoclimatologo della Purdue University a West

Lafayette, in Indiana. Ciò significa che molti modelli

potrebbero sottovalutare i futuri cambiamenti climatici.

Il modello proposto da Schneider e colleghi ha

problemi simili, dice Huber.

Anche se i risultati indicano un mondo più caldo,

c'è ancora una discreta quantità di incertezza in

queste previsioni. Alcune delle interazioni su larga

scala, compreso il modo in cui gli oceani scambiano

calore ed energia con l'atmosfera, sono state

semplificate o trascurate, dice Huber.

Questo rende difficile stabilire con precisione i livelli

di anidride carbonica che inducono l'instabilità

degli stratocumuli.

Ma Schneider e altri scienziati stanno cercando

di affrontare i limiti della simulazione dell'atmosfera

terrestre nei programmi per computer.

Un approccio ricorre all'apprendimento automatico

per insegnare ai modelli climatici globali a

rappresentare meglio le nubi, addestrandoli su

osservazioni tratte dal mondo reale e simulazioni

che descrivono in dettaglio i processi su piccola

scala. Questo potrebbe portare a metodi più

rapidi e affidabili per prevedere il clima futuro.

Quali che siano le previsioni di questi modelli,

le persone devono essere pronte per cambiamenti

significativi del nostro clima, dice la meteorologa

Paquita Zuidema dell'Università di Miami, in Florida.

In passato questi cambiamenti sono stati comuni,

dice, "e il lavoro di Tapio suggerisce che in futuro

potrebbe verificarsene un altro".

Lo studio ci ricorda che un mondo più caldo

potrebbe riservarci sorprese, dice Huber.

"E non si tratta di sorprese piacevoli."

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(L'originale di questo articolo è stato pubblicato

 su "Nature" il 25 febbraio 2019. Traduzione ed

editing a cura di Le Scienze.

Riproduzione autorizzata, tutti i diritti

riservati.)

 
 
 

Gardening

Post n°2011 pubblicato il 03 Marzo 2019 da blogtecaolivelli


Fonte: internet

lifestyleDesign& GiardinoGIARDINI D'ESTATE, BASTA INSETTICIDI ECCO COME VIVERLI ECO E SENZA ZANZAREArbusti 'struscia e annusa' barriere verdi, cocktail naturali

Un terrazzo estivo con piante foto iStock. © Ansa

In nome di una maggiore coscienza ecologica di fronte

all'invasione di zanzare e all'uso esagerato di insetticidi 

(abbiamo il triste record di principali utilizzatori di insetticidi in Europa)

, di fronte al clima matto degli ultimi anni

(bombe d'acqua alternate a lunghi periodi di siccità) che non aiuta

la nostra vegetazione a sopravvivere e che impone un maggiore

risparmio idrico, le soluzioni si trovano nei vivai del Mediterraneo.

E' finita l'era delle siepi fiorite, dei prati all'inglese e delle piante rese

'obese' dai concimi chimici e dalle troppe irrigazioni, esplode l'offerta

di arbusti 'struscia e annusa' che hanno bisogno di pochissima

acqua e sono così odorosi da comporre barriere verdi, con fioriture

spontanee e non forzate, dotate di un potente effetti anti-zanzare.

Per potenziare l'effetto posizionare nei pressi una ciotola possibilmente

di coccio, riempirla d'acqua, mettere qualche goccia di olio esseniale

- citronella in primis - e una candela a galleggiare: effetto garantito

per una bella atmosfera e un'aria zanzara free.

Aumentano i giardini asciutti, composti da piante che si annaffiano

una volta sola all'anno e perfino prati verdi e rigogliosi da bagnare

al massimo 2 volte all'anno. Con qualche distinguo, anche sui

balconi si possono scegliere piante e arbusti profumati, più resistenti

alla siccità eliminando il piattino sottovaso pieno di acqua in cui

le larve delle zanzare proliferano.

Impossibile? "Niente affatto, - risponde Fabio Fusari, responsabile

del vivaio La Parrina, specializzato nella produzione di piante

per terreni secchi e poveri. -

"Le piante 'struscia e annusa' hanno foglie carnose, pelose e piene

di oli essenziali in grado di emanare una esplosione di aromi che

vanno dal cedro al sandalo,includono l'intera gamma di profumi

di arancio e limone.

Oppure sanno di menta e perfino di cioccolato e pepe.

Sono ad esempio alcune piante officinali e la vasta gamma dei

 pelargonium profumati, detti comunemente gerani odorosi".

Poi ci sono gli arbusti e le piante aromatiche spontanee della

macchia mediterranea. Spiega Fusari: "Ci sono almeno 4.000

specie diverse come l'helichrysum italicum, il sondrio pistacia

lentiscus, gli arbusti di myrtus communis, i cistus, asphodelus.

Fra le 'struscia e annusa' ci sono anche splendide piante che

arrivano dall'Australia, dal Sud Africa e dalla California.

Creare angoli così odorosi allieta le cene all'aperto e le serate estive.

Molte piante allontanano le zanzare, in particolare i pelargonium

profumati e la lippa citriodora ricca di oli essenziali.

Queste si possono piantare in terra per comporre siepi o posizionate

in gruppo, almeno una decina di piante insieme, in vasi vecchi

recuperati e di grandezze diverse, collocati in un angolo del balcone

per un effetto meraviglioso. Si tratta di piante che necessitano

di poche irrigazioni, sono resistenti alla siccità".

Possono crescere rigogliose e piene di fiori profumati anche prive

di acqua le piante della macchia mediterranea e perfino i prati composti

di piantine autoctone. "Ci sono cinque regole di base per garantirsi un

giardino asciutto, - spiega Luca Agostini, titolare del primo orto

botanico asciutto d'Europa, ilBotanical Dry Garden vicino Orbetello

(Gr), un giardino di oltre 4 ettari nella maremma toscana composto da

1.500 specie e varietà di piante mediterranee adatte a sopravvivere

in clima mediterraneo senza bisogno di essere irrigate.

- Le piante autoctone possono vivere senza essere bagnate seguendo

cinque semplici regole di correzione, perchè vanno educate alla siccità

, dopo anni di vizi fatti di irrigazioni esagerate e consumi chimici".

Precisa Agostini: "La prima regola è creare uno scasso profondo

dove posizionare la pianta, poi indirizzare l'apparato radicale in

verticale annaffiando raramente e in modo molto abbondante in

modo che le radici scendano in profondità e non cerchino l'acqua

in superficie. Inoltre fare un ottimo drenaggio in modo che non

si crei un ristagno di acqua superficiale e creare un tondello di

contenimento intorno alla pianta che trattenga molto litri di acqua". 

"Le piante 'asciutte' fioriscono e sono perfino più profumate di quelle

concimate e annaffiate perché le fioriture e gli oli essenziali odorosi

sono strategie di resistenza alla siccità messe in atto dalla natura",

conclude l'esperto. Tra le piante suggerite Cistus, Rosmarinus, Nerium

, Salvia, Phlomis, Euphorbia, Graminacee

Cambiare le nostre abitudini in giardino e all'aria aperta non è solo una

moda del momento ma una necessità che si farà sempre più sentire

anche per il WWF, le associazioni Equivita e Anchise (associazione

malati di sensibilità chimica multipla) che, insieme a FederBio,

lanciano ora una azione urgente di informazione sulla pericolosità

delle pratiche di disinfestazione contro le zanzare anche in ambito

urbano. 
L'Italia pare essere il paese europeo che usa più insetticidi :

il 50% di quelli consumati in tutta la UE è impiegato nella

penisola sia per le attività agricole che per l'uso privato.

Per cosa li consumiamo? Per combattere le zanzare nei giardini,

sui balconi, nei parchi, nelle scuole e negli ospedali.

"Così facendo modifichiamo l'ecosistema e soprattutto esponiamo

i nostri figli, anche prima che nascano, a grandi quantità di queste

sostanze tossiche", puntualizza l'associazione Anchise che suggerisce

di prevenire la formazione delle larve eliminando i depositi di acqua,

anche minimi. 

L'acqua per giardini e piante inoltre servirà sempre meno se si

comincia a considerare la bellezza dei giardini asciutti e delle piante

anti-zanzare.

 
 
 

lifestyle

Post n°2010 pubblicato il 03 Marzo 2019 da blogtecaolivelli

Fonte:Internet

Design& GiardinoCOLTIVARE I GERANI, 6 REGOLE BASE

Cura del Geranio: regole base

Un vaso della giusta misura, la posizione adatta

e acqua a sufficienza sono praticamente tutto

ciò di cui il Geranio ha bisogno per fiorire in abbondanza.

Questa versatile pianta sud africana è robusta e

facile da curare, aspetti che la rendono la pianta

ideale per tutti coloro che amano circondarsi di fiori,

pur non avendo il pollice verde o abbastanza tempo

per occuparsi del giardinaggio.

Ma quali consigli andrebbero osservati per godere

di bei Gerani fioriti durante tutta l'estate?

Semina corretta Non appena le nottate si liberano

dal gelo e le temperature raggiungono la doppia

cifra durante il giorno, i Gerani possono essere

piantati all'esterno, solitamente durante il mese

di maggio. Una volta acquistati, la maggior parte

dei Gerani vengono interrati in un vaso da balcone

o in una fioriera: questi recipienti non dovrebbero

mai essere troppo piccoli, perchè queste piante

apprezzano spazio e terreno in abbondanza.

Uno strato di drenaggio sul fondo serve a prevenire

l'ostruzione dei fori di scarico, mentre per la semina

del Geranio è preferibile utilizzare una varietà di

terriccio pre-fertilizzata, fatta appositamente per

le esigenze nutritive di questa pianta, che non

necessita quindi di ulteriore fertilizzazione almeno

per qualche settimana. Inoltre, è importante

lasciare circa 20 cm tra una pianta e l'altra, quando

le si posiziona. La giusta posizione Il Geranio è

originario del Sud Africa: ciò significa che si sente

a casa in luoghi caldi esposti completamente al

sole o in ombra parziale.

Innaffiare nel modo giusto Anche se brevi

periodi di astinenza non sono generalmente un

problema per i Gerani, queste piante preferiscono

essere innaffiate regolarmente e in modo generoso,

anche due volte nelle giornate più calde, la mattin

a così come la sera. Nel caso in cui la cura risultasse

troppo impegnativa, è possibile ricorrere a speciali

soluzioni auto innaffianti, se ne può trovare una

grande selezione all'interno dei garden center, o

a soluzioni più economiche, facili da creare anche

da soli, ad esempio utilizzando bottiglie di plastica.

È molto importante ricordare che troppa umidità

e un ristagno d'acqua eccessivo fanno male alla pianta.

L'acqua in accesso deve sempre essere in grado di

scolare fuori dal vaso, così da non far marcire le radici.

Durante lunghi periodi di pioggia persistente, è

consigliabile spostare temporaneamente le piante

in un angolo più riparato.

Una corretta fertilizzazione

Per il miglior apporto nutritivo ed una fioritura costante,

bisognerebbe aggiungere un fertilizzante standard al

sistema di irrigazione una volta a settimana.

Speciali fertilizzanti a rilascio lento o terricci pre-

fertilizzati eliminano il bisogno di un rifornimento

settimanale. Rimuovere fiori e foglie secche

correttamente Rimuovere regolarmente fiori e

foglie morte, così come i rami secchi, rende il

Geranio più bello, lo mantiene in salute e stimola

la formazione di nuovi fiori. Per semplificarsi la vita,

esistono delle varietà "auto-pulenti", in particolare

tra i Gerani pendenti, i cui fiori marci cadono dai

gambi da soli prima di produrne di nuovi, solitamente

in un batter d'occhio.

Corretto Svernamento

I Gerani perenni fioriscono di nuovo se tagliati ad

un'altezza di approssimativamente 15 cm e se spostati

a trascorrere l'inverno in un luogo luminoso e lontano

dal gelo. Durante questo periodo di riposo,

la temperatura ideale è dai 5 ai 10°C e la pianta

richiede pochissima acqua.

Di primo acchito potrebbe sembrare morta, ma

non è così! All'inizio della primavera si risveglierà

e ricevendo calore e acqua formerà nuovi germogli.

L'ideale sarà sistemarla in un vaso più grande

provvisto di terriccio fresco.

 
 
 

Le correnti a getto e il meteo estremo in Europa

Post n°2009 pubblicato il 03 Marzo 2019 da blogtecaolivelli

Fonte: Internet

17 gennaio 2018

Le correnti a getto e il meteo estremo in EuropaCortesia NOAA

La ricostruzione dell'andamento delle correnti a getto

- forti venti che percorrono l'alta atmosfera -

negli ultimi 300 anni mostra che gli eventi

meteorologici estremi sono legati alle fluttuazioni

nel loro percorso, che si sono intensificate a partire

dagli anni sessanta del Novecento(red)

climaatmosferameteo estremo

Gli eventi meteorologici più estremi che si sono

verificati in Europa dal 1960 in poi - dalle ondate

di calore, alla siccità, fino agli incendi boschivi e le

inondazioni - sono in correlazione con

l'intensificazione delle fluttuazioni nel percorso

delle correnti a getto sull'Atlantico settentrionale.

A stabilirlo è uno studio condotto da ricercatori

dell'Università dell'Arizona a Tucson, che hanno

ricostruito i cambiamenti avvenuti nelle correnti

a getto dell'Atlantico settentrionale a partire dal

1725. Lo studio è pubblicato su "Nature Communications".

Le correnti a getto sono correnti d'aria strette

e ad alta velocità che fluiscono con un andamento

quasi "orizzontale" al confine fra la troposfera e la

stratosfera.

Le correnti a getto e il meteo estremo in Europa

Gli studi dendrocronologici hanno permesso la

ricostruzione delle correnti a getto fino al 1725.

(Cortesia Greg King Copyright 2010)

Quando la corrente a getto dell' Atlantico settentrionale

si trova nella sua posizione settentrionale più estrema,

le isole britanniche e l'Europa occidentale sono interessate

da un'ondata di caldo estivo, mentre l'Europa sudorientale

deve affrontare forti piogge e inondazioni.

Quando il getto si trova nella sua posizione meridionale

estrema, la situazione si capovolge: l'Europa occidentale

sopporta forti piogge e inondazioni, mentre l'Europa sud

orientale fronteggia temperature estreme, siccità e incendi.

Il freddo estremo e la neve di questo inverno nel Nord

America orientale e il calore estremo e la siccità in

California e nel sud-ovest americano sono invece legati

alla posizione invernale della corrente a getto del

Pacifico settentrionale.

La ricerca ha anche evidenziato che a partire dagli

anni sessanta del Novecento le oscillazioni nel

percorso delle correnti a getto dell'emisfero settentrionale

sono notevolmene aumentate.


Per ricostruire dell'andamento della corrente a getto

Valerie Trouet e colleghi hanno combinato più strategie

di ricerca. Partendo dalle rilevazioni da satellite disponibili

dal 1979, che permettono di correlare l'andamento della

corrente a getto con la distribuziine della pressione atmosferica,

hanno poi allargato la base di dati a quelli rilevati dalle stazioni

meteorologiche dal 1871, per estendere infine la correlazione

ai dati dendrocronologici, ossia alla relazione fra struttura

degli anelli degli alberi, pressione atmosferica e andamento

della corrente a getto.

Trouet e colleghi sperano di riuscire a estendere la

loro ricostruzione dell'andamento delle correnti a getto

agli ultimi mille anni analizzando antichi manufatti in

legno conservati nei musei.

 
 
 

Un robot volante che imita il moscerino

Post n°2008 pubblicato il 03 Marzo 2019 da blogtecaolivelli

17 settembre 2018

Un robot volante che imita il moscerino

Un robot volante che imita il moscerino 

Un prototipo di robot ad ala battente riproduce

fedelmente alcune caratteristiche anatomiche e

dinamiche delle ali degli insetti, in particolare

del moscerino della frutta(red)

Batte le ali 17 volte al secondo, producendo

la spinta sufficiente a restare in aria e cambiare

direzione con piccole correzioni del movimento,

le stesse che permettono agli insetti di avvicinarsi

a un fiore o di scappare da un pericolo.

È un piccolo capolavoro di microingegneria DelFly

Nimble, il piccolo robot ad ala battente in grado

di volare autonomamente, realizzato da ricercatori

del Politecnico di Delft in collaborazione con l'Università

di Wageningen, entrambi nei Paesi Bassi,

descritto su "Science".

Un robot volante che imita il moscerino

Il robot in una dimostrazione di volo.

(Credit: Henri Werij, TU Delft)L'ispirazione al mondo

naturale non è certo una novità nel campo della robotica:

spesso gli studiosi cercano di imitare le caratteristiche

anatomiche e funzionali degli animali.

Ma il compito risulta particolarmente arduo nel caso del

volo ad ala battente degli insetti, per l'estrema complessità

degli schemi di movimento e dell'aerodinamica che ne

è alla base, nonché per la connessione del sistema

neuromotorio con quello sensoriale, che permette reazioni

assai rapide agli input ambientali.

Il nuovo prototipo di robot insetto sembra poter

riprodurre alcune di queste caratteristiche.

"Il robot ha una velocità massima di 25 chilometri all'ora

e può anche effettuare manovre acrobatiche e cambi di

direzione repentini, come una capovolta di 360 gradi",

ha commentato Matej Karásek, primo autore dello

studio e principale progettista del prototipo.

"Con un'apertura alare di 33 centimetri e un peso di

29 grammi, il robot ha, per le sue dimensioni,

un'eccellente efficienza energetica, che permette

un'autonomia di cinque minuti per i volteggi in aria

o un chilometro circa di volo lineare con una batteria carica".

Il piccolo robot ha dimostrato di avere capacità di

volo così elevate da poter essere considerato come

modello di studio per gli insetti.

"Quando ho visto il robot per la prima volta, ero

stupito di quanto il suo volo somigliasse da vicino

a quello che si osserva in natura, specialmente

durante le manovre: ho pensato subito che

avremmo potuto usarlo per fare ricerca sul

controllo e sulla dinamica di volo degli insetti",

ha spiegato Florian Muijres della Wageningen

University.

In particolare, il volo di DelFly Nimble somiglia

molto a quello osservato in Drosophila melanogaster,

il moscerino della frutta, usato nei laboratori

come modello di studio.

E il primo risultato dei ricercatori olandesi è

che il robot ha permesso di dimostrare come

i moscerini controllano l'angolo di virata per

ottimizzare la loro capacità di fuga.

"A differenza di quello che avviene negli

esperimenti su animali, con DelFly Nimble

avevamo in ogni momento il pieno controllo

di ciò che avveniva nel 'cervello' del robot

questo ci ha permesso di identificare e descrivere

un nuovo meccanismo aerodinamico su cui fanno

affidamento i moscerini, ma eventualmente anche

altri animali volanti, che controllano la direzione

di volo usando queste rapide virate", ha concluso

Karásek.

 
 
 

I dati di Juno rivelano la natura dei fulmini di Giove

Post n°2007 pubblicato il 03 Marzo 2019 da blogtecaolivelli

08 giugno 2018

I dati di Juno rivelano la natura dei fulmini di Giove

I dati di Juno rivelano la natura dei fulmini di Giove

Le misurazioni della sonda della NASA hanno

permesso una descrizione più completa dei fulmini

che si scatenano sul pianeta gigante,

documentando per la prima volta quelli accompagnati

dall'emissione di radiazione elettromagnetica di alta

frequenza.

Le osservazioni suggeriscono che i fulmini gioviani

non siano così diversi dalle loro controparti terrestri(red)

planetologiaatmosfera

Nel 1979, la sonda Voyager 1 rilevò emissioni radio a

bassa frequenza attorno a Giove, poi soprannominate 

whistler perché assomigliano al suono discendente di

un fischio. L'ipotesi più condivisa dai ricercatori è che

si tratti delle emissioni di fulmini che attraversano

l'atmosfera del gigante gassoso.

I fulmini sono infatti una presenza costante su Giove,

rilevata dalla maggior parte dei veicoli spaziali che

l'hanno visitato.

Ma i dati finora raccolti sono solo immagini, cioè flash

che punteggiano di tanto in tanto il lato buio del

pianeta, oppure onde radio a bassa frequenza.

Le ricerche di analoghi segnali nell'intervallo dei

megahertz, invece, non hanno mai dato frutti.

La situazione ora è cambiata con i dati raccolti

dalla sonda spaziale Juno della NASA, descritti

in due nuovi articoli pubblicati, rispettivamente, 

su "Nature" e su "Nature Astronomy"

, che contribuiscono a migliorare la comprensione

della composizione e della circolazione dei flussi

di energia su Giove.

I dati di Juno rivelano la natura dei fulmini di Giove

Illustrazione dei fulmini su Giove, particolarmente

intensi nell'emisfero nord, vicino al polo

(Credits: NASA/JPL-Caltech/SwRI/JunoCam)

La conoscenza della fisica dei fulmini deriva

dall'osservazione dei fenomeni di questo tipo che

si verificano sul nostro pianeta.

I fulmini terrestri implicano il flusso di grandi correnti

elettriche (con intensità da poche unità ad alcune

decine di chiloampere) su scale temporali molto brevi

(dell'ordine di alcuni microsecondi).

Queste intense correnti sono accompagnate dalla

produzione di impulsi di onde radio che coprono lo

spettro di frequenze da alcuni hertz a diversi gigahertz,

anche se in genere il picco viene raggiunto intorno

a pochi chilohertz. 

Le onde radio possono fuoriuscire dalla ionosfera per

raggiungere l'ambiente spaziale vicino alla Terra,

dove si propagano in due modi fondamentali: in forma

di onde a bassa frequenza (da pochi chiloherz a decine

di chiloherz) che seguono approssimativamente le linee

di campo geomagnetico, o in forma di onde ad alta

frequenza (più di 10 megaherz) che non

interagiscono con la magnetosfera.

Gli studiosi ritengono che nell'ambiente gioviano si

verifichino processi fisici simili, anche se mancava

finora un riscontro sperimentale.

Nell'articolo pubblicato su "Nature", Shannon Brown

del California Institute of Technology a Pasadena e

colleghi di una collaborazione internazionale

presentano i risultati di osservazioni di fulmini

nell'atmosfera di Giove ad alta frequenza, intorno a

600 megahertz. Le misurazioni suggeriscono che i

fulmini gioviani non siano così dissimili dalle loro

controparti terrestri.

Gli autori mostrano in particolare che queste

scariche sono più comuni vicino ai poli e nell'emisfero

settentrionale, mentre sono assenti in corrispondenza

delle regioni equatoriali.

Ciò indica probabilmente che verso i poli vi è un

incremento di moti convettivi che trasportano umidità.

Nel secondo articolo, pubblicato su "Nature Astronomy",

Ivana Kolmašová, dell'Accademia delle Scienze

cecoslovacca a Praga e colleghi di una collaborazione

internazionale presentano il più grande database di

segnali whistler generati da fulmini gioviani mai

compilato fino a oggi.

Questo insieme di dati, raccolti tra l'agosto 2016

e settembre 2017, quando Juno si trovava a una

distanza di cinque raggi gioviani dal pianeta gigante,

include più di 1600 segnali, quasi dieci volte il

numero registrato da Voyager 1.

Sorprendente è la distribuzione temporale dei fulmini,

che può arrivare fino a quattro scariche al secondo.

Si tratta di valori sei volte più alti dei valori di picco

rilevati da Voyager 1 e sono simili alla frequenza di

scarica dei fulmini durante i temporali sulla Terra.

 
 
 

L'erosione delle montagne

Post n°2006 pubblicato il 03 Marzo 2019 da blogtecaolivelli

Fonte: Le Scienze

13 aprile 2018

L'erosione delle montagne emette anidride carbonica

Il processo erosivo dei rilievi montuosi non

assorbe questo gas serra dall'atmosfera, come

invece si pensava.

Al contrario, i batteri che vivono nel suolo sfruttano

l'erosione per processi nutritivi che hanno come

risultato l'immissione di anidride carbonica in

atmosfera(red)

scienze della terraatmosferachimicabiologia

L'erosione è un fenomeno che espone all'aria

nuove rocce, innescando una reazione chimica

tra i minerali e l'anidride carbonica atmosferica,

con formazione di nuovi minerali carbonati,

come la calcite. L'erosione però è anche un

processo che produce anidride carbonica.

Anzi, durante questo processo erosivo il tasso

di emissione di anidride carbonica è più elevato

rispetto a quello di assorbimento che porta

alla formazione di carbonati, secondo uno

studio pubblicato su "Science" da Jordon

D. Hemingway e colleghi del Woods Hole

Oceanographic Institution, che getta una

nuova luce sul cosiddetto ciclo del carbonio litosferico.

"Questo risultato smentisce un'ipotesi secondo

cui un beneficio secondario dell'erosione delle

montagne sarebbe la riduzione dell'anidride

carbonica. La questione però è più complicata",

ha spiegato Hemingway.

L'erosione delle montagne emette anidride carbonica

Veduta aerea della catena centrale di Taiwan,

dove è stato effettuato lo studio.

(Credit: Robert Hilton, Durham University)

Il risultato è emerso dallo studio di uno dei rilievi

che nel mondo subisce di più il danno dell'erosione:

la catena montuosa centrale di Taiwan.

Quelle montagne hanno pendii molto ripidi che sono

investiti da tre grandi tifoni ogni anno: le pesanti

piogge e i forti venti degradano il terreno a un

ritmo velocissimo.

Hemingway e colleghihanno analizzato campioni

di suolo, di substrato (lo strato di roccia che si

trova al di sotto del terreno) e di sedimenti dei

fiumi della catena centrale, per studiare il ciclo

del carbonio litosferico in questa regione

particolarmente fragile del pianeta.

E quello che hanno scoperto li ha meravigliati:

il bilancio netto del ciclo è positivo, non negativo.

Quindi l'erosione produce anidride carbonica.

A generare questo gas serra, ovvero in grado di

far aumentare la temperatura media della Terra,

sono i microbi che vivono nei suoli montani e si

nutrono di carbonio organico prodotto molto tempo

fa e rimasto intrappolato nelle rocce.

Via via che i microbi metabolizzano questi minerali,

emettono anidride carbonica.

Studiando il profilo stratigrafico, cioè la successione

dei diversi strati di terreno, dai più profondi ai più

superficiali, si osserva che la roccia del substrato è

praticamente priva di erosione.

Sopra questo strato, spiegano i ricercatori,

si trovano le rocce già frammentate ma non ancora

sbriciolate: già a questo livello, il carbonio organico

presente nel substrato sembra scomparire del tutto.

Le analisi mostrano però la presenza di lipidi, che

possono venire solo da batteri, non meglio identificati.

Per stabilire specie e ceppi batterici coinvolti, saranno

necessarie ulteriori analisi microbiologiche e genomiche.

Un dato importante è che il livello complessivo di

anidride carbonica immesso in atmosfera dai microbi

non è sufficiente ad avere un impatto immediato

sul cambiamento climatico, perché il processo avviene

su scale temporali geologiche.

Potrebbe quindi essere utile per capire come si è

formata l'anidride carbonica atmosferica nell'arco

di milioni di anni, e in che modo ha raggiunto livelli

stabili.

"Se guardiamo alla storia della Terra, la concentrazione

di anidride carbonica in atmosfera ha sperimentato

oscillazioni, ma è rimasta comunque in un intervallo

di stabilità, permettendo lo sviluppo di forme di vita

complesse", ha concluso Hemingway.

E il meccanismo appena scoperto è di sicuro uno dei

fattori che hanno partecipato alla formazione

dell'atmosfera come la conosciamo.

 
 
 

L'animale più antico

Post n°2005 pubblicato il 03 Marzo 2019 da blogtecaolivelli

Fonte: Le Scienze

24 settembre 2018

Ha 558 milioni di anni l'animale più antico

Ha 558 milioni di anni l'animale più antico

Cortesia Ilya Bobrovskiy/

Australian National University

Dickinsonia, i cui fossili risalgono a 558 milioni

di anni fa e sono una delle più antiche

testimonianze di organismi multicellulari,

apparteneva al regno animale.

La scoperta - realizzata grazie all'identificazione

di caratteristici biomarcatori - e la complessità

strutturale di Dickinsonia suggeriscono che la

comparsa dei primi animali va quindi retrodatata

di molte decine di milioni di anni(red)

paleontologiaanimalievoluzione

I fossili di Ediacara - le più antiche testimonianze

di forme di vita pluricellulare, risalenti a 570-541

milioni di anni fa - appartenevano a organismi del

regno animale.

Questa indica che la vita animale era già prospera

e diffusa ben prima della cosiddetta "esplosione del

Cambriano", l'improvvisa e rapida proliferazione di

forme di vita che tra 541 e 510 milioni di anni fa

portò alla nascita della quasi totalità dei rami

evolutivi a cui appartengono gli animali attuali.

A dimostrarlo è stato un gruppo di ricercatori

dell'Australian National University a Canberra,

in collaborazione con l'Accademia delle scienze

russa e il Max Planck Institut per la biogeochimica,

che firmano un articolo su "Science".

Ha 558 milioni di anni l'animale più antico

Fossile di Dickinsonia.

(Cortesia Ilya Bobrovskiy/ Australian National University)

Gli organismi di Ediacara - che devono il nome alla

formazione rocciosa australiana in cui sono stati trovati

alcuni dei fossili di quell'epoca - hanno strutture che

differiscono da tutte le forme di vita successive.

Quando furono scoperti, oltre un secolo fa, la presenza

in gran parte di essi di una chiara simmetria bilaterale

li fece attribuire al regno animale

(da qui il nome spesso usato di "fauna di Ediacara"),

ma l'apparente mancanza di tratti come appendici,

bocca intestino ha sempre gettato ombre sulla

correttezza di questa classificazione.

Finora, la ricerca nei fossili di tracce di biomarcatori

in grado di risolvere la questione non aveva avuto

successo a causa dei processi di degradazione

subiti durante la fossilizzazione e, ancor più, delle

alterazioni dovute alle temperature e alle pressioni

a cui possono essere sottoposte le rocce che li

contengono.

Ilya Bobrovskiy e colleghi sono però riusciti a

individuare nelle località di Lyamtsa e di Zimnie

Gory, nella regione russa che si affaccia sul Mar

Bianco, delle formazioni rocciose del periodo di

Ediacara i cui fossili sembravano essere stati sottoposti

a processi di alterazione meno drastici.

Ha 558 milioni di anni l'animale più anticoRaffigurazione dell'ambiente del periodo di Ediacara

. (© Science Photo Library / AGF)Analizzando campion

di fossili di Dickinsonia Andiva - due organismi di

Ediacara molto rappresentati nella documentazione fossile

- i ricercatori hanno trovato tracce dei prodotti di

degradazione di particolari lipidi, gli steroli, che si trovano

nella membrana degli eucarioti e che svolgono funzioni

vitali di segnalazione cellulare.

Approfondendo l'analisi hanno poi scoperto che nei

fossili di Dickinsonia erano chiaramente presenti steroli

caratteristici degli animali ben distinguibili da quelli

presenti nella matrice rocciosa circostante che sono

invece legati alla degradazione di steroli prodotti dalle

alghe verdi. (Per quanto riguarda Andiva, i dati non

hanno permesso di trarre conclusioni certe.)

Considerato che il fossile di Dickinsonia è databile

a 558 milioni di anni fa circa, le stime basate sulla

cosiddetta tecnica dell'orologio molecolare suggeriscono

che gli animali possano avere avuto origine addirittura

prima del periodo di Ediacara, nel cosiddetto periodo

Criogeniano, fra 720 e 635 milioni di anni fa.

 
 
 

Editing genetico

Post n°2004 pubblicato il 03 Marzo 2019 da blogtecaolivelli

 

Editing genetico: un vertice internazionale sulle questioni etiche

Editing genetico: un vertice internazionale sulle questioni etiche© Matthias Kulka/Corbis

La possibilità di modificare il patrimonio genetico

umano apre molte questioni etiche, soprattutto

se si interviene sulle cellule germinali, alterando

anche il genoma delle generazioni successive.

Un intervento "migliorativo" è accettabile solo

se è terapeutico o ci sono altre opzioni?

Scienziati ed esperti riuniti a Washington DC hanno

discusso nei giorni scorsi alla ricerca di risposte

agli  interrogativi posti dai recenti progressi nel

campo dell'editing geneticodi Dina Fine Maron

geneticaeticasocietàmedicina

"Oggi sentiamo di essere vicini alla capacità di

alterare l'ereditarietà umana", ha detto David

Baltimore, premio Nobel e virologo al California

Institute of Technology, l'1 dicembre scorso in

occasione dell'apertura di un vertice sull'editing

genetico umano tenutosi a Washington, DC.

Grazie alle moderne tecnologie l'editing genetico -

la modificazione del genoma umano con aggiunte,

sottrazioni o alterazioni - sta diventando sempre

più concreto. "Quando saremo pronti a dire che

abbiamo una buona giustificazione per usare la

modificazione genetica ai fini della valorizzazione

umana?», si è chiesto Baltimore.

Per ricercatori, medici e studiosi di etica parte

del problema è proprio definire il termine

"valorizzazione", e decidere se sarebbe un passo

nella direzione giusta, come suggerisce la parola.

Parlando di valorizzazione ci si riferisce semplicemente

all'incremento del tono muscolare e ad altre

caratteristiche desiderabili, come l'orecchio assoluto,

o il termine comprende anche misure per garantire

una salute migliore attraverso la prevenzione delle

malattie?

Alcuni scienziati non concordano sul fatto che alcuni

tipi di editing genetico sarebbero preziosi per aiutare

i pazienti: secondo un importante ricercatore, per

esempio, spesso quella tecnologia non sarebbe

necessaria, mentre un altro ha parlato di un disperato

bisogno per la clinica. Il vertice internazionale sulla

modificazione genetica che si è chiuso il 3 dicembre -

sponsorizzato dalla Royal Society della Gran Bretagna,

dall'Accademia cinese delle scienze, e dalle Accademie

nazionali degli Stati Uniti -

ha affrontato queste spinose questioni durante tre

giorni di discussioni, a volte accese, sulla modificazione

del genoma umano.

Editing genetico: un vertice internazionale sulle questioni etiche

© Digital Art/CorbisBaltimore, che ha presieduto il

vertice, ritiene che per tracciare la linea di demarcazione

della valorizzazione, il fattore determinante è se il

cambiamento sarebbe accessorio o terapeutico.

"Secondo il mio parere il miglioramento è qualcosa

di opzionale", dice. "Non c'è un problema che mette

a rischio la vita." Modificare il gene PCSK9, per esempio,

potrebbe ridurre il rischio di malattie cardiovascolari e

per una persona con un LDL (il colesterolo "cattivo") alto

potrebbe fare la differenza tra la vita e la morte, dice

Baltimore. In tal caso l'intervento sarebbe terapeutico.

Rimane, tuttavia, poco chiaro se in futuro si potranno

attuare "miglioramenti" che sono considerati più opzionali.

Prendiamo il gene DEC2. Modificandolo, si potrebbe

dare a una persona la capacità di funzionare come quei

rari individui che sono nati con una variante che

permette di essere in forma con poche ore di sonno.

E' una caratteristica che per la maggior parte delle

persone non è necessaria, ma che potrebbe essere

utile per un soldato in battaglia, per esempio.

In definitiva, in futuro si avranno "certamente" 

dei miglioramenti di vario genere, dice Fyodor Urnov

della Sangamo BioSciences, una società che sta

lavorando nell'ambito dell'editing genetico.

Il principale problema, dice, è quando accadrà.

Più economica e più efficiente, la tecnologia di

editing genetico che permette agli scienziati di

manipolare il genoma umano con maggiore facilità

e precisione rispetto al passato sta costringendo

i ricercatori a considerare con urgenza tali questioni.

In particolare, si sta guardando alla CRISPR, acronimo

che sta per Clustered Regularly Interspaced

Short Palindromic Repeats (cluster di sequenze

nucleotidiche ripetute regolarmente intervallate).

La CRISPR è una potente tecnologia che

permette la modifica - con una sostituzione o

una riparazione - di più geni in una sola volta in

animali, vegetali e cellule umane.

Questa "dinamo" biologica potrebbe aiutarci a

comprendere appieno la biologia umana di base,

e anche aiutare pazienti che necessitano di cure

mediche.

Il metodo ha anche sollevato nuove polemiche etiche.

La scorsa primavera alcuni ricercatori cinesi hanno

annunciato di aver usato la CRISPR per modificare

il genoma di embrioni umani non vitali, che non

potevano svilupparsi in bambini.

Hanno scoperto che il metodo non è ancora abbastanza

accurato per essere usato negli embrioni umani, e che

sembrava introdurre mutazioni inaspettate in altre

parti del genoma.

Le discussioni di questa settimana porteranno a

una dichiarazione di consenso che fornisce alcune

indicazioni sul modo in cui avvicinarsi all'uso di questa

e di altre tecnologie di editing genetico più  vecchie,

come le nucleasi a dita di zinco e gli enzimi chiamati

effettori transattivatori (TALE).

Nel frattempo, le Accademie nazionali stanno

lavorando a diversi studi relativi al come rispondere

a queste domande per il lavoro su altre specie.


Editing genetico: un vertice internazionale sulle questioni etiche©

Andrew Brookes/CorbisIl problema trattato a

Washington DC è quando e come applicare la

modificazione genetica in applicazioni di ricerca

e cliniche nell'uomo. L'editing genetico potrebbe

includere l'alterazione di geni in una singola persona

- diciamo per curare la leucemia in un paziente

o produrre un cambiamento estetico - ma, cosa

più controversa, potrebbe anche includere

modificazioni alla linea germinale che poi porterebbe

all'alterazione del genoma dei figli dell'individuo,

dei nipoti e delle generazioni successive, con

ripercussioni potenzialmente sconosciute.

Anche se nel corso della riunione la maggior parte

degli scienziati è apparsa entusiasta dell'idea di

eseguire un editing genetico per curare le malattie

nei singoli pazienti, c'è stata più cautela rispetto

alle modificazioni a cellule uovo, spermatozoi o

embrioni, che potrebbero avere ripercussioni

durature nelle generazioni future.

Il primo obiettivo - per esempio, con l'uso di 

tecniche di editing genetico per inattivare i

recettori per l'HIV e ottenere la resistenza delle

cellule del sangue al virus (a cui la Sangamo Bio

Sciences sta lavorando con studi clinci) - è

diverso, dicono, da quello di aiutare i genitori

portatori di geni per la malattia di Huntington

ad avere un figlio che non soffra della malattia

(una modifica del genoma che potrebbe essere

trasferita alle generazioni future e che probabilmente

non sarebbe necessaria molto spesso).

In un intervento del 1° dicembre, Eric Lander

del Broad Institute ha detto che la necessità di

usare la modificazione della linea germinale

rimarrebbe ristretta a rarissimi casi grazie alle

altre tecniche di riproduzione già disponibili,

come la fecondazione in vitro che potrebbe

aiutare la maggior parte delle persone.

La cosa più importante per evitare malattie

genetiche è incrementare l'accesso ai test genetici,

etto. "Dovremmo ricordarci che la stragrande

maggioranza delle persone con una malattia recessiva

non sa di esserne portatore", ha detto.

Armata dei dati genetici, la gente potrebbe rivolgersi

ai mezzi di prevenzione esistenti, come la fecondazione

in vitro o la diagnosi genetica pre-impianto per

concepire una prole sana.

Eppure, a livello clinico la necessità di una modifica

della linea germinale sembra più reale e forse

addirittura ovvia. George Daley della Harvard Medical

School, ha detto che lui e il suo team hanno visto

molti pazienti affetti da sindrome da deficienza del

gene NEMO, una malattia in cui un gene difettoso

ereditato rende debole il sistema immunitario e

mette i pazienti a rischio di gravi infezioni.

Il suo gruppo ha visto famiglie che per curare

questi pazienti cercavano di avere un secondo figlio -

a volte soprannominato "fratello salvatore" - nella

speranza che il midollo osseo del secondo bambino

potesse essere usato per aiutare il fratello maggiore.

Attualmente però nelle famiglie che cercano

di concepire il secondo figlio i genitori sono spesso

anziani e questo probabilmente contribuisce alla

difficoltà a concepire rapidamente con la fecondazione

in vitro, dice. In questi casi le famiglie potrebbero

risparmiare tempo e forse avere maggiore successo

se la CRISPR fosse disponibile per contribuire a

garantire un buon risultato con un singolo embrione,

dice. La questione - dice Baltimore - si riduce alla

domanda se si debbano considerare solamente le

statistiche o l'essere umano. In ogni caso, anche

se sono situazioni rare, ci sono, e non possono

essere ignorate. Forse il solo fatto che la CRISPR

potrebbe essere eseguita è una ragione sufficiente

per lasciarla in gioco.

La necessità di un indirizzo sul modo in cui affrontare

questi problemi è innegabile, considerata la gamma

di opinioni espresse alla conferenza.

Ma un indirizzo non è una legge.

E questa in realtà può essere una buona cosa.

Un indirizzo può essere più maneggevole di una

legge, ed è più facile ottenere un consenso tra gli

scienziati che lavorano nel settore che tra chi non

lavora nel campo, dice Baltimore.

In assenza di un organismo internazionale

concordemente riconosciuto come adatto a far

rispettare regolamenti internazionali in materia

di editing genetico, ci sono già precedenti storici

di linee guida che - come nel caso della ricerca

sulle cellule staminali - lasciano le ulteriori

specificazioni alle autorità locali.

Una volta proclamata la dichiarazione di consenso,

nelle prossime settimane e mesi, pazienti, scienziati

che lavorano in laboratorio, esperti di etica e

personale medico staranno a guardare con attenzione

ciò che succedere


(La versione originale di questo articolo è apparsa

 su www.scientificamerican.com il 3 dicembre 2015.

Riproduzione autorizzata, tutti i diritti riservati)

 
 
 

I neutrini svelano perché splende il Sole

Post n°2003 pubblicato il 03 Marzo 2019 da blogtecaolivelli

Fonte: Internet

05 novembre 2018

I neutrini svelano perché splende il Sole

L'esperimento Borexino, presso i Laboratori

Nazionali del Gran Sasso, ha misurato lo spettro

energetico dei neutrini solari associati alle

reazioni nucleari che alimentano la nostra stella.

Il risultato consente di gettare uno sguardo

nelle profondità del suo nucleo e ha importanti

implicazioni anche per la fisica dei neutrini poiché

offre ulteriore sostegno alle attuali interpretazioni

delle oscillazioni del neutrino

Aldo Serenelli/Nature

astrofisicafisica delle particelle

L'energia viene generata all'interno del Sole

attraverso sequenze di reazioni nucleari in cui

quattro protoni si fondono insieme per formare

un nucleo di elio-4.

Queste sequenze sono accompagnate dal rilascio

di due particelle note come neutrini elettronici.

I modelli suggeriscono che il 99 per cento

dell'energia nucleare rilasciata dal Sole proviene

da tre sequenze di reazione - note collettivamente

come la catena protone-protone (pp) - che sono

innescate dalla fusione di due protoni.

In un articolo su "Nature", la collaborazione

Borexino ha riportato la prima misurazione completa 

dei flussi di neutrini che hanno origine da queste tre

sequenze, basata su un'analisi di oltre 2000 giorni

di raccolta dei dati.

I risultati ci aiutano a comprendere i dettagli di come

e perché splende il Sole.

I neutrini interagiscono debolmente con la materia,

e quindi sfuggono dall'interno del Sole quasi senza

ostacoli, raggiungendo la Terra circa otto minuti dopo.

I neutrini solari offrono quindi uno sguardo diretto nella

fornace nucleare nel nucleo del Sole.

L'esperimento Borexino rileva questi neutrini e determina

la quantità di energia che hanno misurando la quantità

di luce che si produce quando le particelle interagiscono

con l'agente di rivelazione (un liquido organico, chiamato

scintillatore, tenuto sotto terra per ridurre al minimo

la quantità di radiazione di fondo che può interferire

con i segnali del neutrino).

A differenza di tutti gli altri esperimenti sul neutrino

solare, Borexino può misurare le energie dei neutrini

sia ad alta sia a bassa energia, il che rende possibile

studiare la struttura del nucleo solare usando una tecnica

nota come spettroscopia del neutrino.

I neutrini elettronici possono mutare in altri due tipi

(o sapori) di neutrini, noti come neutrini tauonici e

 muonici, mentre viaggiano verso la Terra, un fenomeno

noto come oscillazione di sapore.

L'esperimento di Borexino è più sensibile ai neutrini

elettronici che ai neutrini tauonici o muonici, e quindi

l'oscillazione di sapore dev'essere considerata quando

si usano i flussi di neutrini misurati per calcolare i flussi

prodotti nel Sole.

Tenendo conto di ciò, i collaboratori di Borexino hanno

utilizzato il flusso di neutrini misurati per calcolare la

potenza totale generata dalle reazioni nucleari nel

nucleo del Sole con un'incertezza di circa il 10 per cento,

e hanno scoperto che questa è pari all'emissione misurata

di fotoni, mostrando così che la fusione nucleare è davvero

la fonte di energia nel Sole.

Questo valore, calcolato per la quantità di energia

prodotta dalle reazioni nucleari, è paragonabile ai precedent

i risultati ottenuti combinando i dati di diversi esperimenti

di rivelazione dei neutrini e pone vincoli più stringenti e

indipendenti dal modello sulla sorgente di energia solare.

I risultati hanno anche interessanti ramificazioni per la

fisica dei neutrini. Combinando i loro dati con le

previsioni dei modelli solari standard, i ricercatori

determinano una quantità nota come probabilità

di sopravvivenza dei neutroni elettronici

(che descrive la probabilità che un neutrino elettronico

creato nel Sole sia rilevato ancora come neutrino

elettronico nel rivelatore) per i neutrini prodotti in

quattro reazioni della catena pp.

Le probabilità di sopravvivenza calcolate includono

il miglior valore disponibile per i neutrini a bassa

energia, che corrispondono a un regime energetico

in cui si prevede che l'oscillazione di sapore si verifichi

per lo più in condizioni di vuoto.

determinate per i neutrini a più alta energia, 

i risultati danno un forte sostegno alla nostra attuale

comprensione delle oscillazioni del neutrino, basata

sull'idea che i neutrini a bassa energia cambino sapore

mentre si propagano attraverso il vuoto e che le

oscillazioni dei neutrini ad alta energia siano aumentate

dalle loro interazioni con gli elettroni.

I nuovi risultati fanno luce anche su un paradosso di

vecchia data nella fisica solare, che emerge perché la

composizione chimica del Sole non è ben stabilita.

Le più recenti determinazioni spettroscopiche complete

della metallicità del Sole (l'abbondanza di tutti gli

elementi solari più pesanti dell'elio) hanno prodotto un

valore inferiore del 35 per cento rispetto ai precedenti

risultati spettroscopici.

Curiosamente, quando i modelli numerici dell'interno

del Sole sono costruiti usando il valore inferiore della

metallicità come un vincolo, le proprietà simulate sono

in disaccordo con la nostra conoscenza della struttura

interna del Sole (che è ben caratterizzata da studi

eliosismologici che analizzano le oscillazioni prodotte

dalle onde che si propagano all'interno del Sole).

Ma quando vengono utilizzati valori di metallicità più

datati (e più alti), le simulazioni riproducono molto

bene le proprietà solari.

Questo è noto come il problema dell'abbondanza

solare e mette in discussione la validità degli attuali

modelli di evoluzione stellare, o dei metodi

spettroscopici per determinare la composizione del

Sole, o di entrambi.

Tuttavia, i contributi relativi delle tre diverse

sequenze di reazione nella catena pp, determinati

dall'esperimento di Borexino, possono essere usati

per inferire la temperatura nel nucleo solare, una

regione scarsamente mappata dagli studi eliosismologici.

I risultati di Borexino suggeriscono una temperatura

interna che è coerente con le previsioni dei modelli

che ipotizzano un'elevata metallicità solare.

Tuttavia, Detto questo, non sono ancora abbastanza

precisi da dare una risposta definitiva al problema

dell'abbondanza solare, poiché sia i flussi di neutrini

previsti dai modelli solari a bassa sia quelli previsti

dai modelli ad alta metallicità sono compatibili

con i nuovi risultati.

Nonostante ciò, l'esperimento Borexino potrebbe

fornire una risposta definitiva in futuro.

Circa l'1 per cento dell'energia nucleare del Sole

viene prodotta attraverso catene di reazioni nucleari

note come cicli CNO. Questi cicli sono catalizzati dalla

presenza di carbonio, azoto e ossigeno, e quindi la

loro efficienza dipende linearmente dalla metallicità solare.

Se i flussi di neutrini associati ai cicli di CNO potessero

essere misurati, sarebbe possibile determinare l'abbondanza

di questi elementi nel nucleo solare.

Finora tali misure si sono rivelate difficili per Borexino,

a causa della radiazione di fondo prodotta dal

decadimento radioattivo del bismuto 210 (che si

forma dal decadimento dell'uranio-238, un isotopo

presente in piccole quantità in tutta la materia del

sistema solare). Per affrontare questo problema,

sono state apportate modifiche al serbatoio che

contiene lo scintillatore liquido.

Il rilevamento dei neutrini CNO non solo

consentirebbe di determinare la metallicità del Sole,

ma offrirebbe anche una prova diretta che i cicli CNO

si verificano in natura.

Questo è importante, perché si ritiene che i cicli

CNO siano il meccanismo principale attraverso il

quale le stelle più massicce del Sole generano

energia.

Un altro importante problema in astrofisica è

l'esistenza proposta di meccanismi non standard

per la produzione o la perdita di energia nelle stelle.

Se un tale meccanismo esiste effettivamente, ci

sarà uno squilibrio tra il tasso di produzione solare

dell'energia nucleare e la luminosità (la quantità

totale di energia irradiata come fotoni dalla superficie

del Sole).

La precisione con cui può essere misurata la potenza

generata dalle reazioni nucleari nel Sole dovrebbe

essere aumentata di dieci volte fino all'1 per cento

per consentire una verifica di tale fisica delle particelle

non standard.

Tale precisione potrebbe essere fuori dalla portata

di Borexino, ma potrebbe essere garantita dai futuri

rivelatori di neutrini e di materia oscura su larga scala.

Aldo Serenelli è ricercatore del Dipartimento di

Astrofisica e Scienze planetarie, Istituto di Scienze

 dello spazio (CSIC) e Istituto di studi spaziali

di Catalogna, Bellaterra (Spagna)

L'originale di questo articolo è stato 

pubblicato su "Nature" il 24 ottobre 2018.

Traduzione ed editing a cura di Le Scienze.

Riproduzione autorizzata, tutti i diritti riservati.

 
 
 

Un nuovo virus di Ebola

Post n°2002 pubblicato il 03 Marzo 2019 da blogtecaolivelli

Fonte: Internet

28 agosto 2018

Scoperto nei pipistrelli un nuovo virus di Ebola

Scoperto nei pipistrelli un nuovo virus di Ebola(Cortesia Jaber Belkhiria/UC Davis)

Una nuova specie di Ebolavirus è stata identificata

in alcuni pipistrelli in Sierra Leone, prima ancora che

la sua presenza si manifestasse con un'epidemia

negli esseri umani o in altri animali.

La scoperta di questo virus, che ancora non si sa

se sia patogeno per la nostra specie, sarà utile

per individuare i requisiti genetici per l'infezione

umana(red)

microbiologiaepidemiologiamedicina

Per la prima volta, una nuova specie di virus

appartenente al genere degli Ebolavirus è stata

individuata in una specie ospite prima che si

manifestasse come malattia, negli esseri umani o

 

in altri animali.

Scoperto nei pipistrelli un nuovo virus di Ebola

Cattura di uno dei pipistrelli campionati nello

studio che ha scoperto un nuovo membro del

genere Ebolavirus. (Cortesia Jaber Belkhiria/UC Davis)

Il nuovo virus - a cui è stato dato il nome di virus di

Bombali (BOMV), dalla località della Sierra Leone

dove è stato localizzato - si affianca così ai cinque 

Ebolavirus già noti, ai quali spesso ci si riferisce,

come a «ceppi» di Ebola: il virus di Ebola

propriamente detto (EBOV), il virus di Bundibugyo

(BDBV), il virus Sudan (SUDV), il Taï Forest virus

(TAFV) e il Reston virus (RESTV).

A parte quest'ultimo, che colpisce i macachi ma

non l'essere umano, tutti gli altri Ebolavirus sono

stati associati a epidemie nella nostra specie

. EBOV, il primo Ebolavirus descritto, è anche il

più pericoloso: dal 1976 sono stati individuati 25

focolai, i più gravi dei quali si sono verificati in Guinea,

Sierra Leone e Liberia fra il 2013 e il 2016, dove si

stima che 28.000 esseri umani siano stati infettati

e 11.325 siano morti.

La scoperta della nuova specie virale - 

pubblicata su "Nature Microbiology" e realizzata nel

quadro del PREDICT Ebola Host Project, finanziato

dalla United States Agency for International

Development (USAID) - è opera di ricercatori

dell'Università della California a Davis e del Columbia

University's Center for Infection and Immunity in

collaborazione con il governo della Sierra Leone,

l'Università di Makeni, sempre in Sierra Leone, e

Metabiota, Inc., azienda specializzata nello sviluppo

di modelli di diffusione delle epidemie.

Il gruppo di PREDICT ha campionato più di 6000

animali in Sierra Leone ed eseguito test genetici di

laboratorio per cercare Ebolavirus sia noti sia

sconosciuti. Il virus di Bombali è stato trovato in

cinque pipistrelli appartenenti a due diverse specie

di pipistrelli insettivori (Chaerephon pumilus e Mops

condylurus) che possono appollaiarsi anche nelle case.

In seguito alla scoperta, i ricercatori si sono impegnat

i in una sensibilizzazione delle comunità locali su

come ridurre il rischio di trasmissione del virus,

sottolineando che le persone non dovrebbero tentare

scacciare i pipistrelli e tanto meno di ucciderli,

perché all'atto pratico questi tentativi possono

aumentare il rischio di trasmissione, invece di ridurlo.

Scoperto nei pipistrelli un nuovo virus di EbolaGli Ebolavirus sono virus a RNA appartenenti

alla famiglia dei Filoviridae.

(CDC: Public Domain)Allo stato attuale, peraltro,

non è ancora noto se il virus di Bombali sia patogeno

per i pipistrelli, e neppure se sia effettivamente

trasmissibile e patogeno nell'essere umano.

La scoperta, ha detto Simon J. Anthony, coautore

dello studio, rappresenta peraltro "un importante

passo avanti nella capacità di comprendere la

diversità virale che circola negli animali e di

individuare i prerequisiti genetici per l'infezione

umana e poi definire le priorità per ulteriori studi

e interventi."

 
 
 

I costi economici dello scioglimento del permafrost

Post n°2001 pubblicato il 03 Marzo 2019 da blogtecaolivelli

Fonte: Internet

22 settembre 2015

I costi economici dello scioglimento del permafrost© Jenny E. Ross/Corbis

Da qui al 2200, lo scioglimento del permafrost

delle regioni artiche e il conseguente rilascio di

gas serra potrebbe aumentare di ben 43.000

miliardi di dollari i costi già elevatissimi delle

ricadute economiche negative del riscaldamento

globale

climaeconomia

Lo scioglimento del permafrost, con il conseguente

rilascio dei gas serra che attualmente vi sono congelati,

potrebbe costare, da qui al 2200, ben 43.000 miliardi

di dollari.

Questa cifra esorbitante è un costo che andrebbe

ad aggiungersi a quello che già graverà sul sistema

economico mondiale per gli effetti del riscaldamento

globale legato alle attività umane.

La stima di questo onere aggiuntivo è stata calcolata

da due ricercatori dell'Università di Cambridge, in

Gran Bretagna, e dell'Università del Colorado a

Booulder, Chris Hope e Kevin Schaefer, che

firmano un articolo su "Nature Climate Change".

Il permafrost, il suolo perennemente gelato delle

regioni artiche, contiene circa 1700 gigatonnellate

di carbonio sotto forma di materia organica congelata

rimasta sepolta per migliaia di anni dalla deposizione

di polveri e da materiale alluvionale.

Poiché negli ultimi decenni la temperatura del

permafrost è progressivamente salita, il suolo si è

scongelato fino a una profondità maggiore rispetto

a prima, con il conseguente rilascio dei gas serra

che vi erano intrappolati.

I costi economici dello scioglimento del permafrost

Nelle regioni a permafrost, anche durante il disgelo

estivo il terreno resta ghiacciato già a pochi centimetri

di profondità (© Chris Linder/Visuals Unlimited/Corbis)

Se le emissioni dovute alle attività umane continuassero

ai tassi odierni, nel 2100 i gas serra liberati dal permafrost

determinerebbero un ulteriore aumento della temperatura

media globale di circa 0,17 gradi rispetto ai valori stimati

dai modelli attuali. Ma l'aspetto più preoccupante messo

in rilievo da Hope e Schaefer è che gli effetti dei gas da

permafrost si farebbero sentire fino alla fine del XXII

secolo, con il rilascio di quasi tutti i gas che vi sono

immagazzinati.

Oltre ad aumentare la probabilità di eventi catastrofici

- come inondazioni, fenomeni meteorologici estremi e

innalzamento del livello del mare - l'incremento delle

emissioni ha anche ricadute economiche, dalle perdite

nelle produzioni agricole fino all'aumento dei costi per

il condizionamento dell'aria. Secondo i calcoli di Hope e

Schaefer, lo scioglimento del permafrost farebbe salire

questi costi, già stimati in 326.000 miliardi di dollari a

tutto il 2200, fino a 369.000 miliardi, con un aggravio

di 43.000 miliardi di dollari.

"Questi risultati - ha detto Hope - dimostrano solo

quanto sia urgente e necessario intervenire per

rallentare lo scioglimento del permafrost in modo da

ridurre al minimo l'entità del rilascio di gas serra".

Secondo i ricercatori una strategia aggressiva di

contenimento delle emissioni antropogeniche potrebbe

frenare significativamente lo scioglimento del

permafrost, riducendo i costi aggiuntivi di 37.000

miliardi di dollari, ossia a soli 6000 miliardi di dollari.

 
 
 

A PARIGI .....

Post n°2000 pubblicato il 03 Marzo 2019 da blogtecaolivelli

FONTE: INTERNET

Paris Fashion Week autunno inverno 2019/2020: le sfilate e gli eventi da non perdere (ricordando Karl)

Dior, Saint Laurent, Balenciaga, Vuitton, Lanvin. E ancora:

Valentino, Balmain, Givenchy, Hermés.

Il programma della settimana della moda di Parigi è sontuoso

e fitto di nomi altisonanti, eventi attesissimi e front-row da capogiro.

Tutti accomunati però, a partire da Chanel, dal lutto per la

scomparsa di Lagerfelddi BARBARA ROSSETTI

Dopo New YorkLondra e Milano con i nomi top dello stile

Made in Italy, arriva puntuale la settimana della moda parigina.

La Paris Fashion Week autunno inverno 2019 2020 però sarà

diversa da tutte le edizioni precedenti, visto che inizia a soli 6

giorni dalla morte di uno dei suoi indiscussi protagonisti: Karl Lagerfeld.

Tutto, in questo momento, parla di lui.

Soprattutto nella Ville Lumière, gli omaggi al grande couturier

non si contano e le vetrine delle boutique si riempiono di fiori e

di biglietti di "adieu". Subito dopo la morte dello stilista è scoppiato

il toto successione, ma proprio quando impazzavano le ipotesi e i

nomi (molti davano come favorita Phoebe Philo, sostituita un

anno fa da Céline da Hedi Slimane), Chanel ha fatto l'annuncio

ufficiale su Instagram: l'erede di Lagerfeldsarà Virginie Viard,

che abbiamo visto al termine della

 sfilata Haute Couture primavera estate 2019 lo scorso gennaio

mentre King Karl era il grande assente.

Un annuncio che in realtà non stupisce. Virginie è stata il braccio

destro di Lagerfeld per oltre 30 anni. Arrivata da Chanel nel 1987,

gli è stata vicino nel passaggio a Chloé nel 1992 e lo ha seguito d

nuovo da Chanel nel 1997 come coordinatrice del settore ricami

Haute Couture della Maison (dal 2000 ha iniziato a occuparsi

anche del prêt-à-porter). Non è un caso se lui la descriveva così:

"Lei è la mia mano destra e la sinistra insieme. La nostra è una

profonda amicizia contraddistinta da un affetto intenso.".

Ma questa è considerata la più sontuosa delle fashion week e lo

show deve andare avanti anche se, come ha dichiarato il patron

di LVMH Bernard Arnault: "La moda e la cultura hanno perso

una grande inspirazione."


Parigi, 2 ottobre 2018: Karl Lagerfeld e Virginie Viard alla sfilata

della collezione primavera estate 2019 di Chanel.

Gli eventi importanti

La Paris Fashion Week va in scena da lunedì 25 febbraio a

martedì 5 marzo 2019. La settimana inizia con la sfilata di Rokh,

il brand omonimo del designer sud-coreano Rok Hwang.

 Già braccio destro per tre anni di Phoebe Philo ai tempi di Céline

, Hwang ha vinto il LVMH Prize - Special Prize 2018 grazie alla

sua collezione easy-to-wear di vestiti oversize, volutamente

imperfetti e dall'estetica decostruita (mentre il 2018 LVMH Prize

è andato al giapponese Masayuki Ino, nella foto in basso i due stilisti

insieme nel momento della premiazione). Martedì 26 gli imperdibili

sono Christian Dior e Saint Laurent, mentre mercoledì è il turno

di LanvinMuglerRochas e Courreges. Giovedì 28 entrano in

scena Chloé e Off-White e venerdì primo marzo è il giorno di 

BalmainYamamoto e Céline. Sabato 2 marzo sfilano Vivienne

WestwoodComme des Garçons e Hermès, mentre domenica

inizia con Balenciaga, prosegue con Valentino e termina con 

Givenchy. Il lunedì sarà intenso con Stella McCartney

Giambattista Valli e Alexander McQueenMiu Miu e 

Louis Vuitton chiudono le danze.

Parigi, giugno 2018: Sidney Toledano, Karl Lagerfeld,

Nicolas Ghesquiere, Delphine Arnault, Emma Stone,

Masayuki Ino, Rok Hwang, Maria Grazia Chiuri, Jean-Paul

Claverie e Jaden Smith al LVMH Prize presso la

Fondation Louis Vuitton.

La sfilata più attesa

Ma il giorno clou sarà ovviamente martedì 5 marzo, che in scaletta

ha per prima cosa la sfilata evento di Chanel.

Secondo la tradizione di Karl, le sfilate della Maison sono sempre

ambientate in location straordinarie. Come la Ville Chanel

 (una villa di campagna con tanto di parco) costruita ad hoc per la

sfilata Couture primavera estate 2019, la Torre Eiffel gigante per la

sfilata Couture autunno inverno 2017, e il catwalk sulla spiaggia

ricreato ad hoc nel luogo simbolo della Maison: il padiglione del

Grand Palais situato nel cuore di Parigi. Senza dimenticare lA

leggendaria sfilata ambientata in un viale alberato di Avana

(la prima sfilata di moda internazionale nella capitale cubana dal 1959)

Con questi precedenti l'attesa era già di per se altissima.

Cosa succederà questa volta, oltretutto per commemorare Kaiser Karl?

Secondo il Nouvel Observateur, Lagerfeld avrebbe chiesto

espressamente di non fare cerimonie in suo onore (chiedendo

anche di disperdere le sue ceneri insieme a quelle della madre e,

se fosse mancata prima di lui, anche dell'amata gatta Choupette).

Ma il popolo della moda si inventerà sicuramente qualche

celebrazione extra programma durante la prima Paris Fashion

Week senza di lui.

Gli stilisti emergenti, le mostre e le novità

Alla Paris Fashion Week i nomi emergenti hanno una vetrina

privilegiata. Da 14 stagioni la Fédération de la Haute Couture et

de la Mode propone la sezione Designers Apartment con i nuovi

talenti selezionati da un gruppo di esperti. Appuntamento quindi

al Paris Fashion Week Center (situato nel Palais de Tokyo) per

ammirare i prescelti di questa edizione: Arthur Avellano,

 BoyarovskayaDaweiEster ManasGndrKenta Matsushige,

 Le Studio PierreMarianna LadreytMazarineProêmes de Paris,

 Rouge MargauxSadaels e Savoar Fer.

Come sempre a Parigi non mancano le iniziative culturali dedicate

al mondo della moda.

Alla libreria/galleria d'arte La Hune in questo periodo c'è la mostra

fotografica Ellen von Unwerth: Guilty Pleasures, una selezione di

ritratti in bianco e nero e a colori che ritraggono Naomi Campbell,

Pénélope Cruz, Vanessa Paradis e altri personaggi immortalati

dalla celebre fotografa di moda di origine tedesca (fino a fine marzo 2019).

Mentre il quartiere Bercy Village dal 23 febbraio è allestito con

la mostra all'aperto In & Out Fashion, 34 fotografie di William Klein

 (conosciuto come il più francese dei fotografi americani).

Questo omaggio dell'artista/fotografo alla città di Parigi permette

di ammirare gratuitamente le icone della moda da lui ritratte dagli

anni '50 in poi, da Coco Chanel a Karl Lagerfeld naturalmente.

Un'altra novità di questa edizione è l'arrivo sul Boulevard

Saint-Germain del Ralph's Coffee Truck, il pop-up café (già visto

a New York, Tokyo e Hong Kong) che propone una selezione di

caffè biologici, cioccolata e tè oltre a muffin, dolci e pop corn fatti

in casa in stile Old America. Il tutto servito dal personale in divisa

griffata: con camicie Oxford, cravattine di maglia, jeans e grembiuli

ricamati, tutti firmati Ralph Lauren.

 
 
 

A Milano, la fashion week...

Post n°1999 pubblicato il 03 Marzo 2019 da blogtecaolivelli

 

Settimana della Moda di Milano: ecco cosa fare durante la Fashion Week di Febbraio 2019

12 febbraio 2019Paola Medori/pictures/2016/02/15/milano-fashion-week-ecco-cosa-fare-durante-la-settimana-della-moda-890646072[4314]x[1795]1200x500.jpegGetty ImagesCondividi su facebook

Cosa fare a Milano durante la Milano Fashion Week di

Febbraio 2019: tante mostre ed eventi da scoprire e

visitare nel capoluogo lombardo

Cosa fare a Milano durante laFashion Week Febbraio 2019

Torna dal 19 al 25 febbraio l'evento più prestigioso

del capoluogo lombardo: la Milano Fashion Week,

appuntamento imperdibile per scoprire le collezioni

Autunno Inverno 2019-2020. Sette giorni nella

capitale del glamour per conoscere le tendenze e i

modelli più cool dei brand più famosi del pianeta in

occasione di Milano Moda Donna.

Ma oltre alle sfilate AI 2019-2020, ai party e agli

 aperitivi esclusivi è possibile prendersi una pausa

da abiti e accessori per ammirare le bellezze della

città meneghina in tutto il suo frenetico splendore.

Vediamo cosa vedere, tra arte e cultura ed eventi,

durante la Milano Fashion Week di Febbraio 2019.

E chissà che nel corso delle peregrinazioni milanesi

non capiti di incontrare qualcuno degli ospiti vip a

zonzo per una di queste splendide mostre.

Tra l'altro, se non siete fra i fortunatissimi ad aver

ricevuto uno dei preziosi inviti alla Milano Fashion

Week di Febbraio 2019, queste mostre vi daranno

l'occasione di approfittare comunque di questa

pazzesca settimana. Ricordate che oltre alle

sfilate dal 22 al 25 febbraio è possibile scoprire

il White, uno degli appuntamenti più importanti

per chi ama design e tendenze.

Paul Klee e il primitivismo - Mudec, Museo delle Culture

Il grande artista tedesco, pittore, musicista e

teorico, conosciuto per le sue opere astratte e

policrome, è in mostra con una collezione che

racconta una fase della formazione di Klee: le

origini della sua arte. La rassegna, incentrata sul

tema del "primitivismo", rivela tra olii, tempere,

acquerelli particolarmente originali e disegni le

influenze rispetto è tutto ciò che può essere

definito selvaggio. Da vedere le sue prime

sperimentazioni, le opere caratterizzate dal disegno

geometrico e quelle inedite dal tratto caricaturale.

Romanticismo - Mostre allaGalleria d'Italia e al MuseoPoldi Pezzoli

L'esposizione celebra il Romanticismo italiano e

il suo contributo al movimento artistico nato nella

prima metà dell'Ottocento che ha cambiato in Europa

un modo di vedere e sentire.

Sarà possibile ammirare l'arte dei più iconici pittori

dell'epoca ma anche i ricercati costumi di scena

provenienti dalla Scala. In mostra i dipinti di 

Francesco Hayez, Giovanni Carnevali detto

Il Piccio, e Massimo d'Azeglio.

E poi ancora le opere di Giuseppe e Carlo Canella,

Pitloo, Domenico Girolamo Induno con al centro la

natura come motore principale della realtà

. Tra le sculture spiccano i lavori di Lorenzo Bartolini

e Pietro Tenerani e quelle dei grandi artisti attivi in Italia,

come Caspar David Friedrich, William Turner e

tanti altri.

Icons 5.7 - Master Photographersalla Whitelight Art Gallery

La mostra racchiude un'interessante selezione delle

migliori opere di quattro grandi maestri della

fotografia nazionale ed internazionale.

In mostra gli scatti  diventati icone di Steve McCurry

 autore de la "Ragazza Afghana" , Gian Paolo Barbieri,

tra i più importanti nomi della fotografia di moda

(ha immortalato Audrey Hepburn, Veruska, Monica Bellucci), 

Eolo Perfido, interprete della street photography e il

brasiliano Christian Cravo, firma internazionale della

fotografia naturalistica. Attraverso i loro sguardi si

viene trasportati all'interno di un affascinante percorso

senza tempo.

The art of Banksy. A visual protest- MUDEC

Se volte staccare dal vortice di colori, abiti e accessori

sulle passerelle tra le tante mostre da vedere a Milano

 e da cui prendere ispirazione creativa c'è anche la

rassegna dedicata all'inglese Bansky il geniale street

. La retrospettiva monografica, ovviamente non autorizzata

dall'artista senza volto e da sempre contrario alla

mercificazione dell'arte, raccoglie circa 80 lavori tra

dipinti, prints numerati in edizioni limitate  ma anche

oggetti, fotografie e video, copertine di dischi da lui

disegnati e tanto altro ancora che illustra l'incredibile

talento del misterioso writer.

Sanguine: Luc Tuymans onBaroque - Fondazione Prada

In rassegna più di 80 opere realizzate da 63

artisti internazionali. Una rilettura personale del

Barocco, portato ai giorni nostri, attraverso accostamenti

particolari tra lavori di artisti contemporanei che hanno

ridefinito l'arte seicentesca e opere dei maestri del passato.

La rassegna diventa anche il pretesto per visitare la 

Fondazione Prada, spazio espositivo moderno e ricco

di progetti originali.

E il Barocco diventa l'interlocutore privilegiato per capir

il valore politico, il turbamento e la dimensione

internazionale dell'attuale rappresentazione artistica.

Un mini tour nella Milano Liberty

In pieno centro c'è uno spazio particolare, racchiuso

da quattro strade, davvero irresistibile: il quadrilatero

del silenzio. E' la zona liberty di Milano, abitata da

suggestivi palazzi di Art Nouveau, colorati e fantasiosi

che nascondono storie e leggende.

Tutti realizzati per importanti famiglie di industriali da

creativi architetti come Giuseppe Sommaruga o Giovan

Battista Bossi.  Da vedere la policroma casa Galimberti,

ricca di mosaici e decorazioni in ferro battuto.

La facciata è ricoperta da figure femminili e motivi floreali

in ceramica decorata. Tra i tanti piccoli gioiellini dalla

sculture particolari anche Palazzo Berri Meregalli,

nei pressi di Corso Venezia, con la sua Vittoria Alata

nell'androne, mentre proseguendo in via Serbelloni

10, si arriva alla potente Casa Sola-Brusca, un palazzo

degli anni '30, chiamato dai milanesi anche come

Ca 'de l'Oreggia, la casa con l'orecchio che un tempo

era adibito a citofono.

I Greta Van Fleet il 24 febbraioall'Alcatraz di Milano

Originari di Frankenmuth, in Michigan, la band rock

americana dei Greta Van Fleet, composta da giovanissimi

più che 20enni, in poco tempo  è riuscita a conquistarsi

il suo gradino più alto nell scenario musicale internazionale.

Attesissimi sul palco dell'Alcatraz di Milano, saranno in

concerto il prossimo 24 febbraio 2019 per un'unica

tappa nel nostro paese. Il gruppo seguito  anche da

Slash chitarrista dei Guns N'Roses, dal look anni '70,

suonerà i brani del nuovo album ispirato al leggendario

sound dei Led Zeppelin, intitolato "Anthem of the

Peaceful Army" che è stato anticipato qualche mese

fa dal singolo "When the courtain falls" .

Le foto della Settimana della Moda di Milano: gli scatti più belli dalle passerelleMODA

Le foto della Settimana della Moda di Milano: gli scatti...Settimana della Moda Milano: tutte le sfilate di Febbraio 2019MODA

Settimana della Moda Milano: tutte le sfilate di Febbraio...Le foto dalle sfilate della settimana della Moda di Milano Autunno Inverno 2019-2020

MODALe foto dalle sfilate della settimana della Moda di...2 5

 

Calendario della Settimanadella Moda di Milano:programma e date dellesfilate di Febbraio 2019

23 febbraio 2019Costanza Mauro/pictures/2019/01/30/calendario-della-settimana-della-moda-di-milano-programma-e-date-delle-sfilate-di-febbraio-2019-539679908[3433]x[1432]780x325.jpegGetty ImagesCondividi su facebook

Il Calendario della Milano FashionWeek di Febbraio 2019, tutte lesfilate e gli eventi per le collezionidell'Autunno Inverno 2019-2020con le location e gli orari in cuihanno luogo, per non perderenemmeno un istante dellaSettimana della Moda milaneseCalendario Milano Fashion WeekAI 2019-2020

La Milano Fashion Week apre i battenti a Febbraio 2019

 e ci trasporta in un mondo fatto di tendenze ed alta

qualità sartoriale: è il mondo del made in Italy.

Per conoscere tutte le sfilate in programma è

assolutamente necessario consultare il calendario

 di Milano Moda Donna. In questo modo conosceremo 

date e orari di ogni défilé, così da sapere quando e

dove si svolgono tutte le sfilate dell'Autunno Inverno

2019-2020.

La Milano Fashion Week di Febbraio 2019

 scalda i motori proprio mettendo a disposizione del

pubblico e degli addetti ai lavori il calendario ufficiale,

grazie al quale è possibile elaborare un piano preciso della

nostra permanenza milanese e non sprecare neanche

un minuto.

 
 
 

A Milano, la fashion week...

Post n°1998 pubblicato il 03 Marzo 2019 da blogtecaolivelli

 

Fonte: Internet

11 tendenze modaAutunno Inverno2019 2020 dalla MilanoFashion Week dametabolizzare subito

I colori super bold e il monochrome,

il mannish style e la pelle, cosa

sarà cool la prossima stagione?

imageDI 28/02/2019Street Style

Milan Fashion Weekby Elle ES

La moda (s)corre veloce e mentre Parigi è già nel

turbine della fashion week, a Milano è tornata la calma.

Ed è il momento di tirare le somme di questa

 Settimana Moda Donnaappena trascorsa.

Cosa abbiamo visto sulle passerelle della moda

Autunno Inverno 2019 2020, ma soprattutto

quali sono le tendenze più cool dalle sfilate pronte

a ridefinire i trend della prossima stagione?

Cosa sarà in o cosa è out secondo i fashion brand

 che hanno presentato le loro collezioni a Milano?

Se ormai sono tanti gli addetti ai lavori a decretare

la fine delle tendenze (leggete per esempio

 quello che ci aveva detto il presidente onorario

di Camera Moda Buyer Beppe Angiolini o il pensiero

libero e unconventional di una stilista come

 Cristina Tardito di Kristina Ti), è pur vero che orientarsi

nel magma stilistico dell'attuale momento storico e

sociale in cui la moda è tutto e il contrario di tutto

diventa in qualche modo la condicio sine qua non

per tracciare - seppur in minima parte - una rotta

con cui orientarsi nel fashion system per comprendere

in linea di massima l'evoluzione del gusto contemporaneo.

Così più che una guida ai trend da seguire per il

prossimo Autunno Inverno 2019 2020(nessun fashion

diktat, se non quello di essere voi a dettarvi le regole)

questo diventa un recap dei macro temi che abbiamo

individuato sulle passerelle della Milano Fashion Week, 

pronti a influenzare in maniera più o meno significativa

i guardaroba della prossima stagione.

Da guardare, metabolizzare, ignorare, adottare in

versione "tale e quale" o interpretare secondo il vostro

stile e la vostra personalità.

Con un unica grande certezza la moda è multisfaccettata

e pluralista come mai prima d'ora.

Il leitmotiv più grintoso? L'animalier, naturalmente, che

continua indomito a sfilare sulle passerelle e a diventare

uno dei trend trans-stagionali più longevi degli ultimi tempi.

Si declina su maxipull di lana tigrati (Max Mara) o su

piumini edgy e avant garde come la zebra di Richard

Quinn per Moncler Genius, è un cappotto dal motivo

leopardo (Bottega Veneta) o un trench in pelle maculata.

La tendenza animalier sullepasserelle della Milano FashionWeek Autunno Inverno2019 2020

    Blumarine Autunno Inverno 2019 2020

    IMAXTREE

      E poi via libera al colore, evviva! Anche d'inverno.

      E che sia audace, forte, deciso, vitaminico, bold

       come mai prima d'oro. Colori che si fanno notare

      (come il giallo, il rosso, l'arancio, il blu elettrico)

      e che diventano uno statement da indossare in

      total look da testa a piedi, accessori compresi.

      Addio color block, è il momento del monochrome

       che si fa intensa red passion sul finale di collezione

      di Emporio Armani (una sfilza di look rossi to die for)

      i.

      I colori bold e il monochromesulle passerelle della MilanoFashion Week Autunno Inverno2019 2020

        Emporio Armani Autunno Inverno 2019 2020

        IMAXTREE

          Il contraltare stilistico di questa esplosione di

          vitalità? I toni neutri e naturali che richiamano

          i colori della terra. Del resto, ve l'abbiamo detto

          che la moda è tutto e il contrario di tutto!

          Così se osare il purple da testa a piedi è troppo,

          meglio virare sulla palette sofisticata del miele e

          del caramello, del beige e del cuoio, del ruggine

          e del cammello.

          Per look sofisticati e femminili che fanno dell'understatement

          il loro trademark. A cominciare dalla magistrale palette di

          Agnona ai bellissimi ensemble di N°21 esaltati da uno

          styling volutamente imperfetto e non finito

          (le zip sul retro dei tubini che rimangono aperti,

          i lacci non chiusi).

          I colori naturali sulle passerelledella Milano Fashion Week

            Agnona Autunno Inverno 2019 2020

            IMAXTREE

              E poi c'è il bianco, che più bianco non si può, per

              uno stile da regina della nevi, altera e aristocratica.

              Anche in questo caso si indossa in total look e il

              monocromo diventa il nuovo twist per osare il non

              colore per antonomasia in maniera letteralmente

              illuminata e illuminante. Che sia ottico oppure

              off-white poco conta, che si tratti di look workwear

              lady (i tailleur di Gucci e di Laura Biagiotti)

              o squisitamente ski oriented (Simone Rocha per

              Moncler Genius) non fa differenza. Ciò che conta

              è che il candore sia totale.

              Il total white sulle passerelledella Milano Fashion WeekAutunno Inverno 2019 2020

                1 2 3 4 5 6 7

                Laura Biagiotti Autunno Inverno 2019 2020

                IMAXTREE

                Per la serie "ti regalerò una rosa", il floreale di

                stagione si declina con il più romantico e classico

                dei fiori. Le rose diventano il pattern ricorrente sulla

                passerella di MSGM, il ricamo sul denim di Blumarine

                e il blooming tridimensionale sulla passerella di Prada

                dove abiti rigorosi si impreziosiscono di mazzi di rose

                e tulipani satin che con i loro steli e le corolle reclinate

                danno movimento e colore agli outfit di Miuccia.

                E poi ci sono cuori che battono all'unisono e su base

                techno da MSGM, che diventano motivo knitted per

                Marco Rambaldi o cut out che si apre sul décolleté

                dei look girlish di Vivetta.

                Tendenza cuori sulle passerelledella Milano Fashion WeekAutunno Inverno 2019 2020

                  1 2 3

                  MSGM Autunno Inverno 2019 2020

                  IMAXTREE

                  La femminilità incontra un'eleganza d'altri tempi,

                  per un ritorno al new glam interpretato in chiave

                  notturna, misteriosa, drammaticamente sensuale

                  e a tratti gotica in un tripudio di abiti soirée decorati

                  da frange Anni 20 (Giorgio Armani), raffinati cocktail

                  dress da coordinare a sontuose stole di pelliccia

                  (Marco De Vincenzo) si fa super glamourous.

                  Il new glam (a tinte goth) sullepasserelle della Milano FashionWeek Autunno Inverno2019 2020

                    1 2 3 4 5 6 7

                    Marco De Vincenzo Autunno Inverno 2019 2020

                    IMAXTREE

                    C'è la storia d'amore infinita della moda italiana per quello

                     stile maschile diventato da tempo sinonimo di una certa

                    eleganza femminile. Che si declina in look di chiaro stampo 

                    mannish o nell'uso di tessuti finestrati, motivi check 

                    (grandi o piccoli) che rifanno il verso ai tailleur di Saville

                    Row e tanto Principe di Galles.

                     Una vera ossessione tessile che connota quasi tutte

                    le collezioni di MFW.

                    Lo stile maschile sulle passerelledella Milano Fashion Week AutunnoInverno 2019 2020

                      1 2 3 4 5 6 7

                      Gucci Autunno Inverno 2019 2020

                      IMAXTREE

                      Tendenza Principe di Galles & Co.sulle passerelle della MilanoFashion Week Autunno Inverno2019 2020

                        1 2 3 4 5 6 7

                        Anteprima Autunno Inverno 2019 2020

                        IMAXTREE

                        Ma soprattutto c'è la pelle, tantissima pelle.

                        Nera, ma non solo. Che si fa glossy e rock o morbida

                        e setosa come un guanto. Per giubbotti parka e trench

                        di pelle ma anche per tailleru giacca e pantalone, abiti

                        e tubini femminili fino alle combinazioni shorts e camicia

                        vista da Tod's.

                        Tendenza pelle sulle passerelledella Milano Fashion WeekAutunno Inverno 2019 2020

                          Tod's Autunno Inverno 2019 2020

                          IMAXTREE

                            Prendete tutto, shakerate, reinterpretate e il vostro

                            Autunno Inverno 2019 2020 è servito

                             
                             
                             

                            Giornaliste di Vogue contro fashion blogger

                            Post n°1997 pubblicato il 03 Marzo 2019 da blogtecaolivelli

                            Fonte: Internet

                            Giornaliste di Vogue contro fashion blogger:

                            "Trovatevi un lavoro vero

                            Alla Fashion Week di Milano legiornaliste di Vogue si ribellanocontro le fashion blogger

                            Fonte: Instagram

                            La settimana della moda di Milano si è da poco

                            conclusa e le giornaliste di Vogue hanno deciso

                            di dichiarare guerra alle fashion blogger.

                            Il magazine di moda infatti ha presentato, come

                            ogni anno, il suo resoconto sulla Fashion Week di 

                            Milano. Oltre ai commenti sulle sfilate, i vip e le

                            tendenze in arrivo, le giornaliste della testata hanno

                            voluto riservare uno spazio alle fashion blogger,

                            duramente criticate per il loro ruolo nella settimana

                            della moda.

                            Secondo le giornaliste di Vogue infatti le fashion

                            blogger sarebbero per lo più ragazze affamate di

                            fama e per nulla esperte di moda, interessate solo a

                             correre da una sfilata all'altra per farsi fotografare.

                            "È una situazione schizofrenica, e non può essere positivo"

                            ha spiegato  Sally Singer, Direttore Creativo Digitale del

                            sito Vogue "Nota per i blogger che cambiano da testa a

                            piedi i loro outfit sponsorizzati ogni ora: Finitela.

                            Trovatevi un altro lavoro.

                            State dichiarando la morte dello stile".

                            Della stessa idea Sarah Mower, Capo Critico dell'edizione

                            online di Vogue, che ha ringraziato la collega per l'intervento

                            e ha aggiunto: "Hai ragione Sally, la categoria dei Blogger,

                            inclusi i fotografi di street style che le aspettano e adorano,

                            è orribile. Ma ancor di più, è patetico come queste ragazze

                            corrano continuamente su e giù per le sfilate, nel traffico,

                            addirittura rischiando di essere investite, solo nella speranza

                            di farsi fotografare".

                            Commenti duri e taglienti anche da Nicole Phelps, Direttrice

                            di Vogue Runway: "Non è triste solo per queste ragazze che

                            si pavoneggiano per i fotografi" ha spiegato la giornalista

                            "È stressante, in egual misura, vedere quanti marchi

                            partecipino al fenomeno accrescendolo".

                            Le sfilate milanesi hanno visto in prima fila, anche quest'anno, 

                            le fashion blogger più famose. Da Chiara Ferragni a Chiara Biasi

                            passando per Bryanboy e Carlotta Rubaltelli.

                            "Cercare ispirazioni di stile tra i loro look presi e pagati

                            (si può dire 'bloggati'?) nelle prime fila è come andare

                            in uno strip club alla ricerca dell'amore.

                            Certo, è lo stesso circo, ma non è lontanamente paragonabile" 

                            ha concluso tagliente Alessandra Codinha, giornalista

                            di moda di Vogue. Come risponderanno le fashion blogger? 

                             

                            Ed i lettori di Blogteca, cosa ne pensano?

                            Le giornaliste di Vogue, come addette ai lavori, hanno

                            espresso il loro punto di vista ma non si è capito per

                            quale motivo le persone con gusti diversi nel vestirsi e

                            nel proporre il loro modo di essere, non possano presentare

                            le offerte ed i prodotti ad un pubblico che poi costituisce

                            anche il mercato del brand.

                            Le sfilate si svolgono in un luogo pubblico cui tutti possono

                            accedere, a patto di comportarsi correttamente e civilmente,

                            senza urtare nessuno e quindi, osservando tali regole,

                            le fashion blogger hanno tutto il diritto di presentarsi, di

                            far sfilare le loro modelle che spesso sono le stesse ragazze

                            che lavorano nei laboratori della penisola italiana ed europei,

                            e non è detto che ciò che propongono non possa essere valido,

                            solo che i loro prodotti trovano una larga fascia di mercato in

                            tutti coloro che non possono permettersi di spendere in

                            boutique o che non vogliono versare le cifre da capogiro

                            dei brand proposti da Vogue:perciò le giornaliste di quest'ultima

                            rivista temono la concorrenza e cercano di svalutare

                            le offerte alternative. 

                            Certo, tutti hanno il diritto di esprimere il loro parere

                            in fatto di abiti e di stile ma bisogna rispettare le scelte

                            ed i gusti personali di chi cerca l'alternativo.

                            I fotografi fanno il loro lavoro ed aiutano i piccoli

                            laboratori che vendono per corrispondenza a far conoscere

                            a tutti i piccoli prodotti di un mercato minore e coloro

                            che vi lavorano ne hanno tutto il diritto, così come la

                            fashioniste arabe, cinesi e giapponesi hanno i diritti di

                            proporsi e di vestire le donne dei loro paesi che ne

                            condividono il gusto. 

                            E le fashion blogger scrivono per un mercato minore,

                            fanno conoscere i piccoli brand e cercano di farsi spazio

                            e strada in un mondo di concorrenza spietata.

                            Ed è un modo onesto di proporsi, certo bisognerebbe

                            sapere se queste persone sono anche pagate o

                            svolgono un lavoro parallelo, onesto, per vivere e non

                            c'è niente di male ad agire così. 

                            E' mica la prima volta che le ragazze con la passione

                            della moda sfilano sui catwalks di paese per il

                            laboratorio delle amiche e poi fanno le baby-sitter

                            e le studentesse a tempo pieno, ed è anche giusto.

                            Le giornaliste di Vogue farebbero anche bene a non

                            svalutare le scelte ed i gusti degli altri, specialmente

                            per la carriera brillante che fanno.

                            E poi le donne avranno anche il diritto di esprimere i

                            loro gusti e la loro personalità, cercando l'alternativo

                            ed il vintage, facendo i loro propri accostamenti in fatto

                            di linee e colori, seguendo le uniche regole della decenza,

                            della dignità e della pulizia.

                            Che male c'è se la gente ama il vintage, se le

                            settantenni vogliono abbigliarsi di viola e giallo,

                            con jeans, pullover e scarpe da ginnastica, presentando

                            le loro rughe con un trucco adeguato, il rimmel,

                            il rossetto e tanto di ombretto, e le ragazzine vanno

                            con i jeans strappatissimi e le microgonne senza essere

                            disturbate da nessuno.

                            Se il mondo fosse così, sarebbe migliore, non c'è alcun dubbio.

                             
                             
                             

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