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Messaggi del 11/10/2019
Post n°2379 pubblicato il 11 Ottobre 2019 da blogtecaolivelli
DIECI BUONE MOTIVAZIONI PER LEGGERE:
Leggere è un'attività che, oltre ad ampliare le conoscenze
linguistiche e culturali, migliora la qualità della vita,
non importa l'età.
Leggere significa vivere dieci, cento, mille vite ed
acquisire altrettante esperienze e, poi, la lettura è
una vera e propria terapia: allontana l'ansia e lo
stress, migliora l'umore, concilia il sonno, migliora
la concentrazione, fa acquisire nuove idee e ciò per
gli studenti è un fatto di primaria importanza per
migliorare la scrittura ed avere anche dei voti migliori
nello studio e nei temi. Ricordiamoci che
saper scrivere e parlare sono delle abilità fondamentali
che provengono da una larga cultura di base.
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Post n°2378 pubblicato il 11 Ottobre 2019 da blogtecaolivelli
Fonte:Wikipedia così Il caldo modifica il sesso dei rettili:
Lo studio del DNA dei rettili |
Post n°2377 pubblicato il 11 Ottobre 2019 da blogtecaolivelli
Divulgazione scientifica Da Wikipedia, l'enciclopedia libera. La divulgazione scientifica è l'attività di comunicazione rivolta al grande pubblico delle nozioni e ricerche accademiche in forma accessibile e di facile comprensione. Si occupano di tale attività i divulgatori scientifici, che sono in genere scienziati ,ricercatori, giornalisti, studiosi o esperti della materia. L'obiettivo è far conoscere alpubblico, in modo corretto ma efficace- mente riassunto e comunicato, i risultati dellericerche e delle pubblicazioni scientifiche. Questa attività non presenta in genere specifiche intenzioni formative al singolo individuo, ma è rivolta alla collettività, con scopo di accrescere la percezione dell'importanza Rappresenta una parte della cosiddetta comunicazione scientifica ovvero la comunicazione pubblica della scienza. DescrizioneA differenza della comunicazione promozionale o istituzionale (effettuata da ministeri, enti di ricerca, o imprese private), che opera secondo il modello della comunicazione unidirezionale ("one-to-many"), nella divulgazione scientifica si è affermata anche l'impostazione di origine anglosassone delle esperienze bidirezionali, in cui si cerca il feedback da parte del pubblico, discutendo in luoghi come laboratori, caffè scientifici, forum partecipati. Le attività di associazionismo è talvolta impegnata nella divulgazione scientifica e la alimenta. Nell'astronomia, per esempio, l'astronomia amatoriale concorre alla diffusione della scienza presso il pubblico non specializzato, ma contemporaneamente i gruppi astrofili sono coadiuvanti della stessa ricerca astronomica.
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Post n°2376 pubblicato il 11 Ottobre 2019 da blogtecaolivelli
Sulle specie aliene di Daniele Paganelli* L'altra sera guardavo un documentario in televisione e, in una delle scene, si vedeva una piccola gazzella (vertebrato carino e tenero) che veniva predata da un ghepardo (predatore implacabile). Una scena molto comune nei filmati naturalistici, ma le persone che erano con me hanno immediatamente reagito quasi con orrore all'uccisione della preda. Nella scena seguente invece si vedeva una zanzara (invertebrato fastidioso per l'uomo a qualsiasi latitudine) che veniva predata da un pipistrello appena emersa dal suo stadio larvale acquatico. In questo caso, però, non c'è stata nes- suna reazione; anzi i pochi commenti nasconde-vano quasi una certa soddisfa- zione nel vedere la zanzara che veniva predata. Come mai molte persone si immedesimano più facilmente nell'animale più fragile, soprattutto se quest'ultimo è "carino" e non ci dà fastidio?Questa è solo una piccola esperienza che sottolinea ancora una volta come l'opinione pubblica reagisca in maniera diversa alla soppres- sione di un vertebrato piuttosto che a quella di un invertebrato. Gestione delle specie aliene invasive Nel caso della gestione delle specie aliene invasive, questo tipo di reazione può rappresentare un problema anche da un punto di vista pratico. Se una specie aliena è "bella e simpatica" e, soprattutto, non ci dà alcun fastidio diretto, perché va eliminata? Anzi: perché non rilasciarla in Natura così da regalarle la libertà?Qui entra in gioco l'empatia verso l'animale, ma anche una certa visione antropocentrica della Natura: l'uomo che aiuta l'animale e gli concede la libertà. Lo stesso però potrebbe essere detto per le azioni di controllo delle specie aliene. La gestione delle specie aliene viene vista da alcuni come l'affermazione del concetto di superiorità dell'uomo nei confronti della Natura. Chi siamo noi per decidere se un animale deve vivere o no? Se ormai gli individui di una certa specie sono presenti in un ambiente, che colpa ne hanno loro? La gestione delle specie aliene dovrà inevitabilmente affrontare questi inter -rogativi di natura etica, individuando la strategia comunicativa più opportuna. Se è stato semplice attivare l'opinione pub-blica su problemi ambientali quali gli sversa-menti di idrocarburi nelle acque, o l'utilizzo di pesticidi tossici, più difficile e complesso sarà convincere il cittadino che anche le specie aliene sono degli 'inquinanti nocivi' che alterano seriamente la biodiversità. Sicuramente sarà un processo lungo ma, continuando l'opera di informazione, le generazioni future potranno meglio comprendere il problema e accettare più consapevolmente le azioni, talvolta drastiche, di gestione delle specie aliene. Il concetto che dovrebbe essere trasmesso è: le specie aliene stanno invadendo i nostri ecosistemi. Ho usato la parola invasione proprio perché questo termine viene quasi sempre percepito dall'opinione pubblica in modo negativo. Fino a che le specie aliene non creano problemi diretti o indiretti all'uomo (vedi gli esempi recenti di Xylella fastidiosa o della cimice asiaticaHalyomorpha halys), è difficile avere l'attenzione dell'opinione pubblica sul fatto che specie aliene, magari pure "carine", impoveriscano la biodiversità di un ecosistema, con danni anche permanenti. |
Post n°2375 pubblicato il 11 Ottobre 2019 da blogtecaolivelli
Riuscire a far passare questo concetto è uno dei compiti più difficili che chi lavora in questo ambito (penso, per esempio, ai ricercatori o ai gestori di aree protette) deve affrontare.La terminologia usata quando si parla di specie aliene è fondamentale: potrebbe essere una carta vincente da usare per convincere l'opinione pubblica che con alcuni comportamenti si va ad impoverire la biodiversità e le specie autoctone sono le prime ad essere dan- neggiate. Attenzione però a non esagerare: l'uso di termini con accezione troppo violenta, come ad esempio "combattere le specie aliene", o "un'arma contro le specie aliene", potrebbe ottenere reazioni contrastanti, e in alcuni soggetti anche l'effetto opposto. Piuttosto sarebbe meglio puntare su concetti positivi come ad esempio "conservare/ favorire le specie autoctone" oppure "proteggere le specie autoctone" dalle specie aliene. I progetti finanziatiNegli ultimi tempi il tema delle specie aliene invasive ha assunto una rilevanza sempre maggiore. Non a caso sono molti i progetti finanziati che hanno come obiettivo quello di miglio- rare il livello di informazione (come LIFE ASAP) gestito da ISPRA e di arginare l'avanzata delle specie aliene con azioni concrete di monitoraggio e contenimento, come Life Gestire 2020 - Natura che vale - di Regione Lombardia. Questi progetti svolgono di sicuro un ruolo importante nell'affrontare le problematiche causate dalle specie aliene ma purtroppo si scontrano sempre più spesso con difficoltà come la carenza di fondi e personale specializ-zato e a volte una applicazione del Regolamento Europeo 1143/2014 non sempre di facile attuazione. Per cercare di risolvere questi problemi, la Comunità Europea ha finanziato il progetto INTERREG INVALIS (Protecting European Biodiversity from Invasive Alien Species), di cui laFondazione Lombardia per l'Ambiente è unico partner italiano.INVALIS ha tra i suoi obiettivi quello di implementare le politiche europee sulla gestione delle specie aliene invasive portando all'atten- zione della Comunità Europea le difficoltà incontrate dagli Stati Membri nell'applica- zione del regola-mento Europeo, ma anche esempi di buone pratiche che potrebbero essere condivise per raggiungere l'obiettivo comune di arginare in modo efficace e sostenibile l'invasione delle specie aliene. Oltre a questo, INVALIS ha lo scopo di potenziare l'attività informativa, coinvolgendo nei suoi Regional Meetings svariati portatori di interesse, come ad esempio Enti Regionali, Guardie ecologiche, scuole, associazioni naturalistiche e Università. Il prossimo Regional Meeting si terrà il 14 novembre presso Palazzo Lombardia (Milano) e avrà come tema principale la gestione dei conflit-ti di interesse nella gestione delle specie aliene invasive, un tema che coinvolge molti interessi economici ma anche aspetti culturali e sociali. Consapevoli che soluzioni facili e di immediato successo non esistono per un problema così complesso, la condivisione delle idee sarà utile per affrontare le differenti sfaccettature dei problemi relativi alla gestione delle specie aliene. *Daniele Paganelli, PhD. Lombardy Foundation for the Environment - University of Pavia - Department of Earth and Environmental Sciences.© RIPRODUZIONE RISERVATARIPRODUZIONE CONSENTITA |
Post n°2373 pubblicato il 11 Ottobre 2019 da blogtecaolivelli
STUDIO CNR: Ecco svelata l'origine delle tegnùe, i coralli di Venezia MARTA FRIGERIO31 MAG 2017 solo distese sabbiose. Nella parte nord occidentale, sotto le acque al largo di Chioggia, sorgono le tegnùe, conformazioni rocciose sommerse a oltre 20 metri di profondità.Composte da organismi incrostanti, ricordano con la loro struttura che si eleva dal fondale limoso-sabbioso una barriera corallina. Il nome, invece, deriva dal dialetto veneto. Le tegnùe sono così chiamate dai pescatori perché trattengono le reti calate in mare per la pesca. Ricerca multidisciplinare Ma da dove arrivano questi coralli, così unici e peculiari? La risposta, fino ad oggi, era poco chiara.«I modelli genetici finora formulati per spiegare l'origine delle tegnùe non erano soddisfacenti, quindi abbiamo messo in campo competenze multidisciplinari», ha detto Luigi Tosi, autore dell'articolo pubblicato sulla rivista Scientific Reports e ricercatore dell'Istituto di scienze marine del Consiglio nazionale delle ricerche (Ismar-Cnr).Per scoprire l'origine di questi coralli veneziani ha col- laborato un team composto da geologi, oceanografi, geofisici e biologi provenienti dall'Università di Padova, dall'Istituto nazionale di oceanografia e di geofisica sperimentale (Ogs), dall'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra) e dal Consejo Nacional de Investigaciones Científicas y Técnicas (Conicet) in Argentina.Per cercare di svelare il mistero dell'origine delle tegnùe sono state compiute oltre 200 immersioni e campionature di rocce e sedimenti sciolti. Le ricerche sono poi continuate in laboratorio con analisi isotopiche, paleoambientali e di microscopia elettronica. Quando la pianura non era ancora stata coperta dal mare«Dalle ricerche è risultato che le tegnùe si sono sviluppate lungo le strutture morfologiche allungate e sinuose attribuite ad antichi canali fluviali, che erano presenti nella pianura durante l'ultimo periodo glaciale, vale a circa 20.000 anni fa», ha spiegato Sandra Donnici, geologa Ismar-Cnr.L'analisi di un campione roccioso, in particolare, si è rivelata fondamentale. Una "stele di Rosetta", come l'ha definita Tosi. «Si tratta di un lastrone di sabbia cementata, che al suo interno presenta inglobati gusci di molluschi che hanno consentito di determinare età e caratteristiche del paleoambiente al momento della sua cementazione - ha raccontato il ricercatore -. Le successive analisi radiometriche al carbonio 14 hanno consentito di datare a circa 9mila anni fa l'arrivo del mare in questa parte dell'antica pianura pleistocenica e a 7mila anni fa la sua cementazione, sulla quale i primi organismi biocostruttori hanno cominciato ad attecchire». © RIPRODUZIONE RISERVATARIPRODUZIONE CONSENTITA CON LINK A ORIGINALE E CITAZIONE FONTE:RIVISTANATURA.COM |
Post n°2372 pubblicato il 11 Ottobre 2019 da blogtecaolivelli
Ci sono 28mila piante che hanno proprietà medicinali ma che sono ancora poco conosciute MARTA FRIGERIO24 MAG 2017
le più gravi malattie del nostro tempo è nelle piante. Secondo uno studio del Royal Botanic Gardens di Kew, infatti, sarebbero ben 28mila le piante con importanti proprietà medicinali. Un tesoro immenso e importantissimo che, se da un lato è ancora tutto da scoprire, dall'altro rischia di scomparire. E, nonostante il loro immenso potenziale, solo il 16% di queste piante è preso in considerazione dal mondo scientifico. Cure per Parkinson e malariaIl report evidenzia come due piante - Cinchona calisaya e Artemisia annua - siano particolarmenteefficaci nel trattamento della malaria, malattia che ogni anno causa la morte di migliaia di persone. Dalle piante potrebbe arrivare anche la cura per il morbo di Parkinson. Iricercatori del Royal Botanic Gardens, infatti, hanno annunciato che ci sono nove differenti specie di rampicanti recentemente scoperte che potrebbero essere usate con successo nel trattamento di questa malattia. Scoperte nuove speciePer censire le piante hanno collaborato 128 studiosi provenienti da 12 Paesi. Grazie anche alle immagini satellitari raccolte è stato possibileclassificare per la prima volta 1.730 nuove specie. Tra queste ci sono cinque nuove piante del genere Manihot scoperte in Brasile, sette nuove varietà della famiglia Fabaceae trovate in Sud Africa e che venivano utilizzate per produrre la celebre bevanda rooibos, ma anche una nuova varierà di pastinaca, scoperta in Turchia.Lo studio ha però evidenziato come questo ricco tesoro sia fragile e minac- ciato. Ogni anno, infatti, 340 milioni di ettari di vegetazione vanno perduti a causa del disboscamento, degli incendi e della crescente urbanizzazione e non senza danni anche economici. Le stime, infatti, parlano didanni per 500 miliardi di euro. |
Post n°2371 pubblicato il 11 Ottobre 2019 da blogtecaolivelli
Il caldo modifica il sesso dei rettili: così rischiano di estinguersi
coccodrilli e le tartarughe marine - èdeterminato dalla temperatura esterna durante il processo di incuba- zione. Se la colonnina di mercurio sale, il nascituro avrà maggiori possibilità di essere femmina. L'esatto meccanismo di come questo potesse accadere è stato a lungo poco chiaro. La risposta, ora, arriva da una ricerca condotta dall'Università australiana di Canberra e pubblicata su Science Advance. Lo studio del DNA dei rettiliLo studio ha preso in analisi l'Anfiboluro dalla barba (Pogona barbata). A temperature alte, gli embrioni con cromosomi sessuali maschili (vale a dire ZZ) sono in grado di cambiare sesso e nascere con attributi femminili (le femmine, invece presentano cromosomi ZW). La conferma è arrivata analizzando le molecole di acido ribonucleico (Rna) prodotte da Pogona barbata che geneticamente erano maschi, anche se funzionalmente femmine. «Abbiamo scoperto che questi rettili possono avere i cromosomi maschili ma, a causa delle alte temperature, nascere femmine», ha detto Clare Holleley, responsabile dello studio. Sopra i 36 gradi tutti femmineLo studio ha mostrato anche un'altra caratteristica: se la temperatura supera i 33 gradi Celsius, le probabilità che dalle uova escano individui di sesso femminile è maggiore. Superati i 36 gradi Celsius, invece, dalle uova nasceranno solo femmine.Insomma: con l'aumento delle temperature c'è il rischio che la popolazione di rettili si sbilanci. Pochi individui maschi, infatti, significa anche meno possibilità per la specie di riprodursi. «Per questo non bisogna sottovalutare le conseguenze del cambiamento climatico che potrebbero portare alcune specie all'estinzione», ha concluso la ricercatrice .© RIPRODUZIONE RISERVATARIPRODUZIONE CONSENTITA CON LINK A ORIGINALE E CITAZIONE FONTE:RIVISTANATURA.COM |
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