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Messaggi del 16/06/2020

In Sardegna...

Post n°3102 pubblicato il 16 Giugno 2020 da blogtecaolivelli

Fonte: articolo riportato dall'Internet

SUPRAMONTE DI ORGOSOLO

La foresta primaria di Sas Vaddes e i nuraghi dentro il bosco

La foresta primaria di Sas Vaddes e i nuraghi dentro il boscoTombe dei Giganti sotto il cielo stellato. © Bobore Frau

Bobore FrauBOBORE FRAU4 GIORNI FA

Con il termine Supramonte si indica una vasta area montuosa

caratterizzata da substrato calcareo, morfologicamente accidentata

e poco accessibile, ubicata nella Sardegna centro orientale.

Ma da cosa ha avuto origine questo toponimo? Inizialmente "supra'e

Montes" indicava una porzione del territorio di Orgosolo che si trova

appunto "al di sopra" della località di Montes.

Definizione che è stata poi estesa ai territori vicini di Urzulei, Baunei,

Dorgali e Oliena, accomunati dal medesimo substrato geologico e con

aspetti naturalistici molto simili.

Nella prima tappa della nostra ultima escursione di due giorni abbiamo

deciso di visitare il cuore più autentico del Supramonte di Orgosolo:

 la foresta primaria di Sas Vaddes e i nuraghi custoditi nel suo

cuore verde.

Foresta primaria

La foresta primaria di Sas Vaddes. © Bobore Frau

La prima sensazione che si prova quando il fuoristrada si addentra nel

territorio di Orgosolo è un misto di stupore e smarrimento.

Un immaginario varco temporale ci riporta indietro a un'epoca lontana e

indefinibile, dove le tracce dell'uomo sembrano una perturbazione

appena percettibile.

La segnaletica è praticamente inesistente e per muoversi in sicurezza

è necessario affidarsi a una guida esperta.

La prima tappa della nostra escursione è il nuraghe Mereu, noto a Orgosolo

come "su Nurahe de intro 'e Padente" che letteralmente significa "il nuraghe

dentro il bosco di lecci".

Questa affascinante costruzione in bianca pietra calcarea si erge dal fitto

del bosco e domina il territorio circostante.

L'utilizzo dei nuraghi è cambiato nel tempo ma una delle teorie più accreditate

è che queste imponenti torri avessero originariamente una funzione difensiva,

così come le muraglie megalitiche ritrovate nelle vicinanze.

nuraghe Mereu

Il nuraghe Mereu, noto come "il nuraghe dentro il bosco di lecci". © Bobore Frau

Dal Nuraghe Mereu, in allineamento con il canyon di Gorropu, si distingue

una seconda costruzione: il Nuraghe Presethu Tortu.

Tutto il territorio è ricco di altre testimonianze archeologiche come tombe dei

giganti e domus de janas, prova di una frequentazione umana costante nel tempo.

Il mare verde della foresta separa i due nuraghi, celando al suo interno altri

inestimabili tasselli della storia sarda, per molti aspetti ancora avvolta nel

mistero.

Mereu Presethu Tortu

Dal Nuraghe Mereu si distingue una seconda costruzione, il Nuraghe Presethu

Tortu. © Bobore Frau

La nostra escursione prosegue verso un autentico santuario naturale: la foresta

primaria di Sas Vaddes. Un pecchiaiolo in migrazione saluta il nostro ingresso

prima di riprendere il suo tragitto errabondo.

In questo luogo, ogni espressione della natura si manifesta in modo monumentale.

Le chiome di enormi lecci plurisecolari, come lunghe e forti braccia indurite dal

tempo e dalla fatica si sollevano dal buio del bosco alla disperata ricerca di luce.

pecchiaiolo

Il volo di un falco pecchiaiolo (Pernis apivorus). © Bobore Frau

La foresta di Sas Vaddes è una delle più antiche d'Europa, rappresenta un

unicum in ambito mediterraneo e sfortunatamente versa in una situazione

di pericolo.

Lungo i sentieri che la attraversano si osservano grossi lecci spezzati o sradicati

. Le cause sono ancora oggetto di studio ma prendono in considerazione una

concomitanza di fattori in grado di indebolire gli apparati radicali (sovrapascolamento,

scavi tra le radici operati da maiali e cinghiali, attacchi fungini...) e spianare

così la strada all'azione del vento e della neve.

A ogni modo, i varchi lasciati dalle piante più vetuste sembrano trovare rimpiazzo

in quelle più giovani, che come una promessa di rinnovamento godono di nuova

luce e spazio vitale.

muflone

Un muflone in mezzo alle ferule in fiore. © Bobore Frau

Ancora inebriati dall'odore del sottobosco, dal buio e dai suoi misteri, lasciamo

Sas Vaddes per accamparci nel rifugio di sa Senépida.

Prima che il sole tramonti riusciamo a osservare gli spostamenti di alcuni mufloni

in mezzo alle ferule in fiore. Cala la notte.

Il vino e il fuoco riscaldano l'atmosfera, mentre una meravigliosa volta stellata

incornicia le tombe dei giganti poco lontane dal rifugio.

Un ringraziamento particolare ai compagni di viaggio Sergio, Kecco e Davide.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

RIPRODUZIONE CONSENTITA CON LINK A ORIGINALE

E CITAZIONE FONTE: RIVISTANATURA.COM

 
 
 

I campi chiusi del Sile

Post n°3101 pubblicato il 16 Giugno 2020 da blogtecaolivelli

Fonte: articolo riportato dall'Internet

INCONTRI SUL FIUME SILE - PRIMA PUNTATA

Quando l'acqua viene dalla pianura: il fenomeno

delle risorgive

Quando l'acqua viene dalla pianura: il fenomeno delle risorgiveLe risorgive del fiume Sile

Paolo RoccafortePAOLO ROCCAFORTE21 OTT 2016

 

 

Con i suoi 95 chilometri di lunghezza, il Sile rappresenta

il più importante fiume di risorgiva in Italia.

Nasce in prossimità della località Casacorba (Treviso).

Dalle sorgenti scorre da ovest verso est grossomodo fino

a Treviso; a valle della città si orienta verso sud-est sino

ad incontrare la laguna, dove sfociava anticamente.

Nel 1991 questo tratto del fiume, è stato istituito a Parco

Naturale Regionale.

 

risorgive
La parte artificiale, definita Taglio del Sile, realizzata dalla

Repubblica di Venezia nel XVII secolo, è stata fatta confluire

nel Sile-Piave Vecchia sino alla foce a Cavallino.

In questo tratto il fiume lambisce ed abbraccia la Laguna Nord

di Venezia ed il paesaggio fluviale si fonde con quello dei vasti

orizzonti lagunari fatto di canneti e di barene.

Ma cosa sono le risorgive?

Il termine risorgive indica genericamente il fenomeno di risorgenza

delle acque dai suoli di pianura; si tratta di un fenomeno tipico

della Pianura Padana.

Nella Pianura Veneta, con riferimento alla realtà propria del Fiume

Sile, il Piave allo sbocco dal sistema alpino scorre sul vastissimo

deposito di detriti che le sue stesse acque hanno accumulato nel

corso dei millenni.

L'alveo fluviale è dunque formato, nel primo tratto planiziale

(alta pianura) da ciottoli levigati dal trascinamento delle acque e

dall'abrasione per sfregamento con gli altri ciottoli.

Per questo l'alveo presenta una elevata permeabilità e le acque

quindi s'infiltrano abbondantemente nel sottosuolo, raggiungendo

e formando la falda ipogea.

La pendenza degli strati sedimentari determina un lento, ma

costante scorrimento sotterraneo delle acque che si interrompe,

però, nella fascia in cui avviene il passaggio tra l'alta pianura,

formata appunto da sedimento grossolano e la bassa pianura

formata da sedimento fine (sabbia, limo, argilla).

Qui, le acque che scorrono in profondità incontrano strati di

sedimento impermeabile sempre più consistenti, che ne ostacolano

il deflusso e che le "costringono" a risalire ed affiorare

spontaneamente in superficie.

In questo modo si formano le suggestive polle sorgive, piccoli

avvallamenti in cui il perenne scaturire dei fiotti d'acqua origina

un ruscello le cui acque, dette appunto "di risorgiva", il più delle

volte confluiscono in un unico corso fluviale.

La zona di transizione tra alta e bassa pianura costituisce la fascia

delle risorgive, ampia da 2 a 8 chilometri circa, che percorre tutta

la Pianura Veneta e che s'inoltra in territorio friulano, dove il

fenomeno presenta aspetti assolutamente analoghi.

Le peculiarità dell'acqua delle risorgive

Le peculiarità delle acque di risorgiva sono varie; per aver subito

un processo di naturale filtraggio attraverso gli interstizi del

sottosuolo ghiaioso dell'alta pianura, sgorgano non solo limpidissime,

ma anche esenti da inquinanti, in particolare microbiologici.

La temperatura dell'acqua oscilla tra i 10° ed i 13°C.

Infatti, le acque di risorgiva hanno una temperatura media costante

durante l'anno, con modeste oscillazioni di valore tra le diverse fasi

stagionali; questo contribuisce perciò a mitigare il clima, sia durante

l'estate che durante l'inverno, riducendo i picchi delle temperature

massime e minime; questo rappresenta un fattore ecologico di

straordinaria importanza, poiché si crea un microclima particolare

che si riflette sui popolamenti vegetali ed animali, che annoverano

specie non rilevabili in altre zone della nostra regione.

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CITAZIONE FONTE: RIVISTANATURA.COM

 
 
 

Notizie dal fiume Sile.

Post n°3100 pubblicato il 16 Giugno 2020 da blogtecaolivelli

Fonte: articolo riportato dall'Internet

INCONTRI SUL FIUME SILE

- SECONDA PUNTATA

Le sorgenti del Sile, viaggio a ritroso verso la primigenia

naturalità nel paesaggio

Le sorgenti del Sile, viaggio a ritroso verso la primigenia naturalità nel paesaggio

Paolo RoccafortePAOLO ROCCAFORTE26 OTT 2016

Lungo il corso del Fiume Sile uno dei luoghi più caratteristici

ed interessanti è senza dubbio l'area delle Sorgenti che conserva 

tracce significative di "naturalità originaria"; la polla sorgiva, il

ruscello, la torbiera, questi sono i biotopi residui, che conservano

la memoria della primigenia naturalità nel paesaggio umanizzato

della Pianura Veneta.

Si tratta di elementi infinitesimali e fragili, ma che garantiscono ancora

un notevole grado di conservazione e diffusione della biodiversità.

Visitare le polle sorgive da cui nasce il Sile, chiamate localmente "fontanassi",

rappresenta sempre un momento di notevole fascino.

Il sedimento sabbioso del fondo della polla che si muove continuamente

disegnando cerchi mutevoli in perenne ridefinizione e le bolle d'acqua che

risalgono in superficie, rendono immediata ed efficace la percezione del

fenomeno della risorgenza delle acque, offrendo inoltre la percezione

diretta di acque fresche e pulite.

Anche il corso fluviale iniziale, il ruscello poco profondo, offre queste

sensazioni, con le acque caratterizzate da un'elevatissima limpidezza che

permette la penetrazione della luce solare e quindi consente alle piante

acquatiche di superficie e di fondale di effettuare la fotosintesi.

Ci sono specie che non si trovano ormai così spesso nei nostri corsi d'acqua,

come l'Erba gamberaia (Callitriche stagnalis), una pianta che radica sul

fondo che forma dei banchi fittissimi sommersi nell'acqua e di cui si vedono

le rosette verdi delle foglie apicali.

In associazione con questa, dove l'acqua è più ferma, si osserva la Lenticchia

d'acqua (Lemna minor), una pianticella galleggiante di dimensioni ridottissime

che può formare tuttavia colonie monospecifiche su superfici anche molto estese.

Diffusa è la Sedanina d'acqua (Berula erecta), che ricopre alcuni tratti del ruscello,

costituendo nella sua forma sommersa, l'associazione tipica del tratto iniziale

dei corsi d'acqua di risorgiva; sensibile all'inquinamento derivato dagli scarichi

è in alcuni luoghi in forte regresso.

Presente è la Menta acquatica (Mentha aquatica), tipica di quella comunità floristica

che forma isole sott'acqua. È dotata di piccoli peli: sono le ghiandole secretrici

dell'essenza di menta, che si accumulano in un gruppetto di cellule alla cima

di ognuno di essi.

In misura minore è presente la Brasca comune (Potamogeton natans), a foglie

ellittiche, lanceolate, galleggianti; è facilmente riconoscibile per l'infiorescenza

formata da una spighetta di colore verde che sporge dalla superficie delle acque.

In tratti più circoscritti si può osservare la Brasca arrossata (Potamogeton coloratus),

che ha le foglie tipicamente di color cupreo, emerge con le foglie in superficie e

forma anch'essa dei banchi più o meno estesi.

Questa specie è ormai scomparsa o in via di diventare tale in molte località del

suo areale.

Poco oltre è visibile il Ranuncolo a foglie capillari (Ranunculus trichophyllus),

con fusti esili e flessibili, foglioline ramificate, fiori che compaiono all'estremità

dei fusti e che sporgono dalle acque formando dei caratteristici tappeti fioriti di

colore bianco; questa è una condizione che riguarda molte piante acquatiche, in

cui i fiori devono sporgere dalla superficie dell'acqua per poter essere visitati dagli

insetti impollinatori.

Nelle basse sponde delle polle e del ruscello si trova la Calta palustre (Caltha palustris);

la fioritura "esplode" in aprile, con i fiori di un giallo intenso, con le foglie a forma di

cuore.

È una specie legata alle zone umide dotate di acque fresche essendo una pianta

tendenzialmente microtermica, tanto è vero che vive anche presso le aree palustri in

alta montagna, oltre i 2400 m di altezza. In passato era molto frequente lungo i fiumi

di risorgiva, oggi purtroppo si sta rarefacendo a causa dell'alterazione delle sponde.

 

 

 
 
 

I campi chiusi del Sile

Post n°3099 pubblicato il 16 Giugno 2020 da blogtecaolivelli

Fonte: articolo riportato dall'Internet

INCONTRI SUL FIUME SILE - TERZA PUNTATA

Campi chiusi, un paesaggio antico da tutelare

Campi chiusi, un paesaggio antico da tutelare

Paolo RoccafortePAOLO ROCCAFORTE15 NOV 2016

 

 

Un ambiente caratteristico presso le sorgenti del

Sile è quello dei cosiddetti campi chiusi o prese,

un paesaggio agrario antico e ormai raro, un vero e

proprio elemento di archeologia del paesaggio rurale,

ovvero di situazioni letteralmente assimilabili a

paesaggi agrari di tipo medioevale, attualmente estinti

nella devastata campagna del Veneto industrializzato.

È formato da prati stabili, ossia prati che subiscono un

certo numero di falciature all'anno, delimitati da siepi

e alberate spontanee che crescono lungo le sponde di

fossi e scoline perimetrali, che in primavera e in estate

sono un sicuro rifugio per numerose specie di animali.

Nei tempi passati, durante l'inverno si allagavano i prati

sbarrando gli scoli e si praticava la cosiddetta irrigazione

termica.

Infatti, l'acqua - più calda dell'aria - proteggeva il manto

erboso dalle basse temperature.

All'occorrenza l'allagamento si eseguiva anche in estate,

in modo da mantenere umido il suolo nei mesi più caldi.

La costante presenza dell'acqua, unita all'effetto ombreggiante

delle piante ad alto fusto, manteneva un microclima che

permetteva di effettuare anche cinque tagli di foraggio all'anno.

La sistemazione a campi chiusi, oggi di pregevole valore

paesaggistico e storico, un tempo interessava un'area di

notevole estensione.

Attualmente, a causa della conversione dei prati in coltivi, i

campi chiusi si osservano solo in superfici di pochi ettari.

Il livello di alterazione del tessuto paesaggistico, infatti, ha

portato a una progressiva frammentazione degli spazi peculiari

del paesaggio agrario.

Nonostante queste modifiche, nella zona la destrutturazione

dell'ecosistema della campagna non è stata completa.

Oltre ai campi chiusi, si sono mantenute superfici coltivate, di

dimensioni contenute e bordate anch'esse da siepi ed alberate,

e nei vigneti sono ancora diffusi i tutori vivi, come salici o gelsi,

connotando senza dubbio un paesaggio agrario appartenente

al passato, legato ad una tradizione colturale in corso di

estinzione.

La sua valenza ecologica, tuttavia, è di notevole interesse,

in particolare per la fauna; infatti, la campagna alberata

possiede una grande ricettività faunistica, offrendo importanti

opportunità d'habitat e fonti alimentari agli animali selvatici.

 

 

 
 
 

Altre notizie dal fiume Sile.

Post n°3098 pubblicato il 16 Giugno 2020 da blogtecaolivelli

Fonte: articolo riportato dall'Internet

INCONTRI SUL FIUME SILE - QUARTA PUNTATA

Nella Pianura Veneta ci sono piante che hanno l'età dei mammut

Nella Pianura Veneta ci sono piante che hanno l'età dei mammut

Paolo RoccafortePAOLO ROCCAFORTE24 NOV 2016

Il contingente di specie floristiche insediato nelle residue torbiere

 è una delle componenti di maggiore interesse naturalistico della

biodiversità propria del Sile, con specie che rappresentano un

archivio prezioso di rarità botaniche, relitti di un lontano passato

giunti sino a noi e oggi alle soglie dell'estinzione nella Pianura

Veneta.

In pianura la specie tipica delle torbiere è il Giunco nero (Schoenus nigricans),

con infiorescenze composte da 5-10 spighette di colore bruno-nerastro;

questo piccolo giunco rappresenta l'elemento edificante della torbiera

contribuendo alla produzione della materia organica che in parte si decompone

e in parte si accumula sotto forma di torba.

Tra i cespi di Giunco nero si trovano altre specie di prateria umida, come la

Carice di Davall (Carex davalliana), molto più diffusa in ambiente alpino,

dove raggiunge anche i 2500 m di altezza.
Di valore assoluto l'Erioforo a foglie larghe (Eriophorum latifolium), una

pianta delle torbiere montane, che s'incontra fino i 2000-2200 m di altezza.

In maggio è facilmente riconoscibile per i caratteristici pennacchi pendenti

di candida peluria; oggi, a causa della distruzione dei biotopi adatti, è una

delle specie più a rischio di estinzione.

Non è da meno il Trifoglio montano (Trifolium montanum), che a nord si

estende fino alla Scandinavia meridionale, a sud si trova sulle montagne;

a differenza del comune Trifoglio strisciante, è una pianta eretta di 15-40 cm,

con infiorescenze sferiche di colore bianco.

Rarissimo poi il Garofano a pennacchio (Dianthus superbus); in Italia si trova

lungo l'arco alpino, fino a 2200 m di altitudine, con il fiore dal bianco al rosa

-lilla e i petali tipicamente frangiati; fiorisce da giugno ad agosto.

Infine, tra agosto ed ottobre fiorisce la Genziana di palude

(Gentiana pneumonanthe),

con bellissimi fiori campanulati di colore blu intenso, sfumati longitudinalmente

di verde.

In Italia è diffusa in ambiente alpino, sull'Appennino settentrionale e in Abruzzo.

Nella Pianura Padana è rarissima a causa della distruzione dell'habitat.

Queste specie sono evidenti relitti della flora microtermica giunta in pianura

durante l'ultima glaciazione di Würm. Finito il periodo glaciale, con il ritiro

dei ghiacci, la maggior parte delle specie ritornò negli ambienti a clima idoneo,

ma alcune di queste hanno potuto sopravvivere con popolazioni più o meno

consistenti in particolari ambienti di pianura, dove si stabilirono definitivamente,

grazie a microclimi fresco-umidi, tra cui appunto nei pressi delle acque

costantemente fresche delle risorgive.

Così, mentre i grandi Mammut si estinguevano, queste piccole piante tenacemente

sopravvivevano, ma la cosa più emozionante è che sopravvivono ancora oggi,

nonostante l'incessante opera di distruzione dell'Homo sapiens che continua

a minarne l'esistenza.

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E CITAZIONE FONTE: RIVISTANATURA.COM

 

 

 
 
 

Le risorse paesaggistiche della Sardegna.

Post n°3097 pubblicato il 16 Giugno 2020 da blogtecaolivelli

Fonte: articolo riportato dall'Internet

ESCURSIONISMO IN SARDEGNA

- SECONDA PARTE

Tra canyon e rapaci nel Supramonte di Urzulei

Tra canyon e rapaci nel Supramonte di Urzulei© Salvatore Frau

Bobore FrauBOBORE FRAU6 MESI FA

Dopo aver goduto di oasi, distese di sabbia bianca e meravigliosi

panorami costieri, il nostro trekking alla scoperta di una Sardegna

poco nota prosegue addentrandoci verso il cuore del Supramonte.

Il cielo si tinge di rosa e i colori del tramonto salutano il nostro arrivo

presso il rifugio Lampathu, dove trascorreremo la notte, a circa una

decina di chilometri dal centro abitato di Urzulei.

Abbiamo appena abbandonato la Strada Statale 125, meglio conosciuta

come "orientale sarda", ma a giudicare dal paesaggio che i nostri occhi

possono ammirare, sembra di aver attraversato un vero e proprio confine,

una netta linea di demarcazione che separa il resto del mondo da quel

magnifico angolo di isola chiamato Supramonte.

L'escursione che ci attende è un percorso fuori dal circuito turistico, per

quanto sia un po' azzardato parlare di turismo in questi luoghi.

Se non altro perché difficilmente si può dare del semplice "turista" a

chiunque si appresti a calpestare certi sentieri.

Tra superstiti e promesse

Sistemiamo le nostre cose nelle stanze e ci godiamo qualche ora di

relax davanti al fuoco.

Dopo una cena abbondante e qualche bicchiere di vino, il sonno non

tarda ad arrivare.

Chiudiamo gli occhi ripensando ai grandi spazi e agli orizzonti lontani

che tra qualche ora potremo ricominciare a inseguire.

Percorrendo le strade che conducono alla località di Fennau si comprende

che quella del Supramonte di Urzulei è stata una delle zone più colpite dai

dissennati tagli boschivi che nel XIX secolo hanno decimato il patrimonio

forestale della Sardegna.

Le ampie distese di nuda roccia fanno sembrare gli alberi superstiti dei

testimoni attoniti di fronte al disastro operato dall'uomo.

Eppure nuove piante stanno lentamente crescendo in mezzo a quelle aspre pietraie,

e in quelli che oggi sembrano solo degli esili arbusti vive la promessa di

una foresta nuova.

Dopo un percorso a piedi di circa mezz'ora arriviamo al sito archeologico

di S'Arena dove possiamo ammirare i resti di due tombe dei giganti, strutture

sepolcrali di età nuragica, con camere funerarie lunghe circa 15 metri.

Particolarmente suggestivo l'allineamento delle tombe con i resti del

nuraghe Perda'e Balla e sull'orizzonte Monte Novo S. Giovanni.

I resti delle tombe nuragiche e del nuraghe Perda'e Balla. All'orizzonte

Monte Novo S. Giovanni. © Salvatore Frau

Pietra scavata dall'acqua

Dopo una ripida discesa su un sentiero appena accennato, entriamo in quella

che viene chiamata "sa codula manna": il letto pietroso di un fiume scavato

nella roccia che, solo pochi chilometri più a valle, si unirà al canyon di Gorropu.

 Visitare l'interno di una codula è un'esperienza unica.

Ci permette di toccare con mano il lavoro dell'acqua e del tempo ed è inevitabile

pensare all'energia impetuosa del fiume nel momento di massima piena.

La stessa acqua che ora sembra solo un debole ruscello, che scompare e riaffiora

sotto i nostri piedi, dentro camere e corridoi a noi sconosciuti.

Il fiume segna il confine tra il territorio di Urzulei alla nostra destra e il territorio

di Orgosolo alla sinistra, in buona parte scampato al disboscamento.

Una "codula", un fiume scavato nella roccia. © Salvatore Frau

Il regno dei rapaci

Mentre camminiamo sui ciottoli bianchi della codula, numerosi colombacci e

piccioni selvatici si alzano in volo, seguiti rapidamente da una sagoma inconfondibile:

l'astore ha iniziato la sua caccia.

Rapace forestale per eccellenza, presente nell'isola con la sottospecie Accipiter gentilis

arrigonii, l'astore sardo trova nei boschi del territorio di Orgosolo l'habitat ideale

per la nidificazione. 

L'astore è una specie schiva ed elusiva e il suo avvistamento è sempre emozionante.

L'elusivo astore sardo trova nei boschi di Orgosolo l'habitat ideale per

la nidificazione. © Salvatore Frau

Poco più avanti un gruppo di corvi imperiali rompe improvvisamente il

silenzio gracchiando in modo insistente.

Altissima nel cielo fa la sua comparsa un'aquila reale.

Presente nel territorio con un buon numero di coppie nidificanti, dopo un

passato costellato di persecuzioni immotivate, l'aquila sta facendo registrare

attualmente un trend positivo in tutta l'isola.

Restiamo ancora una volta ammaliati dalla elegante bellezza dei dominatori

dell'aria che svincolati dalla gravità ci osservano dall'alto di una corrente

ascensionale.

Usciamo dalla codula e, seguendo un percorso ad anello, facciamo ritorno

alle auto. Il sole si avvicina all'orizzonte e il cielo si veste di nuvole nuove.

Attraversiamo a ritroso il varco che ci separa dal resto del mondo, con le

gambe stanche e gli occhi pieni di bellezza.

Si ringraziano i compagni di viaggio Sergio, Simone, Giacomo, Davide,

Kecco e Eleonora, Jebel Sardinia per l'esemplare organizzazione

dell'escursione e Michele per l'accoglienza.

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E CITAZIONE FONTE: RIVISTANATURA.COM

 
 
 

Alcuni itinerari in Sicilia.

Post n°3096 pubblicato il 16 Giugno 2020 da blogtecaolivelli

Fonte: articolo riportato dall'Internet

ITINERARI IN SICILIA

Sicilia, 4 itinerari per scoprire il lato nascosto dell'Isola

Sicilia, 4 itinerari per scoprire il lato nascosto dell'IsolaLe Gole di Tiberio. (Foto: Giovanni Nicolosi)

Andrea Di PiazzaANDREA DI PIAZZA10 APR 2018

Imeravigliosi basalti colonnari etnei hanno reso le Gole dell'Alcantara

una delle località turistiche più gettonate di Sicilia. Pullman e taxi

vomitano ogni giorno centinaia di visitatori che affollano le spiaggette

della forra, dove trovare un attimo di pace è una scommessa persa in partenza.

L'isola però nasconde altre spettacolari gole, immerse nella natura

incontaminata e lontane dalla confusione del turismo mordi-e-fuggi,

che vale assolutamente la pena scoprire.

Nel cuore della terra

In provincia di Siracusa si trova Cavagrande del Cassibile, un canyon lungo

circa 10 km scavato nei calcari dei Monti Iblei dal lavorio millenario delle

acque e considerato il "Grand Canyon" della Sicilia. Piscine, cascate, insenature

e pozze cristalline si rincorrono lungo il sinuoso corso del fiume, che è immerso

in una lussureggiante vegetazione ripariale.

Un vero e proprio paradiso, abitato sin dai tempi antichi, come testimoniano per

esempio le necropoli presenti e risalenti al 1000 a.C..

Cavagrande è protetta da una riserva regionale ed è attraversata da alcuni sentieri

di cui però ad oggi, a causa di un devastante incendio avvenuto nell'estate del 2014,

ne è fruibile soltanto uno: il sentiero natura Carrubella.

 Cavagrande è una meta obbligatoria per gli amanti delle escursioni e della natura 

selvaggia; un viaggio a ritroso nel tempo per ammirare una Sicilia primordiale

e sorprendente.

Il paradiso a due passi dal vulcano

A nord dell'Etna, l'architettura nervosa dei Monti Peloritani ha disegnato dei veri

e propri angoli di paradiso.

A breve distanza dal centro abitato di Fiumedinisi si apre la Valle degli Eremiti,

una bellissima gola discontinua, immersa nel verde di lecci e corbezzoli che crescono

abbarbicati sulle pareti rocciose, sfidando le leggi della gravità.

Un itinerario meraviglioso, poco battuto, attraverso l'ombrosa gola dove anticamente

trovavano riparo viandanti e pellegrini.

La valle termina sulla dorsale dei Peloritani, una lunga "autostrada" per gli escursionisti

che vogliono camminare tra due mari, sospesi nel cielo.

Per informazioni, mappe e guide si può contattare l'attivissimo gruppo escursionistico

"Camminare i Peloritani".

La natura selvaggia e incontaminata

Muovendosi ad ovest lungo la costa settentrionale siciliana, nascosta tra le verdi

vallate dei Monti Nebrodi, la valle del torrente Caronia offre la possibilità di addentrarsi

in una delle zone più incontaminate e meno antropizzate dell'isola.

Porta d'ingresso della valle è un mulino ottocentesco, sede dell'associazione

naturalistica "I Nebrodi" che organizza tour in zona.

Tra le escursioni più interessanti vi è certamente il trekking fluviale lungo il corso

del torrente, itinerario lungo e faticoso che conduce nel cuore vergine delle

montagne più verdi di Sicilia.

L'acqua pulita e cristallina del torrente consente inoltre un bel bagno ristoratore.

I meno allenati potranno raggiugere la cima del vicino Monte Pagano, dove ha

sede la più estesa sughereta dell'isola.

Il segreto delle Gole di Tiberio

Poco più ad ovest, nascoste in una stretta valle delle Madonie ed a brevissima

distanza dal mar Tirreno, le Gole di Tiberio sono diventate negli ultimi anni una

delle mete più frequentate da escursionisti e viaggiatori.

Geosito di punta del Madonie UNESCO Global Geopark, le gole si trovano sul

corso del Fiume Pollina ed offrono la possibilità di praticare attività come il

canyoning, il rafting ed il torrentismo grazie all'attivissima cooperativa "Madonie

a Passo Lento" che ha sede sulla sponda del fiume (www.madonieapassolento.it).

Sinuose pareti calcaree alte fino a 50 metri, giganteschi massi incastrati, grotte e

anfratti che custodirebbero (leggenda vuole) un misterioso tesoro: navigare o

nuotare all'interno delle gole è un'esperienza unica ed affascinante, oltre a rappresentare

una valida alternativa alle affollate spiagge nella stagione estiva.

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RIPRODUZIONE CONSENTITA CON LINK A ORIGINALE E

CITAZIONE FONTE: RIVISTANATURA.COM

 
 
 

Notizie dalla preistoria del regno animale.

Post n°3091 pubblicato il 16 Giugno 2020 da blogtecaolivelli

Fonte:articolo riportato dall'Internet

11 giugno 2020
Comunicato stampa
Anatomia interna di antiche creature rivelata

dal sincrotrone a raggi X
Fonte: School of Biological, Earth and Environmental

Sciences, University Cork

Un nuovo studio paleontologico ha rivelato l'anatomia

interna di fossili di 280 milioni di anni usando la sofisticata

tecnologia del sincrotrone a raggi X

PALEONTOLOGIA
L'informazione a carattere chimico è racchiusa nei

melanosomi fossili - microscopici granuli di melanina.

I nuovi risultati dello studio mostrano che nonostante

gli effetti dei processi di fossilizzazione, i melanosomi

in molti fossili di vertebrati mantengono dei segnali

chimici specifici di organi interni e pelle, permettendo la

ricostruzione dell'anatomia interna.

Lo studio pubblicato sulla rivista britannica Scientific

Reports è guidato dalla dottoranda in paleobiologia

Valentina Rossi e dalla Dott.ssa Maria McNamara

dell'University College Cork in collaborazione con il Dott.

Samuel Webb dello SLAC National Accelerator Laboratory

di Stanford negli Stati Uniti.

Il gruppo di ricercatori ha usato la tecnologia all'avanguardia

del sincrotrone a raggi X per analizzare la chimica dei

melanosomi fossili.

In questo nuovo studio sono stati analizzati ben 21 fossili

eccezionalmente ben preservati che provengono da famose

località fossilifere da tutto il mondo, incluse l'Europa e la Cina.

Tra gli incredibili dettagli anatomici visibili grazie ai raggi X

ci sono branchie, occhi, pelle e organi interni come il fegato

e i reni.

"Possiamo ancora distinguere diversi organi interni usando

la chimica dei melanosomi in molti fossili considerati relativamente

giovani da un punto di vista geologica - tra i 50 e i 10 milioni di anni.

La cosa incredibile è che fossili molto antichi - più antichi dei

dinosauri - mostrano una buona preservazione chimica dei

melanosomi", ha detto la dottoranda Rossi.

"In altri fossili le tracce della chimica originale dei melanosomi

sono state distrutte, probabilmente da processi geologici e di

fossilizzazione".

La Dott.ssa McNamara ha detto "questo nuovo studio enfatizza

il fatto che i melanosomi fossili hanno il potenziale per un maggiore

contributo a studi evoluzionistici di quanto ipotizzato in passato.

Fino a dieci anni fa, i paleontologi usavano i melanosomi per inferire

il colore di antiche creature ormai estinte.

Oggi noi sappiamo che i melanosomi fossili possono essere usati

per tracciare cambiamenti nella fisiologia, discriminare diverse

specie di animali e anche rivelare l'anatomia interna.

Quale sarà la prossima scoperta?"

La ricerca è stata pubblicata il 2 Giugno 2020 sulla rivista

scientifica Scientific Reports ed è accessibile gratuitamente

dal sito: www.nature.com/articles/s41598-020-65868-3 .

 
 
 

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