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Messaggi del 11/10/2019

CHE COSA E' LA LETTURA

Post n°2379 pubblicato il 11 Ottobre 2019 da blogtecaolivelli

 

DIECI BUONE MOTIVAZIONI PER LEGGERE:

 

Leggere è un'attività che, oltre ad ampliare le conoscenze

 

 linguistiche e culturali, migliora la qualità della vita,

 

non importa l'età.

 

Leggere significa vivere dieci, cento, mille vite ed

 

acquisire altrettante esperienze e, poi, la lettura è

 

una vera e propria terapia: allontana l'ansia e lo

 

stress, migliora l'umore, concilia il sonno, migliora

 

la concentrazione, fa acquisire nuove idee e ciò per

 

 gli studenti è un fatto di primaria importanza per

 

migliorare la scrittura ed avere anche dei voti migliori

 

 nello studio e nei temi. Ricordiamoci che

 

saper scrivere e parlare sono delle abilità fondamentali

 

 che provengono da una larga cultura di base.

 

 

 
 
 

Il caldo modifica il sesso dei rettili:

Post n°2378 pubblicato il 11 Ottobre 2019 da blogtecaolivelli

Fonte:Wikipedia

così Il caldo modifica il sesso dei rettili:
rischiano di estinguersi


Il genere di alcuni rettili - tra cui i coccodrilli
e le tartarughe marine - èdeterminato dalla
temperatura esterna durante il processo di
incubazione.
Se la colonnina di mercurio sale, il nascituro
avrà maggiori possibilità di essere femmina.
L'esatto meccanismo di come questo potesse
accadere è stato a lungo poco chiaro.
La risposta, ora, arriva da una ricerca condotta
dall'Università australiana di Canberra e
pubblicata su Science Advance.

Lo studio del DNA dei rettili
Lo studio ha preso in analisi l'Anfiboluro dalla barba
(Pogona barbata). A temperature alte, gli embrioni con
cromosomi sessuali maschili (vale a dire ZZ) sono in
grado di cambiare sesso e nascere con attributi femminili
(le femmine, invece presentano cromosomi ZW).
La conferma è arrivata analizzando le molecole di acido
ribonucleico (Rna) prodotte da Pogona barbata che
geneticamente erano maschi, anche se funzionalmente
femmine. «Abbiamo scoperto che questi rettili possono
avere i cromosomi maschili ma, a causa delle alte
temperature, nascere femmine», ha detto Clare Holleley,
responsabile dello studio.
Sopra i 36 gradi tutti femmine
Lo studio ha mostrato anche un'altra caratteristica: se la
temperatura supera i 33 gradi Celsius, le probabilità
che dalle uova escano individui di sesso femminile è
maggiore.
Superati i 36 gradi Celsius, invece, dalle uova nasce
ranno solo femmine.
Insomma: con l'aumento delle temperature c'è il rischio
che la popolazione di rettili si sbilanci.
Pochi individui maschi, infatti, significa anchemeno
possibilità per la specie di riprodursi. «Per questo non
bisogna sottovalutare le conseguenze del cambiamento
climatico che potrebbero portare alcune specie all'estinzione»,
ha concluso la ricercatrice.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
RIPRODUZIONE CONSENTITA CON LINK A
ORIGINALE E CITAZIONE
FONTE:RIVISTANATURA.COM

 
 
 

Sulla divulgazione scientifica.

Post n°2377 pubblicato il 11 Ottobre 2019 da blogtecaolivelli

Divulgazione scientifica

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.

La divulgazione scientifica è l'attività di 

comunicazione rivolta al grande pubblico

delle nozioni e ricerche accademiche in

 forma accessibile e di facile comprensione.

Si occupano di tale attività i divulgatori

scientifici, che sono in genere scienziati

,ricercatorigiornalisti, studiosi o esperti

della materia. L'obiettivo è far conoscere

 alpubblico, in modo corretto ma efficace-

mente riassunto e comunicato, i risultati

dellericerche e delle pubblicazioni scientifiche.

Questa attività non presenta in genere

specifiche intenzioni formative al singolo

individuo, ma è rivolta alla collettività, con

scopo di accrescere la percezione dell'importanza

della scienza in una società.

 Rappresenta una parte della cosiddetta 

comunicazione scientifica ovvero la

comunicazione pubblica della scienza.

Descrizione

A differenza della comunicazione promozionale

 o istituzionale (effettuata da ministeri, enti di

ricerca, o imprese private), che opera secondo

 il modello della comunicazione unidirezionale

 ("one-to-many"), nella divulgazione scientifica

 si è affermata anche l'impostazione di origine

 anglosassone delle esperienze bidirezionali,

in cui si cerca il feedback da parte del pubblico,

discutendo in luoghi come laboratori, caffè

scientifici, forum partecipati.

Le attività di associazionismo è talvolta impegnata

 nella divulgazione scientifica e la alimenta.

 Nell'astronomia, per esempio, l'astronomia amatoriale

 concorre alla diffusione della scienza presso il

pubblico non specializzato, ma contemporaneamente

 i gruppi astrofili sono coadiuvanti della stessa

 ricerca astronomica.

 

 

 

 
 
 

Sulle specie aliene

Post n°2376 pubblicato il 11 Ottobre 2019 da blogtecaolivelli

Sulle specie aliene

di Daniele Paganelli* L'altra sera guardavo

un documentario in televisione e, in una

delle scene, si vedeva una piccola gazzella

(vertebrato carino e tenero) che veniva

predata da un ghepardo (predatore

implacabile). Una scena molto comune

nei filmati naturalistici, ma le persone

che erano con me hanno immediatamente

reagito quasi con orrore all'uccisione

della preda.

Nella scena seguente invece si vedeva 

una zanzara (invertebrato fastidioso per

l'uomo a qualsiasi latitudine) che veniva

predata da un pipistrello appena emersa

dal suo stadio larvale acquatico. 

In questo caso, però, non c'è stata nes-

suna reazione; anzi i pochi commenti

nasconde-vano quasi una certa soddisfa-

zione nel vedere la zanzara che veniva

predata.

Come mai molte persone si immedesimano

 più facilmente nell'animale più fragile, 

soprattutto se quest'ultimo è "carino"

 e non ci dà fastidio?Questa è solo una

piccola esperienza che sottolinea ancora

una volta come l'opinione pubblica

reagisca in maniera diversa alla soppres-

sione di un vertebrato piuttosto che a

quella di un invertebrato. 

Gestione delle specie aliene invasive

Nel caso della gestione delle specie

aliene invasive, questo tipo di reazione

può rappresentare un problema anche

da un punto di vista pratico.

 Se una specie aliena è "bella e simpatica"

e, soprattutto, non ci dà alcun fastidio

diretto, perché va eliminata? Anzi: perché

non rilasciarla in Natura così da regalarle

la libertà?Qui entra in gioco l'empatia

verso l'animale, ma anche una certa

visione antropocentrica della Natura:

l'uomo che aiuta l'animale e gli concede

la libertà. 

Lo stesso però potrebbe essere detto

per le azioni di controllo delle specie aliene. 

La gestione delle specie aliene viene vista

 da alcuni come l'affermazione del concetto

 di superiorità dell'uomo nei confronti

della Natura.

 Chi siamo noi per decidere se un animale 

deve vivere o no? Se ormai gli individui di

una certa specie sono presenti in un 

ambiente, che colpa ne hanno loro?

La gestione delle specie aliene dovrà

 inevitabilmente affrontare questi inter

-rogativi di natura etica, individuando

la strategia comunicativa più opportuna. 

Se è stato semplice attivare l'opinione

pub-blica su problemi ambientali quali

gli sversa-menti di idrocarburi nelle

acque, o l'utilizzo di pesticidi tossici,

più difficile e complesso sarà convincere

il cittadino che anche le specie aliene

sono degli 'inquinanti nocivi' che alterano

seriamente la biodiversità. 

Sicuramente sarà un processo lungo ma, 

continuando l'opera di informazione, le 

generazioni future potranno meglio

 comprendere il problema e accettare

più consapevolmente le azioni, talvolta

drastiche, di gestione delle specie

aliene.

Il concetto che dovrebbe essere trasmesso

è: le specie aliene stanno invadendo i

nostri ecosistemi.

 Ho usato la parola invasione proprio

perché questo termine viene quasi sempre

percepito dall'opinione pubblica in modo

negativo. Fino a che le specie aliene non

creano problemi diretti o indiretti all'uomo

(vedi gli esempi recenti di Xylella fastidiosa

o della cimice asiaticaHalyomorpha halys),

è difficile avere l'attenzione dell'opinione

pubblica sul fatto che specie aliene,

magari pure "carine", impoveriscano la

biodiversità di un ecosistema, con

danni anche permanenti. 

 
 
 

Sulle specie aliene 2

Post n°2375 pubblicato il 11 Ottobre 2019 da blogtecaolivelli

Riuscire a far passare questo concetto è

uno dei compiti più difficili che chi lavora

in questo ambito (penso, per esempio,

ai ricercatori o ai gestori di aree protette)

deve affrontare.La terminologia usata

quando si parla di specie aliene è fondamentale:

potrebbe essere una carta vincente da

usare per convincere l'opinione pubblica

che con alcuni comportamenti si va ad

impoverire la biodiversità e le specie

autoctone sono le prime ad essere dan-

neggiate.

Attenzione però a non esagerare: l'uso

di termini con accezione troppo violenta,

come ad esempio "combattere le specie

aliene", o "un'arma contro le specie

aliene", potrebbe ottenere reazioni

contrastanti, e in alcuni soggetti anche 

l'effetto opposto. 

Piuttosto sarebbe meglio puntare su

concetti positivi come ad esempio "conservare/

favorire le specie autoctone" oppure

"proteggere le specie autoctone" dalle

specie aliene.

 I progetti finanziatiNegli ultimi tempi il tema

delle specie aliene invasive ha assunto una

rilevanza sempre maggiore. 

Non a caso sono molti i progetti finanziati 

che hanno come obiettivo quello di miglio-

rare il livello di informazione (come LIFE

ASAP) gestito da ISPRA e di arginare

l'avanzata delle specie aliene con azioni

concrete di monitoraggio e contenimento,

come Life Gestire 2020 - Natura che vale -

di Regione Lombardia. 

Questi progetti svolgono di sicuro un

ruolo importante nell'affrontare le

problematiche causate dalle specie aliene

ma purtroppo si scontrano sempre più

spesso con difficoltà come la carenza di

fondi e personale specializ-zato e a volte

una applicazione del Regolamento 

Europeo 1143/2014 non sempre di facile

 attuazione.

Per cercare di risolvere questi problemi, la

 Comunità Europea ha finanziato il progetto

INTERREG INVALIS (Protecting European 

Biodiversity from Invasive Alien Species),

di cui laFondazione Lombardia per l'Ambiente

 è unico partner italiano.INVALIS ha tra i

suoi obiettivi quello di implementare le

politiche europee sulla gestione delle

specie aliene invasive portando all'atten-

zione della Comunità Europea le difficoltà

incontrate dagli Stati Membri nell'applica-

zione del regola-mento Europeo, ma anche

esempi di buone pratiche che potrebbero

essere condivise per raggiungere l'obiettivo

comune di arginare in modo efficace e

sostenibile l'invasione delle specie aliene.

 Oltre a questo, INVALIS ha lo scopo di

potenziare l'attività informativa,

coinvolgendo nei suoi Regional Meetings

svariati portatori di interesse, come ad

esempio Enti Regionali, Guardie ecologiche,

scuole, associazioni naturalistiche e

Università.

Il prossimo Regional Meeting si terrà il

14 novembre presso Palazzo Lombardia

(Milano) e avrà come tema principale la

gestione dei conflit-ti di interesse nella

gestione delle specie aliene invasive,

un tema che coinvolge molti interessi 

economici ma anche aspetti culturali e

sociali.

Consapevoli che soluzioni facili e di

immediato successo non esistono per

un problema così complesso, la

condivisione delle idee sarà utile per

affrontare le differenti sfaccettature

dei problemi relativi alla gestione delle

specie aliene. 

*Daniele Paganelli, PhD. Lombardy

Foundation for the Environment - University

of Pavia - Department of Earth and

Environmental Sciences.© RIPRODUZIONE

RISERVATARIPRODUZIONE CONSENTITA 

 
 
 

I coralli di Venezia

Post n°2373 pubblicato il 11 Ottobre 2019 da blogtecaolivelli

STUDIO CNR:

Ecco svelata l'origine delle tegnùe,

i coralli di Venezia 

 MARTA FRIGERIO31 MAG 2017
I fondali del Mar Adriatico non solo

solo distese sabbiose.

Nella parte nord occidentale, sotto le

acque al largo di Chioggia, sorgono le

tegnùe, conformazioni rocciose sommerse

a oltre 20 metri di profondità.Composte

da organismi incrostanti, ricordano con la

loro struttura che si eleva dal fondale

limoso-sabbioso una barriera corallina.

Il nome, invece, deriva dal dialetto veneto.

Le tegnùe sono così chiamate dai pescatori

perché trattengono le reti calate in mare

per la pesca.

Ricerca multidisciplinare

Ma da dove arrivano questi coralli, così

unici e peculiari? La risposta, fino ad oggi,

era poco chiara.«I modelli genetici finora

formulati per spiegare l'origine delle

tegnùe non erano soddisfacenti, quindi

abbiamo messo in campo competenze

multidisciplinari», ha detto Luigi Tosi,

autore dell'articolo pubblicato sulla rivista

Scientific Reports e ricercatore dell'Istituto

di scienze marine del Consiglio nazionale

delle ricerche (Ismar-Cnr).Per scoprire

l'origine di questi coralli veneziani ha col-

laborato un team composto da geologi,

oceanografi, geofisici e biologi provenienti

dall'Università di Padova, dall'Istituto

nazionale di oceanografia e di geofisica

sperimentale (Ogs), dall'Istituto superiore

per la protezione e la ricerca ambientale

(Ispra) e dal Consejo Nacional de

Investigaciones Científicas y Técnicas

(Conicet) in Argentina.Per cercare di svelare

il mistero dell'origine delle tegnùe sono

state compiute oltre 200 immersioni e

campionature di rocce e sedimenti sciolti.

Le ricerche sono poi continuate in laboratorio

con analisi isotopiche, paleoambientali e di

microscopia elettronica.

Quando la pianura non era ancora stata

coperta dal mare«Dalle ricerche è risultato

che le tegnùe si sono sviluppate lungo le

strutture morfologiche allungate e sinuose

attribuite ad antichi canali fluviali, che

erano presenti nella pianura durante

l'ultimo periodo glaciale, vale a circa

20.000 anni fa», ha spiegato Sandra

Donnici, geologa Ismar-Cnr.L'analisi di un

campione roccioso, in particolare, si è

rivelata fondamentale. Una "stele di Rosetta",

come l'ha definita Tosi. «Si tratta di un

lastrone di sabbia cementata, che al suo

interno presenta inglobati gusci di molluschi

che hanno consentito di determinare età

e caratteristiche del paleoambiente al

momento della sua cementazione - ha

raccontato il ricercatore -. Le successive

analisi radiometriche al carbonio 14 hanno

consentito di datare a circa 9mila anni fa

l'arrivo del mare in questa parte dell'antica

pianura pleistocenica e a 7mila anni fa la

sua cementazione, sulla quale i primi

organismi biocostruttori hanno cominciato

ad attecchire».

© RIPRODUZIONE RISERVATARIPRODUZIONE

CONSENTITA CON LINK A ORIGINALE E

CITAZIONE FONTE:RIVISTANATURA.COM

 
 
 

Le proprietà delle piante medicinali.

Post n°2372 pubblicato il 11 Ottobre 2019 da blogtecaolivelli

Ci sono 28mila piante che hanno

proprietà medicinali ma che sono

ancora poco conosciute

MARTA FRIGERIO24 MAG 2017


Il segreto per sconfiggere alcune tra

le più gravi malattie del nostro tempo

è nelle piante.

Secondo uno studio del Royal Botanic

Gardens di Kew, infatti, sarebbero ben

28mila le piante con importanti proprietà

medicinali. 

Un tesoro immenso e importantissimo

che, se da un lato è ancora tutto da

scoprire, dall'altro rischia di scomparire.

E, nonostante il loro immenso potenziale,

solo il 16% di queste piante è preso in

considerazione dal mondo scientifico.

Cure per Parkinson e malariaIl report

evidenzia come due piante - Cinchona

calisaya e Artemisia annua - siano

particolarmenteefficaci nel trattamento

della malaria, malattia che ogni anno 

causa la morte di migliaia di persone.

Dalle piante potrebbe arrivare anche

la cura per il morbo di Parkinson.

Iricercatori del Royal Botanic Gardens, 

infatti, hanno annunciato che ci sono

nove differenti specie di rampicanti

recentemente scoperte che potrebbero

essere usate con successo nel trattamento

di questa malattia.

Scoperte nuove speciePer censire le piante

hanno collaborato 128 studiosi provenienti

 da 12 Paesi.

Grazie anche alle immagini satellitari raccolte

 è stato possibileclassificare per la prima volta

1.730 nuove specie. 

Tra queste ci sono cinque nuove piante del

genere Manihot scoperte in Brasile, sette

nuove varietà della famiglia Fabaceae trovate

in Sud Africa e che venivano utilizzate per

produrre la celebre bevanda rooibos, ma

anche una nuova varierà di pastinaca,

scoperta in Turchia.Lo studio ha però evidenziato

come questo ricco tesoro sia fragile e minac-

ciato. Ogni anno, infatti, 340 milioni di ettari

di vegetazione vanno perduti a causa del

disboscamento, degli incendi e della crescente

urbanizzazione e non senza danni anche

economici. Le stime, infatti, parlano didanni

per 500 miliardi di euro.

 
 
 

I rettili cambiano sesso.

Post n°2371 pubblicato il 11 Ottobre 2019 da blogtecaolivelli

Il caldo modifica il sesso dei rettili:

così rischiano di estinguersi


Il genere di alcuni rettili - tra cui i

coccodrilli e le tartarughe marine -

èdeterminato dalla temperatura

esterna durante il processo di incuba-

zione. Se la colonnina di mercurio sale,

il nascituro avrà maggiori possibilità di

essere femmina.

L'esatto meccanismo di come questo

potesse accadere è stato a lungo poco

chiaro.

La risposta, ora, arriva da una ricerca

condotta dall'Università australiana di

Canberra e pubblicata su Science Advance.

 Lo studio del DNA dei rettiliLo studio ha

preso in analisi l'Anfiboluro dalla barba

(Pogona barbata). A temperature alte,

gli embrioni con cromosomi sessuali

maschili (vale a dire ZZ) sono in grado di

cambiare sesso e nascere con attributi

femminili (le femmine, invece presentano

cromosomi ZW).

La conferma è arrivata analizzando le

molecole di acido ribonucleico (Rna) prodotte

da Pogona barbata che geneticamente

erano maschi, anche se funzionalmente

femmine.

«Abbiamo scoperto che questi rettili

possono avere i cromosomi maschili ma,

a causa delle alte temperature, nascere

femmine», ha detto Clare Holleley,

responsabile dello studio. 

Sopra i 36 gradi tutti femmineLo studio ha

mostrato anche un'altra caratteristica: se

la temperatura supera i 33 gradi Celsius,

le probabilità che dalle uova escano individui

di sesso femminile è maggiore.

Superati i 36 gradi Celsius, invece, dalle uova

nasceranno solo femmine.Insomma: con

l'aumento delle temperature c'è il rischio che

la popolazione di rettili si sbilanci.

Pochi individui maschi, infatti, significa anche

meno possibilità per la specie di riprodursi.

«Per questo non bisogna sottovalutare le

conseguenze del cambiamento climatico

che potrebbero portare alcune specie

all'estinzione», ha concluso la ricercatrice

.© RIPRODUZIONE RISERVATARIPRODUZIONE

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